Category: Romania 100

  • Ioan Petru Culianu

    Ioan Petru Culianu

    La biografia dello storico delle religioni Ioan Petru Culianu è strana, pari alla sua personalità. Nato a Iasi il 5 gennaio 1950, in una famiglia di intellettuali di origine aristocratica, fu uno studente brillante della Facoltà di Lettere dell’Università di Bucarest. Già dai tempi del liceo, Culianu era affascinato da Mircea Eliade, un’altra personalità spiccante della cultura romena novecentesca, che rappresentò il suo modello di pensiero. La biografia di Culianu è quella dello scienziato e dell’individuo irrequieto, in cerca di limiti da forzare.

    Dopo la laurea conseguita nel 1972, Culianu lasciò la Romania per stabilirsi in Italia dove, sotto la guida del prof. Ugo Bianchi dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, si specializzò in gnosticismo, storia e cultura del Rinascimento. Nel 1976 si trasferì nei Paesi Bassi, all’Università di Groninga, dove scrisse i più consistenti brani della sua opera. Nel 1990 si stabilì negli Stati Uniti come professore alla Divinity School, dove aveva insegnato anche il suo maestro Mircea Eliade. La relazione speciale tra i due è stata evidenziata da Horia-Roman Patapievici, autore di studi su Culianu: un incontro nel campo della cultura come mezzo di trasformazione interiore dell’individuo.

    Quello che affascinava Culianu in Eliade aveva affascinato Eliade in Giovanni Papini, cioè un certo modo di far uso della cultura. Questa maniera viene illustrata da un articolo che Mircea Eliade aveva pubblicato nel 1937 sulla Rivista della Fondazioni Reali, intitolato Il Folclore come strumento di conoscenza. Essenzialmente spiega che tutti i fatti culturali, compresi quelli diventati relitti, come il folclore, depositano in essi uno strumento cognitivo che può essere usato non solo per conoscere, ma anche per trasformarti dentro. In questo modo, lui acquisisce uno strumentario cognitivo che gli consente l’accesso verso aree culturali od ontologiche non raggiungibili prima. Quello che affascinava il giovane Culianu nel giovane Eliade era proprio questa utopia cognitiva, spiega Patapievici.

    Il 21 maggio 1991, nel bagno della Divinity School, all’Università di Chicago, Ioan Petru Culianu venne assassinato da un colpo di pistola sparatogli alla nuca. L’FBI ha fermato due persone, una rilasciata subito, e l’altra condannata successivamente, però per altri reati. A 41 anni, Culianu lasciava un’impressionante opera in vari settori da cui risultava una grande capacità creativa, uno spirito analitico fuori dal comune e un desiderio di aprirsi verso esperienze-limite.

  • Nicolae Titulescu, diplomatico europeo

    Nicolae Titulescu, diplomatico europeo

    Nella storia moderna della Romania, Nicolae Titulescu fu il primo diplomatico a vantare una carriera di successo nelle relazioni internazionali. Nel suo impressionante curriculum, la massima carica fu quella di presidente della Lega delle Nazioni di Ginevra, nel 1930 e 1931. Nato a Craiova nel 1882, Titulescu era giurista di formazione. Fino al 1905 studiò in Francia, addottorandosi in giurisprudenza. Rientrato in Romania, entrò nel Partito conservatore-democratico e fu eletto deputato. Filofrancese convinto, militò per l’entrata della Romania nella prima Guerra mondiale al fianco della Francia e della Gran Bretagna. Dopo la guerra, Nicolae Titulescu partecipò al progetto del consolidamento della Grande Romania come membro della Commissione che attuò l’unificazione e la riforma monetaria nel 1921.

