Category: Romania 100

  • Eva Heyman

    Eva Heyman

    I bambini di Romania si meritano pienamente un posto d’onore nel Centenario celebrato nel 2018. Hanno patito sul fronte, nei campi di concentramento o in carcere, accanto a genitori, fratelli, parenti, amici e connazionali sia direttamente che indirettamente, con la perdita dei loro cari. Ogni anno, il 9 ottobre, la Romania commemora la Giornata Nazionale dell’Olocausto, dedicata alle vittime di Auschwitz e degli altri campi di concentramento della seconda Guerra Mondiale. Il 9 ottobre fu la data alla quale cominciava la deportazione degli ebrei della Bucovina in Transnistria, sotto il regime di Ion Antonescu, alleato della Germania nazista. E uno dei nomi da evocare per ricordare gli orrori di quel periodo è quello di Eva Heyman.

    Soprannominata anche Anne Frank della Transilvania o della città di Oradea, la giovane Eva Heyman fu una dell’1,5 milioni di bambini ebrei morti durante la Shoah. Lasciò un diario dal quale la posterità ha appreso come avvertiva la realtà un’adolescente 13enne, come spiegava il proprio mondo circostante, un mondo della disumanizzazione, dell’odio e del genocidio. Lo storico Marius Popescu del Centro per lo Studio della Storia degli Ebrei di Romania ha analizzato il diario di Eva Heyman e spiega come venne creato il ghetto di Oradea, città dalla quale proveniva anche Nyszli Miklos, autore delle celebri Memorie di un medico deportato ad Auschwitz.

    Eva Heyman era una ragazza di origine ebrea di Oradea, città che contava una numerosa popolazione ebraica. Come dimensioni, il ghetto di Oradea era il secondo in Ungheria, dopo quello di Budapest. Per di più, era anche molto restrittivo, come d’altronde tutti i ghetti del nord della Transilvania. Lì i gendarmi ungheresi fecero il compito con un eccesso di zelo fuori del comune, che stupì persino i boia nazisti. E faccio riferimento alla velocità con la quale gli ebrei furono trasferiti dal nord della Transilvania. Lungo un paio di settimane, la popolazione ebraica venne deportata e delle città transilvane una volta abitate da moltissimi ebrei, purtroppo ne rimase solo la storia, spiega Marius Popescu.

    Eva Heyman cominciò a scrivere il diario un 13 febbraio, nel suo 13/o compleanno. Sin dalle prime pagine traspare la preoccupazione della ragazza, aggiunge Marius Popescu.

    Presumibilmente, quando sfogliamo il diario di un ragazzo o di un adolescente, dovremmo leggere cose ben diverse. Ebbene, questo diario altro non fa che rilevare una situazione assolutamente tragica della popolazione ebraica in quei tempi. Sfogliando il diario, viene fuori la fortissima inquietudine di Eva quando venne sequestrata la farmacia del nonno, in seguito ad una legge particolarmente restrittiva che, tra l’altro, consentiva agli ebrei di uscire di casa solo in certe fasce orarie. Una volta confiscata la farmacia, crollava anche la stabilità della casa. Eva descriveva nel diario come un cittadino di etnia ungherese era venuto a impossessarsi senza alcun rimorso della farmacia del nonno. Non dobbiamo dimenticare che il 30 agosto 1940 il nord della Transilvania fu ceduto all’Ungheria. Eva racconta nel diario come ha visto dei romeni espulsi dalle autorità ungheresi. Racconta ugualmente di aver visto facce nuove per la strada, la città era cambiata, moltissima gente era venuta dall’Ungheria. Uno dei motivi invocati per la confisca della farmacia del nonno di Eva, era la sua amicizia con i romeni. Era ritenuto un ebreo che non sosteneva gli ungheresi. Ovviamente, era una cosa assurda, aggiunge Marius Popescu.

    Però il grande shock avvenne quando Marta, l’amica di Eva, sparì insieme alla famiglia. Un sentimento ancora più forte della confisca della farmacia del nonno era quello legato all’amicizia con la coetanea Marta, insieme alla quale passava il tempo libero. Come tutti i bambini, andavano in giro in bicicletta, si compravano un gelato che si mangiavano a casa di Marta o di Eva. Tutto andò bene fino al 1941, l’anno in cui le autorità ungheresi espulsero tutti gli ebrei che non potevano dimostrare la cittadinanza. Il padre di Marta proveniva dalla Bucovina, lei era nata a Oradea, perchè sua madre era di questa città. Cosicchè il padre di Marta fu deportato. Nel 1941, gli ebrei raccolti dalle autorità ungheresi furono portati a Kamjanec-Podilskyj e uccisi. Marta e sua madre non si disdissero dal padre e dal marito che non aveva la cittadinanza ungherese, e lo seguirono nel campo di concentramento, dove furono a loro volta uccise. Dal punto di vista psicologico, è questo il momento-chiave del diario, quando il mondo di Eva cambia radicalmente. Non è che prima il mondo fosse stato più felice, però l’immagine in cui l’amica venne portata via dai gendarmi proprio dalla casa di Eva, deportata e uccisa a Kamjanec-Podilskyj, fu il momento che segnò l’inizio del calvario della sua anima. Non esiste pagina del diario in cui Marta non sia evocata nei pensieri e nel suo tormento interiore. Purtroppo, tre anni dopo, pure lei fece la stessa fine, però nel campo di Auschwitz-Birkenau, aggiunge Marius Popescu.

    Alle tragedie che circondavano Eva si aggiungeva anche un dolore personale, familiare. La situazione in famiglia era abbastanza agitata. Sua madre, divorziata dal padre, aveva risposato Bela Zsolt, scrittore e giornalista di sinistra. A quei tempi, essere ebreo e, in contemporanea, avere un orientamento di sinistra, era una cosa indesirabile. La madre di Eva e zio Bela, come lo chiamava Eva, non passavano troppo tempo a casa, si nascondevano sempre. Eva Heyman fu allevata soprattutto dai nonni materni. Sfogliando il diario, notiamo un atteggiamento a volte abbastanza freddo di Eva nei confronti di sua madre, spiega ancora Marius Popescu del Centro per lo Studio della Storia degli Ebrei di Romania.

