Category: Terra Verde

  • L’Associazione Wild Bucovina

    L’Associazione Wild Bucovina

    Marius Marcu Orhean e i fratelli Stelian ed Emil Bodnari sono tre giovani amanti della natura e dei segreti delle terre selvagge. Vanno insieme in giro per le montagne della Bucovina, nel nord della Romania, in cerca di immagini inedite di flora, fauna e paesaggi. Hanno imparato da soli a fare dei video per promuovere la regione in cui sono nati e per far vedere all’intero mondo quanto è bella la Bucovina. Tre anni fa, hanno gettato le basi dell’Associazione Wild Bucovina, finalizzata a conservare e proteggere la biodiversità della zona.

    Tutti e tre abbiamo questa passione sin dall’infanzia. Insieme al nonno, io giravo per i boschi della Bucovina, dove mi piaceva tanto scoprire la natura. Insieme ai due fratelli, di cui io sono il cognato, mi sono incamminato su questa strada. Loro hanno ereditato l’amore per la natura da uno zio, che aveva una casa in cima alla montagna. Hanno cominciato a scoprire i segreti della natura, cosicchè hanno ricevuto una macchina fotografica in regalo dallo zio. Abbiamo pensato di mettere sù un’associazione, e un ruolo importante è stato svolto dall’ingegnere Dinu Popescu, ex capo dell’ente che gestisce le risorse boschive di Dorna Candrenilor, in provincia di Suceava, il quale ha anche scelto il nome dell’Associazione Wild Bucovina. Come associazione, ci siamo proposti di monitorare l’attività di tutte le specie di animali delle montagne nella zona e nei dintorni. E così abbiamo scoperto delle cose molto interessanti. Ad esempio, uno dei due fratelli ha scoperto un nido di aquila reale, un uccello rarissimo raffigurato anche sullo stemma del nostro Paese. Ogni anno seguiamo il gallo cedrone durante la stagione di riproduzione, in primavera, o dei cervi, in autunno, ma anche cosa fanno i lupi d’inverno. A dicembre abbiamo scoperto le tracce di una lince, grazie a una videocamera, spiega Marius Marcu Orhean.

    I giovani della Bucovina si augurano che i loro documentari destino nelle anime della gente la voglia di proteggere la natura. Nel contempo, oltre a monitoraggi, studi e ricerche, i giovanni svolgono anche delle campagne educazionali nelle scuole della provincia per offrire ai piccoli delle informazioni sulla natura circostante e spiegare cosa significa stare per ore in agguato per sorprendere delle immagini di rara bellezza.

    In questo momento, la nostra meta è quella di scoprire un gufo reale, il più rapace tra i gufi e anche molto raro. E’ in corso la sua stagione riproduttiva e tentiamo di rintracciarlo. Nella nostra attività, facciamo il possibile per rimanere a una distanza dalla quale gli animali non ci sentano. Ad esempio, nella stagione di riproduzione del cervo, tutto diventa un autentico palcoscenico. Stiamo lì a sentire i bramiti e vedere come porta le femmine al pascolo, il comportamento e le sfide tra i maschi. Tutto si può vedere da un posto vicino, per non disturbare gli animali. Ad esempio, per girare un video con un’aquila reale, il mio collega si è arrampicato su un peccio parallelo a quello in cui si trovava l’uccello, ha collocato la camera, è sceso e si è messo ad aspettare. Ad aprile comincia anche la stagione riproduttiva del gallo cedrone, il cavalliere delle altezze nelle nostre foreste secolari di pecci e abeti. Quindi, c’è tanto da vedere e da raccontare per tutto l’anno, conclude Marius Marcu Orhean.

    Scoprite tutto sulle terre selvagge della Bucovina sul sito wildbucovina.ro, su Facebook e Youtube.

  • Respirare un’aria più pulita

    Respirare un’aria più pulita

    Ogni anno, oltre 400.000 europei muoiono prematuramente a causa dei fattori nocivi, mentre un numero ancora più alto soffre di malattie respiratorie e cardiovascolari, provocate dall’inquinamento atmosferico. 25.000 si contano in Romania che, accanto ad altri Paesi dell’Unione Europea – R.Ceca, Germania, Spagna, Francia, Italia, Ungheria, Slovacchia e Gran Bretagna – è stata ammonita di recente per il superamento dei livelli dell’inquinamento, per cui dovrà presentare una serie di misure per rimediare la situazione. Intanto, il Ministero dell’Ambiente di Bucarest ha inviato a Bruxelles un piano di proposte destinate alla riduzione dell’inquinamento dell’aria.