    Da ministro degli esteri, Titulescu fu uno dei padri della cooperazione regionale nell’Europa centro-orientale. Firmò da parte della Romania la Piccola Intesa insieme alla Jugoslavia e alla Cecoslovacchia nel 1933, e l’Intesa Balcanica, insieme a Jugoslavia, Grecia e Turchia nel 1934. Dopo l’avvento di Hitler in Germania, Titulescu si impegnò nel rafforzamento della cooperazione e della sicurezza europea contro l’ascesa del fascismo. In riferimento al patto bilaterale franco-americano Briand-Kellogg del 1928, che eliminava la guerra dalla soluzione dei problemi tra i due Paesi, patto esteso e firmato successivamente da 62 Paesi, il diplomatico romeno esortava a sforzi congiunti per mantenere la pace.

    In una registrazione conservata dal Centro di Storia Orale di Radio Romania, Nicolae Titulescu si diceva cosapevole delle debolezze che avevano cominciato a dominare la Lega delle Nazioni, che aveva presieduto per due volte. Ciò significa che, per evitare la guerra, dobbiamo raggiungere in tempo utile la somma delle forze con le quali un eventuale aggressore dovrebbe confrontarsi, qualora mettesse in pratica in suoi piani. La Società delle Nazioni aveva come missione l’adempimento di questo compito attraverso l’Organizzazione della Sicurezza Collettiva. Applicazioni intempestive delle disposizioni del patto, in certi casi, la mancanza di coraggio persino per una loro semplice menzione, in altri casi la scomparsa delle squadre che erano riuscite a capire cosa poteva offrire la Società delle Nazioni e quello che era impossibile sollecitare a questa organizzazione fanno sicchè, purtroppo, la Società delle Nazioni non sia più, per un tempo, un’organizzazione in grado di portare a compimento la propria missione.

    La destituzione e l’emarginazione di Titulescu dopo il 1936 avvenne nell’ambito del deterioramento crescente della situazione internazionale. Dall’esilio, continuò a difendere il sistema di Versailles. Anche se ha scritto sul come sarebbe un’Europa unita nel volume Discorsi per la pace, Titulescu non fu un innovatore nell’idea di unità europea, bensì un suo costante difensore. Si spense a Cannes nel 1941, quando la seconda Guerra mondiale era ormai cominciata.

  • Lo scultore Constantin Brancusi

    Lo scultore Constantin Brancusi

    Pioniere del modernismo nella scultura, Constantin Brancusi è sicuramente una delle più influenti personalità artistiche del Novecento. Nessun altro romeno ha riunito tanti riconoscimenti e apprezzamenti universali. La sua opera più nota di Romania è il complesso La Via degli Eroi di Targu-Jiu, dedicato a tutti quanti si sono immolati nei combattimenti in difesa della città durante la prima Guerra mondiale. Nonostante la sua celebrità, Brancusi era una persona austera, interessato tanto alla sua arte, riservato con la gente e la stampa.

    Nel 1963, il critico d’arte George Oprescu, che conobbe Brancusi raccontava alla Radiodiffusione Romena dei suoi due incontri con l’artista. Il primo avvenne dopo la prima guerra mondiale, nell’atelier parigino di Brancusi, in via Impasse Ronsin, dove visse per mezzo secolo, dal 1907 fino alla morte avvenuta nel 1957.

    L’atelier di Brancusi, molto ampio, era pienamente occupato da enormi travi di legno vecchio, alcune dallo spessore di 50-60 cm e lunghe parecchi metri, portate da un paesino della Bretagna dove erano state demolite alcune case. Ammassate l’una sopra l’altra, queste travi aspettavano la mano maestra dell’artista. Credevi di trovarti in una grotta, forse sotterranea, in cui un ciclope voleva trasformare questo legname in cose che avrebbero stupito il mondo. E siccome a quei tempi ero molto appassionato di Wagner e della sua mitologia, nulla mi sembrava estraneo come apparizione di quello che vedevo, ricordava George Oprescu.

    Anche Constantin Brancusi attraversò il tumulto delle vicende che segnarono il Novecento. Conobbe l’esilio e la tragedia dell’occupazione sovietica del suo Paese dopo il 1945. Dyspré Paleolog, giornalista a Radio Romania durante la seconda Guerra mondiale, si rifugiò dopo l’occupazione sovietica a Parigi, dove, da studente, cominciò a frequentare Brancusi, ex compagno d’università di suo padre.