    Ho compiuto 13 anni. Sono nata un venerdì 13. Così iniziava Eva il suo diario il 13 febbraio 1944. Il 17 ottobre dello stesso anno, all’età di 13 anni e mezzo, malata di tifo, Eva Heyman fu mandata nella camera a gas.

  • Il generale Henri Mathias Berthelot

    Il generale Henri Mathias Berthelot

    Nato nel 1861, il generale Henri Mathias Berthelot viene considerato un militare di Francia e Romania ugualmente. Insieme ad altre personalità francesi, tra cui i geografi Emmanuel de Martonne e Robert Ficheux o il diplomatico Saint Aulaire, Henri Mathias Berthelot fu uno dei grandi sostenitori della creazione della Grande Romania. In testa alla missione militare francese arrivata in Romania, il generale Berthelot fu considerato il salvatore dell’esercito romeno dopo il disastro avvenuto nell’autunno del 1916, e uno di coloro che gli ridiedero lo spirito combattivo.

    Il Presidente dell’Accademia Romena, il prof. Ioan Aurel Pop, ha ricordato la forte personalità del generale francese nel corso di un convegno omaggio alla sua memoria. Nel momento in cui stavamo attraversando i momenti più difficili, ad ottobre 1916, la missione diretta dal generale Berthelot arrivò nel Paese, dove rimase fino alla vittoria, che per noi significò il compimento della Grande Unità. Accolse il 1 dicembre del 1918, il giorno dell’Unione, con le seguenti parole: Il sangue degli eroi caduti nella Grande Guerra siano per te, bella Romania, seme di nuove virtù, affinchè i tuoi figli siano sempre degni dei loro genitori e pronti a difendere la loro terra sacra talmente spesso invasa, ma alla fine riunificata grazie allo sforzo delle ultime generazioni. Manifestando il suo attaccamento alla Romania nel corso della parata militare svoltasi a Parigi il 19 novembre 1919, al passaggio del distaccamento romeno, il generale Berthelot si rivolse al generale Ferdinand Foch con le seguenti parole: Salve, Foch, ecco la nostra famiglia! Come riconoscimento dei suoi meriti particolari, al termine della Grande Guerra il generale francese fu onorato al massimo dal Regno di Romania. Fu dichiarato Cittadino onorario della Romania, gli vennero regalate una proprietà terriera e una casa, e nel 1926 fu eletto membro onorario dell’Accademia Romena. Il generale si spense nel 1931, all’età di 69 anni, lasciando per testamento alla nazione romena la tenuta della località Farcadinul de Jos, nel frattempo ribattezzata Unirea. Oggi, la località che si trova in provincia di Hunedoara, si chiama proprio Berthelot. In segno di gratitudine, lasciava tutti i depositi in denaro presso la Banca Marmorosch-Blank, all’Accademia Romena per sostenere i giovani che volevano completare gli studi in una scuola francese, civile o militare, ha sottolineato il Presidente dell’Accademia Romena, Ioan Aurel Pop.

    Sempre alla memoria del generale, la strada di Bucarest in cui si trova la sede di Radio Romania reca il suo nome.

  • Il politico liberale Gheorghe Bratianu

    Il politico liberale Gheorghe Bratianu

    Figlio del grande politico e statista Ionel Bratianu, uno dei creatori della Grande Romania, Gheorghe Bratianu fu un brillante storico e rappresentante romeno nella Scuola delle Annales, politico e martire delle prigioni comuniste. Nacque nel 1898 in provincia di Iasi (nord-est della Romania). I genitori divorziarono poco dopo il matrimonio e, fino alla maturità, i rapporti col padre furono freddi. Nel 1916, compiuti i 18 anni e superato l’esame di maturità, si arruolò come volontario nell’esercito romeno durante la prima Guerra Mondiale.

    Dopo il conflitto, studiò la giurisprudenza a Iasi e la storia a Sorbona. Nel periodo compreso tra le due guerre, insegnò la storia universale presso le università di Iasi e Bucarest. Come politico, fu leader di una fazione del Partito Nazionale Liberale, vicina al regime autoritario di re Carlo II. Un enigma e un miracolo storico: il popolo romeno, La tradizione storica sulla fondazione degli stati romeni e Mar Nero si annoverano tra i più noti volumi firmati da Gheorghe Bratianu.

    Dopo l’insediamento del comunismo nel 1945, Bratianu fu arrestato e buttato nel carcere di Sighetu Marmatiei, insieme alla maggioranza dei politici romeni democratici. In un’intervista rilsciata nel 1996 al Centro di Storia Orale della Radiodiffusione Romena, Petre S. Nasturel, un altro storico romeno di rilievo, che conobbe Bratianu, ricordava le circostanze precedenti il suo arresto nel 1950.

    Un giorno, il prof. Gheorghe Bratianu, insieme ad altri ricercatori e scienziati di fama internazionale, fu costretto a rimanere a casa. Si pose il problema di come farli avere le pubblicazioni per poter continuare a lavorare da casa e come pubblicare i loro lavori. Cosicchè venne organizzata tutt’una rete di cui facevano parte la moglie del professore, la signora Elena Bratianu, il prof. Mihai Berza, io, un prete cattolico francese, padre Emile Jean. Questo prete francese, attraverso l’Ambasciata di Francia, inviava i lavori inediti di Bratianu, libri e articoli, ad un grande amico e studioso di Parigi, il prete italiano Lorenzo. Tutto quello che venne salvato dalla distruzione è dovuto a questa catena di benevolenza e dignità romena, con l’aiuto della Francia. Successivamente, i lavori furono pubblicati a Parigi, Monarco di Baviera e così via, però conservati per il patrimonio romeno. Dopo parecchi anni, i lavori di Bratianu usciti in Francia e Germania arrivano ad essere tradotti in romeno, per essere letti anche nel Paese, ricordava il prof. Petre S. Nasturel.