    Ospite a Radio Romania, Dorina Mocanu, direttrice generale della Direzione Generale Valutazione, Impatto e Controllo dell’Inquinamento, ha spiegato: La qualità dell’aria in Romania viene valutata in 13 agglomerati e 41 zone, secondo le direttive europee. Infatti, in Romania, come anche in molti altri stati europei, un problema importante è quello dell’alto livello delle particelle in sospensione PM10 in certi agglomerati urbani. La principale causa di questi superamenti è il traffico stradale, il riscaldamento residenziale e, con un apporto minore, però non trascurabile, i cantieri edili. Inoltre, tre agglomerati di Romania – Bucarest, Iasi e Brasov – sono oggetto di una procedura di infrazione per il superamento del valore limite delle particelle in sospensione – indicatore PM10.

    A fine gennaio, su richiesta del commissario per l’Ambiente, Karmenu Vella, la Romania ha presentato lo stadio delle misure prese dalle autorità locali dei tre agglomerati, accanto al calendario e le iniziative per il successivo periodo. Le misure sono da suddividere in tre categorie: quelle attinenti al traffico stradale, riguardanti le azioni riflettute nella gestione del traffico, compreso anche il programma di rottamazione per il rinnovo del parco auto, il programma nazionale di creazione di infrastrutture per auto elettriche, la modernizzazione del trasporto pubblico, anche col passaggio a quello elettrico. La seconda categoria di misure riguarda il riscaldamento residenziale, l’efficacia energetica tramite la riabilitazione termica degli edifici, modernizzando il sistema di riscaldamento e installando degli impianti che producono energia da fonti rinnovabili, la sostituzione o la rifinitura dei sistemi classici di riscaldamento con impianti moderni. La maggior parte di queste misure sono già finanziabili o finanziate dai programmi del fondo ambiente. E non in ultimo, il terzo pacchetto di misure riguarda l’allestimento di spazi verdi, ha aggiunto Dorina Mocanu.

    L’organizzazione Greenpeace Romania segue attentamente la situazione e ammonisce sul rischio di multe di centinaia di migliaia di euro al giorno. Alin Tanase, responsabile delle campagne per l’energia presso Greenpeace Romania, ha spiegato a Radio Romania che le più dannose sostanze che si trovano in aria in Romania sono le polveri sottili in sospensione e gli ossidi di azoto provenienti, al solito, dal traffico stradale. Va fatto qualcosa, dice Alin Tanase.

    A quanto ne sappia, a metà marzo c’è la scadenza entro la quale la Commissione deciderà quali dei nove stati notificati saranno rinviati davanti alla Corte di Giustizia dell’UE, e implicitamente si arriverà alle multe. Non è stato fatto granchè, e proprio per questo la Commissione ci minaccia con le multe. I comuni, dati i superamenti registrati nel livello di certi fattori inquinanti, hanno l’obbligo di elaborare dei piani integrati sulla qualità dell’aria. Nei piani disponibili finora – faccio riferimento a quello su Bucarest – ho notato delle misure che aiutano di più, mentre alcune di meno. L’allargamento dei viali consentirà alle auto di aumentare la velocità, per cui non dovranno più sostare, quindi, non genereranno un maggiore inquinamento. Però, a mio avviso, si tratta di una misura a doppio senso, poichè, se i viali verranno allargati, allora sarà incoraggiato anche lo spostamento in auto, il cui numero aumenterà. Sono previsti anche parecchi kilometri di piste ciclabili e tende di protezione, poichè un grande problema nell’inquinamento di Bucarest proviene dall’erosione eolica, che alza la polvere dalle aree prive di vegetazione. Ci sono anche delle misure che incoraggiano i mezzi pubblici di trasporto, persino il passaggio a bus elettrici, ha spiegato Alin Tanase.

    Bucarest avrà un Piano integrato per la qualità dell’aria, approvato al più tardi a maggio, secondo quanto annunciato a febbraio dal ministro dell’Ambiente, Gratiela Gavrilescu.