    Era molto legato a mio padre. Passarono insieme gli anni dell’università, avevano uno strettissimo rapporto di amicizia. Mio padre fu un esegeta dell’artista, scrisse i primi libri su Brancusi – 4-5. L’ultimo lo stampai per conto mio in francese. Destò clamore negli ambienti culturali parigini e fu particolarmente apprezato dai più grandi conoscitori di Brancusi. Anche l’artista dimostrò amicizia nei confronti di un giovane studente, che faceva la fame, in cerca di farsi strada in Francia. Mi disse: Ragazzo mio, devi essere intelligente ed evitare la legazione romena. Mi aiutò con tanti consigli. Brancusi mi ricevette per 5-6 volte, grazie al libro e, ovviamente, grazie all’amicizia con mio padre. Abbiamo avuto conversazioni interessanti. Erano scarsi i suoi contatti con i romeni. Evitava la compagnia della colonia romena, che, ovviamente, come tutte le altre, stava attraversando un periodo di riadattamento, ed era divisa tra gli anticomunisti dichiarati, quelli che erano più democratici e coloro che erano di sinistra, raccontava Dyspré Paleolog.

    Anche se non ha cambiato la storia della Romania, Constantin Brancusi ebbe un’influenza notevolissima sulla scultura del mondo. Parlò a tutta la gente nella lingua universale dell’arte. Le sue opere si trovano nell’intero mondo, la maggior parte in Francia, che ne possiede circa 80, lasciate per testamento al governo di Parigi, che naturalizzò il grande scultore romeno. Il suo atelier parigino è diventato museo. Nel 2011, il motore di ricerca Google ha celebrato il 135/o anniversario della sua nascita con un Google Doodle di 7 delle sue opere.

  • Il Nobel George Emil Palade

    Il Nobel George Emil Palade

    George Emil Palade è il primo romeno Premio Nobel, di cui fu insignito nel 1974, per le sue ricerche nel campo della biologia cellulare, assieme al suo mentore Albert Claude e a Christian de Duve. La sua carriera cominciò in Romania, per raggiungere l’apice dopo la fine della seconda Guerra mondiale. Nel 1946, George Emil Palade emigrò negli Stati Uniti, dove fu assunto come ricercatore all’Università Rockefeller di New York.

    La notizia dell’assegnazione del Nobel trovò Palade nel Canada, all’Università Halifax della Nuova Scozia, dove teneva una serie di conferenze. Nel 1995, il Centro di Storia Orale di Radio Romania ha registrato i suoi ricordi sui momenti in cui accolse la notizia sul premio.

    Avevo tenuto la prima conferenza e seguiva la seconda. Pochi minuti prima di cominciarla, mi chiamò al telefono la mia segretaria dell’Università Yale, la quale mi comunicò molto agitata che avevo vinto il premio. Le ho detto di calmarsi, di controllare la notizia e di richiamarmi. E andai a tenere la conferenza, al termine della quale il mio anfitrione venne a dirmi che la mia segretaria aveva richiamato e che era sempre più agitata. Questa volta aveva accertato la notizia, era ufficiale. Ho parlato con i miei amfitrioni e ho rinunciato all’ultima conferenza. E loro mi hanno organizzato una festa, alla quale hanno partecipato i docenti, i dirigenti dell’università e giornalisti. Ovviamente, ho dovuto rilasciare un’intervista alla stampa canadese, e accettai a condizione che mi venisse trovato un biglietto d’aereo, in quanto c’era il Giorno del Ringraziamento nel Canada e non si trovavano affatto biglietti d’aereo. Come prezzo dell’intervista mi fu trovato il biglietto, con cui venni a Boston e da lì, presi una macchina per arrivare a New Haven, a Yale, dove c’era grande fermento, ricordava lo scienziato.