    Il 27 aprile 1953, dopo tre anni di regime severissimo di sterminio, Gheorghe Bratianu si spense nel carcere di Sighet, all’età di 55 anni. Dopo quasi due decenni, le sue spoglie vennero trasferite nella tomba di famiglia nel paesino di Florica, in provincia di Arges.

  • Alexandru Averescu

    Alexandru Averescu

    Con la fine della prima Guerra Mondiale, il mondo cambiava profondamente. Nella politica si faceva strada il populismo, come effetto delle nuove idee e del voto universale. Quello romeno fu rappresentato dalla Lega del Popolo, che successivamente cambiò nome in Partito del Popolo, organizzazione politica ispirata e fondata dal maresciallo Alexandru Averescu, eroe della Grande Guerra.

    Nato nel 1859 nelle vicinanze della città di Ismail, sul braccio Chilia del Danubio, nel sud dell’odierna Ucraina, Averescu si diplomò nel 1866 presso l’allora Scuola di Guerra dell’Esercito di Torino. Al rientro in Romania, fu nominato professore presso la Scuola Superiore di Guerra di Bucarest. Fu autore di numerosi corsi di tattica, strategia, organizzazione – mobilitazione, geometria militare. Dal 1896 al 1898 fu l’addetto militare di Romania a Berlino. Il 13 marzo 1907, Alexandru Averescu diventò ministro della Guerra nel governo liberale presieduto da Dimitrie A.Sturdza e partecipò alla repressione delle sommosse contadine di quell’anno.

    La fama di Averescu avvenne con la prima Guerra Mondiale, quando comandò la II/a Armata romena, che sconfisse le Potenze Centrali a Marasti e Oituz nell’estate del 1917. Dopo il 1918, fondò un partito per combattere contro le vecchie formazioni politiche, attuando delle riforme. L’impresa di Averescu ebbe un forte impatto sulla gente semplice, soprattutto grazie al punto programmatico del partito in cui si chiedeva che tutti lavorassero e non solo alcuni, nel beneficio degli altri. L’onestà stava al di sopra degli affari che, negli anni del conflitto, avevano generato l’odiata categoria degli arricchiti di guerra. Inoltre, Averescu aveva dichiarato che ogni famiglia contadina doveva possedere 5 ettari di terra, il che gli procurò altri voti.

    Lo storico Ioan Scurtu presenta Averescu come il primo mito politico nella storia della Romania. La gente credeva che lui e solo lui fosse capace di rimediare la situazione, di punire i colpevoli del disastro, di attuare delle riforme e assicurare un tenore di vita migliore per le masse. Il politico Constantin Argetoianu descrive un episodio del 1919. In piena campagna elettorale, Averescu andò nelle province di Ilfov e Ialomita, dove gli abitanti dei villaggi lo accoglievano insieme ai preti e ai maestri di scuola elementare. Guardavano a lui come a Messia, le donne si inginocchiavano, mandavano i bambini a baciare l’abito che aveva vestito durante la guerra e che indossava anche durante la campagna elettorale. La popolarità fu anche confezionata, vennero coniate delle medaglie, stampati giornali e volantini, ma prima di tutto si trattava di una vera psicosi popolare che svolse un ruolo essenziale nel propulsare la Lega del Popolo e Averescu come personaggio di prima fila sulla scena politica romena, spiega lo storico.

    Alla fine degli anni 1920, con l’uscita del generale Averescu dalla vita pubblica, il suo partito perse l’influenza. Promosso a maresciallo nel 1930, si spense a ottobre 1938 a Bucarest, all’età di 79 anni.

  • Il politico Ion Mihalache

    Il politico Ion Mihalache

    Nato il 3 marzo 1882 a Topoloveni, nel sud della Romania, il futuro politico Ion Mihalache proveniva da una famiglia di contadini poveri. Nonostante la scarsità materiale, diventò maestro di scuola elementare, uno dei più prestigiosi mestieri intellettuali del tempo. Andò a combattere durante la prima Guerra Mondiale su tutti i fronti romeni e fu insignito dell’Ordine Michele il Bravo. Dopo la guerra, Ion Mihalache fondò il Partito Contadino, di cui diventò presidente.

    Nella nuova Romania, si avvicinò al politico Iuliu Maniu e al suo Partito Nazionale Romeno della Transilvania, cosicchè entrambi confluirono nel Partito Nazionale Contadino, il principale oppositore del Partito Nazionale Liberale. Dal 16 dicembre 1919 al 12 marzo 1920, Mihalache fu ministro dell’Agricoltura e del Demanio. La legge Mihalache del 1920 prevedeva la concessione di terreni compresi tra i 25 e i 100 ettari alle scuole, al fine di istruire gli alunni. Il suo secondo dicastero si svolse nello stesso campo dal 1928 al 1930, quando al governo era il suo partito. Invece, dal 1930 al 1933 ricoprì la carica di ministro dell’Interno.

    Dopo l’avvento dei comunisti, Mihalache fu arrestato, insieme a Maniu, nell’estate del 1947. Il 12 novembre dello stesso anno, in seguito ad una messinscena giudiziaria, fu condannato all’ergastolo. Nel 1996, Radu Boros, pure lui ex detenuto politico, che doveva essere l’avvocato di Mihalache, ha raccontato al Centro di Storia Orale della Radiodiffusione Romena come si era svolto quel processo messo in scena.

    Il tribunale militare, seguendo gli ordini politici del partito conunista, impose agli accusati dei difensori d’ufficio, come in tutti i grandi processi. Gli avvocati d’ufficio non contestavano i fatti presentati dagli accusatori e ammettevano delle prove che non erano finalizzate ad assolvere il cliente, bensì a conferire circostanze attenuanti o di clemenza. Però neanche queste prove venivano richieste in tutti i processi e per tutti gli accusati. Nel processo intentato anche nei miei confronti – da avvocato d’ufficio – dopo un’arringa che sembrava piuttosto una requisitoria, il difensore ha concluso esprimendo la convinzione che il tribunale pronuncerà delle sentenze da bastare agli incolpati. Su richiesta dell’avvocato, il tribunale condannò tutti quanti da lui difesi alla pena massima prevista dalla legge per i rispettivi fatti, ricordava Radu Boros.

