Category: Il futuro inizia oggi

  • Evoluzioni economiche e nel settore creditizio

    Evoluzioni economiche e nel settore creditizio

    Leconomia romena registrerà un avanzo del 3,5% nel 2019 e del 3,1% nel 2020, in calo di un punto percentuale rispetto alle stime del giugno del 2018. Lo rileva il rapporto semiannuale “Global Economic Prospects” pubblicato di recente dalla Banca Mondiale. Lente finanziario internazionale stima che in Europa e Asia Centrale, regione che include anche la Romania, leconomia ha rallentato al 3,1% nel 2018, dal 4% del 2017, rispecchiando il calo dellattività economica in Turchia nel secondo semestre dellanno scorso. Turchia a parte, la crescita regionale resta invariata, al 2,9% nel 2018, in quanto il rallentamento dellattività economica in Paesi come la Bulgaria e Romania è stato compensato dallacceleramento nellest della regione, che ha beneficiato lanno scorso del prezzo più alto del greggio, valuta la Banca Mondiale. La crescita delleconomia mondiale dovrebbe rallentare al 2,9% nel 2019, rispetto al 3% del 2018 e al 3,1% del 2017, mentre la crescita del commercio mondiale rallenterà al 3,6% questanno, dal 3,8% nel 2018 e il 5,4% nel 2017.



    E ciò intaccherà lindustria mondiale, stima ancora lente finanziario internazionale, secondo il quale, cè un rischio sempre maggiore per leconomia globale, le prospettive peggiorando nel contesto dellinasprimento delle condizioni finanziarie, dellintensificazione delle tensioni commerciali e delle turbolenze sui mercati finanziari di alcuni Paesi emergenti e in via di sviluppo. “Allinizio del 2018, leconomia mondiale andava a gonfie vele, ma ha perso slancio durante lanno, e nel futuro lavanzo potrebbe rallentare ancora di più”, ammonisce il direttore generale Kristalina Georgieva. Allo stesso tempo, le dispute tra gli Usa e la Cina si risentiranno nellintero mondo, e potrebbe crescere linstabilità sui mercati finanziari, il che intaccherà le economie in via di sviluppo. I calcoli rilevano che lespansione della più forte economia mondiale – quella statunitense – dovrebbe rallentare al 2,5% questanno, dal 2,9% nel 2018, mentre la Cina dovrebbe registrare nel 2019 una crescita del 6,2%, dopo il 6,5% del 2018.



    Per lEurolandia si stima un avanzo dell1,6% questanno, rispetto all1,9%del 2018, rileva ancora il rapporto. Per quanto riguarda la Romania, lente finanziario si aspetta che Bucarest dichiari per il 2018 una crescita del Pil del 4,1%, in calo di un punto percentuale rispetto alle stime di giugno. Tale crescita dovrebbe attenuarsi nel 2021, quando leconomia registrerà un avanzo del 2,8%. La Romania continua ad avere uneconomia dipendente, una bilancia commerciale con deficit, e i romeni spendono il 48% del budget per prodotti alimentari, rilevano i dati centralizzati. Ospite a Radio Romania, il docente Mircea Coşea, ha fatto unanalisi della situazione del commercio estero in questo momento.



    “Ci siamo specializzati in unindustria che produce, prevalentemente, macchinari, componenti, sottoinsiemi per lindustria automobilistica. La Romania è diventata una grande produttrice di sottoinsiemi, di pezzi di ricambio, di tutto ciò che significa produzione automobilistica manifatturiera, ossia unindustria indietro rispetto al progresso tecnico, mentre alcuni producono ideando il prodotto, disegnandolo, noi lo manifatturiamo nelle fabbriche dove lavorano gli operai alla sua creazione. Non è una cosa negativa, abbiamo posti di lavoro. Lexport romeno, oggi, dipende al 50% fino al 70% dallexport industriale in alcuni Paesi sviluppati, di solito tre, Germania, Francia e Italia, in cui noi esportiamo pezzi di ricambio per auto, motori, componenti ecc. Se il mercato automobilistico crolla in Occidente, e il momento non è lontanto visto ciò che succede adesso dal punto di vista dei movimenti di protesta in Francia e Germania, ma anche in seguito alla guerra commerciale del signor Trump, allora non ci saranno più ordinazioni di automobili, nè esporteremo qualcosa del genere. Cosa esportiamo noi adesso? Esportiamo ancora prodotti industriali di vari tipi, persino della gamma IT, ma oltre il 60% del loro valore rappresenta import. Abbiamo uneconomia dipendente dai centri sviluppati in altri Paesi, in generale il nucleo duro dellUe, e dipendiamo da loro dal punto di vista dellandamento del mercato”, ha detto Mircea Coşea.



    Daltra parte, gli specialisti anticipano una crescita degli interessi bancari questanno, dopo un lungo periodo in cui, nel tentativo di contrastare gli effetti della crisi finanziaria, le banche centrali hanno mantenuto il loro livello a valori insolitamente bassi. Gli effetti si risentiranno il più probabilmente anche in Romania, ritiene lanalista finanziario Aurelian Dochia.



    “Credo che le prospettive per il 2019 siano abbastanza buone, ovviamente sono strettamente legate al modo in cui si evolverà leconomia romena. Moltissimi economisti e istituzioni internazionali considerano che il ritmo di crescita si tempererà, inclusivamente per la Romania, anche se resterà molto più alto che in altri Paesi europei e soprattutto nellEurolandia. E ciò significa che anche il ritmo di crescita nel sistema bancario e nella concessione di crediti dal sistema bancario potrebbe registrare una crescita moderata”, ha precisato Aurelian Dochia.



    Aurelian Dochia considera che le misure prese dalla Banca Centrale sulla limitazione dei crediti per le persone fisiche, in vigore dal 1 gennaio, colpiranno solo una categoria ridotta di persone e non lasceranno unimpronta negativa sullevoluzione dellattività creditizia.




  • Inizio di mandato romeno al timone dell’Ue

    Inizio di mandato romeno al timone dell’Ue

    Per la prima volta da quando è diventata membro dell’Ue, 12 anni fa, la Romania ricopre la Presidenza dell’Unione, e la premier Viorica Dăncilă afferma che Bucarest si propone di promuovere durante il suo mandato di sei mesi una visione pragmatica, che punta sul principio della coesione. Le priorità della Romania a capo dell’Unione puntano su 4 pilastri: l’Europa della convergenza, l’Europa della sicurezza, l’Europa-attore globale e l’Europa dei Valori comuni. L’Europa della convergenza – crescita, coesione, competitività – assicurerà, precisava la premier Viorica Dăncilă, uno sviluppo durevole ed equo per tutti i cittadini europei. Ciò è essenziale – sottolineava la premier – per promuovere un’Europa unita e per l’aumento della competitività dell’Ue a livello globale.



    Le decisioni sul futuro delle politiche europee devono riflettersi nelle priorità di finanziamento dell’Unione. Di conseguenza, la Presidenza romena del Consiglio dell’Ue contribuirà all’elaborazione del prossimo Quadro Finanziario Multiannuo post-2020, per il raggiungimento degli obiettivi per i prossimi sette anni, cosicchè assicuri l’equilibrio tra le politiche generatrici di crescita e convergenza nello spazio comunitario, ha dichiarato Viorica Dăncilă.



    Durante la Presidenza di turno del Consiglio dell’UE, la Romania si propone anche di contribuire al consolidamento dell’Unione economica e monetaria, e un’altro proposito è la promozione della ricerca e dell’innovazione tramite la digitalizzazione e la connettività, come principali fattori di crescita della competività dell’industria europea. Le autorità romene ritengono inoltre che l’intolleranza, il populismo, il razzismo e la xenofobia possano essere combattute tramite il costante rapportarsi ai valori alla base dell’Unione, pronunciandosi, allo stesso tempo, per una maggiore implicazione dei cittadini nel processo decisionale.



    Credo sia necessario stimolare l’implicazione dei giovani nella costruzione di un’Europa forte, basata su valori europei comuni. Allo stesso tempo, sosterremo durante il nostro mandato le iniziativa legislative riguardanti la partecipazione dei cittadini europei al processo legislativo europeo, ha detto Viorica Dăncilă.



    Delle priorità della Romania durante questo mandato ha parlato a Radio Romania il ministro per gli Affari Europei, George Ciamba, ricordando che, all’insegna della Coesione – un valore comune europeo, Bucarest dovrà gestire questioni molto importanti per il futuro dell’Ue, come la Brexit, la negoziazione del futuro budget e le europee.



