Category: Il futuro inizia oggi

  • Scudo difensivo europeo

    Scudo difensivo europeo

    Gli Stati membri avrebbero più margine di manovra nel rispettare le regole solitamente rigide dell’UE sul debito e sul deficit della spesa per la difesa, nonché la possibilità di riallocare i fondi di sviluppo regionale disponibili per gli investimenti militari. La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen ha dichiarato: “Viviamo nei tempi più importanti e pericolosi. Non è necessario descrivere la gravità delle minacce che affrontiamo. O le conseguenze devastanti che dovremo sopportare, qualora tali minacce dovessero avverarsi. Perché la questione non è più se la sicurezza dell’Europa sia minacciata in modo reale. O se l’Europa debba assumersi maggiori responsabilità per la propria sicurezza. In effetti, conosciamo da tempo le risposte a queste domande. La vera domanda che abbiamo davanti è se l’Europa è pronta ad agire con la determinazione che la situazione richiede. E se l’Europa è pronta e in grado di agire con la rapidità e l’ambizione necessarie”.

    In vari incontri delle ultime settimane, la risposta delle capitali europee è stata tanto forte quanto chiara, ha affermato Ursula von der Leyen: siamo in un’era di riarmo e l’Europa è pronta ad aumentare massicciamente le sue spese per la difesa. Ciò serve sia per rispondere all’urgenza a breve termine di agire e sostenere l’Ucraina, ma anche per soddisfare la necessità a lungo termine che l’Europa si assuma maggiori responsabilità per la propria sicurezza. Idee trasmesse con determinazione e poi, nel quadro del vertice straordinario di Bruxelles, una riunione d’emergenza da cui è emerso chiaramente che l’Europa è entrata in una nuova era. Cosa ha messo in allerta l’Europa adesso? Lo storico Adrian Cioroianu, professore universitario ed ex ministro degli Esteri, ritiene che ciò sia dovuto alla portata della rottura: “Ovviamente non solo Donald Trump, molto prima di lui i presidenti americani hanno parlato di una maggiore partecipazione, dal figlio di George Bush al presidente Obama, e nel suo primo mandato Donald Trump, e persino Joe Biden. Solo che era un suggerimento fatto in tempo di pace. Oppure lo abbiamo percepito come un momento di pace. Voglio dire, il mondo non ha battuto ciglio nemmeno nel 2008, quando in estate si svolgevano le Olimpiadi e la Russia è entrata in Georgia, in quelle province separatiste, l’Occidente non si è allarmato. Neache nel 2014, con la Crimea, non ci siamo allarmati. Neanche nel 2022, quando siamo stati preoccupati per l’Ucraina, ma non abbiamo avuto questo sentimento di allerta”.

    Lo stato di nervosismo in Europa oggi, aggiunge Adrian Cioroianu, deriva da questi quasi due mesi “in cui ci siamo resi conto non solo che non ci sono persone capaci di porre limiti a Donald Trump, anzi, quelli nella sua Amministrazione sembrano piuttosto incoraggiarlo. Penso che sia da qui che provenga questo senso di urgenza europea. E la ciliegina sulla torta è questa interpretazione simile che ci arriva da Washington e da Mosca su alcune questioni. Non credo che questo abbia precedenti, nemmeno nel primo mandato di Donald Trump, per non parlare degli altri presidenti americani”, spiega il professor Adrian Cioroianu. Una delle conseguenze di questo comportamento dell’amministrazione Trump potrebbe essere il risveglio dell’Europa alla consapevolezza della propria importanza, aggiunge egli: “Una potenza economica, demografica, intellettuale, ma che non era coperta da una potenza militare. L’Europa non ci aveva pensato negli ultimi 70-80 anni, non era una priorità, dopo gli anni ’90 c’è stata piuttosto la politica di assimilazione dell’Europa centrale e orientale, anche se all’inizio degli anni ’90 erano iniziate le discussioni su una politica di sicurezza comune, ma l’integrazione dell’Europa centrale e orientale ha lasciato la sicurezza in secondo piano.”

    Il piano della presidente della Commissione Europea prevede cinque strumenti finanziari. Il primo si riferisce all’aumento dei bilanci nazionali per la difesa dell’1,5% a livello europeo, fatto che mobiliterebbe circa 650 miliardi di euro nei prossimi quattro anni, spese che non saranno incluse nel calcolo del deficit del bilancio nazionale. Un secondo strumento sono i prestiti per progetti comuni di difesa europei per un valore di 150 miliardi di euro. Si tratta di spendere meglio e investire insieme per le capacità paneuropee, come la difesa aerea, i sistemi di artiglieria, i missili, i droni, ma anche in campo cibernetico o della mobilità militare. Questo strumento aiuterà gli stati membri a creare domanda per l’industria e con questo strumento aumenteremo massicciamente gli aiuti all’Ucraina, afferma Ursula von der Leyen.

    Il terzo strumento riguarda la possibilità per gli stati membri di utilizzare i fondi di coesione per progetti di difesa, mentre gli ultimi due ambiti di intervento riguardano il capitale privato, in combinazione con i prestiti della Banca Europea per gli Investimenti. “Questo è il momento dell’Europa e dobbiamo esserne all’altezza”, ha sottolineato il capo dell’Esecutivo europeo.

  • Il fenomeno DeepSeek

    Il fenomeno DeepSeek

    Le azioni di diverse grandi aziende americane, come Nvidia, Microsoft o Meta, sono crollate a gennaio dopo che la società cinese DeepSeek, coinvolta nello sviluppo di algoritmi di intelligenza artificiale, ha messo in dubbio “l’aura di invincibilità” che circonda l’industria tecnologica statunitense. Più precisamente nel giorno in cui DeepSeek ha presentato un modello di intelligenza artificiale con prestazioni paragonabili a quelle offerte dai chatbot occidentali come ChatGPT, ma ad un costo decisamente inferiore. Il suo modello a basso costo è diventato rapidamente l’app gratuita più scaricata sull’App Store di Apple negli Stati Uniti subito dopo il suo lancio, superando ChatGPT. È il “momento Sputnik dell’intelligenza artificiale”, ha stimato Marc Andreessen, venture capitalist della Silicon Valley e consigliere di Donald Trump, riferendosi al satellite lanciato dall’Unione Sovietica nel 1957, quando gli Stati Uniti furono colti di sorpresa dai risultati tecnologici del loro rivale.

    Quanto è prezioso il risultato ottenuto dall’azienda cinese e quali sfide comporta? Florin Zeru, specialista in comunicazione strategica presso la Scuola Nazionale di Studi Politici e Amministrativi: “Vedo il momento DeepSeek come un vaso di Pandora. Cioè ampia accessibilità, immenso potere e rischi nascosti. Immagina il vaso di Pandora della mitologia greca. Ma questa volta, invece di una scatola fisica, abbiamo un programma per computer, un modello di intelligenza artificiale molto potente, pieno di vaste conoscenze e capacità impressionanti. Ma proprio come nel mito, anche questa scatola porta con sé un monito. Non è una scatola qualsiasi, ma una scatola che una volta aperta rilascia nel mondo cose buone e cose cattive. E la natura open source di DeepSeek e la notevole efficienza rendono questa scatola accessibile quasi a chiunque. E qui sta il grosso problema, qui nasce il parallelo con il mito di Pandora: una volta aperto il vaso, non si può più tornare indietro. Una volta che viene reso disponibile a chiunque uno strumento così potente, non si ha più il controllo completo su come verrà utilizzato. E purtroppo DeepSeek ha anche un punto debole: può essere ingannato. Attraverso istruzioni speciali, chiamate Jailbreak prompt, gli utenti possono aggirare le restrizioni imposte dai programmatori e ottenere risposte che DeepSeek normalmente rifiuterebbe. E ragioniamola così, se nelle mani di specialisti DeepSeek può essere utilizzato per accelerare la ricerca scientifica, per creare nuovi farmaci, per sviluppare soluzioni a problemi complessi, nelle mani di malintenzionati lo stesso strumento può essere utilizzato per generare disinformazione, creare malware o addirittura pianificare attacchi. È come dare a chiunque l’accesso a una tecnologia altamente avanzata senza assicurarsi che la usi in modo responsabile.”

    La produzione dell’applicazione costa circa mille volte meno di quanto investono le grandi aziende americane di intelligenza artificiale. Come può DeepSeek permettersi di avere prezzi così bassi? Perché è sostenuto dallo stato cinese, spiega Florin Zeru. ”È un simbolo delle ambizioni della Cina di diventare un leader globale nel campo dell’intelligenza artificiale. È un segnale che Pechino sta investendo molto in questo settore e che è determinata a raggiungere gli Stati Uniti. Finora gli Stati Uniti hanno avuto un chiaro vantaggio nel campo dell’intelligenza artificiale grazie alle loro aziende come OpenAI, Google, Microsoft, ma DeepSeek dimostra che questo dominio non è più garantito e che la Cina sta recuperando fortemente e il divario si sta riducendo rapidamente.”

    Il successo di DeepSeek è stato una sorpresa anche perché arriva mentre gli Stati Uniti, invocando la sicurezza nazionale, spingono da anni per limitare la vendita di chip IA avanzati alla Cina. Le preoccupazioni riguardano anche il fatto che i dati raccolti dagli utenti vengono archiviati su server in Cina sotto il controllo di due società registrate in Cina, come ha confermato DeepSeek. Si tratta di informazioni sul profilo, richieste degli utenti, informazioni tecniche, informazioni sull’utilizzo, cookie e informazioni di pagamento. Cosa c’è in gioco in questo aspetto? Flavia Durach, specialista della comunicazione. “Non si tratta solo di ciò che sappiamo di una determinata persona, ma di ciò che sappiamo di un particolare profilo utente di Internet. Di solito si lavora con le tendenze. Certo, puoi letteralmente spiare una persona in base alla sua attività su Internet. Ma dal punto di vista della concorrenza, ad esempio, tra paesi, come tra gli Stati Uniti e la Cina, penso che si ponga piuttosto il problema dell’accesso a grandi serie di dati, che possono essere interpretati come statistiche. E che, da un lato, possoni contribuire a migliorare la qualità dei prodotti e dei servizi di quell’azienda. Essa può migliorare rispetto ai suoi concorrenti proprio perché ha accesso a dati che gli permettono di sviluppare tutti i tipi di servizi adiacenti, sapendo già qual è il profilo del pubblico, cosa vuole, qual è il suo comportamento. Per quanto riguarda la lotta tra Stati, può anche trattarsi di tentativi di manipolazione, influenza, interferenza nelle elezioni quando possono prendere di mira il pubblico, conoscendone il profilo, il comportamento e le preferenze, con messaggi personalizzati per influenzare.”