    Il più importante elemento delle ricerche di Palade fu la spiegazione del meccanismo cellulare della produzione di proteine. Ha messo in evidenza particelle intracitoplasmatiche ricche di ARN, al cui livello si realizza la biosintesi delle proteine, chiamate ribosomi o corpuscoli di Palade. Nel 1986, a George Emil Palade fu conferita negli Stati Uniti la medaglia nazionale per la scienza nella biologia, per scoperte fondamentali nel campo di una serie essenziale di strutture sovracomplesse, con elevata organizzazione, presenti in tutte le cellule vive. (traduzione di Iuliana Anghel)

  • Regina Maria di Romania

    Regina Maria di Romania

    Nata nel 1875 a Eastwell Park, Kent, in Inghilterra, come Maria Alessandra Vittoria di Sassonia-Coburgo-Gotha, la futura Regina Maria di Romania sposò il 29 dicembre del 1892 il principe ereditario Ferdinando di Hohenzollern-Sigmaringen. La sua enorme popolarità fu dovuta all’energia dimostrata al servizio della sua nazione. Durante la prima Guerra mondiale, fu diplomatico, soldato e soprattutto infermiera.

    Lo storico Alin Ciupala dell’Università di Bucarest racconta come Maria scese in mezzo alla gente, ancora prima di salire al trono e di essere sovrana: La regina svolse il ruolo principale in tutto quello che significò l’impegno della società romena e soprattutto delle donne di sistemare degli stabilimenti in cui venivano curati i feriti, ma anche di appoggiare le famiglie dei soldati romeni andati sul fronte. La regina Maria aveva fatto l’apprendistato ancora prima del conflitto mondiale, durante la seconda guerra balcanica, nel 1913, cui anche la Romania prese parte. A quei tempi principessa ereditaria, fu Maria ad aver organizzato il servizio sanitario sia al nord del Danubio che nel teatro operativo dell’esercito romeno in Bulgaria. Nel 1913, moltissimi soldati romeni morirono per un’epidemia di colera. Siccome si rischiava che l’epidemia dilagasse anche in Romania, Maria agì con molto coraggio e creò un cordone sanitario che fermò la diffusione della malattia.

    Il 1914 trovò in stato di neutralità la Romania, che due anni dopo non poteva più rimanere così. La guerra fu un peso molto più duro. Però la nuova regina dimostrò di essere degna dell’incarico. Lo storico Alin Ciupala aggiunge: Grazie alle sue connessioni negli ambienti diplomatici e ai legami di famiglia, riuscì ad ottenere per la Romania un importante sostegno finanziario e logistico che le consentirono di organizzare servizi alternativi di ambulanza, allestire ospedali da campo, impegnarsi nel sostenere gli orfani, i bambini rimasti in balia della sorte a causa del rifugio e della perdita di entrambi i genitori. Inoltre, la regina svolse un ruolo importante anche durante il rifugio a Iasi, dove continuò ad impegnarsi per organizzare un sistema sanitario che dipendeva da lei e della sua capacità di individuare i mezzi finanziari. La presenza fisica della regina Maria, il suo esempio personale ebbero una forza straordinaria. Le testimonianze parlano senza equivoci dell’effetto particolarmente positivo della sua presenza in mezzo alla gente: in ospedali, località dietro il fronte e persino sul fronte. La Regina Maria non esitò e parecchie volte arrivò in prima linea, assumendosi tutti i rischi.

