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  • Priorità del presidente ad interim

    Priorità del presidente ad interim

    Presidente della Romania per 100 giorni, Ilie Bolojan, ha firmato mercoledì, nel primo giorno del suo breve mandato, il suo primo decreto in questa veste, nominando l’ex ministro degli Esteri, Luminița Odobescu, nell’incarico di consigliere presidenziale.

    L’attesa della stampa e della società nel suo complesso, che desideravano vedere anche un programma di lavoro, è durata poco: giovedì l’ex leader del Partito Nazionale Liberale ed ex presidente del Senato ha presentato le sue priorità nella sua nuova veste di capo dello stato ad interim.

    “Avremo elezioni corrette e trasparenti”, ha promesso, riferendosi alle presidenziali in programma il 4 e il 18 maggio, dopo le quali la Romania avrà un presidente a pieno titolo per 5 anni. Fino ad allora, garantire la stabilità sarà al primo posto nell’agenda di Ilie Bolojan, come spiegato da lui stesso in un messaggio.

    ʺInnanzitutto, garantire la stabilità economica, sociale e politica del paese. Non abbiamo tempo da perdere e il rischio di trovarci di fronte a una grande crisi è reale. Un altro livello importante è quello della politica estera. Il nostro paese sarà ben rappresentato all’estero, con dignità e serietàʺ, ha detto il presidente ad interim, aggiungendo che vuole ripristinare la fiducia dei cittadini nelle istituzioni pubbliche.

    ʺIndipendentemente da dove svolgiamo l’attività, non c’è alternativa se non quella di essere al servizio della gente e mi aspetto che ogni istituzione e ogni dipendente lavorino per i cittadini. Il mio obiettivo, come presidente ad interim, è ripristinare la fiducia nelle istituzioni pubbliche e, alla fine di questo periodo, poter guardarvi negli occhi, sapendo che ho lavorato nel vostro interesse e convinto di aver agito con integrità, dignità e cura per i romeni”, ha detto Ilie Bolojan.

    Il presidente ad interim ha inoltre precisato di aver svolto colloqui con responsabili della Difesa, degli Affari Esteri e della Sicurezza nazionale, al fine di familiarizzarsi con i problemi e le urgenti esigenze in queste aree.

    Dall’opposizione, l’USR, attraverso la sua presidente Elena Lasconi, si augura che i 100 giorni di mandato ad interim del nuovo presidente romeno siano “una boccata d’aria fresca”. Sempre l’USR propone che Ilie Bolojan inizi la sua attività, tra le altre cose, declassificando le spese dell’Amministrazione presidenziale.

    Ilie Bolojan ha assunto la carica di presidente ad interim dopo le dimissioni di Klaus Iohannis, il cui mandato era scaduto il 21 dicembre scorso, ma è stato esteso dalla Corte Costituzionale in seguito all’annullamento delle elezioni presidenziali svoltesi verso la fine del 2024.

  • Cambio alla presidenza della Romania

    Cambio alla presidenza della Romania

    Ilie Bolojan, autosospeso dalla guida del Senato e del Partito Nazionale Liberale – per diventare -almeno dal punto di vista formale, politicamente neutrale – ha assunto la carica di capo dello stato ad interim. Lunedì la Corte Costituzionale ha constatato la vacanza della carica di presidente della Romania con le dimissioni di Iohannis, e ha stabilito che il presidente del Senato svolgerà le funzioni ad interim.

    Ilie Gavrilă Bolojan è nato nel 1969 nella provincia di Bihor (ovest, al confine con l’Ungheria). Ha studiato meccanica e matematica. E’ entrato a far parte del PNL nel 1993. È considerato uno dei migliori specialisti romeni di pubblica amministrazione locale. Tra il 2008 e il 2020, è stato sindaco di Oradea, eletto tre volte. Dal 2020, è presidente del Consiglio provinciale Bihor, carica che ha ricoperto fino all’anno scorso, quando è diventato senatore.

    Ad interim, Bolojan avrà attribuzioni limitate: non potrà rivolgere al Parlamento messaggi in merito alle principali questioni politiche della nazione, non potrà avviare la procedura di scioglimento del Legislativo e non potrà indire un referendum nazionale.

    Membro della minoranza tedesca di Romania, ex sindaco di Sibiu (centro), Klaus Werner Iohannis è stato eletto presidente nel 2014 e ha ottenuto un secondo mandato cinque anni dopo. Il 21 dicembre 2024, avrebbe dovuto andarsene, ma la sua permanenza alla presidenza è stata estesa dopo che la Corte Costituzionale ha annullato l’intero processo elettorale per l’elezione del nuovo presidente. Le presidenziali riprenderanno a maggio, con il primo turno il 4 e quello decisivo il 18.