    A livello personale, spiega Flavia Durach, si può parlare di tentativi di hacking, di furto di dati personali, e ci sono tanti modi in cui si possono danneggiare i dati, a seconda, ovviamente, del contesto e delle circostanze.

  • 1,5 gradi centigradi – una soglia che fa la differenza

    1,5 gradi centigradi – una soglia che fa la differenza

    La conferma arriva dal servizio Copernicus Climate Change dell’UE e dovrebbe essere vista come un campanello d’allarme perché il superamento costante di questa soglia per 10-20 anni potrebbe fare la differenza tra un pianeta abitabile o meno. Il 2024 è stato, allo stesso tempo, l’anno più caldo mai registrato. Mircea Duțu, professore universitario, presidente dell’Università Ecologica di Bucarest. “Ogni mese da gennaio a giugno 2024 è stato più caldo del mese corrispondente precedente e il 22 luglio 2024 è stato raggiunto un nuovo record di temperatura media giornaliera con 17,16°C. A prova del fatto che il cambiamento climatico continua, gli ultimi dieci anni sono stati i più caldi mai registrati. Il principale motore del surriscaldamento è l’aumento della concentrazione di gas serra nell’atmosfera, che lo scorso anno ha raggiunto le 422 parti per milione a causa dell’utilizzo di combustibili fossili. La soglia simbolica di 1,5 gradi centigradi prevista dall’Accordo di Parigi è stata, quindi, superata. Con una temperatura media di 15,1 gradi C, significa una differenza di 1,6°C rispetto al periodo di riferimento 1850-1900, con la precisazione, però, che si riferisce ad un trend di lungo periodo. Tale media per diventare stabile dovrebbe essere osservata per un periodo di almeno 20 anni.”

    196 Paesi sono firmatari dell’Accordo di Parigi, che prevede anche che, entro il 2030, i paesi debbano dimezzare le emissioni di carbonio per raggiungere l’obiettivo del 2050, ovvero il livello zero. Per ora, il caldo ha continuato ad alimentare cicloni, ondate di caldo e altri eventi meteorologici estremi in tutto il mondo. Il caldo ha mietuto vittime durante il pellegrinaggio musulmano alla Mecca in giugno, ma anche in Messico, Tailandia, India e Grecia. Quattro milioni di persone nell’Africa centrale e occidentale hanno avuto bisogno di aiuti umanitari dopo le storiche inondazioni, che hanno provocato più di 1.500 morti, mentre anche l’Europa, in particolare la Spagna, ha dovuto affrontare inondazioni devastanti.

    Grandi uragani hanno colpito la regione dei Caraibi e i tifoni hanno devastato l’Asia, soprattutto nelle Filippine. La siccità ha colpito gravemente vaste aree delle due Americhe, provocando massicci incendi anche nelle zone umide amazzoniche. E secondo il Programma alimentare mondiale, nell’Africa meridionale 26 milioni di persone rischiano la fame. La rete di riferimento scientifico sul settore sostiene che quasi tutti i principali disastri naturali del 2024 sono stati intensificati dalle conseguenze delle emissioni di gas serra provocate dall’uomo. Le temperature sono state intensificate anche dal fenomeno El Niño, un modello climatico che porta temperature più elevate e poi lascia il posto al suo equivalente un po’ più fresco e umido, La Niña. Le conseguenze non sono tardate ad arrivare. Lo scorso anno sono stati registrati costi eccezionalmente elevati a causa dei disastri naturali aggravati dal cambiamento climatico. Si parla di danni di 140 miliardi di dollari. Mircea Duțu: “La Terra conosce una febbre che sembra inarrestabile e sorprendente nella sua consistenza. Dopo l’estinzione de El Niño nel mese di giugno e in attesa de La Niña in autunno, era prevedibile un abbassamento delle temperature. Ma questo fatto non è avvenuto, né è prevedibile che accada nelle condizioni previste. La Niña è stata lenta ad intervenire, e notiamo che siamo in un territorio sconosciuto. Da milioni di anni il pianeta non registrava una tale quantità di anidride carbonica nell’atmosfera, tanto che da almeno 2000 anni la velocità del riscaldamento climatico non è così elevata. La febbre in più degli ultimi due anni è sorprendente. Anche in un contesto generale di riscaldamento climatico, anche dopo il passaggio di un intenso El Niño, la temperatura rimane anormalmente alta.”

    Con l’innalzamento della temperatura media globale, il superamento della soglia di 1,5°C in un solo anno diventa un segnale critico che indica un futuro in cui tali valori potrebbero diventare più frequenti. Cosa aspettarsi nel 2025? Il professore universitario Mircea Duțu: “La risposta verrà principalmente dallo stato dell’oceano planetario. Il 2025 dovrebbe collocarsi tra i primi 3 anni più caldi, sicuramente più freddo del 2023 e del 2024. Lo scorso dicembre era già stata osservata una diminuzione della temperatura della superficie del mare. Nei prossimi mesi rimarrà probabilmente in condizioni neutre con minime anomalie calde e fredde nel Pacifico equatoriale.”

    Al di là delle perdite materiali, i ricercatori stimano che, a meno che non vengano intraprese azioni drastiche e immediate per ridurre le emissioni di gas serra, il cambiamento climatico potrebbe causare direttamente oltre 2,3 milioni di decessi in più legati al caldo in 854 città europee entro la fine del secolo.

  • Le maggiori sfide del 2025

    Le maggiori sfide del 2025

    La guerra in Ucraina, la situazione in Medio Oriente, il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca, le elezioni in Francia, Germania e Polonia: questi sono gli eventi che segnano il 2025.

    Un anno in cui l’Unione Europea, convinta per molto tempo che in Europa una grande guerra non è più possibile, deve continuare a dare risposte adeguate. Istituita come entità per la gestione della pace, nel 2022 l’UE si è scontrata con una dura realtà con l’inizio del conflitto in Ucraina da parte della Federazione Russa. Un conflitto che va avanti già da quasi tre anni e non si sa quando e come finirà.

    Lo shock dell’Europa è stato lo shock del continente, che capisce che sul suo territorio è possibile una grande guerra, afferma il professore universitario Dr. Dan Dungaciu. Cosa ha imparato finora l’Europa? In particolare che i rapporti, l’interazione, i contatti, le connessioni economiche producono la pace, così come l’UE è nata nel secondo dopoguerra attraverso la cooperazione economica della Francia e Germania, così come l’UE si è manifestata successivamente, quando l’interconnessione produceva pace e sicurezza, tutto ciò che l’Unione ha conosciuto fino ad oggi è crollato, ritiene il professor Dungaciu: “Le connessioni non significano più pace, le relazioni economiche non portano più sicurezza. Al contrario, le connessioni, le connettività, le interazioni possono produrre la guerra. Da qui il disaccoppiamento dalla Federazione Russa, poi il disaccoppiamento dalla Cina e così via. La grande sfida dell’Unione Europea è quella di reinventarsi nella sua stessa sostanza. La seconda sfida, meno visibile, è che l’UE, nata come progetto post-nazionale – non necessariamente antinazionale, ma post-nazionale – si ritrova oggi in una realtà fortemente nazionale, attraverso la guerra in Ucraina. Perché la resistenza dell’Ucraina all’aggressione della Federazione Russa è, prima di tutto, una resistenza nazionale. L’Ucraina si reinventa, ritrova se stessa, si sviluppa e così via. Ecco quindi due grandi sfide che l’Unione deve affrontare, in una forma o nell’altra. Come le gestirà misurerà ovviamente la capacità dell’Ue di portare avanti questo progetto iniziato molto tempo fa, ma che oggi forse si trova ad affrontare la sfida più grande”.

    Verso la fine del 2024, la guerra in Ucraina è entrata in una sorta di cono d’ombra a causa degli sviluppi in Medio Oriente, compresa la caduta del regime di Assad in Siria. Una vittoria politica strategica per Israele, ritiene il professore universitario Dan Dungaciu: “In pratica, la caduta della Siria oggi significa un grave svantaggio per lo stato iraniano, che si vede in un certo senso espropriato del corridoio più importante attraverso il quale alimentava il suo più forte rappresentante, vale a dire Hezbollah. Allora cosa significa? Ciò significa che assisteremo, dal momento in cui la Casa Bianca si avvicinerà a questo dossier, probabilmente il primo sarà quello ucraino, assisteremo ad un ridisegno dell’intero Medio Oriente. Perché quello che è successo in Siria ovviamente non rimarrà in Siria.Cosa succederà con questo Paese, da molti punti di vista una costruzione quasi artificiale, resta da vedere, ma è chiaro che dalla Siria partono raggi strategici estremamente importanti. Uno che porta alla Turchia, un altro che porta all’Iran, un altro che porta a Israele e così via, e tutto questo dovrà essere organizzato in una forma o nell’altra. Non possono farlo dall’interno. In un modo o nell’altro, l’amministrazione Trump dovrà cercare di tracciare una linea per gli sviluppi futuri”.