    Buttato nel carcere di Ramnicu Sarat, Ion Mihalache si spegneva il 5 febbraio 1963, dieci anni dopo la morte del suo amico Iuliu Maniu nella prigione di Sighet.

  • Ecaterina Teodoroiu

    Ecaterina Teodoroiu

    Grazie all’esempio del sacrificio personale, Ecaterina Teodoroiu fu l’eroina-simbolo della prima Guerra Mondiale. Fu la donna-soldato che non volle rimanere dietro il fronte, scegliendo di trovarsi in mezzo ai più accaniti combattimenti. Nata nel 1894 in una famiglia di contadini della provincia di Gorj, Ecaterina Teodoroiu fu una brava alunna e, prima di arrivare a Bucarest per seguire gli studi liceali e diventare maestra di scuola elementare, fu anche allieva della scuola tedesca di Targu Jiu.

    Seguì anche una scuola per infermiere. L’entrata della Romania in guerra ad agosto 1916 fu accolta con entusiasmo dalla popolazione e molti giovani si arruolarono come volontari. Tra di loro, anche Ecaterina Teodoroiu, che scelse l’esperienza dura della guerra. Grazie alla sua partecipazione ai combattimenti, fu insignita di un’onorificenza e le venne concesso il grado di sottotenente. Il 22 agosto, alle ore 21.15, il suo reggimento fu attaccato dall’esercito tedesco, e i romeni furono costretti a ritirarsi. Durante quell’esercitazione difensiva, Ecaterina, che comandava un plotone, fu colpita mortalmente alla testa da due cartucce di mitra.

    Diventò il più forte simbolo femminile della prima Guerra Mondiale, spiega lo storico Ioan Scurtu. Già dal 1917-1918 Ecaterina Teodoroiu diventò una leggenda. Tutti quanti hanno combattuto insieme a lei hanno ricordato il suo comportamento, il suo coraggio ed eroismo. L’impegno effettivo di una donna in guerra ebbe valore di simbolo. Dimessa dall’ospedale, le fu chiesto insistentemente di rimanere a lavorare alla Croce Rossa, insieme ad altre signore, con la Regina Maria in testa, ma lei rifiutò. Disse che il suo posto era sul fronte, con l’arma in mano. Nel 1921, nel centenario della rivoluzione capeggiata da Tudor Vladimirescu, le sue reliquie furono trasferite dalla tomba di Marasesti a Targu Jiu. Il sarcofago fu costruito dalla scultrice Milita Patrascu. Anche Re Ferdinando, la Regina Maria, lo storico Nicolae Iorga, il maresciallo Alexandru Averescu e tutti quanti ebbero un ruolo alla guida della Romania nella costruzione del simbolo dei militari romeni, degli 800.000 morti in guerra, cercarono di mettere in risalto la personalità di Ecaterina Teodoroiu, sottolinea lo storico.

    A soli 23 anni, è caduta nelle battaglie di Marasesti, ad agosto 1917 e, ormai a più di un secolo da quei combattimenti, la sua figura appare, accanto a quelle di tante altre donne di Romania, come prezzo pagato dai romeni alla guerra e alle sue conseguenze.

  • Henri Coandă

    Henri Coandă

    L’aeronautica rappresenta uno dei settori dell’eccellenza romena, ottimamente rappresentata da Henri Coandă. Figlio del generale Constantin Coandă, primo ministro della Romania nel 1918, Henri nacque nel 1886 a Bucarest. Appassionato di matematica e fisica, come il padre, studiò presso la celebre Università Tecnica di Berlino – Charlottenburg.

    Fu l’autore di numerose invenzioni, tra cui un apparato di misurazioni di portanza e resistenza. Nel 1911, in Francia, Henri Coandă presentò il primo bimotore a una sola elica. Progettò diversi velivoli, di cui uno vinse nel 1912 il primo premio all’International Military Aviation Contest. La sua più importante scoperta, che rivoluzionò l’aviazione mondiale, è nota come effetto Coandă.

    Nei primi anni ’70, ormai tornato in Romania dall’Occidente, dove era rimasto nel 1945, gli venne chiesto come era nata la sua passione per l’aeronautica. Lo scienziato rispose che sin dall’infazia era stato affascinato dal miracolo del vento.

    Avevo poco più di 14 anni quando ho creato una trebbiatrice messa in moto attraverso un mulino a vento. Forse perchè, probabilmente, quando ero giovanissimo, ero molto affascinato dal miracolo del vento. Mi trovavo in riva al mare, che era calmo. Ma il miglior moto ondoso mi colpì al massimo. Provavo una sorta di ammirazione per il vento capace di muovere le onde. Avevo 2-3 anni e mezzo. Questa mia passione per il vento mi spinse a mettermi a confezionare degli aquiloni. Pure papà li faceva. Ho voluto vedere cosa succedeva con l’aquilone e in che modo poteva essermi utile, e così ho costruito un mulino a vento. Anche la sua forza mi colpì, cosicchè ho costruito il primo macchinario – una trebbiatrice, messa in moto tramite un mulino a vento, raccontava il grande inventore.

    Nonostante il suo spirito creativo, Coanda guardava con pessimismo al futuro. Io non credo che l’individuo si dirige verso il futuro, anzi, per dirla con i francesi, va à l’envers, è come un uomo in una barca. Muove i remi, va indietro guardando al futuro e andando avanti, però senza vedere il futuro, perchè non riesce a vedere. A volte, in questa barca c’è anche un timoniere che ogni tanto si muove e vede qualcosa: questo è l’inventore. E’ lui che modifica il futuro, senza rendersi conto ancora. Non devi credere che, nel momento in cui inventi una cosa, sai anche come applicarla. Però il futuro non lo possiamo vedere, concludeva lo scienziato.