  • Proteggere i fiumi di montagna con un’app

    Proteggere i fiumi di montagna con un’app

    Preoccupati degli effetti negativi irreversibili sugli ecosistemi dei fiumi di montagna, derivanti dalla costruzione di mini centrali idroelettriche, gli ecologisti si presentano con una nuova proposta. Si tratta di una mappa interattiva, gratuita, e di un’applicazione tramite cui gli amanti della natura possono contribuire alla protezione dei fiumi lesi dalle mini centrali idroelettriche. Lo strumento è stato creato dall’organizzazione ecologista WWF Romania e dalla compagnia ESRI Romania, le quali richiamano l’attenzione una volta in più che questi impianti distruggono ecosistemi montani preziosi e unici. I fiumi vengono ridotti a un filo d’acqua senza vita, e le vallate verdi di una volta riempite di mucchi di materiali da costruzione e tubature di metallo di grosse dimensioni. Ciò risulta dal fatto che, da parecchi anni, le mini centrali idroelettriche sono diventate una forma prediletta di investimenti, dal momento che sono finanziate da fondi europei, con un alto profitto dovuto ai certificati verdi.

    Diana Cosmoiu, responsabile nazionale per le politiche pubbliche presso WWF Romania, spiega: Abbiamo deciso di realizzare questa mappa interattiva per far vedere l’impatto degli impianti idroelettrici sui fiumi in Romania, soprattutto su quelli ad alto valore ecologico. Finora, nello spazio pubblico mancava un simile strumento, abbastanza complesso dal punto di vista dei dati, però anche facile da utilizzare. Praticamente, sovrappone la posizione delle mini centrali idroelettriche alle aree naturali protette, mettendo in risalto quei tratti di fiumi ecologicamente preziosi nel nostro Paese. Sono pochi i corsi d’acqua rimasti illesi dalle centrali idroelettriche e da altri tipi di allestimenti. Oltre agli impianti idroelettrici, ci sono anche quelli di tipo idrotecnico, finalizzati alla regolarizzazione dei corsi dei fiumi in Romania, particolarmente nocivi dal punto di vista ecologico: interrompono la connettività, danneggiano i sedimenti, ma anche la migrazione dei pesci, spiega Diana Cosmoiu, aggiungendo che l’applicazione è disponibile anche per i cellulari.

    Praticamente, questa mappa offre agli amanti della natura, alle ong e alle persone interessate a simili investimenti in Romania, la possibilità di informarsi sulla collocazione delle mini centrali idroelettriche rispetto alle aree naturali protette e i fiumi di valore ecologico. Allo stesso tempo, gli appassionati della natura e le ong possono contribuire alla protezione dei fiumi, fornendo nuove informazioni direttamente dal rispettivo posto. Quindi, basta un click e la mappa offre informazioni tecniche su una certa mini centrale idroelettrica, ad esempio la capacità o l’anno in cui è stata messa in funzione. Poi, se ci interessa un certo fiume, possiamo cercare gli impianti già esistenti. O forse non c’è nulla sul corso di quel fiume. Quindi, possiamo fare tutti i tipi di ricerche, per essere aggiornati sugli allestimenti in una certa provincia o sulle informazioni relative a un investitore. Gli abitanti delle aree vicine a una centrale idroelettrica o la gente di passaggio (ricercatori, pescatori, turisti) possono aprire questa mappa dal cellulare e caricare delle informazioni grazie ad un’app. Le informazioni saranno filtrate da WWF, convalidate e poi pubblicate, se precise, dice Diana Cosmoiu.

    Un caso recentemente mediatizzato è il progetto idroelettrico del Parco Nazionale delle Gole del Jiu (sud-ovest della Romania), che dovrebbe captare l’85% dell’attuale portata del fiume. Sia l’investitore che le autorità hanno ignorato la legislazione europea sulla conservazione della natura. Però ci sono tante altre costruzioni, alcune proprio nelle aree naturali protette, che vanno assolutamente fermate, ammoniscono gli ecologisti.

    Si tratta di centinaia di impianti che soffocano da decenni i nostri fiumi. Un centinaio di centrali idroelettriche non è stato inserito nella nostra mappa, in mancanza di informazioni. Parliamo di infrastrutture vecchie, alcune colmate, che quindi non generano più energia, però continuano a bloccare i fiumi e a ledere la flora e la fauna della rispettiva zona. Ma rilevante non è il numero, bensì la loro collocazione. Se guarderete la mappa, vedrete che proprio nei punti ad altissimo potenziale ecologico e valori naturali particolari, in cima alla montagna, ebbene il più delle volte sempre lì c’è anche il potenziale energetico, dovuto alle cascate di acqua, quindi l’interesse è grandissimo, conclude Diana Cosmoiu, responsabile nazionale per le politiche pubbliche presso WWF Romania.

    Anche altri Paesi dell’est europeo si confrontano con simili problemi. Ad esempio, in Croazia, il fiume Drava, affluente del Danubio incluso nella rete Natura 2000 dell’UE, è minacciato dalla costruzione di due grandi centrali idroelettriche. Anche in Slovacchia, sul fiume Hron, è in corso la pianificazione di un simile intervento, anche se il suo tratto medio è stato inserito di recente nella rete dei siti di interesse comunitario Natura 2000, per migliorare la conservazione delle specie ittiche.