    Siamo di fronte a un dossier estremamente complicato, ma che alla fine dovremo seguire nel 2025, perché sarà uno dei più importanti. Anche se poco visibili, i grandi cambiamenti che stanno avvenendo oggi nel Medio Oriente sono, oserei dire, senza precedenti, aggiunge Dan Dungaciu: “Sarà molto interessante il modo in cui l’amministrazione americana di Donald Trump cercherà di gestire il Medio Oriente, essendovi coinvolta, ma senza entrarvi, senza avere una presenza militare in quella regione. Perché se c’è qualcosa che Donald Trump teme all’inizio della sua amministrazione è di non finire in una guerra, la ricetta del fallimento per un Donald Trump che ha un solo grande progetto, diventare il più grande presidente americano, almeno degli ultimi anni cent’anni.”

    Tornando all’Europa, una grande sfida rimane la guerra dell’informazione informatica intrapresa dalla Russia – una guerra ibrida che alimenta la corrente estremista. Nel 2025 ci saranno elezioni decisive in Europa – in Francia, in Germania, elezioni presidenziali in Polonia, tutte con una posta in gioco importante, ricorda Dan Dungaciu, il quale sottolinea che il pericolo maggiore per la sicurezza è la creazione di un clima in cui la propaganda della Federazione Russa attecchisce e dilaga.

    Non la propaganda in sé, ma il clima che si instaura in certe società, insiste il professore universitario Dr. Dan Dungaciu – questo è stato il grande fallimento del mainstream europeo e penso che la rivalutazione dello spazio pubblico europeo debba partire da lì affinché possa essere meglio protetto dalle evidenti ingerenze della Federazione Russa.

  • Esercizio di resistenza

    Esercizio di resistenza

    L’inizio dell’anno ha riportato in discussione il futuro dell’approvvigionamento energetico dell’intera Europa, con la cessazione del transito del gas russo attraverso l’Ucraina. Per Kiev, il motivo per cui ha deciso di non prorogare oltre il 31 dicembre 2024 l’accordo di transito è semplice: vuole lasciare Mosca senza una delle principali fonti di denaro con cui finanzia l’invasione dell’Ucraina. Fortemente dipendenti da questo gas, Slovacchia e Ungheria, i cui primi ministri hanno buoni rapporti con Mosca, hanno però criticato Kiev per questa posizione, sottolineando che la decisione di fermare il transito del gas russo attraverso l’Ucraina non è un semplice gesto politico, ma una misura estremamente costoso per l’intera UE. D’altro canto, il presidente ucraino Volodymyr Zelenskyj ha accusato il primo ministro slovacco di aprire un secondo fronte energetico contro l’Ucraina, per volere della Russia.

    Completa il quadro la decisione della società russa Gazprom di interrompere, dal 1° gennaio, la fornitura di gas naturale alla regione separatista pro-russa Transnistria della Repubblica di Moldova. In queste condizioni, la centrale elettrica di Cuciurgan, situata sulla riva sinistra del Dniester, sotto il controllo dei separatisti russofili, non fornisce più elettricità ai distretti del resto della Repubblica di Moldova. La poca elettricità ancora prodotta viene ottenuta utilizzando il carbone, un tempo portato dal Donbass occupato dai russi. È l’unico tipo di carbone compatibile, le scorte bastano solo per un mese o due e non possono essere rifatte. Gravemente colpita dalla situazione, la Transnistria rifiuta però l’aiuto di Chisinau. Le autorità moldave, che hanno istituito lo stato di emergenza nel settore energetico, sono invece riuscite a garantire senza problemi la fornitura di elettricità e gas naturale ai consumatori sulla sponda destra del Dniester.

    I dati pubblicati dal Governo mostrano che la metà del fabbisogno di elettricità è coperto dalle importazioni dalla Romania, che, fortunatamente, è il quarto paese più indipendente in termini di importazioni dalla Russia, dopo Svezia, Estonia e Islanda. A livello dell’UE, la guerra in Ucraina ha mostrato molto chiaramente il livello di dipendenza dalle importazioni di energia e ha costretto Bruxelles a trovare soluzioni per cambiare la situazione. Nel 2021 le importazioni europee dalla Russia rappresentavano il 62%, rileva un rapporto Eurostat, e attualmente queste percentuali sono diminuite sensibilmente, diminuzione supportata anche dai piani comunitari per l’energia verde. Di fronte alla più grande sfida energetica, l’Europa continua a imparare a liberarsi dalla dipendenza dalla Russia. Riuscirà a garantire la sua sicurezza energetica compromessa dalla guerra in Ucraina? Giornalista Radu Tudor, analista militare. “Sì, senza dubbio. Anche lo scorso inverno abbiamo ricevuto simili minacce da Mosca. Quelli di Gazprom hanno realizzato un video su come si congelerà l’Europa, su come moriranno gli europei congelati senza il gas russo, ed eccoci qui, e per di più abbiamo il 30-40% delle riserve di gas rimaste nei magazzini europei. E voglio citare il caso della Romania. Al momento possiamo superare l’inverno senza problemi. Di tanto in tanto ricorreremo ad alcune importazioni, ma questo non significa dipendenza, significa interconnessione. Se l’Europa imparerà anche adesso a liberarsi dalla sua dipendenza tossica dalla Russia, questo sarà per noi il miglior esercizio di resistenza e, non ultimo, un esempio anche per altri settori. Perché ci siamo abituati male, a dipendere dal mercato cinese, perché la manodopera è più economica e i profitti sono più alti, a dipendere dall’India, dalla Russia, ecc. Questa cosa, dal mio punto di vista, rappresenta per noi una grande vulnerabilità e dobbiamo imparare a capitalizzare le nostre risorse e, almeno in campo strategico, a smettere di lasciarci nelle mani degli altri, che ci sono anche ideologicamente avversari.”

    La resilienza energetica dell’Europa è stata, per diversi anni, una priorità in tutti i progetti europei, ma la guerra in Ucraina ha determinato nuovi approcci, ha imposto adattamenti all’attuale contesto geopolitico. Dal punto di vista della resilienza in termini di elettricità, innanzitutto, in una situazione di guerra, i megaprogetti possono trasformarsi in megavulnerabilità e persino in un’arma che può essere usata contro il paese e la popolazione civile, attirano l’attenzione degli esperti. I piccoli reattori modulari possono essere utili in questo contesto? L’analista Radu Tudor. “È, dal mio punto di vista, un’idea salvifica. E il fatto che la Romania sia uno dei pochi stati membri della NATO, dei pochi stati in Europa che utilizzano questa tecnologia, è un ottimo esempio. La Romania, a fine anni ’70-inizio anni ’80, ha avviato un progetto sull’energia nucleare, sebbene fossimo uno stato comunista, uno stato del Patto di Varsavia, abbiamo avviato un progetto sull’energia nucleare con il Canada, membro NATO, con il coinvolgimento di alcuni ingegneri dall’Italia, paese membro della NATO, e abbiamo sviluppato l’impianto di Cernavodă. Come naturale e logica continuazione della decisione presa allora e del progetto nucleare romeno, sarebbe la tecnologia SMR, che, dal mio punto di vista, può rivelarsi salvifica per la resilienza dello stato romeno, per aiutare stati come la Repubblica di Moldova, che stanno attraversando momenti estremamente difficili e hanno bisogno dell’aiuto della Romania.”

    L’accelerazione di questo progetto porterebbe la Romania alla totale indipendenza energetica e, soprattutto, secondo Radu Tudor, ci renderebbe un esportatore netto di energia in Europa.

  • La Romania, sulla mappa dell’enoturismo

    La Romania, sulla mappa dell’enoturismo

    Molte leggende sono state scritte sulla comparsa del vino, con le testimonianze più antiche nelle zone del Caucaso, in Mesopotamia ed Egitto.La Georgia sarebbe la culla del vino, intorno al 6000 a.C., secondo uno studio su cui hanno lavorato esperti di sette paesi, per questa conclusione gli scienziati hanno utilizzato la datazione al carbonio di frammenti di ceramica che erano in contatto con il vino. Sono state scoperte prove anche in Iran, Grecia o Sicilia, ma anche relative ad un vino ottenuto da uve fermentate, mescolate con altri frutti, in Cina, risalenti a più di 7000 anni fa. Gli specialisti dicono che all’inizio la vite era “selvatica”, per poi essere addomesticata. E la cantina più antica è stata scoperta dagli archeologi in un complesso di grotte in Armenia. Il sito trovato qui risale al 4100 a.C. e conteneva un torchio per il vino, vasi di fermentazione, coppe e semi di Vitis vinifera. Oltre a deliziarci nei modi più inaspettati, a seconda del suo aspetto, colore, aroma o consistenza, il vino nel bicchiere racconta la storia di intere generazioni, della formazione di popoli e paesi, ha spiegato a Radio Romania Cătălin Păduraru, dottore dell’Università di Scienze Agrarie e Medicina Veterinaria di Bucarest, presidente del più importante concorso enologico internazionale dell’Europa centrale e sudorientale, Vinarium: “Si tratta di una caratteristica che la vite possiede e che ha cambiato radicalmente inclusivamente la migrazione dei grandi popoli. I cereali venivano presi, immagazzinati, nella migrazione le popolazioni si spostavano, li ripiantavano, aspettavano il primo raccolto, li raccoglievano, li consumavano, conservavano i semi, andavano avanti. Quando queste popolazioni in migrazione da est a ovest attraversarono il bacino del Caucaso e trovarono la Vitis vinifera e poi arrivarono nell’odierno territorio della Romania e della Repubblica di Moldova, piantarono le viti e non se ne andarono più, perchè non potevano compiere un atto privo di senso. Dovettero aspettare 4-5 anni per godere dei frutti della vite. Per questo dico che attorno alla vite si sono formati popoli e paesi. Ha cambiato totalmente la velocità di movimento dei popoli.”