    Nel 1972, tre anni dopo il rimpatrio, Henri Coanda si spegneva a Bucarest, all’età di 86 anni. Tra i numerosi riconoscimenti che gli vennero conferiti ci fu anche quello di membro dell’Accademia Romena.

  • Ion Ratiu

    Ion Ratiu

    Uno dei più importanti politici della democrazia romena dopo il 1990, Ion Ratiu ha militato sia contro il fascismo che contro il comunismo. Tornato in Romania nel 1990, fu una delle personalità che ricostruirono il Partito Nazionale Contadino – Democristiano, impegnandosi nel ripristino del clima democratico. Nacque il 6 giugno del 1917 a Turda, nell’ovest della Romania, in una famiglia di intellettuali romeni che hanno lottato per i diritti nazionali dei romeni dell’Impero Asburgico e Austro-Ungarico.

    Laureato in giurisprudenza a Cluj e in economia a Cambridge, attivo tra le file del Partito Nazionale Contadino, nel 1940 venne assunto come diplomatico presso il Ministero degli Esteri e subito inviato a Londra, a febbraio 1940, prima del crollo della Francia. Dopo l’occupazione della Francia, principale alleato della Romania, Ratiu continuò a lavorare alla legazione romena in Gran Bretagna fino all’inizio di settembre 1940, quando il potere venne assunto dal generale Antonescu e dalla Guardia di Ferro. Filo-inglese e filo-francese, Ratiu rifiutò di accettare lo schieramento della Romania alla coalizione guidata dalla Germania nazista.

    Nel 1985, in un’intervista a Radio Europa Libera, conservata dal Centro di Storia Orale di Radio Romania, Ion Ratiu raccontava come, diventato prospero imprenditore, non ha assistito passivamente dall’Occidente alla comunistizzazione della Romania. Ha fondato un’organizzazione anticomunista, l’Unione Mondiale dei Romeni Liberi, e ha pubblicato il giornale di orientamento democratico Il romeno libero, tra i più influenti nell’esilio romeno.

    Ho cominciato già dal 1955 un notiziario settimanale in inglese. Si chiamava Free Romanian Press, ed era destinato ad informare l’Occidente, soprattutto i giornali, i deputati e i politici influenti d’Inghilterra sulla situazione in Romania. Dopo 20 anni, ho ampliato la pubblicazione, intitolata sempre Stampa Libera Romena, e trasformata in mensile, con notizie in inglese e francese. Nel 1965, ho fondato l’associazione Acarda, l’Associazione culturale dei romeni in Inghilterra. Anche se si chiamava associazione culturale, secondo la nostra vecchia tradizione della Transilvania, culturale significava anche politico per l’affermazione delle nostre aspirazioni, spiegava Ion Ratiu.

    Tornato in Romania nel 1990, Ion Ratiu è rimasto la stessa persona con ferme convinzioni democratiche, un autentico punto di riferimento morale. Si è spento il 17 gennaio 2000 a Londra. Le spoglie furono rimpatriate, secondo la sua volontà, e sepolte nella città natia di Turda.

  • Lo scrittore Panait Istrati

    Lo scrittore Panait Istrati

    Nato nel 1884 a Braila, Panait Istrati fu uno dei più complessi scrittori romeni. E’ considerato in ugual misura anche di espressione francese. La sua opera è segnata da un forte messaggio sociale e mette in risalto il mondo dei proletari e degli sfavoriti. Istrati aderì al comunismo sin da giovane, però fu tra i primi a staccarsi dal suo incantesimo, in seguito alle visite nell’Unione Sovietica. Proveniva da una famiglia povera mista: la madre, lavandaia, era romena, mentre il padre era greco.

    All’età di 6 anni aveva già compiuto gli studi elementari e amava tanto la letteratura. Fu apprendista presso un locandiere e un panettiere, ma anche presso un venditore ambulante. Trovò un lavoro di marinaio e viaggiò nell’intero Mediterraneo. Si fermò in Francia, dove imparò la lingua in cui cominciò anche a scrivere. Nel 1906, all’età di 22 anni, avvenne il suo esordio nella stampa operaia, seguito da alcuni racconti senza successo. Durante la prima Guerra mondiale, arrivò in Svizzera, Francia, Grecia ed Egitto.

    Nel 1923, pubblicò la novella Kyra Kyralina, scritta in francese, con la prefazione firmata dal grande Romain Rolland. Fu autore di più romanzi, tra cui spiccano I cardi del Baragan e Il bruto. Nel 1927, Istrati visitò Mosca e Kiev, dove fu girato un film tratto dalla sua novella Kyra Kyralina. In quell’occasione, incontrò lo scrittore greco Nikos Kazantzakis, che lo ricordò nel suo romanzo Zorba il Greco.

    Nel 1929 si recò di nuovo nell’Unione Sovietica. Fu quello il momento in cui capì che il regime comunista era lungi da quello che promuoveva teoricamente. Scrisse Verso l’altra fiamma, in cui denunciò gli abusi del regime comunista, che si articolano come un vero shock. La pubblicazione del libro gli procurò isolamento e accuse di fascismo.

    Un viaggio nell’Unione Sovietica non è necessariamente un opportunità di risveglio, anzi forse è un’occasione per diventare ancora più cieco. Le eccezioni confermano la regola, poichè sono pochi i viaggiatori che, una volta arrivati nell’Unione Sovietica, hanno la capacità di togliersi il velo col quale loro stessi avevano coperto i propri occhi. Non dobbiamo dimenticare Beatrice e Sidney Webb, tornati da una simile visita con testi ditirambici e allucinanti sull’Unione Sovietica. Anche Herbert George Wells si recò nell’URSS e la visita non sembra aver avuto alcun impatto sulla sua visione del mondo e della vita. Però, quando parliamo di risveglio, due nomi vanno ricordati: Panait Istrati e André Gide. Entrambi arrivarono nell’Unione Sovietica ed entrambi scrissero dei libri che li misero in situazioni delicatissime nei confronti dei loro compagni di combattimento, spiega il docente universitario Ioan Stanomir.