    Le priorità della Romania sono, innanzittutto, nel periodo iniziale in cui lavoreremo con l’attuale Europarlamento, di portare a buon fine un numero quanto maggiore di dossier legislativi. Noi, in questo momento abbiamo fatto una valutazione di ciascun ministero, di ciò che potrebbe essere trasformato da iniziativa legislativa in legislazione europea. Altri potranno essere trasformati, portati fino ad un punto da dove saranno continuati dalla prossima Presidenza di turno. L’attuale Europarlamento sarà in carica fino ad aprile, praticamente il periodo utile è abbastanza breve. La Romania dovrà avere una posizione imparziale, ma allo stesso tempo riuscire a trovare maggioranze qualificate che permettano il raggiungimento di una posizione comune a livello del Consiglio. La seconda parte sarà dedicata al vertice di Sibiu, uno molto importante, che si terrà due settimane e mezzo prima delle europee e che è molto importante, essenziale dal nostro punto di vista, per dare un segnale di unità dei Paesi membri e dei partner europei per quanto riguarda il futuro dell’Unione. Nell’ultimo mese, che sarà un altro mese molto complicato, potremo discutere degli argomenti che non si possono discutere fino allora proprio a causa della campagna per l’Europarlamento. Saranno rinviati di modo che non interferiscano con la discussione politica sulle elezioni europee e quindi avremo un mese in cui dovremo risolvere un certo tipo di argomenti. Menziono qui, in special modo, gli argomenti legati all’allargamento dell’Ue, ha affermato George Ciamba.



    La Romania vuole ottenere la dichiarazione del Mar Nero come zona prioritaria anche per l’Ue, come è adesso per la Nato, ha dichiarato, d’altra parte, il ministro romeno degli Esteri, Teodor Meleşcanu.



    Una nostra preoccupazione durante la Presidenza romena del Consiglio dell’Ue è di venire con proposte sullo sviluppo della collaborazione al Mar Nero, in generale, l’aumento delle misure di fiducia tra gli stati membri, la promozione del turismo, dell’interconnettività energetica e, allo stesso tempo, di collaborazione diretta dell’Ue con le strutture regionali, ha detto Teodor Meleşcanu.



    Perchè, afferma il capo della diplomazia romena, noi desideriamo che l’Ue sia molto più implicata anche in questi format regionali.




  • La candidatura della Romania al Consiglio di Sicurezza

    La candidatura della Romania al Consiglio di Sicurezza

    Nel 2016, la Romania ha inoltrato la sua candidatura a membro non permanente nel Consiglio di Sicurezza dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per il periodo 2020 – 2021, sul seggio assegnato al Gruppo dell’Europa Orientale di cui fa parte. Dal momento della sua adesione all’Onu, nel 1955, la Romania ha già avuto 4 mandati di membro non permanente nel Consiglio di Sicurezza dell’Onu – nel 1962, 1976-1977, 1990-1991, e tra il 2004-2005. L’attuale campagnia di sostegno della candidatura per un nuovo mandato di membro non permanente nel Consiglio di Sicurezza dell’Onu si svolge all’insegna di Romania: un impegno duraturo per la Pace, la Giustizia e lo Sviluppo.



    Ospite a Radio Romania, il rappresentante permanente della Romania presso l’Onu, l’ambasciatore Ion Jinga ha spiegato. Siamo già stati membri del Consiglio di Sicurezza quattro volte. Siamo anche stati, otto volte, membri del Consiglio Economico e Sociale. Attualmente, nel periodo 2017 – 2018, per due anni, siamo membri dell’ECOSOC (il Consiglio Economico e Sociale). Siamo stati due volte membri del Consiglio per i Diritti Umani. Abbiamo presieduto una serie di commissioni e comitati ONU, alcuni di grande importanza. Siamo un giocatore. Certo che non siamo un grande giocatore, ma siamo un giocatore di media importanza, che, oso dire, con la forza e le competenze, con l’intelligenza, in fin dei conti, della diplomazia romena, siamo riusciti non poche volte in questi anni in cui abbiamo giocato sull’arena internazionale multilaterale, a superare, con la forza delle nostre idee e i nostri progetti, lo statuto conferito dalla dimensione geografica o dalla forza economica. Qui si tratta del contributo umano.



    Le elezioni per questo mandato si terranno nell’ambito dell’Assemblea Generale dell’Onu, a giugno 2019, e, in conformità ai provvedimenti della Carta Onu, per ottenere il mandato occorre il sostegno di 2/3 degli stati membri dell’ONU espresso tramite voto nell’Assemblea Generale. Attualmente, gli stati membri sono 193, e per questo mandato hanno inoltrato la candidatura la Romania e l’Estonia. Sul sostegno di quale Paese può contare la Romania?



    Occorre il voto di due terzi dei Paesi ONU, il che in linguaggio aritmetico significa almeno 129 Paesi. Orbene, per trovare 129 Paesi o di più che ti votino hai bisogno di argomenti e forza di convinzione, perchè il voto viene concesso in una certa misura in base a intese reciproche, ma in gran misura in base a quello che uno è capace di fare, a quello che uno dice che farà e in base al biglietto di vista, che dimostri che veramente anche nel passato, in altre occasioni, ha fatto ciò che ha promesso. E un altro dettaglio, il voto è segreto. Quando il voto è segreto, per citare un egregio ambasciatore di un Paese importante, un Paese membro permanente del Consiglio di Sicurezza, davanti alla scheda elettorale, diceva la rispettiva persona, solo io e Dio sappiamo con chi voterò. Quindi, uno deve avere veramente forza di convinzione affinchè quelle persone, gli ambasciatori che votano tramite voto segreto, votino te, al di là delle intese che si possono fare in una forma o un’altra, precisa sempre l’ambasciatore Ion Jinga.



    Dal 1 gennaio del 2019, la Romania ricoprirà la presidenza del Consiglio dell’Ue per sei mesi. In che modo può influire ciò la candidatura di Bucarest ad un posto di membro non permanente nel Consiglio di Sicurezza?



    Credo che la Presidenza romena del Consiglio dell’Ue possa svolgere un ruolo positivo per la campagnia per la presidenza del Consiglio di Sicurezza. Non ho nessun dubbio che sarà una Presidenza di successo. Il presidente romeno, Klaus Iohannis, ha menzionato anche nel 2017 e nel 2018, nella plenaria generale dell’ONU, la candidatura della Romania al Consiglio di Sicurezza. È un messaggio di sostegno politico al vertice che, praticamente, legittima qualsiasi sforzo che noi facciamo per la promozione della candidatura. Allo stesso tempo, il ministro degli Esteri, Teodor Meleșcanu, a settembre, ha avuto circa 40 incontri bilaterali, tutti dedicati alle iniziative di promozione della candidatura. Cerchiamo di valorizzare una certa tradizione, in certi spazi. Ad esempio, attualmente, presidiamo la Commissione per il consolidamento della pace. È per la prima volta che la Romania è membro della commissione e la presidia. In veste di presidente di questa commissione, ho effettuato due viaggi in Africa, assieme ad un’equipe dell’Onu, ho visitato cinque-sei Paesi li’. Ci sono una serie di riunioni qui. Noi, ad esempio, siamo riusciti a mettere sull’agenda della Commissione per il consolidamento della pace, tramite una riunione congiunta assieme all’ECOSOC – il Consiglio Economico e Sociale, un dibattito che lega le implicazioni delle sfere climatiche ai rischi di sicurezza. È un argomento che finora non c’è mai stato su questa agenda, ma che ha un’importanza massima, quasi vitale, per alcuni Paesi, spiega l’ambasciatore Ion Jinga.



    Io non voglio essere più ottimista del necessario, perchè da ciò uno può guadagnare o perdere, afferma Ion Jinga, ma, aggiunge l’ambasciatore, l’importante è fare bene il proprio lavoro, credere a ciò che fai ed essere convinto che ciò che fai è al servizio del tuo Paese, e che, se si guadagna, il guadagno è della Romania e gli echi di un simile fatto, della presenza della Romania, un’altra volta, nel Consiglio di Sicurezza, si faranno sentire, sicuramente, per altri 10 anni.




  • Minacce climatiche

    Minacce climatiche

    Il 2019 sarà uno dei quattro anni più caldi mai registrati. Lo ha ammonito l’esponente dell’Onu per problemi climatici, Patricia Espinosa, ad una conferenza sulla lotta ai mutamenti climatici, di Katowice, in Polonia. Rappresentanti di 200 Paesi si sono riuniti per due settimane nel tentativo di dare un nuovo impulso all’accordo di Parigi del dicembre 2015. Il motivo è che, stando agli specialisti, le conseguenze dei cambiamenti climatici non sono mai state cosi’ gravi, e questa realtà ci dice che dobbiamo fare di più. Secondo l’Accordo di Parigi, i cui provvedimenti entreranno in vigore nel 2020, 184 Paesi hanno convenuto di mettere in applicazione misure per ridurre l’inquinamento cosicchè la media delle temperature globali non superi di più di 2 gradi centigradi – idealmente di solo 1,5 gradi – il livello toccato prima della Rivoluzione Industriale.