    La vittoriosa Maria veniva coronata insieme al consorte Ferdinando come regina della Grande Romania nel 1922 ad Alba Iulia. Come sovrana, Maria di Romania scriveva nel suo testamento: Benedico te, amata Romania, Paese delle mie felicità e dei miei dolori, Paese bello vissuto nel mio cuore, i cui sentieri conobbi tutti. Paese bello che vidi unificato, il cui destino mi fu consentito di vedere compiuto. Sii tu per sempre benestante, grande e piena di virtù, ergiti sempre orgogliosa tra le nazioni, sii tu onorata, amata e ingegnosa. Confido di avervi capito: non ho giudicato, ho amato. (traduzione di Iuliana Anghel)

  • Re Ferdinando I, l’Unificatore

    Re Ferdinando I, l’Unificatore

    Nella Romania del 1918, Re Ferdinando I incarnò visione e dedizione. Il secondo sovrano della Romania seppe schierarsi dalla parte buona della storia ed ebbe un’influenza decisiva sull’andamento del Paese che dirigeva. Ferdinando I di Hohenzollern-Sigmaringen nacque il 24 agosto del 1865 a Sigmaringen, nel land del Baden-Wűrttemberg, e si spense il 20 luglio del 1927 al castello Peles di Sinaia. Era il secondogenito del principe Leopoldo di Hohenzollern-Sigmaringen e dell’infanta Antonia del Portogallo. Si laureò presso la Scuola di ufficiali di Kassel, l’Università di Lipsia e la Scuola Superiore di Scienze Politiche ed Economiche di Tubinga.

    Nel 1889 diventò il principe ereditario della Corona del Regno di Romania, dopo che il padre e il fratello maggiore rinunciarono ai diritti di successione. Si stabilì in Romania e il 29 dicembre del 1892 sposò la principessa Maria Alessandra Vittoria di Sassonia-Coburgo Gotha, ed ebbero sei figli. Ferdinando diventò re della Romania il 10 ottobre del 1914, dopo la morte di suo zio, re Carlo I. Ha tenuto le redini della Romania durante la Grande Guerra e scelse di combattere al fianco dell’Intesa, contro la natia Germania.

    Il re vincitore Ferdinando I e la sua ambiziosa consorte Maria furono coronati il 15 ottobre del 1922 ad Alba Iulia come sovrani della Grande Romania. Durante il suo regno dopo la prima guerra mondiale, la Romania si avvicinò ancora di più ai valori della democrazia occidentale e dell’economia libera. Purtroppo, a soli cinque anni dopo l’incoronazione, nel 1927 Ferdinando I se ne andava da questo mondo che lasciavo cambiato. La sua morte coincise tragicamente con quella del leader liberale Ion I.C.Bratianu, un altro edificatore della Grande Romania. Così, il 1927 fu il primo anno di crisi nella storia della giovane democrazia romena, di cui abbiamo parlato con Florin Muller, docente di storia contemporanea dei romeni presso la Facoltà di Storia dell’Università di Bucarest: La morte di re Ferdinando I ebbe un forte impatto sulla storia romena. La sua scomparsa aprì quello che all’epoca si chiamava la questione chiusa. Si tratta dell’atto del 4 gennaio del 1926, quando Carlo, il figlio di Ferdinando, aveva rinunciato ai suoi diritti di principe ereditario. Con la morte di Ferdinando, la questione dell’eredità rimaneva irrisolta. La reggenza era una struttura provvisoria, un simulacro di monarchia, che non risolveva il contenuto di questa istituzione dello stato romeno. Re Ferdinando non ebbe uno stile autoritario simile a quello di Bratianu, tanto meno del figlio Carlo II. Però diede un’impressione di solidità e stabilità alla monarchia. Sotto il regno di Ferdinando, la monarchia non scivolò verso il potere assoluto come ai tempi di Carlo II. Possiamo ricordare anche le propensioni verso l’autoritarismo della regina Maria, però esse non rappresentarono il vero contenuto della monarchia di Ferdinando. Re Ferdinando incarnò un’immagine dinamica della monarchia, che era un’istituzione di rappresentanza non di potere reale.