  • Palazzi verdi in Romania

    Palazzi verdi in Romania

    Edifici sostenibili, durevoli, costruiti nel rispetto degli standard e delle norme ecologiche, design moderno, isolamento termico e impatto minimo sull’ambiente. Sono solo alcuni dei principi in base ai quali vengono costruiti i palazzi verdi, un concetto che si sta sviluppando anche in Romania. Le grandi città del mondo hanno aderito ormai da anni a questa iniziativa, puntando sull’aumento del verde urbano e su un piacevole abbinamento tra l’architettura verde con gli edifici alti o storici. Questa tendenza è incoraggiata anche dalle organizzazioni che certificano i progetti residenziali che interagiscono in maniera positiva con l’ambiente e che sono anche efficaci dal punto di vista energetico. Stando all’organizzazione Build Green Romania, uno dei più grandi auditor energetici in materia di palazzi verdi, il nostro Paese si presenta bene sotto questo aspetto.

    Nella classifica dei più verdi edifici adibiti a uffici, certificati secondo i protocolli BREEAM e LEED, si ritrovano nella maggior parte quelli di Bucarest e Cluj-Napoca. Però, il mercato si evolve in maniera diversa, se si tratta di edifici destinati agli uffici, rispetto a quelli residenziali, come spiega l’attivista ambientalista Elena Rastei, esperta di sostenibilità.

    In riferimento ai complessi residenziali, si tratta di una tendenza recente. Si tratta di uno dei primi imprenditori edili che hanno cominciato a costruire edifici certificati a Cluj-Napoca, che ha ultimato il progetto nel 2013-2014. A Bucarest, i primi palazzi sono apparsi nel 2016 – 2017, quindi di data recente. Invece, i complessi commerciali registrano una percentuale più alta di certificazione. I primi sono apparsi nel 2009-2010. Si tratta di un trend ascendente. Se parliamo di quelli residenziali, dobbiamo dire che la gente comincia a cercare abitazioni di qualità migliore e più sana, poichè comincia a pensare anche a cosa sta inspirando all’interno. Non si tratta tanto di tecnologie quanto di soluzioni per implementare delle strategie bioclimatiche nella fase di progettazione in cui viene massimizzato l’accesso della luce naturale all’interno dell’abitazione, la possibilità della ventilazione naturale, un’indipendenza dalle tecnologie meccaniche o la loro riduzione, finissaggi ecocompatibili, spiega Elena Rastei.

    Anche in Romania cominciano a farsi strada i cosiddetti boschi verticali. Un esempio è un complesso residenziale di Bucarest, invaso dalla vegetazione, aggiunge Elena Rastei.

    Quando parliamo di spazi verdi, si tratta di due tipi di impatto sul terreno, dipende se si tratti di terreno verde o terreno dismesso. Un terreno dismesso acquisisce una qualità migliore dal punto di vista sostenibile, quando viene rivitalizzato, rigenerato e reinserito nel sistema, rispetto a un terreno verde che distruggiamo quando ci mettiamo a costruire. Quindi, un terreno verde, nella fase iniziale, ha un impatto minore sull’indice di sostenibilità. Però possiamo avere anche degli spazi verdi sull’edificio, sulle terrazze e sul tetto. Anche questo spazio è di due tipi: intensivo ed estensivo. E’ intensivo quando ci sono degli alberi, ed estensivo quando lo spazio è occupato solo dalle piante. Ad esempio, il complesso Central District di Bucarest abbina questi due tipi, dice l’ambientalista.

    Tra l’altro, lo scorso anno il Central District è stato designato come il più performante edificio residenziale in Romania, nell’ambito dell’European Property Awards, in una cerimonia svoltasi a Londra. D’altronde, in Europa, la Romania è anche pioniere in materia di politiche innovative nel campo dei palazzi verdi. Ha abbassato le imposte per questo tipo di edifici e ha proposto l’iniziativa chiamata ipoteca verde, che incoraggia sia gli imprenditori edili a sviluppare questo tipo di progetti, sia i clienti a prendere dei mutui bancari a interessi più bassi. Anche se gli investimenti nella costruzione di un palazzo verde sono del 20% superiori rispetto agli altri, il prezzo di un appartamento è quasi uguale a quello di tipo classico. Inoltre, le spese condominiali e di manutenzione saranno a loro volta più basse.