    Il 24esimo summit ONU sui Cambiamenti Climatici (COP24) è la più importante riunione sul tema dei mutamenti climatici dopo l’accordo di Parigi e avviene nel contesto in cui i rapporti scientifici indicano che l’umanità ha ancora a disposizione solo 12 anni per ridurre a metà le emissioni di gas ad effetto serra al fine di evitare una futura catastrofe climatica.



    Di recente, la Commissione Europea ha presentato una strategia tramite cui l’Europa diventi neutrale dal punto di vista dell’impatto sul clima entro il 2050. Come? Tramite investimenti in soluzioni tecnologiche realistiche, tramite la responsabilizzazione dei cittadini e l’armonizzazione delle azioni in settori-chiave, come la politica industriale, le finanze o la ricerca. L’obiettivo ambizioso di questa neutralità climatica, tradotta in emissioni zero di CO2 entro il 2050, necessiterebbe un’azione comune in settori strategici. Il commissario UE per le politiche climatiche e l’energia, Miguel Arias Cañete spiega: Ci sono sette elementi comuni in tutti gli scenari. Innanzittutto, il sistema energetico europeo dovrà essere decarbonizzato. Entro il 2050, l’80% dell’elettricità provverrà da fonti rinnovabili. Assieme all’energia nucleare, sarà la spina dorsale di un sistema energetico senza CO2 in Europa. Anche l’Ue si elettrificherà notevolmente, almeno raddoppierà la quota di energia elettrica nella domanda di energia entro il 2050. L’energia elettrica verrà adoperata anche per il riscaldamento, e molto di più per il trasporto. Il secondo elemento – l’efficienza energetica svolgerà un ruolo-chiave, per l’industria, ma anche per le abitazioni o i servizi. In terzo luogo, i trasporti devono contribuire di più. Attualmente rappresentano un quarto delle emissioni di gas ad effetto serra e qui parliamo dell’elettrificazione dei trasporti, del passaggio ai combustibili alternativi, sintetici, e di una gestione migliore, più efficiente dei trasporti.



    Il quarto elemento – l’industria. Le emissioni si sono già ridotte nell’industria, ma non in certi settori. Le emissioni legate ai processi industriali sono un problema difficile e occorrono combustibili diversi. Il commissario Cañete continua la rassegna. In quinto luogo – l’utilizzo sostenibile del terreno. È molto importante, dobbiamo adoperare di più la biomassa, ma anche assicurarci che la capacità di assorbimento della CO2 dalle foreste e dalla terra sia mantenuta e persino aumentata. In sesto luogo, l’infrastruttura sarà essenziale per facilitare l’integrazione dei sistemi energetici europei, la digitalizzazione e l’uso di combustibili con emissioni ridotte di CO2. In settimo luogo, la captazione della CO2 e il suo stocaggio. Nonostante l’attuale problema, sarà necessaria per decarbonizzare l’industria.



    Abbiamo un mandato forte da parte dei cittadini, ricorda Bruxelles. Stando al più recente Eurobarometro speciale, del novembre 2018, il 93% dei cittadini europei ritengono che i cambiamenti climatici siano provocati dall’attività umana, mentre l’85% è d’accordo che la lotta ai cambiamenti climatici e l’utilizzo più efficiente dell’energia possono generare crescita economica e posti di lavoro in Europa. La Romania assumerà il prossimo 1 gennaio la Presidenza di turno dell’Ue, e il suo mandato sarà segnato da dibattiti su strategie che definiranno lo spazio comunitario nei prossimi decenni. Da questa posizione, la Romania può potenziare il ruolo dell’Europa Orientale, inclusivamente in campo energetico, ritiene il presidente dell’Istituto Europeo per la Performance Energetica degli Edifici e membro della Fondazione Europea per il Clima, Julian Popov.



    Al di là della storia della Brexit, che, sebbene una triste, è una storia di impatto, la Romania presiederà l’inizio dei negoziati per la strategia 2050. È un documento importante perchè l’Ue passa finalmente all’economia verde. Poi ci saranno discussioni sul budget UE, quello che dovrebbe prevedere aumenti del 25% per il contrasto dei cambiamenti climatici e del 60% per la ricerca. È un paradigma nuovo, perchè l’Europa si è resa conto che resta indietro con la ricerca. È un momento in cui l’Europa si sta risvegliando, ha precisato Julian Popov.



    E la Romania può lasciare la sua impronta sulle future strategie comunitarie, ha concluso Julian Popov.




  • Conflitto nelle vicinanze della Romania

    Conflitto nelle vicinanze della Romania

    Siamo costernati per questo utilizzo della forza da parte della Russia, che, in un contesto di crescente militarizzazione nella regione, è innacettabile. Lo hanno sottolineato i governi dei 28 Paesi membri Ue in una dichiarazione pubblicata dal capo della diplomazia europea Federica Mogherini, al termine di tre giorni di discussioni sul tema dell’escalation militare tra Kiev e Mosca. L’Occidente ha condannato le azioni della Russia, chiedendo la liberazione delle tre navi fermate nello stretto di Kerč e dei 24 marinai ucraini, attualmente in custodia cautelare per due mesi, con l’accusa di passaggio illegale del confine. Mosca ha riconosciuto di aver adoperato l’armamento in dotazione per forzare le navi ucraine a fermarsi, mentre Kiev afferma di aver ammonito la Russia che le sue navi avrebbero attraversato la zona mentre andavano verso il porto di Mariupol della Mare di Azov. Ospite a Radio Romania, Iulian Chifu, presidente del Centro per la Prevenzione dei Conflitti, sulla situazione nella stretto di Kerč.



    La Federazione Russa ha aperto il terzo fronte nei confronti dell’Ucraina. Più grave è che questa nuova aggressione sia avvenuta proprio sotto bandiera russa, quindi, non si tratta più dell’annessione della Penisola di Crimea tramite gli ometti verdi, nè dell’aggressione militare nell’est dell’Ucraina, dove sono una specie di intermediari, di volontari, di militari smarriti, come diceva il signor Lavrov. L’ha fatto perchè ritiene la Penisola di Crimea il suo territorio e cerca di affermarlo inclusivamente tramite l’annessione del Mare di Azov. Practicamente, ha costruito quel ponte, che è anch’esso illegale, e ritiene che quelle siano le sue acque territoriali, motivo per cui ha vietato l’accesso e vieta l’accesso a chiunque non chieda il permesso di transito. Si trattava di quelle tre navi militari, ucraine, che venivano da un porto ucraino, erano dirette verso un porto ucraino e alle quali è stato vietato di attraversare il Mare di Azov, verificandosi scontri e tiri che hanno fatto anche vittime, ha spiegato Chifu.



    L’incidente è avvenuto nei pressi della Penisola di Crimea, che Mosca ha annesso nel 2014, mentre la tensione è cresciuta al più alto livello dopo il 2015, quando i ribelli sostenuti da Mosca si sono sollevati contro il Governo di Kiev nella regione orientale di Donbas, provocando una guerra che ha ucciso decine di migliaia di persone. Discutere solo del caso Kerč è scorretto, a prescindere da chi accusiamo, ritiene il docente Dan Dungaciu, direttore dell’Istituto di Scienze Politiche e Relazioni Internazionali dell’Accademia romena.



    Quell’episodio è un punto, un elemento di una saga iniziata nel 2014, quando la Federazione Russa ha agito cosi’ come ha agito – ha annesso la Penisola di Crimea, è entrata nella parte est dell’Ucraina e controlla indirettamente due delle regioni della zona. Cosa significa infatti Kerč? Prima dell’annessione della Crimea significava uno stretto tra l’Ucraina, la Crimea, che era parte dell’Ucraina, e la Federazione Russa. Nella parte russa c’era un comando che verificava il passaggio tramite gli stretti. Adesso siamo nella situazione in cui anche la Crimea appartiene alla Russia, de facto, non de jure, e sulla riva destra è sempre la Russia. Quindi, la Russia controlla gli ingressi. A questo elemento si è sovrapposto il celebre ponte costruito dai russi, quasi in tempo record, ha spiegato Dan Dungaciu.