  • Re Michele I

    Re Michele I

    Re Michele I rientra nel club esclusivo della gente di cui si può affermare di aver cambiato la storia. E lo fece in un momento cruciale per il futuro del suo Paese. Un momento in cui la crisi in cui il Paese stava sprofondando, una crisi di cui lui non era di nessuna maniera responsabile, minacciava con una sorte peggiore ancora. Michele I di Romania nacque il 25 ottobre del 1921 a Sinaia, residenza reale della Romania, come figlio del futuro re Carlo II e della consorte, la principessa Elena. E’ discendente dei più grandi casati reali e imperiali europei – britannico, russo e asburgico. Michele I salì al trono per la prima volta nel 1927, all’età di 6 anni, alla morte del nonno, Ferdinando I. Fu sovrano fino al 1930, sotto una reggenza affidata a tre persone. Nel 1930, il governo della Romania richiamò al trono suo padre, Carlo II, e Michele ridiventò principe ereditario.

    La relazione col padre fu estremamente difficile. Michele era anche privo della presenza della madre, di cui il padre aveva divorziato, costringendola anche a lasciare il Paese. Michele ridiventò sovrano a settembre 1940, dopo che la Romania aveva perso dei territori, e la fiducia nei partiti politici era quasi inesistente. Il governo presieduto dal generale Ion Antonescu e formato dalla Guardia di ferro insediò in Romania un regime fascista. Re Michele I ebbe solo un ruolo secondario nella politica del governo, però godette dell’enorme fiducia della popolazione. Il 23 agosto del 1944, Michele I revocò dall’incarico e fece arrestare il maresciallo Antonescu, ricollocando la Romania nell’alleanza democratica. L’azione del 23 agosto 1944 consentì alla Romania, con i Trattati di pace firmati dopo la guerra, di recuperare il nord della Transilvania, uno dei territori perduti nel 1940.

    Nel 1993, in un messaggio mandato in onda da Radio Romania, nel 49/o anniversario del 23 agosto 1944, Re Michele I ricordava le circostanze: L’atto del 23 agosto 1944 – indispensabile, benefico e salvatore per la Romania, era stato preparato molto tempo prima. Il 24 gennaio del 1942, in occasione del ricevimento dei Cavalieri dell’Ordine Ferdinando al Palazzo Reale, ho raggiunto un’intesa confidenziale con i capi dei partiti messi al bando – Iuliu Maniu, Dinu Bratianu e Titel Petrescu, leader devoti alla Corona, alla democrazia e alle alleanze tradizionali della Romania, che svolgevano in clandestinità un’azione ferma contro la dittatura e contro Hitler. L’obiettivo di questa intesa era quello di togliere la Romania dalla guerra oltre il fiume Dniester, per schierarla con le potenze occidentali alleate, nella cui vittoria ci si credeva. Di conseguenza, era necessario rimuovere la dittatura e firmare un armistizio militare per salvare il Paese minacciato da un disastro totale. Mi sono assunto la grave responsabilità di applicare il nostro piano, con rischi particolarmente alti, per evitare la decimazione integrale dell’esercito e l’occupazione del Paese. Al Palazzo disponevo di una guardia di 80 persone e due carri armati leggeri, forze derisorie rispetto alle capacità dei tedeschi, che avevano numerose truppe a Bucarest, aerei a Baneasa e carri armati pesanti. L’intero esercito, con tutti i suoi capi, l’unanimità e la dedizione del popolo romeno hanno reso possibile il nostro successo. Per me è stato decisivo l’appoggio dell’Onnipotente. Le successive sofferenze immeritate per il Paese, con l’occupazione militare e il saccheggio sistematico imposto dai sovietici non furono le conseguenze dell’armistizio, bensì l’intesa tra le grandi potenze alleate che decisero di lasciare la Romania sull’orbita dell’Unione sovietica, nonostante le promesse fatte e senza rendersi conto delle conseguenze drammatiche per noi.

    Purtroppo, dopo il 23 agosto del 1944, i romeni ebbero il re accanto a loro solo per tre anni ancora. Il 30 dicembre 1947, il sovrano fu costretto dal governo comunista illegittimo ad abdicare e andare in esilio. Tornò nel Paese dopo il 1989, però trovò una Romania completamente diversa.