    In Romania la coltivazione della vite ha una lunga tradizione, storicamente attestata, che ha certamente contribuito a collocare il Paese, oggi, ai primi posti tra quelli con superficie coltivata a vite. Ma anche in termini di quantità di vino prodotto – 13° posto nel mondo e 6° in Europa – il vino è sempre più apprezzato, sia in patria che fuori confine. Uno sguardo alla mappa viticola rivela l’esistenza di 8 regioni in Romania: le colline della Moldavia, l’altopiano della Transilvania, le colline della Valacchia e dell’Oltenia, le colline del Banato, le colline di Crișana e Maramureș, le terrazze del Danubio, le colline della Dobrugia, rispettivamente le sabbie e altre zone meno favorevoli nel sud del paese. Ognuna di queste zone ha le sue particolarità, dicono gli esperti: si tratti dell’altitudine, dell’esposizione o della pendenza, ad esempio, elementi che lasciano il segno nella diversa maturazione delle uve. Queste differenze sono un vantaggio per la Romania come paese produttore di vino, perché queste differenze ecoclimatiche significano diverse varietà coltivate in determinate aree e diversi periodi di maturazione dell’uva. In altre parole, diversità. Cătălin Păduraru, con un’altra interpretazione del famoso detto „in vino veritas”, la verità è nascosta nel vino: “Abbiamo fatto un esperimento unico al mondo, siamo riusciti a creare la voce del vino, la sua firma sonora, e ad un certo punto abbiamo iniziato a vedere che queste voci sono sempre più diverse. E sono anche arrivato a una conclusione logica, se abbiamo fiducia che un pezzo di silicio, un dispositivo elettronico possa registrare informazioni, perché non credere che la materia organica possa registrare informazioni? In qualche modo, un vino che ha qualche anno, è stato testimone di alcuni eventi, sicuramente ha delle informazioni incluse, il nostro unico problema è che non sappiamo ancora come decifrarle. Questo significa, a mio avviso, „in vino veritas”.”

    Attualmente, in Romania, circa 80 aziende vinicole praticano l’enoturismo – la maggior parte situate nella parte meridionale del Paese, in Muntenia – e circa un quarto di esse offrono anche alloggio. Ma la Romania potrebbe sfruttare di più questo lato importante del turismo, dice Cătălin Păduraru: “Abbiamo pensato all’Istituto del Vino, dove c’è anche un Vinarium, un nuovo tipo di turismo legato a un grande progetto del paese, l’autostrada A7, che arriva fino alla Moldavia e da Iași fino alla Repubblica Moldova, che potrebbe essere chiamata „l’autostrada dei vigneti”. Perché passa attraverso i vigneti più importanti del paese, attraverso Dealul Mare, attraverso Vrancea, poi attraverso la Moldavia. Ciò non significa che io stia minimizzando l’importanza dei vigneti nel resto del Paese. Si può sviluppare un nuovo tipo di turismo, il turismo con roulotte. Non puoi costruire dozzine di hotel nelle cantine da un giorno all’altro. È possibile allestire spazi per campeggi e roulotte, durante la notte sono necessarie solo acqua ed elettricità. E possiamo avere, su questo percorso, moltissimi stranieri che consumano questo tipo di turismo.”

    All’improvviso le cantine potrebbero riempirsi, dice Cătălin Păduraru.

  • Romania nell’Area Schengen

    Romania nell’Area Schengen

    La frontiera esterna Schengen è cambiata dal 1° gennaio, con l’entrata in vigore della decisione del Consiglio Giustizia e Affari Interni del 12 dicembre 2024, con la quale Romania e Bulgaria hanno aderito allo spazio di libera circolazione anche con le frontiere terrestri. Di seguito, il confine Schengen si è spostato alla frontiera della Romania con la Serbia, la Repubblica di Moldova e l’Ucraina, mentre la Bulgaria ha il confine Schengen esterno alla frontiera con la Serbia, la Macedonia del Nord e la Turchia, quest’ultima essendo una delle più complicate a est dal punto di vista dell’immigrazione clandestina. I problemi in questa zona di confine sono stati uno dei motivi per cui l’Austria ha tardato a dare il suo consenso negli ultimi anni.

    L’emozione è stata fino all’ultimo momento per Bucarest e Sofia, perché nonostante in novembre l’Austria avesse firmato a Budapest un accordo sulla piena adesione e il governo austriaco avesse dichiarato politicamente che non avrebbe più utilizzato il veto in seno al Consiglio, negli ultimi cento metri ci sono state sorprese da parte dell’Olanda. I radicali di destra del Partito della Libertà hanno avviato una procedura parlamentare per fermare questo passo, ma non sono riusciti a ottenere la maggioranza. Valentin Naumescu, professore di relazioni internazionali all’Università Babeş-Bolyai di Cluj-Napoca: “La Romania meritava l’integrazione nell’area di libera circolazione e lo meritava da molto tempo. Avremmo dovuto ricevere questa decisione intorno a marzo 2011, quando abbiamo soddisfatto per la prima volta i criteri tecnici per l’adesione. Purtroppo c’è sempre stato un contesto sfavorevole, un cumulo di circostanze politiche europee e regionali negative per la Romania. L’Olanda, l’Austria e altri paesi hanno tenuto le elezioni o hanno avuto paura dell’ascesa di partiti estremisti e contrari all’immigrazione. Tutti regolano i conti politici interni a spese della Romania e della Bulgaria. Quindi, questo ritardo, oserei dire, non è dovuto a noi, alla Romania, perché rispettiamo i criteri tecnici da oltre 13 anni, e questo è stato riconosciuto dalla Commissione Europea.”

    Ormai è un capitolo chiuso, la Romania è entrata nella normalità come Stato membro dell’Unione Europea, che da tempo soddisfaceva le condizioni per essere membro dello spazio Schengen, insiste il professor Naumescu, ma, aggiunge, sta accadendo un’altra cosa importante, che vale la pena evidenziare: “È anche importante che la Bulgaria entri insieme a noi, perché si chiude dal punto di vista geopolitico il corridoio dalla Grecia, dal sud dell’Unione Europea, fino all’Europa centrale. Questo corridoio di libera circolazione sarà molto importante per i trasportatori, per l’economia, per l’economia romena e non solo, per l’economia della regione, per l’Unione Europea nel suo insieme. Sono molte le aziende che trarranno vantaggio dall’abbreviare i tempi di trasporto, transitando sul territorio di questi paesi, abolendo i controlli doganali interni. Quindi, queste sono cose che si faranno sentire nel breve e medio periodo, direi nei prossimi anni. Saremo collegati meglio economicamente, molti investitori oseranno venire e investire nella nostra zona, avendo costi inferiori. Altrimenti non possiamo dire che molte cose cambieranno. Sì, è anche una questione di prestigio, ma nel senso di tornare alla normalità, perché il nostro prestigio ne è stato intaccato.”

    L’adesione a Schengen comporta non solo l’eliminazione delle ore di attesa alle frontiere durante i giorni festivi, ma cambia anche le regole del gioco per l’economia, portando vantaggi in termini di trasporto merci più efficiente e meno costoso, secondo il principio “il tempo significa denaro”. Con l’eliminazione dei controlli, i trasportatori risparmieranno milioni di euro ogni anno e i prodotti romeni raggiungeranno gli scaffali europei più velocemente e a costi inferiori. In poche parole, la Romania sta diventando più competitiva in un mercato europeo estremamente dinamico. E ancora più attraente per gli investitori stranieri. Allo stesso tempo, le regioni frontaliere stanno diventando veri e propri hub economici. Senza controlli burocratici, il commercio locale crescerà e le collaborazioni transfrontaliere genereranno posti di lavoro e crescita economica. Secondo l’accordo, Romania e Bulgaria fanno parte dell’area Schengen dal 1° gennaio, ma per sei mesi vigerà un regime di controlli alternativi o tramite sondaggio, una misura di sicurezza per vedere come funziona il libero passaggio. Ciò significa che non tutti i veicoli e le persone verranno fermati per i controlli come prima, ma secondo le stime delle autorità una percentuale compresa tra il 5 e il 10% al massimo. Tali controlli non sono una novità, sono stati temporaneamente avviati alle varie frontiere interne di Schengen, in un contesto di aumento dei migranti illegali dall’esterno verso l’interno dell’Unione. Un altro motivo è la guerra ibrida della Russia, che pone rischi per la sicurezza dell’Unione Europea.

  • I pericoli dello stress sul corpo

    I pericoli dello stress sul corpo

    Lo stress ci accompagna da sempre e ha, fino ad un certo punto, un ruolo protettivo. Tuttavia, i problemi sorgono quando lo stress diventa cronico, dura troppo a lungo e finisce per interrompere il corretto funzionamento del corpo. Il sistema immunitario può essere compromesso, rendendoci più suscettibili alle infezioni e ad altri disturbi. E ogni stress cronico può portare alla comparsa o al peggioramento di malattie come l’ipertensione, il diabete, disturbi digestivi o cardiovascolari. La professoressa universitaria Diana Păun spiega le conseguenze dello stress cronico. “Lo stress continuo aumenta la secrezione di cortisolo. Il cortisolo è un ormone molto buono per noi, è un ormone salvavita, ma quando viene secretato per lungo tempo, ininterrottamente, ha anche degli effetti collaterali. Induce tutta una serie di patologie. Induce pressione alta, induce diabete, induce obesità con resistenza all’insulina, che è anche associata ad un aumento del rischio di malattie cardiovascolari, aumenta il colesterolo e i grassi nel sangue, quindi induce sostanzialmente quella che chiamiamo la sindrome metabolica. Tutti questi cambiamenti accorciano la vita, quindi hanno ripercussioni nel tempo, ecco perché il corpo sottoposto a stress prolungato deve riposare”.

    Perché se sottoponiamo troppo spesso le nostre ghiandole allo stress, prima o poi perdono la bussola, spiega Diana Păun, ricordando che questo ormone dello stress, il cortisolo, è prodotto dalla ghiandola surrenale e rilasciato in situazioni di pericolo, nei momenti di stress, per aiutare il corpo ad adattarsi alle rispettive situazioni. “Si tratta della cosiddetta sindrome di disprotezione, che è stata descritta anche dagli endocrinologi romeni, e che oggi trova in qualche modo la sua definizione in quello che chiamiamo burnout. Dopo un lungo periodo di lavoro, stress, preoccupazione, preoccupazioni, la ghiandola surrenale non vuole più rispondere e va a letto, si addormenta. Tuttavia, questa condizione in cui la ghiandola surrenale non reagisce più significa una stanchezza cronica equivalente alla sindrome da burnout. Quando praticamente non hai più voglia di fare nulla, sei costantemente stanco, quindi è come la depressione.”