    Si tratta del ponte che collega via terra la Penisola di Crimea alla Russia, un ponte strategico, sottolinea il professor Dan Dungaciu. Loro, quando hanno costruito quel ponte, l’hanno fatto di 30 metri, ci sono molte navi che non ci possono passare, che superano 30 metri, non possono più uscire, sono bloccate nel Mare di Azov, che in questo momento, inclusivamente tramite quella costruzione della Federazione Russa, è piuttosto un mare russo. Infatti, il problema di fondo è il 2014. Andavano sgridati allora, perchè se lasci avanzare i russi e, perdonatemi se lo dico, le popolazioni della regione hanno capito chiaramente che se non sei nella Nato o nell’Ue, nessuno ti difende, che se sei nell’Organizzazione delle Nazioni Unite non è sufficiente. Quindi, da questo punto di vista, all’Ucraina è successo ciò che è successo inclusivamente a causa dell’inabilità, dell’assenza di progetti delle elite politiche che hanno creduto per 20 anni di poter suonare due pianoforti simultaneamente, sia l’est, che l’ovest. L’Ucraina e la Repubblica Moldova sono prigioniere della propria visione politica sbagliata, basata su un detto russo che recita il vitello intelligente beve latte da due madri. È cosi’ che hanno fatto anche loro politica finora, non sono andate nè verso la NATO, nè verso l’Ue fermamente, ha detto Dungaciu a RRI.



    In seguito ai recenti avvenimenti, l’Ue ha fatto appello alla moderazione e ha sollecitato a Mosca di ripristinare la libera circolazione nello Stretto di Kerč. Il segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg, ha ricordato che l’Ucraina non è membro dell’Alleanza, che ha come missione la difesa collettiva dei suoi membri, ma ha sottolineato che questa organizzazione sostiene la sovranità e integrità territoriale dell’Ucraina davanti alle minacce della Russia. Nel frattempo, a Kiev, il Parlamento ucraino ha imposto la legge marziale a tempo determinato.




  • La migrazione dei romeni verso l’Occidente

    La migrazione dei romeni verso l’Occidente

    Stando alle statistiche, uno su cinque romeni idonei al lavoro viveva, l’anno scorso, in uno stato Ue, diverso dalla Romania. Si tratta di circa 4-5 milioni di persone, i principali Paesi in cui vivono attualmente essendo l’Italia e la Spagna, dove ci sono oltre 2 milioni di romeni. Seguono la Germania, con circa 600 mila romeni, la Gran Bretagna, con metà milione di romeni, e gli Usa, sempre con metà milione. Ciò nel contesto in cui nel 2007, quando la Romania ha aderito all’Ue, la percentuale della popolazione attiva emigrata verso un’altra parte dell’Unione era pari a solo il 7,4%. Quali le cause che hanno portato a questa situazione?



    Innanzittutto si tratta della motivazione finanziaria, ma, spiega Corina Neagu, consulente per le risorse umane: Non se ne vanno solo per motivi finanziari. Le motivazioni sono iniziate a cambiare del tutto – se prima si partiva massicciamente solo per i soldi, adesso si parte a causa dell’instabilità economica, politica, socio-culturale, dei sistemi difettosi in Romania. Credo che non approfondiamo, no lavoriamo sulla base – perchè si parte? E cosa possiamo fare per iniziare a costruire e cambiare questa situazione di fondo, alla fin fine. Non è solo una questione di superficie, la gente se ne va, in un numero sempre maggiore e si tratta di un numero crescente di giovani, perchè non hanno opportunità per il futuro in Romania. E non perchè non hanno posti di lavoro, bensi’ perchè non vi hanno accesso. Il mercato del lavoro romeno non è preparato per ciò che verrà.



    Cioè, ha spiegato Corina Neagu, ci sono giovani che si sono preparati in anticipo, si sono resi conto del contesto internazionale, di ciò che servirà e adesso non trovano da nessuna parte nel Paese la soddisfazione professionale. Ciò si può constatare alle borse del lavoro dove vengono specialisti che non sono, però, poi, chiamati a colloqui di lavoro perchè c’è questo pregiudizio – che sono sovraqualificati e chiedono un sacco di soldi, che i datori non possono offrire. Le stime rilevano che sul mercato del lavoro romeno c’è un deficit di circa 1 milione di persone. E non ci sono molte speranze che la situazione cambi in meglio nel prossimo futuro. Sebbene l’economia e i salari crescano in Romania, e l’offerta di posti di lavoro sia maggiore della domanda, metà dei giovani hanno piani concreti per lasciare il Paese nei prossimi anni, come rileva un sondaggio demoscopico. Più esattamente, il 47% dei giovani romeni, spiega il docente di sociologia Dumitru Sandu, ospite a Radio Romania.



    La migrazione in sè non è un problema. La gestione della migrazione può generare problemi e se le cose non si muovono come dovrebbero a livello nazionale il problema si aggraverà. Cosa c’è da fare? Innanzittuto occorre un’informazione pulita e aggiornata su questo tema, ad esempio tramite sondaggi realizzati all’estero – gli ultimi simili sondaggi sono stati realizzati dal Governo romeno in Italia e Spagna, nel 2007 – 2008. Una caratteristica di base della migrazione è che cambia rapidamente non solo in intensità, come area geografica di distribuzione, come fascia d’età, ma cambia pure sostanzialmente come motivazione, racconta Dumitru Sandu.



    La partenza dei giovani per l’estero porta ad uno sviluppo inconsistente, spiega ancora il sociologo Dumitru Sandu. L’aspetto positivo sarebbe che le rimesse dei romeni all’estero hanno portato sviluppo alla Romania – si tratta di rimesse di oltre 55 miliardi di euro dall’adesione all’Unione Europea. Allo stesso tempo, gli aspetti negativi sono tanti, spaziando dagli effetti sul mercato del lavoro fino ai drammi dei bambini allevati dai parenti nelle zone rurali, lontano dai genitori. Uno degli ostacoli alla soluzione dei problemi attinenti alla migrazione è un mito, ritiene il sociologo Dumitru Sandu.



    Un mito costruito non si sa come, il quale recita: la gente se ne va e che ce ne importa? Porteremo lavoratori dall’estero. Vi porteremo medici, costruttori. Anche altri Paesi si sono confrontati con il problema della mancanza della manodopera, l’immigrazione risolve l’emigrazione, gli arrivi principalmente dai Paesi extracomunitari, risolve le partenze dei romeni verso altri Paesi Ue. È un mito dannoso. La Romania è in crisi. La crisi si accentuerà. Le soluzioni non si possono inventare da un giorno all’altro. È chiaro che la Romania dovrà importare forza lavoro dall’estero. E capirà rapidamente che in certi settori, non in generale, l’import di forza lavoro dall’estero è più caro dello sforzo che si farebbe per fermare nel Paese i lavoratori, eventualmente per portare indietro coloro che se ne sono andati, spiega Dumitru Sandu.



    Occorre ottimizzare il processo di migrazione all’estero, afferma ancora il sociologo Dumitru Sandu, vale a dire organizzare in tal modo la circolazione migratoria come società che ci siano vantaggi per il Paese di origine, il Paese di destinazione, la famiglia di origine, le imprese coinvolte in questo processo. Soluzioni miracolose non ci sono, semplicemente vanno attivati tutti i canali possibili di soluzione.




  • La minaccia della sovraprotezione

    La minaccia della sovraprotezione

    Una su quattro specie di mammiferi e una su otto di uccelli sono a rischio di estinzione, richiamava l’attenzione sin da 4 anni fa un rapporto degli specialisti, stando al quale, le specie vegetali e animali si estinguono almeno 1000 volte più rapidamente che prima dell’apparizione dell’uomo sulla Terra. Si estinguono a causa dell’uomo. La situazione è tanto più grave quanto il fenomeno si accelera, essendo attualmente cosi’ intenso che si parla della sesta estinzione di massa, dopo l’estinzione dei dinosauri 65 milioni di anni fa. Numerose specie di mammiferi si estingueranno nei prossimi 5 decenni. Lo rileva uno studio realizzato dagli scienziati della Danimarca e Svezia, pubblicato di recente sui Proceedings of the National Academy of Sciences. I ricercatori del nord Europa hanno dimostrato che la sesta estinzione di massa sta già accadendo, e non è causata da disastri naturali, bensi’ dagli uomini. Le estinzioni avvengono troppo rapidamente per permettere al processo evolutivo di andare di pari passo con questo fenomeno, affermano i ricercatori. Cosa si può fare? Stando al più ottimistico scenario, gli uomini cesseranno di distruggere gli habitat degli animali e di contribuire all’estinzione delle specie. Ma anche se questo scenario ottimistico diventerà realtà, i mammiferi avrebbero bisogno di 3 fino a 5 milioni di anni solo per diversificarsi a sufficienza affinchè l’albero dell’evoluzione rigenerasse i suoi rami che si stima si perderanno nei prossimi 50 anni. La Romania si annovera tra i Paesi che, grazie alla sua posizione geografica e al rilievo, gode di una ricca fauna e, per conservare questa diversità delle specie ha leggi di tutela di diverse specie di animali, come l’orso, il cervo o la lince dei Carpazi, la capra nera, il gallo di montagna, la volpe, la martora, il castoro, il cinghiale o il bisonte. La sovraprotezione può portare però alla moltiplicazione eccessiva, generando situazioni difficilmente gestibili. È anche il caso degli orsi in Romania, dove, stando alle cifre ufficiali, ci sono circa 6800 esemplari. Prendendo in calcolo certe statistiche in realtà sarebbero però intorno a 8000 orsi, di molto oltre i 6000 esemplari che la Romania si è impegnata davanti alla Commissione Europea a tenere nei suoi fondi forestali.