  • Iosif Berman, caposcuola del fotogiornalismo

    Iosif Berman, caposcuola del fotogiornalismo

    In Romania, gli inizi del fotogiornalismo sono legati al nome di Iosif Berman, nato nel 1892 a Dorohoi, nel nord del Paese. Il padre, commerciante ebreo, aveva combattuto nella guerra per l’indipendenza della Romania del 1877-1878. Sin da bambino, Iosif fece della passione per la fotografia un vero mestiere di vivere. Nel 1912, si trasferì a Bucarest, dove vinse un primo concorso che gli procurò anche il primo lavoro.

    Nell’album fotografico La Romania di Iosif Berman, la giornalista Adina Stefan, sua biografa, racconta come cominciò la carriera colui che diventò il più importante fotoreporter della Romania interbellica.

    I suoi colleghi dicevano che aveva le doti di un fotocronista americano, anzi era migliore. Nel 1912, arrivò a Bucarest, dove partecipò ad un concorso per lavorare nella stampa di Bucarest, che ha anche vinto. Cominciò a lavorare alla Gazzetta illustrata. Più tardi, fu il dipendente di Constantin Mille presso i giornali Adevarul (La Verità) e Dimineata (Il Mattino), dove passò quasi due decenni. Pubblicò anche nella Realtà illustrata, fornì delle foto a Cuvantul liber (Libera parola), accanto a grandi artisti dell’epoca, alcuni di avanguardia. Berman si affermò come un vero star nel periodo interbellico, senza mai abbassare il livello qualitativo. Era un divo non perchè avrebbe avuto una vita mondana, ma per la sua visibilità e il suo magnetismo. Ha lasciato decine di migliaia di foto, spiega Adina Stefan.

    La prima Guerra Mondiale fu il momento in cui Berman diede prova della propria arte fotografica e del coraggio di andare sul fronte, laddove veniva scritta la storia.

    Fino al 1923, Berman abitò a Costantinopoli, dove lavorò come fotocronista, corrispondente dei giornali Dimineata e Adevarul. Riscosse successo anche nelle pubblicazioni sportive e collaborò strettamente con il sociologo Dimitrie Gusti durante le sue campagne di interviste negli ambienti rurali di Romania. Per cui, sempre a Berman si deve anche l’apparizione della fotografia etnografica.

    La sua reputazione arrivò anche nelle sedi delle gradi testate internazionali. Fu collaboratore di New York Times e delle agenzie Associated Press e Scandinavian Newspapers Press.

    Le leggi razziali e le persecuzioni antisemite furono altrettanti colpi successivi per Berman, ormai nell’impossibilità di seguire la sua passione. Le pubblicazioni cui lavorava vennero soppresse, il suo studio e laboratorio chiusi e le macchine e il fondo fotografico confiscati.

    Fino al 1940 lavorò solo occasionalmente, dopo di che l’attività gli venne completamente vietata. Depresso e colpito da una malattia renale, si spense a Bucarest il 17 settembre 1941, all’età di 49 anni.

  • Iuliu Maniu

    Iuliu Maniu

    Iuliu Maniu fu uno dei politici che svolsero un ruolo fondamentale nell’atto della Grande Unità del 1918. Nato nel 1873, nel nord-ovest della Romania di oggi, Iuliu Maniu diventò avvocato, seguendo il modello di suo padre. Nel 1896 Maniu si addottorò in legge presso l’Università di Vienna. Si dedicò alla politica, diventando membro del Partito Nazionale Romeno, e fu eletto deputato nel parlamento di Pesta nel 1906.

    Nel 1915 fu mobilitato nell’esercito austro-ungarico sul fronte italiano e nel 1918, alla fine della guerra, assieme a molti leader dei romeni della Transilvania, decise l’unificazione con il Regno di Romania. Nel 1926 fondò assieme a Ion Mihalache il Partito Nazionale dei Contadini, uno dei più importanti partiti della Romania interbellica.

    Dal 1918 al 1945, Maniu fu tre volte primo ministro della Romania. Democratico convinto, rifiutò ogni collaborazione con la dittatura fascista, e soprattutto con quella comunista. Imprigionato nel 1947, all’età di 75 anni, Iuliu Maniu morì il 5 febbraio 1953, a causa delle orrendi condizioni nel carcere di Sighet.

    Nella mentalità collettiva, è rimasto un modello di politico e di uomo speciale. In una testimonianza custodita dal Centro di Storia Orale di Radio Romania, Ioana Berindei, figlia di Ioan Hudiţă, membro di spicco del Partito Nazionale dei Contadini, ricordava nel 2000 i pregi di Iuliu Maniu.
    Maniu era un uomo di una rara modestia! Un uomo molto gentile, dalla voce calda. Era spesso invitato a pranzo nella nostra casa. Come politico, era intransigente e ciò piaceva molto a mio padre. Si oppose con tutte le sue forze agli abusi di Re Carlo II. Nel momento in cui si rese conto degli errori – quando era venuto in Romania nel 1930, Carlo II era carino e gentile, ma poi aveva dimostrato il suo vero carattere – Maniu fu deluso. Era stato lui a portarlo, ma dopo riconobbe il suo errore e gli si oppose con veemenza, ricordava Ioana Berindei.

    Il grande politico riuniva in sè tutti i tratti della società romena della prima metà del Novecento. Incorruttibile, carismatico, tenace, Maniu fu veramente la personalità di cui i romeni hanno avuto bisogno nei momenti di svolta.

  • Elie Wiesel e la Memoria della Shoah

    Elie Wiesel e la Memoria della Shoah

    Uno dei più noti attivisti per la memoria della Shoah, Elie Wiesel nacque il 30 settembre 1928 a Sighetu Marmatiei, nel nord della Romania, in una famiglia di origini ebraiche. Fu allevato in un ambiente culturale in cui si parlavano quattro lingue: yiddish, tedesco, ungherese e romeno. A maggio 1944, quando aveva 15 anni, le autorità ungheresi del nord della Transilvania cominciarono a deportare gli ebrei nei campi di concentramento. Wiesel e la famiglia – i genitori e le tre sorelle – furono mandati ad Auschwitz, dove la mamma e la sorella minore furono uccise. Da Auschwitz, Elie e suo papà vennero inviati a Buchenwald. Il padre morì poche settimane prima della liberazione del campo, ad aprile 1945.

