Tag: Chiesa greco cattolica

  • Papa Francesco a Blaj: incontro con la comunità rom, nell’indifferenza si alimentano pregiudizi

    Papa Francesco a Blaj: incontro con la comunità rom, nell’indifferenza si alimentano pregiudizi

    “Chiedo perdono – in nome della Chiesa, al Signore e a voi – per quando, nel corso della storia, vi abbiamo discriminato, maltrattato o guardato in maniera sbagliata, con lo sguardo di Caino invece che con quello di Abele, e non siamo stati capaci di riconoscervi, apprezzarvi e difendervi nella vostra peculiarità”. Così Papa Francesco incontrando la comunità rom della città di Blaj nella nuova chiesa dedicata a S. Andrea Apostolo e al Beato Ioan Suciu, uno dei sette vescovi greco-cattolici beatificati oggi.



    “Benvenuto nella periferia delle periferie! Qui, nel quartiere di Barbu Lautaru a Blaj, noi, i Rom, viviamo felici perché la Chiesa Greco-Cattolica Romena ha capito bene una cosa importante: bisogna sanare questa frattura, bisogna incontrare questi fratelli, bisogna offrire loro il Vangelo delia gioia”. Con queste parole il Santo Padre è stato accolto dal sacerdote greco-cattolico di etnia rom, Ioan Hoca.



    Dopo la testimonianza del sacerdote e i canti eseguiti dai bambini, il Santo Padre ha pronunciato il suo saluto, in cui ha sottolineato che “è nellindifferenza che si alimentano pregiudizi e si fomentano rancori”.



    “Quante volte giudichiamo in modo avventato, con parole che feriscono, con atteggiamenti che seminano odio e creano distanze! Quando qualcuno viene lasciato indietro, la famiglia umana non cammina. Non siamo fino in fondo cristiani, e nemmeno umani, se non sappiamo vedere la persona prima delle sue azioni, prima dei nostri giudizi e pregiudizi. Sempre, nella storia dellumanità, ci sono Abele e Caino. Cè la mano tesa e la mano che percuote. Cè lapertura dellincontro e la chiusura dello scontro. Cè laccoglienza e cè lo scarto. Cè chi vede nellaltro un fratello e chi un ostacolo sul proprio cammino. Cè la civiltà dellamore e cè quella dellodio”, ha detto il Santo Padre.



    E ha rinnovato linvito a “camminare insieme, lì dove siete, nella costruzione di un mondo più umano andando oltre le paure e i sospetti, lasciando cadere le barriere che ci separano dagli altri alimentando la fiducia reciproca nella paziente e mai vana ricerca di fraternità. Impegnarsi per camminare insieme, con la dignità: la dignità della famiglia, la dignità di guadagnarsi il pane di ogni giorno – è questo che ti fa andare avanti – e la dignità della preghiera. Sempre guardando avanti”, ha detto il Sommo Pontefice al termine dellultimo incontro della sua visita in Romania, che ha salutato con un messaggio di cuore: “Sono venuto in questo Paese bello e accogliente come pellegrino e fratello, per incontrare. E ora torno a casa arricchito, portando con me luoghi e momenti, ma soprattutto volti. I vostri volti coloreranno i miei ricordi e popoleranno la mia preghiera. Vi ringrazio e vi porto con me. E ora vi benedico, ma prima vi chiedo un grande favore: di pregare per me. Grazie!”



  • Papa Francesco a Blaj: incontro con la comunità rom, nell’indifferenza si alimentano pregiudizi

    Papa Francesco a Blaj: incontro con la comunità rom, nell’indifferenza si alimentano pregiudizi

    “Chiedo perdono – in nome della Chiesa, al Signore e a voi – per quando, nel corso della storia, vi abbiamo discriminato, maltrattato o guardato in maniera sbagliata, con lo sguardo di Caino invece che con quello di Abele, e non siamo stati capaci di riconoscervi, apprezzarvi e difendervi nella vostra peculiarità”. Così Papa Francesco incontrando la comunità rom della città di Blaj nella nuova chiesa dedicata a S. Andrea Apostolo e al Beato Ioan Suciu, uno dei sette vescovi greco-cattolici beatificati oggi.



    “Benvenuto nella periferia delle periferie! Qui, nel quartiere di Barbu Lautaru a Blaj, noi, i Rom, viviamo felici perché la Chiesa Greco-Cattolica Romena ha capito bene una cosa importante: bisogna sanare questa frattura, bisogna incontrare questi fratelli, bisogna offrire loro il Vangelo delia gioia”. Con queste parole il Santo Padre è stato accolto dal sacerdote greco-cattolico di etnia rom, Ioan Hoca.



    Dopo la testimonianza del sacerdote e i canti eseguiti dai bambini, il Santo Padre ha pronunciato il suo saluto, in cui ha sottolineato che “è nellindifferenza che si alimentano pregiudizi e si fomentano rancori”.



    “Quante volte giudichiamo in modo avventato, con parole che feriscono, con atteggiamenti che seminano odio e creano distanze! Quando qualcuno viene lasciato indietro, la famiglia umana non cammina. Non siamo fino in fondo cristiani, e nemmeno umani, se non sappiamo vedere la persona prima delle sue azioni, prima dei nostri giudizi e pregiudizi. Sempre, nella storia dellumanità, ci sono Abele e Caino. Cè la mano tesa e la mano che percuote. Cè lapertura dellincontro e la chiusura dello scontro. Cè laccoglienza e cè lo scarto. Cè chi vede nellaltro un fratello e chi un ostacolo sul proprio cammino. Cè la civiltà dellamore e cè quella dellodio”, ha detto il Santo Padre.