    Nella natura ci dev’essere sempre un equilibrio. Allorquando questo equilibrio si spezza non siamo più in uno stato naturale, ma in uno deteriorato che non è più a favore di ambo le parti, in questo caso l’uomo e, in generale, la biodiversità. Per quanto riguarda questo problema generale, partirei dal fatto che l’animale, e innanzittutto da noi l’orso, e persino il lupo, rappresentano un simbolo naturale e culturale. Si trova all’origine dei conflitti locali e delle campagnie mediatiche atte ad aumentare la consapevolezza sulla necessità di salvare il suo habitat naturale. Di conseguenza, il problema viene posto a livello europeo e internazionale dalla prospettiva della rarità e del rischio di estinzione di certe specie, inclusivamente l’orso, e da questa prospettiva, anche la necessità della sua tutela da parte dell’uomo. Ecco che intesa male la percezione ecologica e l’atteggiamento che dobbiamo sviluppare in questa direzione hanno portato la Romania ad un problema contrario – la sovrappopolazione con una certa specie porta al turbamento dell’equilibrio ecologico e la percezione diversa degli altri elementi che vanno presi in considerazione – aspetti di ordine economico, di tutela delle creature umane e di contrasto di un pericolo, spiega il docente Mircea Duţu, presidente dell’Università Ecologica di Bucarest.



    L’orso è una specie di interesse comunitario, alla quale dobbiamo assicurare uno stato di conservazione favorevole, ma in Romania siamo nella situazione apparentemente assurda in cui, aggiunge il professor Duţu, non necessariamente in seguito ad una sovraprotezione, ma a causa di un insieme di fattori questa specie si è sviluppata oltre la capacità naturale volta a garantirle un equilibrio tanto necessario per dire che si trova in uno stato di di conservazione e che permette una quota di raccolto ottimo, cosi’ come viene intesa nella legislazione europea e nella legge romena sulla caccia e la tutela del fondo cinegetico.



    Siamo in un periodo di crisi. Dal 2016 non sono state più prelevate le quote annue volte ad assicurare l’equilibrio necessario all’interno della specie. Se la situazione è lasciata avanzare è molto probabile che sfugga al nostro controllo. Occorre, quindi, uno studio che mostri l’attuale situazione, l’inventario della specie, le cause che hanno portato ad una simile situazione, le sue conseguenze, e, d’altra parte, a breve, medio e lungo termine, un piano di gestione del problema affinchè, entro un periodo ragionevole di tempo, riusciamo a risolverlo. È assurdo – l’intera Europa si pone il problema di non avere sufficienti orsi, mentre la Romania ne ha troppi e diventano una minaccia per l’equilibrio ecologico, per l’economia e, allo stesso tempo, persino per la popolazione, spiega il professor Mircea Duţu.



    Negli ultimi anni, in certe zone della Romania gli orsi hanno fatto sentire la loro presenza ogni giorno nelle masserie dei contadini, provocando danni importanti e persino ferendo delle persone. E il loro numero cresce in modo preoccupante, facendo aumentare la paura degli abitanti i quali chiedono la loro relocalizzazione e altre misure atte a equilibrare la situazione.




  • Lo spazio cibernetico – area di lotta informatica e informazionale

    Lo spazio cibernetico – area di lotta informatica e informazionale

    Diventato negli ultimi anni la principale zona di lotta informatica e informazionale, lo spazio cibernetico ha un’importanza sempre maggiore per la sicurezza euroatlantica, la difesa cibernetica essendo riconosciuta come missione centrale dell’Alleanza. Ciò è stato stabilito inclusivamente al vertice del 2014 nel Galles, mentre al vertice Nato di Varsavia di quest’anno lo spazio cibernetico è stato riconosciuto come campo operativo, simile agli spazi aereo, terrestre e marittimo. Ciò dopo che, per migliorare la difesa dell’alleanza nello spazio cibernetico, la Nato ha deciso sin dall’anno scorso la creazione di un centro di operazioni cibernetiche. Allo stesso tempo, ciascuno stato consolida la sua difesa in questa direzione, mettendo a punto strategie che includono misure volte a tenere sotto controllo le vulnerabilità, a contrastare gli attacchi o volte alla collaborazione con i partner con cui ha scopi comuni.



    Ad esempio, Washington ha pubblicato, di recente, la prima strategia di difesa cibernetica degli ultimi 15 anni.



    Nella sua nuova strategia di sicurezza cibernetica, l’Amministrazione Trump afferma che, accanto al nuovo uso aggressivo delle proprie armi cibernetiche, intende lavorare con i partner internazionali per convenire su conseguenze rapide e trasparenti, che scoraggino azioni cibernetiche ostili da parte di avversari come la Russia e la Cina. Il documento accusa il fatto che la Russia, l’Iran, la Cina e la Corea del Nord abbiano compiuto attacchi cibernetici irresponsabili che hanno colpito gli Usa, i suoi alleati e partner, senza pagare un prezzo atto a scoraggiare future aggressioni cibernetiche, ha trasmesso la corrispondente di Radio Romania a Washington, Doina Saiciuc.



    La giustizia americana ha annunciato, d’altra parte, la messa sotto accusa di sette agenti dei servizi militari russi (GRU), in seguito ad una campagna mondiale di attacchi cibernetici attribuiti al Cremlino e denunciati dall’Olanda, Gran Bretagna, Canada e Australia. Gli attacchi cibernetici possono essere lanciati da ovunque, il bersaglio si può trovare anch’esso ovunque, e tutto questo margine di manovra estremamente ampio rende tanto piú difficile il processo di contrasto.



    Attualmente lo spazio cibernetico consente che un attacco sia compiuto contro piú zone, non tiene conto dei confini, e, in piú, ogni giorno il mondo digitiale che ci circonda si allarga e aumenta l’impatto che ha sulla nostra vita. Siamo circondati da tutte le sorti di equipaggiamenti. Il mondo dell’IT è in piena espansione, e tutto ciò arriva con una serie di vulnerabilità. E si cerca di individuare queste vulnerabilità e contrastarle con misure di protezione. In fin dei conti, le parole-chiave restano la comunicazione, la fiducia e lo scambio di informazioni. Per chi difende, il processo è molto piú complesso. Deve difendere tutta questa spiaggia di possibili bersagli, mentre chi prende di mira con questi attacchi cibernetici ha dei target molto precisi, ha spiegato Cătălin Aramă, direttore generale del Centro Nazionale di Risposta agli Incidenti di Sicurezza Cibernetica (CERT-RO), ospite a RRI.



    La tecnologia avanza molto rapidamente, internet essendo sempre piú adoperato inclusivamente nelle attività quotidiane e aumentando le vulnerabilità nello spazio cibernetico.



    La tecnologia avanza moltissimo e con le opportunità che appaiono arrivano anche i rischi associati. Gli attacchi cibernetici sono transfrontalieri, semplici attacchi cibernetici possono coinvolgere due, tre o piú stati e allora la parola-chiave nel combattere questi attacchi è la cooperazione. La cooperazione tra le istituzioni abilitate e, da questo punto di vista, a livello legislativo abbiamo la Convenzione di Budapest del 2001. La Romania ha ratificato questa Convenzione nel 2004. Il maggior numero di stati del mondo hanno ratificato la convenzione e in questo modo di può realizzare il meccanismo di cooperazione, ma non tutti purtroppo. Ci sono ancora stati che non hanno ratificato la Convenzione e, allorquando sono stati implicati nell’ambito di un attacco cibernetico i sistemi di uno stato che non ha ratificato la Coonvenzione, è difficile indagare sui rispettivi attacchi, ha spiegato a RRI Ioan Cosmin Mihai, vicepresidente dell’Associazione Romena per la Garanzia della Sicurezza Cibernetica.



    Nel settore dell’innovazione e della ricerca per la creazione di programmi malware complessi, e nell’organizzazione di attacchi mirati, i soggetti minacciosi sostenuti da certi stati prendono il sopravvento rispetto ai criminali cibernetici mossi da motivazioni finanziarie. È quanto constatato dalla società russa specializzata in sicurezza informatica Group-IB, che ha analizzato le attività di circa 40 gruppi di hacker. Questi sono finanziati da governi come quelli della Corea del Nord, del Pachistan, della Cina, degli Usa, della Russia, dell’Iran e dell’Ucraina, precisano gli esperti del Group-IB, sottolineando l’utilizzo di un nuovo vettore di spionaggio – il pirataggio dei dispositivi personali degli esponenti pubblici, inclusivamente a domicilio.