    Come certificazione verde, la Romania si piazza tra i mercati giovani a livello europeo. Se fino al 2015, nel Paese si contavano 200 palazzi verdi, ora è in corso la certificazione di oltre 6000 abitazioni incluse in 22 progetti. Per quanto riguarda i complessi commerciali, la certificazione LEED interessa circa 50 edifici, mentre la BREEAM altri 80. I protocolli di progettazione e certificazione statunitense LEED e il britannico BREEAM sono tra i più noti e utilizzati in Romania.

  • Gli orsi dei Carpazi

    Gli orsi dei Carpazi

    Quasi la metà dei grandi carnivori dell’Europa si trovano in Romania e il più grande è l’orso bruno, specie protetta nell’Unione Europea, inclusa nella lista rossa degli animali in via di estinzione. In molti Paesi europei, gli orsi sono scomparsi dagli habitat distrutti dagli interventi umani. Invece, nelle foreste romene ce ne sono in tanti, però difficilmente gestibili. Da parecchi anni, gli orsi scendono nelle aree abitate, provocando grossi danni su campi coltivati, in ovili o apiari, ferendo gente e uccidendo decine di animali domestici. Le autorità di più province delle zone di montagna sembrano sopraffatte dalla situazione e sollecitano al Ministero dell’Ambiente di risolvere il problema.

    Perchè si è arrivati a questa situazione? Lo spiega il responsabile regionale per le aree protette di WWF Romania, Cristian Papp. La situazione è stata provocata da tutt’una serie di fattori, compresa la frammentazione e la riduzione degli habitat degli orsi. Stiamo tutti assistendo a grossi abbattimenti di boschi e ciò accade in tutti i massicci del Paese. Poi, si sta riducendo anche la base del cibo naturale, cioè sono sempre in meno le specie-preda per orsi e altri grandi carnivori. Spariscono anche i frutti di bosco, soprattutto in autunno i raccoglitori passano un mese o due nelle foreste. D’altra parte, gli orsi scendono nelle zone abitate attirati dai rifiuti depositati in condizioni inadeguate, ma anche dai frutteti. Quindi, possiamo parlare di un cambiamento del loro comportamento dovuto al management cinegetico: alcuni cacciatori danno tanto da mangiare agli orsi per tenerli quanto più vicini all’area in cui vanno a caccia, dice Cristian Papp.

    Nell’estate del 2017, delle 18 associazioni di caccia della provincia di Harghita, 12 hanno inoltrato domande per la rimozione di 73 orsi e 12 lupi. E’ stata approvata la rimozione di sei orsi, anche se dall’inizio dell’anno si sono verificati solo in questa provincia oltre 340 danni provocati dagli animali selvaggi, di cui l’80% dagli orsi. Quest’autunno, il Ministero dell’Ambiente ha approvato un ordine di cattura per al massimo 140 orsi pericolosi dell’intero Paese, però i rappresentanti delle associazioni di caccia sono del parere che ci vuole di più. Ad esempio, nella provincia di Covasna si stima che l’effettivo ottimale di orsi sarebbe di 700 esemplari, però il loro numero reale è quasi doppio. Mentre le autorità locali sollecitano l’approvazione urgente delle autorizzazioni per la rimozione degli orsi, gli ecologisti propongono delle soluzioni non letali volte a proteggere la specie. Essi non concordano col sistema di deroghe in grado di consentire la fucilazione degli orsi come misura preventiva, e ritengono che si tratta di caccia ai trofei mascherata.

    La caccia ai trofei è la principale causa dell’isteria di oggi, artificiale dal nostro punto di vista e che ha portato al problema con cui ci confrontiamo oggi. Se guardiamo alla storia della Romania, fino agli anni ’80-’90 l’uomo coesisteva molto bene con l’animale selvatico. Nel momento in cui l’industria dei trofei si è sviluppata e ha messo radici in Romania, allora è apparso un problema degenerato fino all’isteria. Questa industria è stata accompagnata da servizi che hanno significato praticamente l’installazione di osservatori per fucilare gli orsi nell’immediata prossimità delle comunità locali. La maggior parte si trova nelle province di Covasna e Harghita, dove si stima che ci siano anche le più numerose popolazioni di orsi. Lì si verificano anche i maggiori problemi, poichè gli orsi sono usciti dal bosco, spinti ai suoi margini, e siccome non vengono nutriti nei pressi degli osservatori, ci confrontiamo con i problemi di oggi, sostiene l’ambientalista Gabriel Paun.