    Si stabilì negli Stati Uniti nel 1955 e cominciò a tenere delle conferenze pubbliche sul significato del nazismo, dell’antisemitismo e della Shoah. I massimi riconoscimenti che gli vennero conferiti furono il Nobel per la Pace nel 1986, la carica di presidente della Commissione Presidenziale sulla Shoah negli Stati Uniti, dal 1978 al 1986, e la stessa presidenza della Commissione per lo Studio dell’Olocausto in Romania nel 2004. Nel 1986, il Comitato per il Nobel gli assegnava il Premio per i suoi meriti nella lotta contro la violenza, la repressione e il razzismo. Il Comitato definiva Wiesel come uno dei più importanti leader spirituali e guide in un mondo segnato da violenza, repressione e razzismo.

    Alexandru Florian, direttore dell’Istituto Nazionale per lo Studio della Shoah in Romania, intitolato a Elie Wiesel, ha incontrato l’insignito del Nobel nel 2004. L’ho incontrato alla riunione della Commissione Internazionale per lo Studio della Shoah in Romania nel 2003-2004, di cui lui fu presidente e io membro. Ho ascoltato i suoi discorsi a Bucarest in chiusura dell’attività della Commissione, quando l’allora capo dello stato romeno, Ion Iliescu, assunse il rapporto. Ho avuto il privilegio di svolgere anche un breve dialogo personale con Elie Wiesel. Appena ora, quando lui non c’è più, mi accorgo che sono stato profondamente impressionato dal suo equilibrio, affetto e umanità. E allo stesso tempo mi impressionava anche la sua determinazione nell’adoperarsi per consolidare la memoria della Shoah e affinchè politici criminali come quelli dei tempi della seconda Guerra mondiale non arrivassero mai più a tenere le redini in alcuno stato del mondo, ricorda Alexandru Florian.

    Wiesel ha preso atteggiamento non solo nel caso delle persecuzioni contro gli ebrei. Ha parlato del genocidio del 1915 contro gli armeni, della situazione degli ebrei etiopi, delle vittime dell’apartheid nel Sudafrica, di quelle del genocidio in Bosnia, dei kurdi, della crisi umanitaria a Darfur. Elie Wiesel si è spento il 2 luglio 2016, all’età di 87 anni, nella sua casa di Manhattan a New York.

  • Ionel Bratianu (1864 – 1927)

    Ionel Bratianu (1864 – 1927)

    Ion I.C. (Ionel) Bratianu è ritenuto il miglior politico della Romania nei primi tre decenni del Novecento. Chiaroveggente, riuscì, accanto ai sovrani Ferdinando e Maria, a mettere la Romania sul buon cammino della storia e a conferirle una nuova dimensione statale. Sono pochi i politici di cui si può dire di aver cambiato la storia della Romania, e Ionel Bratianu fu uno di essi. Lo storico Adrian Cioroianu affermava che, se avesse potuto clonare un unico politico cui affidare le redini della Romania, quello sarebbe stato Ionel Bratianu. In realtà, fu molto più di un politico: fu uno statista nel senso classico della parola.

    Il primogenito del rivoluzionario risorgimentale Ion C.Bratianu, che svolse un ruolo decisivo nella nascita della Romania moderna, Ionel nacque nel 1864 e seguì, come il padre, la carriera di ingegnere. Studiò in Francia, dove conseguì la laurea in costruzione di ponti e strade. Entrò nella vita politica all’età di 35 anni, nel Partito Nazionale Liberale. Ricoprì per cinque volta la carica di primo-ministro, il maggior numero di mandati alla premiership nella storia della Romania. Filofrancese, fu uno dei più ferventi sostenitori dell’ingresso della Romania nella prima Guerra mondiale al fianco dell’Intesa franco-britannica.

    Gli archivi del Centro di Storia Orale di Radio Romania conservano la testimonianza del giurista e diplomatico Alexandru Danielopol, il quale, da bambino, conobbe Bratianu. Nell’intervista registrata nel 1995, Danielopol ricordava che, oltre alle grandi doti di politico e statista, Bratianu era anche una personalità culturale.

    Ionel Bratianu era un ottimo ingegnere. Prima di lanciarsi nella politica, prese parte ai lavori del ponte di Cernavoda, da giovane ingegnere. Però quando stava a Parigi, prendeva in prestito libri della Biblioteca Nazionale, leggeva per notti intere, aveva una cultura straordinaria. Era una cultura che si abbinava al suo amore per la Romania. E lui voleva assolutamente reintrodurre nell’amicizia franco-romena temi e argomenti romeni. Eravamo andati sul fronte al fianco dei francesi grazie a lui, e diceva che non era stato scritto abbastanza sulla Romania e sulla sua storia. Fu sempre lui a scoprire alla Biblioteca Nazionale della Francia dei manoscritti, non mi ricordo molto bene, con riferimenti risalenti ai tempi di Luigi XIV, che si era messo in contatto con la Valacchia. E lo faceva vedere dappertutto. La sua biblioteca custodiva tutto quanto aveva raccolto durante gli studi parigini. Amava tanto le cose belle, l’arte popolare romena. La sua era una casa piena di libri e quadri belli, firmati da pittori di rilievo. Però vi posso dire che nella sua stanza c’erano delle cose piccole. Ad esempio, aveva una croce con scrittura in alfabeto cirillico. La teneva accanto al letto e si spense guardando questa croce – così mi ha raccontato mio padre, ricordava Alexandru Danielopol.

    Ionel Bratianu fu il politico che qualsiasi Paese vorrebbe avere, la persona del presente, ma anche del futuro.