    Per mantenere un livello ottimale di cortisolo nel corpo, è importante adottare un approccio olistico, uno stile di vita sano che comprenda una dieta equilibrata, esercizio fisico regolare e tempo sufficiente per riposo e relax. Inoltre, tecniche come la meditazione, lo yoga o la respirazione profonda possono aiutare a ridurre i livelli di stress e quindi a diminuire la produzione eccessiva di cortisolo. Tutti questi possono aiutare a mantenere l’equilibrio ormonale, essenziale per una buona salute e il benessere. Le secrezioni ormonali non sono come l’acqua del rubinetto, la lasci andare e l’ormone scorre, hanno tutte una pulsatilità, un bioritmo, spiega la professoressa universitaria Diana Păun, e il bioritmo più evidente ce l’ha l’ormone più importante, l’ormone dello stress: “Il cortisolo ha un bioritmo, diciamo, circadiano, cioè il livello più alto di cortisolo è al mattino, alle 8:00, quando dovremmo essere molto attivi: inizia una giornata lavorativa, abbiamo bisogno di risorse e la secrezione di cortisolo è aumentata. Dopodiché, nel corso della giornata il livello di cortisolo comincia a diminuire, gradualmente, e verso le 9:00 di sera crolla. Questo bioritmo del cortisolo, che è molto interessante, si stabilisce solitamente intorno ai due anni di età del bambino, nemmeno dalla nascita, e si mantiene per tutta la vita, il bioritmo del cortisolo essendo un segno della normale funzionalità degli ormoni, del sistema endocrino. Esiste anche un bioritmo veglia-sonno, un bioritmo luce-buio, il cui ormone principale è la melatonina, un ormone molto studiato e purtroppo molto poco conosciuto. È un ormone che induce il sonno perché viene rilasciato in condizioni di oscurità. Se vuoi addormentarti più velocemente, puoi assumere una compressa di melatonina, che è un ormone naturale che può aiutare a indurre il sonno, a condizione che dopo la somministrazione la persona in questione rimanga al buio. Una normale secrezione di questo ormone spiega il sonno calmante e riposante che ognuno di noi deve avere.”

    Purtroppo, aggiunge Diana Păun, lo stress quotidiano, tutte le condizioni in cui viviamo e lavoriamo oggi disturbano il nostro sonno e disturbano questi bioritmi, motivo per cui compaiono una serie di malattie. Si stima però che la medicina dello stile di vita, di cui si parla sempre di più, sia in grado di prevenire l’80% delle malattie croniche e non trasmissibili. Si basa su sei pilastri: alimentazione, attività fisica regolare, sonno ristoratore, gestione dello stress, evitamento di sostanze rischiose e connessioni sociali positive.

  • La medicina del futuro in Romania

    La medicina del futuro in Romania

    Allo stesso tempo, la pandemia ha innescato una massiccia accelerazione nell’adozione di strumenti digitali ma, dicono i diretti interessati, persistono ostacoli complessi che rendono difficile sfruttare appieno il potenziale dei dati sanitari digitali.
    Lo Spazio europeo dei dati sanitari, pilastro essenziale di un’UE sanitaria forte, è progettato per superare questi ostacoli. Si tratta di un quadro per lo scambio di dati sanitari specifici che stabilisce norme chiare, standard e pratiche comuni, infrastrutture digitali e un quadro di governance per l’uso dei dati sanitari elettronici da parte dei pazienti e per la ricerca, l’innovazione, lo sviluppo delle politiche, la sicurezza dei pazienti, le statistiche o scopi normativi.

    Cristina Berteanu, dottoressa in scienze mediche: “È il primo spazio dati europeo che parte dalla salute e che cambia completamente il paradigma, nel senso che il paziente ha la priorità sulla proprietà dei dati e può connettersi con altri pazienti degli stati membri, ma anche con medici provenienti dalla Romania, ma anche da tutti gli Stati membri.

    Poi, l’accesso a questi dati da parte dei ricercatori o di coloro che fanno le politiche pubbliche è molto ben inserito in un quadro giuridico, che prevede alcune regole per avere accesso a questi dati. Porterà importanti progressi in termini di scoperta di nuove molecole, creazione di strategie e politiche pubbliche, compresa la prevenzione e la medicina personalizzata, perché avendo accesso a dati anonimizzati, si potranno creare cure mirate in modo molto più preciso e molto più semplice. Si sta già lavorando a questo spazio dati europeo che dovrà essere operativo dal 2025. Ciò richiede un’importante digitalizzazione di tutti gli Stati membri e speriamo di fare progressi considerando che 207 ospedali hanno accesso ai fondi PNRR per la digitalizzazione.”

    Oltre al fatto che i pazienti potranno accedere e condividere questi dati più facilmente, mantenendo un maggiore controllo su di essi, il lavoro degli operatori sanitari diventerà più semplice ed efficace: grazie a una migliore interoperabilità, potranno accedere alla storia medica del paziente, arricchendo così la base informativa rilevante per le decisioni terapeutiche e diagnostiche, anche quando i dati del paziente si trovano in un altro paese dell’UE.

    Inoltre, sostenendo la condivisione dei dati tra gli operatori sanitari all’interno dei paesi e oltre confine, gli operatori sanitari eviteranno la duplicazione dei test, con effetti positivi sui pazienti e sui costi sanitari. I ricercatori avranno accesso a maggiori quantità di dati rappresentativi e di alta qualità e potranno accedere ai dati in modo più efficiente e meno costoso attraverso un organismo di accesso ai dati che garantisce la riservatezza dei dati dei pazienti.

    I regolatori e i decisori avranno inoltre un accesso più facile ai dati sanitari per un processo decisionale più efficace e un migliore funzionamento dei sistemi sanitari basati sull’evidenza. Ciò, afferma Bruxelles, porterà a un migliore accesso all’assistenza sanitaria, costi inferiori, maggiore efficienza, ricerca e innovazione più forti e sistemi sanitari più resilienti.

    La cartella elettronica del paziente, gli ospedali intelligenti, il concetto di Big Data e l’uso dell’intelligenza artificiale fanno parte della medicina del futuro. E alcuni di loro sono già in Romania. Il primo ospedale intelligente in Romania, un progetto pilota che aiuterà a digitalizzare l’intero sistema sanitario, sarà a Târgu Mureș. Cosa comporta un ospedale intelligente? “L’applicazione della cartella clinica elettronica, la telemedicina, la sicurezza informatica, l’uso dei robot in chirurgia. Inoltre, l’utilizzo della realtà virtuale per la formazione del personale medico, dei medici, il concetto di Big Data e lo sviluppo di algoritmi di intelligenza artificiale per utilizzare al meglio questo concetto in diversi ambiti della prevenzione, della strategia sanitaria, ottenendo qualità, precisione e la velocità con cui vengono forniti i risultati”, spiega Cristina Berteanu.

    In Romania la presenza della tecnologia rivoluzionaria e dell’intelligenza artificiale si fa sentire in molti campi, a cominciare dalla radiologia, dall’imaging, dalla radioterapia, dalla raccolta dati, e le nuove tecnologie già utilizzate nella medicina romena aiutano nella diagnosi precoce delle malattie, nella somministrazione di farmaci per il trattamento personalizzato e alla scoperta del carattere molecolare dei tumori, soprattutto quando si parla di cancro, aggiunge la dottoressa Cristina Berteanu.

  • La guerra in Ucraina, un’altra tappa

    La guerra in Ucraina, un’altra tappa

    Nel millesimo giorno di guerra, l’Ucraina ha colpito un obiettivo militare in Russia con missili ATACMS statunitensi a lunga gittata. È stata la prima volta che, con il consenso degli Stati Uniti, missili di questo tipo sono stati utilizzati sul territorio russo, poiché l’allentamento delle restrizioni rientrava nello sforzo dell’Amministrazione Biden di dare all’Ucraina tutto ciò che può prima del passaggio di consegne, il 20 gennaio, a Donald Trump. La decisione mira anche a dissuadere Pyongyang dall’invio di ulteriori truppe in Russia. Che impatto avrà questa decisione sul corso della guerra? Il professore universitario Iulian Chifu, presidente del Centro per la prevenzione dei conflitti e Early Warning, allarme rapido. “Non dimentichiamolo, questa non è l’arma definitiva, non è un punto di svolta, non è l’arma nucleare alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Quindi non garantisce automaticamente la vittoria, no. Tuttavia, garantisce una sanzione. Si tratta di una ritorsione contro il coinvolgimento della Corea del Nord come cobelligerante da parte della Federazione Russa e una ritorsione contro i massicci attacchi alle strutture di produzione di elettricità in Ucraina. I due elementi dell’escalation necessitavano di un elemento di riequilibrio e di deterrenza credibile, come è accaduto ogni volta che si è verificata una qualche forma di ritorsione. E qui, questa volta, l’Occidente, in primis gli Stati Uniti, hanno trovato il modo di revocare questo divieto. Naturalmente, ciò vale anche per i missili Storm Shadow e Scalp britannici e francesi, che hanno componenti americani. Questo è stato l’unico ostacolo al loro utilizzo sul campo da parte dell’Ucraina.”

    Ben presto è arrivata la risposta del Cremlino. Vladimir Putin ha firmato un decreto che modifica la dottrina nucleare russa, abbassando il livello di minaccia che giustificherebbe un attacco nucleare in risposta a una gamma più ampia di attacchi convenzionali. Sul terreno, Mosca continua la sua controffensiva nella regione di Kursk – luogo dell’unico grande successo militare di Kiev quest’anno – e sta guadagnando punti chiave in prima linea. Mosca può ancora sostenere l’offensiva militare? Il professore universitario Iulian Chifu.