  • Sfide a livello globale

    Sfide a livello globale

    Con un intervento di 48 minuti, il presidente venezuelano, Nicolas Maduro, ha tenuto questanno il piú lungo discorso allAssemblea Generale dellOnu, la cui 73esima edizione ha riunito, di recente, a New York, circa 130 capi di stato e di governo. Un discorso lontano dal record stabilito nel 1960 dal leader cubano Fidel Castro, che ha parlato per 4 ore e 29 minuti, o dal record assoluto del rappresentante dellIndia – 8 ore, nel 1957.



    La cooperazione tra gli stati è sempre piú incerta e piú difficile, e le divisioni nel Consiglio di Sicurezza sono gravi, ha valutato, nel suo discorso il segretario generale dellOnu, Antonio Guterres, deplorando ciò che ha chiamato “un mondo sempre piú caotico”. Nel piú atteso discorso, il leader della Casa Bianca ha ammonito duramente lIran, che ha definito il maggior sponsor del terrorismo, che fomenta i conflitti nella regione e al di là della regione – “Il macello che commette il regime siriano è sostenuto dalla Russia e dallIran. Il regime iraniano esporta violenza, terrore e caos, procura illecitamente materiali sensibili per far avanzare il suo programma di razzi ballistici e fa proliferare questi razzi nellintero Medio Oriente. Tutte le sanzioni americane legate al programma nucleare saranno completamente applicate allinizio di novembre. Dopo di che, gli Usa imporranno nuove sanzioni, piú dure che mai, per controbilanciare tutti gli atteggiamenti ostili dellIran.”



    Donald Trump ha paragonato i rapporti degli Usa con lIran con quelli “migliorati”, come ha definito i rapporti con il leader nord-coreano Kim Jong Un, che ha lodato per la sospensione dei test ballistici e nucleari. Il leader americano ha chiesto però che siano rispettate severamente le sanzioni internazionali imposte alla Corea del Nord, fino alla sua denuclearizzazione. Trumpo ha usato il suo discorso di questanno anche per fare appello a riforme commerciali internazionali, per esortare lOPEC a non aumentare il prezzo del greggio, per criticare la Cina per le sue pratiche commerciali, ma anche per ammonire gli stati europei sulla dipendenza dalle fonti energetiche russe.



    Daltra parte, la Russia ha criticato, presso le Nazioni Unite il ritiro unilaterale degli Usa dallaccordo nucleare con lIran, affermando che questa misura può portare allaumento delle tensioni nel Medio Oriente, che creerà rischi per il regime di non proliferazione, e sarà, allo stesso tempo, estremamente controproducente anche dalla prospettiva degli sforzi compiuti attualmente per la denuclearizzazione della Penisola Coreana.



    Un altro argomento portato alla ribalta è stato la Siria, secondo il corrispondente di Radio Romania, Alexandru Beleavschi. “Il ministro russo degli Esteri, Serghei Lavrov, ha ammonito i Paesi occidentali su nuovi colpi militari contro la Siria, sotto un nuovo pretesto inscenato. Il monito arriva a breve tempo dopo la decisione della Russia di trasferire al regime siriano razzi terra-aria S-300 e altre misure militari di Mosca in Siria che de facto impongono una zona di restrizione aerea nella zona del Mediterraneo, adiacente alla Siria. Israele ha dichiarato che questa decisione aumenta i rischi nella regione, e gli Usa lhanno definita un errore. Il capo della diplomazia russa ha dichiarato nel Consiglio di Sicurezza che i terroristi in Siria dispongono di sostanze tossiche da combattimento, hanno imparato a fabbricarle, e hanno laboratori di produzione, fatto confermato inclusivamente dai servizi segreti americani. Allo stesso tempo, il governo siriano, afferma Serghei Lavrov, ha distrutto il suo intero arsenale chimico, secondo quanto previsto dallaccordo russo-americano del 2013”, ha trasmesso Beleavschi.



    La crisi iraniana non può essere ridotta ad una politica delle sanzioni, ha valutato, dal canto suo, il presidente francese Emmanuel Macron, che si è pronunciato per lelaborazione di una strategia a lungo termine per la gestione del dossier. “Manterremo intorno a questo tavolo lo stesso obiettivo: quello di impedire allIran di dotarsi con larma nucleare” – ha sottolineato Emmanuel Macron, salutando, allo stesso tempo, gli sforzi di Donald Trump di convincere il regime nord-coreano a rinunciare allarma nucleare. Ma, ha aggiunto il leader francese, in nessun momento il Consiglio di Sicurezza dovrà perdere di vista una cosa: la Corea del Nord continua a rappresentare una minaccia nucleare e ballistica per la regione e il mondo.”



    Il presidente romeno Klaus Iohannis ha tenuto davanti allAssemblea Generale dellOnu un discorso dedicato al modo in cui la Romania guarda lattuale contesto internazionale e alle soluzioni che propone per i problemi esistenti. Il capo dello stato romeno ha sottolineato che tra le minacce gravi contro la sicurezza, il terrorismo deve ricevere una risposta coordinata a livello globale, mentre la proliferazione delle armi di distruzione di massa e le loro modalità di consegna restano minacce esistenziali per la sicurezza globale. I mutamenti climatici sono diventati una delle maggiori sfide globali, ha aggiunto Klaus Iohannis, insistendo sul ruolo delle Nazioni Unite e ricordando che lanno prossimo, durante il semestre di Presidenza romena del Consiglio dellUe, la Romania ospiterà, ad aprile, una conferenza dal tema “La crescita della resilienza ai disastri naturali”.




  • Vertice Tre Mari, una complessa posta in gioco

    Vertice Tre Mari, una complessa posta in gioco

    L’Iniziativa dei Tre Mari ha raggiunto la maturità politica e concettuale e sono stati riuniti tutti i requisiti per avviare progetti concreti – è la convinzione espressa dal capo dello stato romeno, Klaus Iohannis, al vertice che ha riunito, questa settimana, a Bucarest, alti dignitari ed esponenti europei ed americani, tra cui il presidente della Commissione Europea, Jean-Claude Juncker, e Rick Perry, il segretario americano all’Energia. Progetti economici per lo sviluppo della zona tra il Mar Baltico, l’Adriatico e il Mar Nero sono stati al centro dell’incontro di due giorni nella capitale romena dell’Iniziativa dei Tre Mari – una piattaforma politica flessibile, che include i 12 stati Ue che si trovano tra i tre mari menzionati: Austria, Bulgaria, Croazia, Repubblica Cecca, Estonia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Polonia, Romania, Slovacchia e Slovenia.



    L’obiettivo del vertice è stato la realizzazione di progressi concreti al fine dell’aumento dell’interconnettività nella regione in tre settori principali – dell’energia, dei transporti e digitale. L’Iniziativa ha il potenziale di facilitare un’interconnettività aumentata nell’Europa Centrale e Sud-orientale, di intensificare le relazioni economiche e commerciali e i flussi di investimenti nella regione e con altri partner della comunità euroatlantica. Di conseguenza, siamo sostenitori del contributo di questa iniziativa al consolidamento generale dell’Ue e della relazione transatlantica, ha sottolineato il presidente Iohannis. A questo incontro sono stati presentati progetti, e ciascuno ha sostenuto la propria causa.



    I vertici sono come i forni a microonde, essi non cucinano il cibo. Là porti un cibo già preparato, lo porti, lo riscaldi, lo raffreddi, ma non lo cucini li’ per li’. Le persone non si incontrano al vertice e non spunta loro in testa d’un tratto qualcosa e cominciano a fare una costruzione enorme. Ci vengono con progetti. Certo, cercano opportunità, ma cercano opportunità all’interno dei progetti che hanno già ideato. E di questo che si discute infatti, di chi ha preparato prima il cibo che viene portato al vertice? L’ha preparato bene, l’ha preparato coerentemente, è un cibo appetibile, può essere consumato da tutti? Sono queste, infatti, le poste in gioco di simili vertici, ha spiegato Dan Dungaciu, direttore dell’Istituto di Scienze Politiche e Relazioni Internazionali dell’Accademia romena, ospite a Radio Romania.