  • Corneliu Coposu

    Corneliu Coposu

    Corneliu Coposu è stato uno dei più insigni politici del nostro Paese, che ha mantenuto il legame con la Romania democratica anche dopo l’insediamento del regime comunista. Assieme a Re Michele I, Corneliu Coposu ha contribuito in maniera fondamentale alla rinascita dello spirito democratico nel Paese dopo il 1989. La società romena gli deve moltissimo per il modello offerto, per la sua fede nel dovere di lottare per la libertà, la giustizia e l’onore, per l’onestà e la dedizione con cui ha seguito i suoi compagni di sofferenza nel Gulag romeno. Fu soprannominato Il Signore.

    Nato il 20 maggio 1914 nella provincia di Salaj, nel nord-ovest della Romania, nella famiglia di un prete greco-cattolico, Corneliu Coposu ha studiato legge, addottorandosi in scienze giuridiche presso l’Università di Cluj. Fu uno stretto collaboratore e segretario personale del presidente del Partito Nazionale dei Contadini Cristiano Democratico, Iuliu Maniu. Il 14 luglio 1947, Coposu venne arrestato, assieme all’intera direzione del Partito, in seguito ad una messinscena del governo comunista. Fu condannato ai lavori forzati a vita e rilasciato nel 1964, dopo 17 anni di prigione, di cui 9 anni in completo isolamento nel carcere di Ramnicu Sărat.

    Corneliu Coposu è sopravvissuto al calvario del regime di sterminio cui il regime comunista ha sottoposto la democrazia romena dopo il 1945. La giornalista Lucia Hossu-Longin gli chiese nel 1993 se sceglierebbe una vita diversa se potesse tornare nel tempo. La risposta fu negativa.

    No. Mi sono fatto un esame di coscienza, ho passato in rassegna tutte le sofferenze e le miserie subite in carcere, negli anni di reclusione, soprattutto le persecuzioni negli anni dopo la liberazione e penso che non avrei altra scelta. Opterei ad occhi chiusi per lo stesso destino. Forse i nostri destini sono stati scritti molto prima. Io non sono fatalista, ma penso che se mi si presentassero alternative, sceglierei lo stesso passato che ho vissuto e lo ripeterei serenamente, ha risposto Corneliu Coposu.

    L’incontro con persone di questo tipo è un privilegio. L’esperienza esistenzialista massima per Corneliu Coposu fu quella nel carcere di Ramnicu Sărat.

    Il carcere di Râmnicu Sărat aveva 34 celle di cui 16 disposte a pianterreno e al piano di sopra, separato da una rete di filo ferrato. Aveva altre 2 celle laterali e 4 per la punizione nel seminterrato. Ogni cella aveva le dimensioni di 3 metri per 2. Erano disposte a forma di favo, una accanto all’altra, all’altezza di 3 metri c’era un finestrino inaccesibile, di 45 per 30 centimetri, coperto all’esterno, che non lasciava passare la luce. C’era una lampadina da 15 watt permanentemente accesa, che creava dentro una luce funebre. Non c’era riscaldamento, il carcere era stato costruito all’inizio del secolo, con delle mura molto grosse. Era circondato da due file di mura alte 5-6 metri, separate da un corridoio di controllo. Sul secondo muro stavano i soldati armati che facevano da guardie, ricordava il grande politico.

  • L’inventore Lazar Edeleanu

    L’inventore Lazar Edeleanu

    Al petrolio, che vanta una lunghissima storia in Romania, sono legati anche i nomi di molti inventori, come quello del chimico Lazar Edeleanu. Fu lui a generare anche il processo della raffinazione a base di biossido di zolfo liquido. Nato il 1 settembre 1861 a Bucarest, in una famiglia operaia di origini ebraiche, Lazar Edeleanu fu appassionato della chimica. Nel 1883, con i soldi risparmiati da lui stesso, andò a studiare a Berlino, dove si addottorò nel 1887. La carriera di Edeleanu proseguì in Gran Bretagna, come insegnante al Royal College of Artillery. Però non rimase per troppo tempo a causa della la nostalgia della propria casa.

    La sua più importante invenzione fu la raffinazione del greggio nel 1908, nota come la cosiddetta edelenizzazione. Gabriela Draghiceanu, museografa presso il Museo del Petrolio di Ploiesti, spiega: Lazar Edeleanu era molto interessato al petrolio, di cui anticipò l’importanza come principale risorsa energetica e materia prima. Edeleanu si fece notare dal prof. Ludovic Mrazek, già famoso a livello internazionale nel campo della geologia petrolifera, che lo sostenne nell’essere nominato direttore del laboratorio di chimica del servizio delle miniere. Dal 1906, assunse la dirigenza della sezione chimica dell’Istituto Geologico della Romania, fondato nello stesso anno. Nel 1900, Edeleanu aveva incontrato il rappresentante della compagnia tedesca che stava costruendo la raffineria Vega di Ploiesti. Impressionato delle sue idee, i tedeschi lo nominarono direttore della raffineria e decisero di allestire presso la Vega un laboratorio che gli consentisse di dedicarsi ai suoi interessamenti scientifici. Era di suo particolare interesse ottenere un lampante di buona qualità dal greggio romeno, vendibile sul mercato mondiale del petrolio. Edeleanu sperimentò vari metodi di raffinazione del petrolio lampante romeno, ricchissimo di idrocarburi aromatici. Utilizzando come solvente il biossido di zolfo liquido, Edeleanu creò un procedimento economico e più efficace di tutti gli altri. Per gli esperimenti, costruì anche apparecchi speciali. Il primo impianto semi-industriale di raffinazione a base di biossido di zolfo liquido fu costruito a Vega, nel periodo in cui Edeleanu ricopriva l’incarico di direttore. Il primo impianto industriale fu costruito alla raffineria francese di Rouen, spiega la museografa.

    Con ben 212 invenzioni brevettate, Lazar Edeleanu diventò un nome di riferimento nella storia mondiale del petrolio. Si spense a Bucarest quasi 80enne, nel 1941.