    “Abbiamo una guerra a lungo termine davanti a noi. Gli obiettivi della Russia non sono cambiati. La Russia vuole mettere in ginocchio l’Ucraina, mettere un governo fantoccio a Kiev e avere un’Ucraina senza sbocco sul mare, ovviamente, per raggiungere i confini della NATO, incluso qui, sul Mar Nero, cosa che ci interessa di più. D’altro canto, se parliamo degli aspetti finanziari, ovviamente le cose sono molto costose e Putin dà in pegno il futuro del proprio stato. Su questa linea economico-finanziaria ci sono grossi problemi. La Banca centrale ha già alzato il tasso di interesse al 21%, senza precedenti negli ultimi 20 anni circa, ci sono grossi problemi con l’inflazione, ci sono grossi problemi con la produzione. Queste cose incidono anche sul suo fronte. Dall’inizio dell’anno sono andati perduti l’equivalente di cinque divisioni, soprattutto attrezzature, ma anche persone, per 40 chilometri quadrati”.

    La guerra lenta e faticosa – spesso chiamata guerra di logoramento, in cui una parte cerca di logorare l’altra – ha prosciugato le risorse di entrambi i paesi dopo quasi tre anni di conflitto. E sembra che continuerà a consumare quantità colossali e a mietere molte più vittime. Per il 2025, la Russia ha stabilito un budget record per la difesa, pari a un terzo della spesa pubblica. Allo stesso tempo, gli Stati Uniti hanno deciso di fornire all’Ucraina un pacchetto di armi del valore di oltre 700 milioni di dollari per difendersi dagli attacchi russi. Riuscirà Kiev a fermare l’offensiva militare russa? Professore universitario Dan Dungaciu, analista di politica estera.

    “Ho la sensazione che il sostegno che l’America offre oggi all’Ucraina riguardi più il rafforzamento della capacità di resistenza dell’Ucraina e il rafforzamento della posizione negoziale dell’Ucraina in possibili negoziati. In nessun caso il sostegno militare serve ad aiutare l’Ucraina a preparare una controffensiva per far uscire i russi dall’Ucraina, perché ciò non è più possibile. Pertanto, attualmente stiamo sostenendo l’Ucraina per aumentare le sue capacità negoziali nell’eventuale discussione o, diciamo, negoziato di pace che avrà con la Federazione Russa. In questa situazione ci troviamo, nella prospettiva di un inverno che sembra essere il più terribile degli inverni passati sulla popolazione ucraina.”

    Una popolazione che ha cambiato atteggiamento nei confronti di questa guerra, dice Dan Dungaciu: l’anno scorso circa il 33% aveva voglia di negoziare, oggi circa il 52%, quindi più della metà della popolazione. E la fiducia nella vittoria militare finale è diminuita in modo quasi drammatico rispetto allo scorso anno, anche a causa degli sviluppi sul fronte, che purtroppo non vanno nella direzione auspicata dall’Ucraina.

     

  • Obiettivi energetici

    Obiettivi energetici

    Le emissioni nette di gas serra dell’Unione Europea sono attualmente inferiori del 37% rispetto ai livelli del 1990, mentre il PIL è cresciuto del 68% nello stesso periodo, dimostrando il continuo disaccoppiamento delle emissioni dalla crescita economica, afferma i decisori a Bruxelles.

    Allo stesso tempo, il Rapporto Intermedio sull’Azione per il Clima 2023, pubblicato dalla Commissione Europea, mostra che nel 2023 le emissioni dell’Unione sono diminuite dell’8,3% rispetto all’anno precedente: un record, essendo la più grande diminuzione annuale degli ultimi decenni, fatta eccezione per il 2020, quando la pandemia di Covid-19 ha portato a una riduzione delle emissioni di gas serra del 9,8%, si legge in un comunicato stampa dell’Esecutivo comunitario.

    Tutti questi dati mostrano che l’Unione – pioniera nella transizione pulita e attualmente responsabile del 6% delle emissioni globali di gas serra – rimane sulla buona strada per rispettare il suo impegno di ridurre le emissioni dovute all’effetto serra di almeno il 55% entro il 2030.

    I dati sono incoraggianti: a livello globale, lo scorso anno è entrato nel sistema un livello record di energia verde, compresa una capacità di energia rinnovabile di oltre 560 gigawatt, ha annunciato l’Agenzia internazionale per l’energia. Tuttavia, la produzione di energia pulita non sta tenendo il passo con la crescente domanda globale di elettricità, ammonisce l’agenzia, che rileva anche che nelle ultime settimane le incertezze geopolitiche hanno mantenuto i prezzi volatili, evidenziando la vulnerabilità dell’offerta europea.

    In tutto questo contesto, la Romania può considerare di avere una posizione privilegiata: beneficia di ricche risorse energetiche, anche nel Mar Nero, e le risorse offshore di gas naturale ed energia eolica possono contribuire alla sua trasformazione in un hub energetico regionale, un pilastro della sicurezza energetica nella regione. Con una produzione di 2,3 miliardi di metri cubi di gas nel secondo trimestre, la Romania è diventata, detronizzando i Paesi Bassi, il più grande produttore di gas dell’Unione Europea.

    George-Sergiu Niculescu, presidente dell’Autorità nazionale di regolamentazione dell’energia: “Prima di tutto, ciò non potrebbe avvenire senza uno sforzo sostenuto di investimenti da parte delle società che producono gas naturale in Romania, perché sappiamo tutti che i giacimenti di gas naturale registrano un calo naturale della produzione ogni anno; man mano che si sfrutta un giacimento per un periodo più lungo, esso si svuota e si fa più fatica a portare in superficie il gas naturale rimasto nel giacimento. Ma Romgaz, la compagnia statale romena, si è impegnata e, attraverso uno sforzo sostenuto di investimenti, è riuscita inizialmente a mantenere la produzione di gas naturale, cioè a ridurre praticamente il declino naturale attraverso gli investimenti, ed ecco che in questo momento è riuscita attraverso investimenti ad aumentare la produzione di gas naturale. Non dobbiamo dimenticare che dal 2022, da giugno, abbiamo un ulteriore miliardo di metri cubi che entranno nel sistema dei trasporti nazionale attraverso l’investimento della società Black Sea Oil&Gas, che estrae gas dal Mar Nero.”

    Quali vantaggi può portare alla Romania questa posizione di leadership a livello europeo? George-Sergiu Niculescu, presidente dell’Autorità nazionale di regolamentazione dell’energia: “Cosa significano queste cose per noi? Innanzitutto, la posizione di leader regionale, soprattutto di maggior produttore di gas naturale a livello comunitario, vi dà la possibilità che le vostre politiche energetiche, che fate a livello della Romania, influenzino la regione. La vostra voce è molto più forte tra i decisori a Bruxelles e quindi i nostri bisogni, i bisogni dell’economia romena, i bisogni dei consumatori domestici in Romania possono essere meglio soddisfatti da queste politiche posizionando le risorse della Romania, in particolare il gas naturale di cui stiamo parlando, come combustibile accessibile e il più possibile presente per i consumatori domestici.”

    Un rapporto della Commissione Europea ha recentemente rilevato che la dipendenza dell’Unione dal gas russo è scesa dal 45% nel 2021 a solo il 15% nel 2023, vale a dire che l’Europa ora riceve circa 12 miliardi di metri cubi all’anno di gas russo, mentre circa 2-3 anni fa riceveva 155 miliardi di metri cubi di gas all’anno dalla Russia. E la tendenza al ribasso di questa dipendenza continua.

    Il presidente dell’Autorità nazionale di regolamentazione dell’energia: “Abbiamo visto quanto tossica sia o sia stata questa relazione di concubinato tra il gas naturale della Federazione Russa e le economie europee. Questa cosa dovrebbe darci qualcosa su cui riflettere, dovremmo imparare dalla storia recente e la Romania ha la possibilità di essere indipendente al 100% da qualsiasi tipo di gas naturale importato. Nel 2027, sono sicuro che avremo il gas naturale estratto dal giacimento Neptun Deep che entrerà nel sistema dei trasporti nazionale.”

    La Romania dispone di capacità di interconnessione con tutti i suoi vicini, per un totale di 3.300 MW di capacità di esportazione e 2.900 di capacità di importazione, afferma George-Sergiu Niculescu – ma, affinché l’energia possa circolare senza alcun tipo di ostacolo, dalla fonte di produzione più economica verso il luogo di consumo, significherebbe che tutti gli stati della regione svolgano facciano il loro compito così bene come la Romania.

  • Ottobre, mese europeo della sicurezza cibernetica

    Ottobre, mese europeo della sicurezza cibernetica

    Ogni ottobre, centinaia di attività – conferenze, workshop, corsi, webinar, presentazioni – vengono organizzate in numerose località in tutta Europa per informare meglio il pubblico sulle minacce online e sull’importanza della sicurezza digitale. Il Mese europeo della sicurezza informatica si è concentrato nel 2024 sull’ingegneria sociale, un tipo di minaccia che si basa sulla manipolazione del comportamento umano per ottenere l’accesso a informazioni sensibili.

    In Romania, la Direzione nazionale per la sicurezza informatica (DNSC) ha recentemente informato che il metodo più comune con cui possono essere rubati i nostri dati sensibili rimane la posta elettronica, la posta elettronica personale. Mihai Rotariu, responsabile della comunicazione del DNSC, ha spiegato: “Gli aggressori hanno utilizzato pesantemente attacchi di ingegneria sociale ultimamente, soprattutto nell’ultimo anno, e ultimamente, purtroppo, sono emigrati sui social network, sui social media, perché per loro si tratta di una significativa riduzione dei costi. Non devono più necessariamente mantenere un sito di phishing da ospitare, da pagare, pagare specialisti per supportarlo online, possono semplicemente compromettere determinati account di social media, ad esempio, di determinati utenti, per utilizzare quegli account, la fiducia di quegli account, le pagine gestite da quegli account, a lanciare ulteriori post, solitamente sponsorizzati, verso certe trappole, certi tentativi di frode diretti contro gli utenti romeni.”