    L’Iniziativa dei Trei Mari è stata lanciata nel 2015 nell’idea che l’Europa Centrale diventasse la spina dorsale di un’Europa solida, sorretta da tre pilastri – la convergenza economica e la coesione su piano europeo e un legame transatlantico forte, ha ricordato la presidente della Croazia, Kolinda Grabar Kitarovic. La presidente croata – quella che ha lanciato l’Iniziativa, tre anni fa, assieme al collega polacco Andrzej Duda – ha ricordato che per la prima volta, nell’ambito del vertice a Bucarest, si svolge anche un Forum d’affari. La sicurezza energetica resta un prerequisito per l’implementazione dell’innovazione e l’aumento del potenziale comune, è stato sottolineato a Bucarest. Come presidente del Consiglio dell’Ue, l’Austria cercherà di portare a termine il pacchetto Ue sull’energia pulita, ha menzionato Alexander van der Bellen, il presidente di questo Paese, che passerà le consegne alla Romania, il 1 gennaio del 2019. Il nostro obiettivo comune dev’essere garantire la sicurezza energetica per tutti i cittadini europei, e a tal fine occorre diversificare le fonti di energia, come anche le rotte di trasporto. Abbiamo bisogno di ambedue, ha precisato il presidente dell’Austria. Quanto è importante un simile vertice?



    È importante questo vertice, indiscutibilmente, come potenzialità. Il vertice ti offre la possibilità di concretare in un modo o in un altro le cose che ti interessano come Paese e ti interessano come Paese Nato e Ue. In secondo luogo, io direi che facciamo parte di un’iniziativa che è stata sviluppata da attori con interessi forti lungo l’asse economico nord-sud. Le cose che vengono discusse, le cose significative, dalle reti di infrastruttura, trasporto oppure energetiche si trovano sull’Asse nord-sud, un asse importante, ma direi che non il piú importante dalla prospettiva della Romania, la quale, se voleva creare un progetto regionale e un progetto europeo, doveva crearlo sull’Asse est-ovest. Perchè? Perchè la principale posta in gioco, attualmente, della Romania è l’interconnessione, l’interconnessione con gli attori occidentali. Oggi è diventato molto chiaro che non è tanto importante avere delle risorse quanto essere un hub. Quindi, la Germania, la Turchia, l’Ungheria non sono in possesso di risorse energetiche, ma sono, ad esempio, hub regionali molto significativi e diventano sempre piú importanti. Ed è con ciò che la Romania deve connettersi, a ciò deve aspirare, ha precisato Dan Dungaciu.



    L’Iniziativa dei Tre Mari viene incontro all’obiettivo comune dell’Ue di ravvicinare l’Est all’Ovest dell’Europa. Questo è stato un altro aspetto sottolineato dalla commissaria europea allo sviluppo regionale, Corina Creţu, al Forum d’affari organizzato in occasione del vertice di Bucarest.




  • Le priorità della Presidenza di turno romena del Consiglio dell’Ue

    Le priorità della Presidenza di turno romena del Consiglio dell’Ue

    Lavvicinarsi del semestre romeno di Presidenza del Consiglio dellUe intensifica gli sforzi di Bucarest e i contatti tra gli esponenti europei e romeni, concentrati su discussioni legate alle priorità che la Romania si è prefissa per questo mandato. I preparativi organizzativi e logistici per gli eventi che la Romania ospiterà sono in corso, e il calendario sarà annunciato verso fine novembre, informano le autorità di Bucarest. Gli eventi si terranno nella capitale Bucarest e a Sibiu (nel centro) – anfitrione, il 9 maggio, del vertice Ue, che avrà come obiettivo unampia discussione sul futuro comunitario e la preparazione delle priorità strategiche per il periodo 2019-2024, nel contesto delle attuali sfide con cui si confronta il blocco comunitario. Ospite a Radio Romania, Dan Cărbunaru, giornalista per la piattaforma multimediale caleaeuropeană.ro, ha passato in rassegna le priorità della Romania, annunciate dai responsabili di Bucarest.



    “La prima questione è legata allo sviluppo sostenibile ed equo tramite la convergenza, la coesione, linnovazione, la digitalizzazione e la connettività, qui essendo anche una connessione di continuità con la Presidenza estone e poi con quella bulgara e austriaca. Poi, unEuropa sicura, il che sicuramente sarà gradito a qualsiasi cittadino europeo, il consolidamento del ruolo globale dellUe – apprezzato piuttosto nel nord e nellovest dellEuropa, quindi probabilmente è un compromesso e una conseguenza del desiderio della Romania di impegnarsi sul palcoscenico internazionale come membro dellUe, perchè è un vantaggio di cui può avvalersi. Non in ultimo, lEuropa dei valori comuni – sembra molto generico, ma visto che la violazione dei valori di base soprattutto al capitolo stato di diritto e giustizia già porterà sanzioni agli stati membri dopo il prossimo quadro finanziario multiannuo, credo che non sarà necessariamente solo uno slogan. La parola dordine con cui la Romania presiederà i lavori del Consiglio dellUe nei sei mesi di Presidenza è la coesione”, ha spiegato Dan Cărbunaru.



    Dopo il cambio al timone dellUnione Europea, la Romania dovrà gestire dossier importanti, come la Brexit. Oppure la conclusione dei negoziati sul quadro finanziario multiannuo – una missione per niente facile per cui occorrono 27 voti positivi per un algoritmo che miri al bilanciamento degli investimenti al fine della crescita della coesione e della riduzione del divario tra est e ovest.



    “La Romania concederà per la durata del mandato alla Presidenza di turno romena del Consiglio dellUe unattenzione prioritaria allavanzamento dei negoziati sul futuro quadro finanziario multiannuo 2021-2027. Per quanto riguarda la sicurezza interna dellUe, lobiettivo di consolidare lEuropa della sicurezza sarà uno dei pilastri per cui definiamo le priorità della Romania per la durata del nostro mandato”, ha detto il premier Viorica Dăncilă.



    Le elezioni europee del prossimo maggio sono un altro punto di riferimento della Presidenza di turno romena. Si tratta, allo stesso tempo, di decine di dossier legislativi essenziali per il futuro dellUnione, di cui alcuni vanno continuati e altri portati a termine. Ci saranno centinaia di incontri, dibattiti, negoziati. Inoltre, durante il mandato della Romania, i Paesi membri presenteranno i loro piani per quanto riguarda il settore energetico e i mutamenti climatici, in base ai quali sarà elaborata e armonizzata la strategia energetica europea, di importanza cruciale per il futuro energetico dellUe. Segue un periodo molto denso di eventi, ha valutato il ministro romeno con delega agli Affari Europei, Victor Negrescu.



    “Questautunno si preannuncia molto intenso dal punto di vista della collaborazione con i partner europei, sono previste moltissime visite, praticamente linteresse per la Romania è in aumento, in concomitanza con linteresse per la Presidenza di turno romena del Consiglio dellUe. Il che è rallegrante e dimostra che la Romania può venire con una visione e una serie di idee”, ha detto Negrescu.



    In essenza, ciò che conta è che in tutte queste direzioni, e non solo, la Romania aiuti lUe a evolversi. La Romania appoggia lagenda ambiziosa del progetto europeo. La nostra visione è progondamente pro-europea. La soluzione dipende da noi. Limportante è avere questa energia positiva, il desiderio di superare noi stessi e trovare delle soluzioni. La cosa piú importante durante il mandato della Romania alla Presidenza di turno del Consiglio dellUe è gettare le basi delle future evoluzioni, ritengono le autorità di Bucarest. Sul budget finale stimato per il mandato romeno Daniel Goşea, direttore generale dellUnità per la Preparazione della Presidenza romena, ha precisato che è stato deciso lo stanziamento di una somma paragonabile a quelle per cui hanno optato stati con un potere economico simile alla Romania. La somma si aggirerà sui 60-80 milioni di euro. (traduzione di Adina Vasile)


  • Più soldi per la Romania?

    Più soldi per la Romania?

    Per l’esercizio finanziario 2021-2027, la Commissione Europea propone la modernizzazione della politica di coesione, la principale politica di investimenti dell’UE. Aumenteranno del 6% i fondi di coesione destinati all’Italia e agli stati membri del sud del continente, colpiti dalla crisi economica e dall’ondata di migranti e, parallelamente, diminuiranno i finanziamenti per altri stati comunitari. La Romania dovrebbe ricevere, però, 27 miliardi di euro come fondi di coesione, dell’8% in più – cioè 2 miliardi di euro – rispetto al corrente esercizio finanziario 2014-2020. Si tratta di un importo notevole, che equivale al 15% del Pil della Romania al livello dello scorso anno.