    Il bilancio dei due mandati di Iohannis è stato pubblicato sul sito web dell’Amministrazione Presidenziale. Secondo il documento, che conta oltre 1.500 pagine, durante il suo primo mandato avrebbe costantemente sostenuto la necessità di rafforzare i meccanismi democratici e di combattere la corruzione. Ha avviato il progetto “Romania istruita”, concretizzato nel suo secondo mandato con la promulgazione di nuove leggi in materia.

    Secondo lo stesso bilancio, negli ultimi cinque anni, Iohannis ha avuto la missione essenziale di guidare il paese in mezzo a crisi senza precedenti: la pandemia di COVID-19 e la guerra nella confinante Ucraina. Secondo le ricerche sociologiche, solo il 5% dei romeni si fida ancora di Iohannis. Cittadini, giornalisti e analisti affermano che, nei suoi dieci anni alla guida dello stato romeno, in realtà non ha ottenuto successi degni di nota.

    Gli rimproverano anche la sua arroganza, la sua comodità, la sua inclinazione all’opulenza, i suoi innumerevoli e inutili viaggi all’estero e le sue scarse capacità comunicative. Lungi dai mutevoli stati d’animo della stampa locale nei confronti di una figura politica che ora glorificava ora demonizzava, lo storico britannico Tom Gallagher, un ottimo conoscitore della Romania, scrive che Iohannis è stato, in effetti, “un capo di stato quasi inutile”.

  • Piani di ristrutturazione e proteste

    Piani di ristrutturazione e proteste

    Un deficit enorme e una Commissione Europea intransigente che chiede costantemente alla Romania di adottare misure per ridurlo determinano il Governo di coalizione PSD-PNL-UDMR risultato dalle elezioni politiche svoltesi meno di due mesi fa, a prendere decisioni molto impopolari. Dopo che, all’inizio del 2025, molti dipendenti del settore pubblico hanno visto qualsiasi indicizzazione o aumento di stipendio congelato da un’ordinanza governativa, e le pensioni non sono state più indicizzate in rapporto al tasso di inflazione, come promesso, in questi giorni è giunta la notizia della riorganizzazione delle istituzioni pubbliche centrali e delle aziende statali.

    Mercoledì, i vertici del Parlamento hanno annunciato che il numero dei dipendenti pubblici sarà ridotto di circa 400, il che ha scatenato una protesta spontanea dei dipendenti nei corridoi dell’istituzione. Il liberale Ilie Bolojan ha dichiarato che al Senato, da lui presieduto, saranno tagliati circa 180 posti di funzionari sul totale di quasi 800, ma che verranno ridotti anche il parco auto e le quote di carburante.

    “Da 796 posti totali, ne avremo circa 618. I colleghi che se ne andranno non saranno licenziati da nessuno. Ovunque dove il numero di impiegati esecutivi sarà inferiore a quello attuale, secondo la legge, saranno organizzati dei concorsi. Vi garantisco che non ci sarà alcuna influenza politica”, ha dichiarato Ilie Bolojan.

    Anche alla Camera dei Deputati saranno tagliati oltre 200 posti su un totale di circa 1.100, ha precisato il presidente socialdemocratico della Camera, Ciprian Şerban. Dall’opposizione, l’USR ha chiesto ai leader della coalizione di governo di presentare pubblicamente tutte le misure per ridurre la spesa pubblica, nonché i criteri di selezione del personale, “per garantire che le persone che restano siano competenti, non solo “connessioni” di partito”.

    Diverse federazioni sindacali hanno manifestato il loro sostegno a quei dipendenti del Parlamento che rischiano di perdere il lavoro. La Federazione Nazionale dei Sindacati dell’Amministrazione ritiene abusivo e opaco il metodo con cui vengono adottate e comunicate le misure di ristrutturazione, mentre i dirigenti del Sindacato dei Funzionari Pubblici Parlamentari e del Sindacato del Personale Contrattuale sostengono che la riorganizzazione manca di equità.

    Anche tra la popolazione le opinioni sulle misure del Governo sono divise. Mentre alcuni sono d’accordo, altri le contestano, ribadendo che la riduzione del numero di posti nel Parlamento dovrebbe cominciare dai senatori e dai deputati stessi, sulla base di un referendum consultivo del 2009 sul passaggio a un legislativo unicamerale con 300 seggi. Negli ultimi quattro anni, il numero dei dipendenti nel settore pubblico sarebbe aumentato di 56.000, affermano coloro che sostengono l’azione del governo. Invece, altri ricordano che tra i pubblici dipendenti si annoverano quelli dell’Istruzione, della Sanità, dell’Esercito o della Polizia, settori nei quali da anni si parla di carenza di personale.