    L’edizione di quest’anno del Mese europeo della sicurezza informatica ha avuto come tema #ThinkB4UClick (“Pensa prima di fare clic”) – un appello alla vigilanza di fronte all’ingegneria sociale – una pratica sempre più comune in cui i truffatori si spacciano per qualcun altro, inviano e-mail di phishing o fanno offerte false per indurre le vittime a intraprendere determinate azioni online o rivelare informazioni sensibili o personali. Mihai Rotariu: “A livello europeo, scegliendo l’ingegneria sociale come tema principale per il mese europeo della sicurezza informatica, abbiamo visto che il problema persiste praticamente in tutti gli stati membri dell’Ue. E sì, stiamo parlando di tecniche di ingegneria sociale utilizzate molto spesso. Gli aggressori, in caso di attacco di phishing, ci chiamano direttamente al telefono e ci presentano uno scenario con alcuni elementi psicologici che ci inducono a essere meno vigili e magari forniscono dati o cliccano su un collegamento o installano un’applicazione. In tali situazioni, l’ideale sarebbe avere un’igiene della sicurezza informatica, una routine di sicurezza informatica, con riflessi nell’ambiente online, proprio come li abbiamo nella vita reale, migrati, ovviamente, verso la sicurezza online.”

    Dobbiamo avere il riflesso di controllare prima la fonte del messaggio ricevuto, spiega Mihai Rotariu, per vedere se l’e-mail proviene davvero da una fonte legittima, per guardare il vero indirizzo dell’e-mail, per controllare il collegamento in quell’e-mail, per controllare che il testo dell’e-mail sia corretto dal punto di vista grammaticale, dal punto di vista dell’espressione, per controllare con una soluzione di sicurezza l’allegato di quell’e-mail – tutto questo prima di cliccare, prima di eseguire un’azione che potrebbe metterci nei guai. Mihai Rotariu: “Dobbiamo essere vigili, dobbiamo essere pazienti quando siamo attivi nell’ambiente online e pensare in modo logico. Abituarci questa volta a elaborare e ad agire a una velocità decente, perché sappiamo che siamo abituati a elaborare le informazioni molto più velocemente nell’ambiente online di quanto faremmo nella vita reale. Quindi, facciamo i controlli necessari prima di intraprendere qualsiasi azione che potrebbe compromettere i nostri dati o le nostre apparecchiature.”

    Il motivo principale per cui gli aggressori vogliono compromettere i dati è finanziario. Se hanno accesso ai nostri dispositivi o ai nostri conti, di solito provano a prelevare denaro direttamente dal conto, spiega il rappresentante della Direzione nazionale per la sicurezza informatica. Ma se non riescono a farlo, cercano di estrarre quanti più dati possibile: dati personali, dati finanziari, dati sensibili, dati di autenticazione. Tutti questi dati hanno un valore sul mercato nero e possono essere venduti, ulteriormente monetizzati. Gli aggressori possono addirittura scambiarsi tra loro questi dati, proprio per colpire il maggior numero possibile di utenti con queste trappole online.

    I dati mostrano che nel 2022 l’UE ha sofferto di una carenza di professionisti della sicurezza informatica compresa tra 260.000 e 500.000 persone. Un recente sondaggio sulle competenze in materia di cibersicurezza ha evidenziato la necessità di sensibilizzare e fornire formazione in materia. Per coprire questo gap di competenze, l’UE ha creato la piattaforma online “L’Accademia di competenze in materia di cibersicurezza”, dove è possibile seguire corsi di sviluppo in questa direzione.

  • Qual è il nostro ritmo d’invecchiamento?

    Qual è il nostro ritmo d’invecchiamento?

    “La gioventù significa ottimismo, benessere e un obiettivo per cui lottare” – è il credo che ha sostenuto il lavoro di Ana Aslan, una delle figure di maggior spicco della medicina mondiale, pioniera degli studi sulla longevità e sulla geriatria. Nota per le sue scoperte nella medicina antietà, tra cui il rivoluzionario Gerovital H3, Ana Aslan ha sempre sottolineato l’importanza di un invecchiamento sano, privilegiando la prevenzione e trattamenti innovativi, e negli anni ’50 ha fondato l’Istituto Nazionale di Geriatria e Gerontologia, che porta il nome, il primo del suo genere al mondo e divenuto in breve tempo un centro di eccellenza. La sua ricerca si è concentrata sulla prevenzione, sui trattamenti antietà e su uno stile di vita sano – concetti che sono validi anche oggi, e la sua eredità continua a ispirare nuove generazioni di ricercatori e medici a cercare soluzioni per mantenere le persone in salute e vitalità mentre invecchiano.

    Tra loro la prof. la dott.ssa Luiza Spiru, presidente della Fondazione Internazionale Ana Aslan, membro di un gruppo di esperti dell’OMS che lavora per ridefinire il concetto di invecchiamento attivo. Secondo le norme internazionali, l’invecchiamento può iniziare dopo i 65 anni, ma la realtà è completamente diversa, dice Luiza Spiru: possiamo invecchiare più velocemente della nostra età cronologica. E purtroppo, aggiunge, a livello globale siamo di fronte a una vera e propria pandemia di invecchiamento precoce del cervello, dovuto allo stress cronico, all’ansia, alla depressione. La mancanza di esercizio cerebrale e intellettuale, sentimenti negativi come l’odio o l’egoismo portano all’insorgenza precoce di malattie neurodegenerative, spiega la Prof. Dr. Luiza Spiru, che richiama l’attenzione sul fatto che sono sempre più numerosi i casi di giovani che invecchiano prematuramente: “Abbiamo ridefinito il concetto di invecchiamento, sano, centrato sull’individuo. Perché? Poiché l’individuo non vive in modo indipendente, ma vive in un ecosistema, vive circondato da fattori di stress, la vita che vive in questo modo lo fa invecchiare. E allora, questa forma di approccio individuale, personalizzato, olistico, ma con soluzioni individuali, diventa praticamente la nuova filosofia e il nuovo concetto affrontato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, che sarà implementato ovunque nel mondo. E ora anche la Romania ha la possibilità di beneficiare della prevenzione per quanto riguarda le malattie croniche, perché stiamo ancora male a questo capitolo. Parlando non solo di politica internazionale, ma considerando anche ciò che la Romania deve fare, ha chiaramente molto lavoro da fare. E ha molto lavoro da fare non solo formando le équipe mediche e attuando questa politica per un invecchiamento attivo e in buona salute, ma anche educando i beneficiari dei servizi medici. Un Paese non istruito da questo punto di vista non può godere di salute”.

    L’istruzione è la chiave in una società bombardata da fattori di stress, insiste la prof. Luiza Spiru. Adesso disponiamo anche di esami del sangue che valutano diversi marcatori dell’invecchiamento biologico e ci permettono di sapere a quale ritmo una persona invecchia o se esiste un rischio maggiore di sviluppare una malattia cronica, afferma Luiza Spiru, che ha parlato dei fattori essenziali per la longevità: “Innanzitutto sono rappresentati da ciò che viviamo ogni giorno e da come effettivamente ci assumiamo la vita. A livello individuale significa prenderci cura di noi, amarci. Molti dicono, ma perché dovrei amarmi, essere egoista… Sì, si può essere egoisti nel senso più positivo. Vuol dire prestare attenzione a se stessi, significa non andare dal medico solo quando non si può più. Dipende da ognuno di noi, ma dirò sempre che noi siamo ciò che viviamo ogni giorno. Voglio davvero che la Romania sia sulla mappa delle “zone blu” del mondo. Nel 2021 ho realizzato un film con Digi World in cui ho visitato alcune zone blu della Romania e ho incontrato centenari, persone che hanno più di 99 anni e che hanno storie di vita difficili da comprendere per i giovani di oggi, per queste generazioni che vivono in un mondo bombardato da internet.

    Centenari che hanno attraversato la guerra, che hanno attraversato ogni tipo di privazione materiale e che non hanno mai dubitato di fronte alla vita. E che socializzano bene fino alla vecchiaia e che hanno attività intellettuali e che coltivano il proprio cervello, anche se non sanno di farlo, fino a oltre 100 anni. Che mangiano sano, che si godono la vita così com’è anche se hanno perso i propri cari durante il loro viaggio attraverso questo mondo e che amano ogni cosa che fanno. E che sono felici quando si svegliano la mattina, che possono camminare, che possono andare in chiesa la domenica, e che per tutta la vita sono stati responsabili e si sono assunti delle responsabilità e alle quali hanno adempiuto senza batter ciglio. La responsabilità è una delle grandi qualità di chi ha la chance di invecchiare attivamente e in salute.”

    L’aspettativa di vita sta aumentando, anche in Romania, il che è ottimo, ma è importante che l’invecchiamento non accada comunque. “Tutti vogliamo vivere a lungo, essere indipendenti da tutti i punti di vista e avere una vecchiaia serena”, ricorda Luiza Spiru.

  • Energia per il futuro

    Energia per il futuro

    Negli ultimi anni, l’Unione Europea è riuscita ad affrontare i rischi critici per la sicurezza del proprio approvvigionamento energetico, a riprendere il controllo del mercato e dei prezzi dell’energia e ad accelerare la transizione verso la neutralità climatica. Sono queste le conclusioni tratte dal rapporto della Commissione Europea sullo stato dell’unione dell’energia, documento presentato nella prima metà di questo mese. Questo tipo di rapporto viene pubblicato ogni anno per fare il punto sui progressi compiuti dall’Unione verso il raggiungimento degli obiettivi dell’unione dell’energia. “Abbiamo istituito un quadro giuridico completo per guidare il settore energetico verso un futuro decarbonizzato”, spiegava all’epoca la commissaria per l’Energia, Kadri Simson. L’UE è ora ben attrezzata per raggiungere il suo obiettivo di neutralità climatica, garantendo al tempo stesso che l’industria rimanga competitiva. Abbiamo concordato obiettivi più elevati per le energie rinnovabili e l’efficienza e abbiamo mercati riformati e gli standard più elevati a livello mondiale per l’economia dell’idrogeno e la riduzione delle emissioni di metano. Dopo due anni record per gli impianti di energia rinnovabile, nella prima metà del 2024 l’eolico e il solare hanno raggiunto nuovi massimi, superando per la prima volta i combustibili fossili nel nostro mix elettrico”, ha sottolineato la funzionaria europea. “Gli investimenti green hanno raggiunto un livello record grazie ai Piani nazionali di ripresa e resilienza. A metà giugno di quest’anno, dei 240 miliardi di euro versati nell’ambito dei piani nazionali di ripresa e resilienza, 184 miliardi di euro erano stati stanziati per riforme e investimenti legati all’energia. Anche l’integrazione del mercato e lo sviluppo della rete e delle infrastrutture sono stati fondamentali per garantire l’espansione delle energie rinnovabili”.