    Gli ecologisti sono del parere che all’orso bruno servono habitat distesi, in cui si possa spostare senza interagire con l’uomo, tramite corridoi di passaggio. WWF Romania sta svolgendo una serie di progetti e campagne appunto per proteggere l’ambiente naturale e gli orsi bruni dei Carpazi, come spiega il responsabile regionale aree protette, Cristian Papp. Dal 2012 al 2014, abbiamo svolto nella regione del Maramures il progetto intitolato Confini aperti agli orsi dei Carpazi di Romania e Ucraina, nell’ambito del quale abbiamo tentato di portare delle soluzioni per la conservazione della biodiversità, soprattutto dei grandi carnivori, mantenendo la connettività ecologica nei Carpazi e riducendo il rischio della frammentazione degli habitat. Abbiamo individuato anche le necessità della ricostruzione ecologica per questi corridoi, andando di pari passo con il mantenimento dell’utilizzo durevole delle risorse naturali. Tutte le nostre attività di conservazione vanno di pari passo anche con questa componente di sviluppo durevole delle comunità. Certamente abbiamo svolto numerosi altri progetti, compresa l’area dei Carpazi sud-occidentali, dove abbiamo tentato di individuare le aree critiche per gli habitat degli orsi, le zone selvagge. Attualmente stiamo svolgendo il progetto Transgreen, un progetto internazionale che porta delle soluzioni per la costruzione di infrastrutture di trasporto con un impatto quanto più ridotto sull’ambiente. Portiamo delle soluzioni concrete insieme alle autorità, che mettano insieme sia una parte di sviluppo dell’infrastruttura che il mantenimento della connettività ecologica. Quindi, parliamo di un’infrastruttura verde essenziale sia per l’uomo che per gli animali. Allo stesso tempo, tramite un altro progetto in corso, intitolato EU Large Carnivores – un progetto Life, tentiamo di ridurre questi conflitti tra carnivori e gente. Guardiamo anche a questa componente di connettività ecologica, poichè a causa della mancanza delle connettività in certe zone, possiamo assistere anche a conflitti tra orsi e gente. In mancanza di corridoi ecologici che facilitino il passaggio da una zona all’altra, gli orsi possono arrivare in certe zone abitate e allora assistiamo a tanti incidenti, purtroppo, aggiunge Cristian Papp.

    Le soluzioni proposte dalle organizzazioni ambientaliste riguardano l’allestimento di recinti elettrici, la fondazione di un servizio di emergenza degli animali selvaggi e una migliore gestione dei rifiuti nelle località che si trovano ai piedi delle montagne. C’è chi ha proposto il trasloco degli orsi, però c’è il rischio che in maggior parte tornino nell’area in cui sono stati catturati. Intanto, il Ministero dell’Ambiente sta lavorando ad un piano di management per gestire la popolazione di orsi e promette di lanciarlo al dibattito pubblico al più tardi a gennaio. Si contempla anche un censimento degli orsi.

  • Campagna di… peluche

    Campagna di… peluche

    L’organizzazione ecologista WWF Romania ha lanciato una collezione di peluche, nell’ambito di una campagna destinata alla protezione della natura nei Monti Carpazi. Si tratta della campagna Più di un semplice peluche, promossa in collaborazione con una grande catena di ipermercati, grazie alla quale chi vuole contribuire alla tutela della natura può acquistare delle repliche di animali selvaggi. I fondi raccolti saranno devoluti ai progetti di conservazione delle acque, delle foreste e degli animali selvatici dei Carpazi.

    Cristina Haita, responsabile partenariati corporate presso WWF Romania ci offre maggiori dettagli: Abbiamo lanciato questa collezione speciale di giocattoli WWF per ravvicinare i consumatori ai nostri obiettivi e spiegare cosa significa la natura in termini di habitat, posti belli del nostro Paese, ma anche le specie che vogliamo proteggere. Quindi, chi acquisterà un simile giocattolo dagli ipermercati partner contribuirà alla raccolta di fondi destinati ai progetti di conservazione promossi da WWF Romania. Sugli scaffali speciali WWF degli ipermercati, la gente troverà dei lupi, caprioli, leprotti, scoiattoli, gufi in peluche, accanto a informazioni su questo tema. Quindi, chi acquista il giocattolo, capirà anche il contesto e il fatto che non si tratta di un semplice acquisto, ma anche di una donazione a favore della natura selvaggia. La campagna si svolge in tre ipermercati di Bucarest fino al 31 dicembre.