    E ha rinnovato linvito a “camminare insieme, lì dove siete, nella costruzione di un mondo più umano andando oltre le paure e i sospetti, lasciando cadere le barriere che ci separano dagli altri alimentando la fiducia reciproca nella paziente e mai vana ricerca di fraternità. Impegnarsi per camminare insieme, con la dignità: la dignità della famiglia, la dignità di guadagnarsi il pane di ogni giorno – è questo che ti fa andare avanti – e la dignità della preghiera. Sempre guardando avanti”, ha detto il Sommo Pontefice al termine dellultimo incontro della sua visita in Romania, che ha salutato con un messaggio di cuore: “Sono venuto in questo Paese bello e accogliente come pellegrino e fratello, per incontrare. E ora torno a casa arricchito, portando con me luoghi e momenti, ma soprattutto volti. I vostri volti coloreranno i miei ricordi e popoleranno la mia preghiera. Vi ringrazio e vi porto con me. E ora vi benedico, ma prima vi chiedo un grande favore: di pregare per me. Grazie!”



  • Corneliu Coposu e il dovere della libertà

    Corneliu Coposu e il dovere della libertà

    Corneliu Coposu è stato un esponente politico di spicco del nostro Paese, una persona che ha voluto mantenere il legame con la Romania democratica anche dopo l’insediamento del regime comunista. Ha contribuito in maniera fondamentale alla rinascita dello spirito democratico nel Paese dopo il 1989. La società romena gli deve moltissimo per il modello offerto, per la sua fede nel dovere di lottare per la libertà, la giustizia e l’onore, per l’onestà e la devozione con cui ha seguito i suoi compagni di sofferenza nel Gulag romeno. Fu soprannominato Il Gentiluomo”.



    Nato il 20 maggio 1914 nella provincia di Salaj, nel nord-ovest della Romania, nella famiglia di un prete greco-cattolico, Corneliu Coposu ha studiato legge, addottorandosi in scienze giuridiche presso l’Università di Cluj. Fu uno stretto collaboratore e segretario personale del presidente del Partito Nazionale dei Contadini Cristiano Democratico, Iuliu Maniu. Il 14 luglio 1947, Coposu venne arrestato, assieme all’intera direzione del Partito, in seguito ad una messinscena del governo comunista. Fu condannato ai lavori forzati a vita e rilasciato nel 1964, dopo 17 anni di prigione, di cui 9 anni in completo isolamento nel carcere di Ramnicu Sărat.



    Corneliu Coposu è sopravvissuto al calvario del regime di sterminio cui il regime comunista ha sottoposto la democrazia romena dopo il 1945. La giornalista Lucia Hossu-Longin gli chiese nel 1993 se sceglierebbe una vita diversa se potesse tornare nel tempo. La risposta fu negativa.



    No. Mi sono fatto un esame di coscienza, ho passato in rassegna tutte le sofferenze e le miserie subite in carcere, negli anni di reclusione, soprattutto le persecuzioni negli anni dopo la liberazione e penso che non avrei altra scelta. Opterei ad occhi chiusi per lo stesso destino. Forse i nostri destini sono stati scritti molto prima. Io non sono fatalista, ma penso che se mi si presentassero alternative, sceglierei lo stesso passato che ho vissuto e lo ripeterei serenamente”, ha risposto Corneliu Coposu.



    L’incontro con persone di questo tipo è un privilegio. L’esperienza esistenzialista massima per Corneliu Coposu fu quella nel carcere di Ramnicu Sărat.



    Il carcere di Râmnicu Sărat aveva 34 celle di cui 16 disposte a pianterreno e al piano di sopra, separato da una rete di filo ferrato. Aveva altre 2 celle laterali e 4 per la punizione nel seminterrato. Ogni cella aveva le dimensioni di 3 metri per 2. Erano disposte a forma di favo, una accanto all’altra, all’altezza di 3 metri c’era un finestrino inaccesibile, di 45 per 30 centimetri, coperto all’esterno, che non lasciava passare la luce. C’era una lampadina da 15 watt permanentemente accesa, che creava dentro una luce funebre. Non c’era riscaldamento, il carcere era stato costruito all’inizio del secolo, con delle mura molto grosse. Era circondato da due file di mura alte 5-6 metri, separate da un corridoio di controllo. Sul secondo muro stavano i soldati armati che facevano da guardie”, ricordava il grande politico.



    Il regime totalitario si rapportava alle persone non come esseri umani con nome e cognome, ma come numeri. Nel 1993, Corneliu Coposu ricordava com’era stata la vita sua e degli altri in carcere.



    Ciascun detenuto aveva un numero, quello della cella in cui era rinchiuso. I nostri nomi erano sconosciuti. Erano escluse le conversazioni, dato che ognuno era solo nella cella e per molto tempo la comunicazione avvenne tramite segnali Morse, oppure colpi nei muri, fino a quando il sistema fu scoperto e ci punirono severamente. Dopo di che, comunicavamo tramite una tosse di tipo Morse, molto faticosa, soprattutto a causa dello stato di debolezza di noi tutti. Io ero rinchiuso nella cellula n.1 e sopra di me al numero 32, c’era Ion Mihalache che inizialmente poteva essere contattato tramite segnali Morse, ma dopo 4-5 anni, quando aveva perso l’udito, non reagiva più ai colpi nel muro”, ricordava ancora il politico.



    Nel 2014, l’intera Europa commemora il centenario della prima guerra mondiale. La Romania ha commemorato anche il centenario Corneliu Coposu, un uomo senza il quale le sarebbe stato ancora più difficile ritrovare se stessa. (traduzione di Gabriela Petre)