    L’Europa deve fare affidamento su una maggiore quantità di energia pulita prodotta a livello nazionale e importare meno combustibili fossili per garantire la competitività, la sicurezza dell’approvvigionamento, la sovranità energetica e la resilienza economica dell’Unione, ha affermato Kadri Simson. Abbiamo compiuto importanti passi avanti con i nostri progetti di interesse comune e adattando rapidamente le nostre infrastrutture del gas per supportare i cambiamenti dei modelli di importazione dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, ha sottolineato il funzionario europeo. “L’unità e la solidarietà ci hanno permesso di trasformare una crisi in un’opportunità. Insieme siamo riusciti a porre fine a decenni di dipendenza dai combustibili fossili russi. Ogni anno importiamo 150 miliardi di metri cubi di gas dalla Russia e ora ne importiamo meno di 50. La nostra dipendenza dalla Russia è diminuita dal 45% nel 2021 al 15% lo scorso anno. Guardando avanti al prossimo inverno, lo stoccaggio del gas nell’UE ha raggiunto l’obiettivo di riempimento del 90% il 19 agosto, poche settimane prima della scadenza del 1° novembre. Gli europei hanno anche ridotto il consumo di gas del 18% tra il 2022 e il 2024, un valore superiore al nostro obiettivo iniziale.”

    Parte dell’Unione Europea e implicitamente degli sforzi di decarbonizzazione, la Romania ha ridotto il suo consumo di gas naturale. Se qualche anno fa i picchi di consumo arrivavano fino a 70 milioni di metri cubi al giorno in inverno, l’anno scorso, ad esempio, non arrivavano nemmeno a 60 milioni, si aggiravano intorno ai 54-55 milioni di metri cubi. Attualmente, le scorte di gas sono a un livello record: il livello di riempimento nei magazzini è quasi del 94%, e le scorte di carbone superano le 550.000 tonnellate, quindi, dicono le autorità, in condizioni di inverno normale, la Romania non avrà problemi a superare la stagione fredda solo con gas romeno. Al di là degli obiettivi legati alla transizione energetica, ci sono però persone in Romania che ancora non hanno accesso all’elettricità. I dati mostrano che sono più di 11mila le persone che vivono in circa 5.400 edifici in villaggi difficili da raggiungere. Per loro è in corso il progetto “Energia per la vita”, attraverso il quale vengono installati pannelli solari in zone isolate, con l’ambizioso obiettivo di “zero case senza elettricità”. Dumitru Chisăliță, presidente dell’Associazione per l’energia intelligente. “Con il ritmo che prevediamo, crediamo che in due anni questa estrema povertà energetica possa essere sradicata. Naturalmente, questo con la partecipazione delle istituzioni statali, con la partecipazione di fondi importanti. Dopotutto, 5400 edifici significano poco in questo momento rispetto a ciò che significa la Romania. Dai nostri calcoli risulta che per sradicare questa povertà energetica servirebbero dai 15 ai 27 milioni di euro, denaro che potrebbe essere ottenuto da un lato da determinati fondi, dall’altro attraverso il programma Casa Verde, lo sviluppo delle reti di distribuzione elettrica, che attualmente hanno questa capacità dal punto di vista tecnico e finanziario, e, infine, attraverso sponsorizzazioni e diverse modalità di sostenibilità che possono essere sviluppate.”

    Negli ultimi 4 anni, attraverso questo progetto, l’Associazione è riuscita a elettrificare 51 edifici – 39 case, 10 malghe e 2 rifugi alpini – in 25 località e 5 province.

  • L’intelligenza artificiale: alleata o minaccia?

    L’intelligenza artificiale: alleata o minaccia?

    Definita come “la capacità di un sistema di interpretare correttamente i dati esterni, imparare da tali dati e utilizzare ciò che ha imparato per raggiungere obiettivi e compiti specifici attraverso un adattamento flessibile”, l’”intelligenza artificiale” (AI) implica lo sviluppo di algoritmi e modelli che consentono alle macchine di percepire e ragionare sul loro ambiente e di intraprendere azioni appropriate. Questi algoritmi utilizzano grandi volumi di dati e tecniche avanzate come l’apprendimento automatico, il deep learning, l’elaborazione del linguaggio naturale e la visione artificiale. Nata come disciplina accademica nel 1956, l’intelligenza artificiale è sempre più presente e i suoi benefici sono innegabili. „Questi possono variare da un’assistenza sanitaria migliore a processi produttivi più efficienti, da trasporti più sicuri e più puliti a fonti energetiche più economiche e sostenibili. Per le aziende, l’intelligenza artificiale può facilitare, ad esempio, lo sviluppo di una nuova generazione di prodotti e servizi e migliorare la sicurezza sul lavoro, poiché i robot possono svolgere compiti pericolosi. L’intelligenza artificiale, tuttavia, presenta aspetti negativi, come possibili minacce alla sicurezza, alla democrazia, alle aziende e ai posti di lavoro. Siamo arrivati al punto in cui temiamo che l’intelligenza artificiale e gli strumenti con cui altera la nostra realtà decideranno il nostro futuro? Ci sono voci che sostengono che questo non è escluso. Un esempio riguarda la sfera politica, le possibilità di influenzare l’elettorato, ad esempio attraverso deep-fake, realizzati sfruttando l’intelligenza artificiale.

    La docente universitaria Dott.ssa Flavia Durach, specialista nello studio della disinformazione, spiega il suo meccanismo di funzionamento. “Ci sono alcuni rischi legati ai deep-fake. Si tratta innanzitutto di esacerbare la componente emotiva, certe disposizioni emotive a livello dell’elettorato, che in un dato momento possono favorire un certo candidato o una certa forza politica. Perché la manipolazione emotiva svolge un ruolo importante nella disinformazione e perché può portare a decisioni irrazionali, a indebolire il pensiero critico, a credere in un certo tipo di messaggio che ha una forte componente emotiva, ad esempio la paura o questo sentimento di essere scandalizzati. In termini di integrità elettorale, qui possiamo davvero avere quel tipo di situazioni in cui un candidato, una squadra elettorale o alcuni attori che hanno un interesse possono creare deep-fakes per screditare gli sfidanti, per creare dubbi nella mente degli elettori. E qui, la posta in gioco più grande sono gli elettori indecisi, quelli che sono soggetti forse a pressioni incrociate da parte del loro ambiente per inclinare il voto in un modo o nell’altro, probabilmente sono i più suscettibili. I deep-fake hanno per natura un alto potenziale di viralità, sono facili da seguire, solitamente hanno tutte le caratteristiche dei contenuti audio-video con forte viralità, quindi possono diffondersi facilmente.”

    Nel tentativo di contrastare tali pratiche, un gruppo di 20 aziende tecnologiche, tra cui importanti sviluppatori di software di intelligenza artificiale, hanno firmato un accordo nella prima parte dell’anno che li invita a combattere la disinformazione elettorale nel 2024. I principali firmatari includono OpenAI, Microsoft e Meta. Annunciato alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco di Baviera, l’accordo comprende, oltre alle società di intelligenza artificiale, alcuni dei social network più popolari. Meta, insieme a TikTok e X (ex Twitter), devono garantire che qualsiasi contenuto dannoso o falso viene rimosso dalle loro piattaforme. OpenAI, Microsoft e altre società di intelligenza artificiale garantiranno di identificare immagini, video e audio generati dall’intelligenza artificiale e di informare correttamente gli utenti. La misura concordata dalla maggior parte delle aziende è quella di etichettare i contenuti AI, principalmente tramite un watermark. È stato un buon inizio, crede Flavia Durach. “Tuttavia, dobbiamo tenere presente che abbiamo anche l’esperienza di notizie false meno sofisticate durante la pandemia di COVID-19, quando esistevano tali promesse, queste misure di etichettatura dei contenuti sono state adottate, ma studi indipendenti di think tank o ricercatori non affiliati a queste piattaforme digitali hanno riscontrato una serie di limitazioni a queste misure. Nel senso che buona parte dei contenuti che disinformano in quei contesti sono riusciti a sfuggire alle politiche di moderazione, alle misure di rilevazione. Pertanto, senza conoscere gli aspetti tecnici, nutro una dose di scetticismo sull’efficacia e l’efficienza di queste misure alla luce delle esperienze precedenti.”

    “In assenza di misure legislative, di regolamenti stabiliti a livello nazionale, sovranazionale, se non fondiamo i nostri sforzi su alcune politiche per lo sviluppo dell’intelligenza artificiale su basi etiche e con la minimizzazione dei rischi, non saremo in grado di fare qualsiasi cosa”, ritiene la specialista in disinformazione Flavia Durach. Alcuni passi importanti in questo senso sono già stati fatti a livello comunitario. Il Consiglio dell’UE ha approvato lo scorso maggio l’Artificial intelligence (AI) act, la cosiddetta legge sull’intelligenza artificiale, destinata ad armonizzare le norme sull’intelligenza artificiale con un approccio “basato sul rischio”, ossia maggiore è il rischio di provocare danni alla società, più severe saranno le regole.