    I Carpazi romeni custodiscono una ricca diversità biologica. Il 40% degli orsi dell’Europa vivono nel nostro Paese e con ogni animaletto di peluche acquistato si contribuisce alla loro protezione anche d’ora in avanti. Accanto all’orso, al lupo, alla lince e a tante altre specie di mammiferi, nei Carpazi si trovano tante acque piene di pesci, ma anche anfibi e rettili che vivono nelle distese di foreste vergini. La grande diversità faunistica dei Carpazi dimostra una volta in più l’esistenza di habitat naturali poco lesi dall’attività umana. La WWF Romania si è impegnata nella protezione di questi tesori naturali, compreso l’inserimento di 24.000 ettari di foreste vergini nel patrimomio dell’UNESCO, ha portato i bisonti nei Monti Tarcului, nei Carpazi Meridionali, e sta svolgendo dei progetti volti ad allestire la pianura che si stende lungo il Danubio e a rifare le popolazioni di storioni nel Mar Nero.

    Anche i progetti idroenergetici sui corsi delle acque di montagna sono all’attenzione dell’organizzazione, al fine di proteggere l’ambiente selvaggio dei Carpazi, come spiega Cristina Haita: Le nostre priorità puntano su tre direzioni importanti per la natura selvaggia: protezione dei boschi, delle risorse idriche e degli animali selvatici. Abbiamo scelto queste priorità in quanto le abbiamo ritenute come le più rilevanti per l’attuale contesto romeno. Stiamo svolgendo dei progetti in tutte queste tre direzioni, però per il partenariato con la catena di ipermercati l’area forestale è stata considerata prioritaria. Ad esempio, fino al 2020, a livello globale, il gruppo commerciale si è posto come obiettivo un tasso netto di zero diboscamento, quindi anche per loro la tutela delle foreste, il consumo responsabile di risorse (carta, legno) è molto importante. Praticamente, l’attività in Romania rientra in una serie di azioni più ampie a livello globale che la grande catena di ipermercati sta svolgendo per proteggere l’ambiente.

    La campagna Più di un semplice peluche rientra in un partenariato strategico triennale tra la rispettiva catena di ipermercati e WWF Romania, volto a proteggere 21.000 ettari di bosco.

  • Tutela delle foreste nella regione dei Carpazi

    Tutela delle foreste nella regione dei Carpazi

    I Monti Carpazi si stendono sul territorio di otto stati, sono lunghi 1500 km e, dopo le Alpi, costituiscono la più estesa catena montuosa in Europa. Rappresentano, altrettanto, una ricchezza naturale unica, di grande valore biologico, un habitat e un rifugio essenziale per numerose specie di piante e animali in pericolo, una zona con le più estese foreste vergini dell’Europa. In queste montagne ci sarebbero oltre 300.000 ettari di boschi quasi vergini, una piccola parte della superficie forestale che copriva una volta l’Europa. Essi includono oltre 10.000 ettari di faggete nell’est della Slovacchia e nell’ovest dell’Ucraina, inserite nel patrimonio dell’UNESCO, ma anche uno dei pochi paesaggi forestali intatti in Europa, individuato nel sud dei Carpazi romeni. Oltre 24.000 ettari di faggete di Romania sono stati inseriti quest’anno nel Patrimonio Naturale dell’UNESCO. Eppure, i Carpazi continuano ad essere minacciati dall’intervento dell’uomo tramite la frammentazione degli habitat, la scomparsa di tante specie di piante e animali, ma anche attraverso l’alterazione e l’antropizzazione dei paesaggi naturali o la distruzione dei fiumi di montagna. Per queste ragioni, i Paesi della regione hanno deciso 14 anni fa di cooperare per la protezione e lo sviluppo durevole, gettando le basi della Convenzione dei Carpazi.

    A metà ottobre, la città ungherese di Lillafuered ha ospitato la quinta Conferenza dei Paesi aderenti al questa Convenzione, cui ha partecipato anche Alina Szasz, manager pubblico presso il Consiglio provinciale di Brasov: La Romania ha ratificato la Convenzione dei Carpazi nel 2006. Si tratta di un’intesa tra tutti gli stati attraversati dalla catena carpatica: Ucraina, R.Ceca, Slovacchia, Ungheria, Serbia, Polonia e Romania, ed è volta a contemplare in un certo qual modo l’intera catena carpatica come un’unica entità e non come una rivalità o una forma che ha dei confini. Ci si prova ad assicurare il management delle risorse culturali e naturali, creare opportunità per nuovi posti di lavoro, con riferimento costante anche ai cittadini che vivono nella regione dei Carpazi. La Convenzione in sè conta 8 gruppi di lavoro: conservazione sostenibile della biodiversità, sviluppo parziale, agricoltura e sviluppo rurale, gestione durevole delle foreste, industria, trasporto e infrastruttura, turismo durevole, cultura – tradizioni e adattamento ai cambiamenti climatici. Oltre a questi 8 gruppi di lavoro, la Convenzione ha anche quattro protocolli addizionali: utilizzo e conservazione durevole della biodiversità biologica, management durevole delle foreste, turismo durevole e trasporto durevole. Praticamente, nel corso dell’incontro dei Paesi, a frequenza triennale, sono stati discussi ogni singolo protocollo e articolo della convenzione, e presentati gli aspetti positivi, gli iter compiuti finora e cosa c’è da fare. Ogni Paese ha esposto le evoluzioni nel rispettivo settore.

    A partire da quest’anno, la Romania ospita l’Ufficio della Piattaforma di Cooperazione del Turismo Durevole nell’ambito della Convenzione dei Carpazi, il primo nazionale e il terzo regionale, dopo quelli di Ucraina e Polonia. Vi si svolgeranno una serie di attività volte a valorizzare l’immenso potenziale dei Carpazi e saranno individuate le migliori modalità di cooperazione tra tutti i fattori coinvolti nel settore turistico, che svolgono l’attività nell’area montuosa di Romania. Alina Szasz spiega: Abbiamo presentato in Ungheria, a Lillafuered, quel programma di lavoro stabilito per il 2017-2020, che include cinque compiti generali, tra cui la gestione di una base di dati, in cui vengono caricati costantemente dei progetti svolti o implementati lungo la catena montuosa, fonti di finanziamento ecc. In questo modo, tutte le unità amministrative, tutte le ong della Romania e dell’intera catena carpatica hanno accesso a tutte le informazioni relative ai progetti svolti nella zona montuosa appunto per evitare il raddoppiamento, ma anche per avere esempi di buone pratiche. Oltre a questi cinque compiti generali, abbiamo stabilito 15 attività delle 27 incluse nel Piano azione Paese, e 9 attività delle 24 attinenti al Piano di azione comune dei Paesi firmatari. Questi due piani di azione costituiscono praticamente il corpo della strategia per il turismo durevole. Questa strategia ci offre il quadro, le azioni che dovrebbero essere implementate a livello della catena carpatica, e ogni Paese dovrebbe stabilire, a seconda del grado di sviluppo raggiunto, cosa si contempla e cosa serve. In questo momento, auspichiamo di raggiungere uno sviluppo unitario.

    All’implementazione della Convenzione dei Carpazi ha recato il proprio contributo tramite vari progetti anche l’organizzazione ecologista WWF Romania, come spiega il suo responsabile regionale per le aree protette, Cristian Pap: Abbiamo implementato un progetto nell’intera ecoregione dei Carpazi, in cui abbiamo dibattuto il problema dell’utilizzo durevole delle risorse naturali. Parliamo di boschi, varie specie di piante e animali, risorse idriche ecc. In questo momento abbiamo un progetto dedicato allo sviluppo dell’infrastruttura durevole nei Carpazi. I nostri partner strategici sono i Ministeri dell’Ambiente e dei Trasporti. Auspichiamo di avere, ad esempio, delle autostrade costruite di modo che tengano in considerazione anche il movimento degli animali di grande taglia nelle zone ad alta biodiversità. Facciamo riferimento agli ecodotti o ad altre misure volte a ridurre l’impatto delle autostrade o delle strade sullo spostamento dei grandi carnivori. D’altra parte, sono stati compiuti dei passi importanti con l’individuazione delle foreste vergini e la loro tutela. Siamo stati attivi anche in materia di cambiamenti climatici. Ad esempio, due settimane fa, in Ungheria è stata adottata la nuova forma della Convenzione che include un articolo in più – articolo che riconosce la vulnerabilità dei monti Carpazi davanti ai cambiamenti climatici. L’articolo vincola le parti firmatarie della Convenzione ad implementare delle azioni per ridurre gli effetti dei cambiamenti climatici, quali la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra. Allo stesso tempo, vincola le parti anche a prendere di misure di adattamento all’impatto dei cambiamenti climatici che già da tempo si sono fatti sentire.

    I rappresentanti dei sette stati presenti alla riunione svoltasi in Ungheria hanno concluso che serve cooperare anche d’ora in avanti, per far fronte alle nuove sfide nella regione carpatica. La sesta Conferenza dei Paesi aderenti alla Convenzione dei Carpazi si terrà nel 2020 in Polonia. (traduzione di Iuliana Anghel)