    Per la prima volta nella storia dell’UE, la politica di coesione è la più importante politica, è la principale risorsa di investimenti in Europa. E’ la più rilevante espressione della solidarietà, volta a ridurre le disparità economiche, sociali e territoriali in Europa. Credo che, nel contesto attuale, quando assistiamo a questa triste realtà con il secondo grande contributore che esce dall’Unione Europea, siamo riusciti a proporre una politica di coesione per tutte le regioni, che non lascia indietro nessuno. Abbiamo migliorato anche l’accessibilità di questa politica, per adattarla alle nuove priorità e per aumentare la protezione dei cittadini dell’UE, ha detto la commissaria europea per la politica regionale, Corina Cretu.

    Nell’esercizio finanziario 2007-2013, la Romania ha perso 1,6 miliardi di euro in quanto non è stata in grado di spendere il denaro proveniente dai fondi strutturali. Per il corrente esercizio finanziario, la Romania beneficia di fondi strutturali e di coesione pari a 25 miliardi di euro. Però, dopo quattro anni e mezzo dall’inizio dell’esercizio finanziario, la Romania ha preso solo 2,7 miliardi di euro, cioè poco più del 10% dei fondi stanziati. A questo punto, sarà Bucarest capace di cambiare qualcosa, al fine di attirare più soldi?

    La commissaria Corina Cretu ritiene molto importante la preparazione dei progetti in anticipo. Nel nuovo esercizio finanziario, dopo il 2020, concederemo maggiore sostegno alle autorità locali, urbane e territoriali, che potranno impegnarsi di più nella gestione dei fondi europei, poichè riteniamo che le regioni e le città sanno meglio di noi, quelli di Bruxelles, dove orientare gli investimenti e quali sono le necessità. Contiamo su un budget di 374 miliardi di euro per tutti i 27 stati membri. Il 75% di questi 374 miliardi sarà destinato anche d’ora in poi alle regioni che richiedono maggiormente investimenti, quindi verso le regioni meno sviluppate. La Romania si annovera tra i Paesi che guadagnano di più. Romania, Bulgaria e Grecia avranno l’8% in più rispetto al periodo precedente. La cosa importante è anche utilizzare questi fondi per progetti concreti, volti a migliorare il tenore di vita della gente. Credo che i progetti vanno preparati in anticipo, per avvalerci di questa opportunità, ha aggiunto la commissaria Corina Cretu.

    Il bilancio per il periodo 2021-2027, il primo dopo la Brexit, dovrebbe aumentare a 1.100 miliardi di euro dai 1.000 miliardi nell’attuale esercizio di sette anni. Le proposte della Commissione riguardano lo stanziamento di maggiori fondi ai settori ricerca, sicurezza ed economia digitale. Abbiamo semplificato le norme, e tale fatto sarà nel vantaggio di tutti, da piccole aziende a imprenditori, scuole o ospedali, che potranno ottenere soldi più facilmente, ha detto inoltre la commissaria UE. La politica di coesione divide le regioni in tre categorie: meno sviluppate, di transizione e sviluppate. Il Pil pro capite si riconferma il principale criterio nello stanziamento dei fondi necessari alla riduzione delle disparità e ad aiutare le regioni con bassi redditi e crescita economica a recuperare i gap. Inoltre, sono stati introdotti nuovi criteri per meglio riflettere la realtà sul campo, cioè la disoccupazione giovanile, il basso livello di istruzione, i cambiamenti climatici, l’accoglienza e l’integrazione dei migranti.

    La commissaria Cretu ha spiegato anche perchè la Polonia e l’Ungheria riceveranno meno fondi: Bruxelles riconosce i progressi compiuti da questi Paesi negli ultimi anni. Ad esempio, la Polonia è entrata a far parte dell’UE quando il suo Pil era al quasi al 50% della media europea, mentre ora ha raggiunto il 75% di questa media. Il tenore di vita della popolazione ha registarto un salto notevole. La commissaria ha fatto riferimento anche alla questione del taglio di fondi europei se viene violato lo stato di diritto. Il futuro meccanismo che verrà applicato se uno stato slitta dalle norme democratiche sospenderà i fondi in senso orizzontale, quindi tutti i fondi europei. Si sta ancora lavorando al meccanismo, è un argomento sensibile ed è importante che non lasci spazio agli abusi, ha sottolineato Corina Cretu.

  • Il laser di Magurele

    Il laser di Magurele

    Il laser di Magurele, nei pressi di Bucarest, è stato montato e sottoposto ai test nella sua forma finale. ELI – NP – Extreme Light Infrastructure Nuclear Physics, il più potente del mondo in questo momento, è composto di due laser di grande potenza da 10 petawatt, due laser di un petawatt ciascuno e altri due da 100 terrawatt ognuno. Il sistema, concepito per sviluppare il 10% della potenza del Sole, funzionerà insieme ad un altro sistema unico a livello mondiale, un fascio di raggi gamma di grande potenza. Magurele raccoglie i frutti degli ultimi 30 anni di ricerca su piano mondiale, con investimenti di miliardi di dollari. E’ la più alta tecnologia del momento. Ad esempio, gli specchi laser sono finora unici al mondo, hanno spiegato i responsabili di Magurele. Il progetto è iniziato nel 2013 e sarà completamente ultimato nel 2019.

    L’accademico Nicolae Zamfir, il direttore del progetto, ha spiegato l’evoluzione di quello che dieci anni fa era solo un inizio – l’impegno nello sviluppo di un progetto di portata in grado di appoggiare la ricerca e l’innovazione europea a tenere il passo con la competizione degli Stati Uniti, della Cina o degli altri attori importanti nel settore. Credo che nessuno si aspettava ad un’evoluzione talmente fantastica. 10 anni fa era solo un’idea. E ora constatiamo che ELI è una realtà, non solo sulla carta, ma anche in pratica. Tre strutture sono già state costruite e a breve sarà ultimata anche la loro dotazione di equipaggiamenti scientifici. Quindi, un progresso straordinario in 10 anni – dall’idea alla concretizzazione di simile portata, ha spiegato Nicolae Zamfir.

    L’intera struttura di 100.000 tonnellate è collocata su una piattaforma sostenuta da 1000 pilastri che poggiano su archi e amortizzatori. La soluzione tecnica della costruzione – romena – è stata concepita per mantenere l’allineamento dei fasci laser e gamma. Poichè la struttura non deve spostarsi più di un micron in caso di terremoto. I costi ammontano a 350 milioni di euro, il 20% da fonti governative e il resto come fondi nonrimborsabili dalla Commissione Europea. La location è stata contesa da 13 Paesi interessati ai fondi UE in gioco, ma anche alla chance di fare un salto considerevole in un settore in cui vantavano tradizione. Ora la Romania è un grande player, spiega Nicolae Zamfir, ricordando che Magurele ospiterà anche l’istituto di ricerca ELI-ERIC.

    Tentiamo di gettare le basi del futuro istituto ELI-ERIC, un nuovo tipo di istituzione, approvato di recente dal Parlamento europeo, che sarà diretto secondo le regole europee. Auspichiamo che la Germania entri a far parte di questo consorzio, insieme ai Paesi ospitanti. Sicuramente ne faranno parte in modo obbligatorio la Romania, l’Ungheria, la R.Ceca, però abbiamo bisogno della presenza degli altri, per la loro forza scientifica e finanziaria. Ci aspettiamo che l’intera comunità scientifica europea partecipi agli esperimenti che saranno condotti, ha aggiunto Nicolae Zamfir.

    ELI-LP viene considerato un progetto notevole sia per la Romania che per l’intera UE. Parlando dell’ELI e di ELI-ERIC, il presidente della Commissione Affari Europei del Bundestag, Gunther Krichbaum, il quale ha visitato gli stabilimenti di Magurele, ha sottolineato quanto sia necessario sviluppare progetti europei di simile portata, in grado di assicurare la competitività dell’Unione Europea con gli USA, il Giappone o la Cina.

    Credo sia un’enorme chance. Ho visto l’impegno di tutti quanti lavorano a questo progetto e probabilmente è solo l’inizio. Altri progetti potrebbero seguire, poichè la Romania ha gente altamente qualificata e buone università nel Paese. E’ una modalità che vi aiuterà ad evitare la fuga di cervelli, poichè avete la possibilità di offrire una prospettiva professionale nel Paese a questa gente bene preparata, ha detto Krichbaum.

    Sono numerosi i settori in cui potrebbe avere impatto la ricerca di Magurele – fisica, astronomia o medicina. Nel 2010, quando è stato pubblicato un libro bianco del progetto ELI-NP, sono stati evidenziati oltre 200 esperimenti che saranno condotti con questi equipaggiamenti unici al mondo. Alcuni interessano la ricerca nel campo medico, per la lotta al cancro, ad esempio, altri nella ricerca nel settore spaziale, rispettivamente la produzione di materiali resistenti alle radiazioni cosmiche, per la protezione degli astronauti in viaggio verso il pianeta Marte. Come Paese ospitante di ELI-ERIC, la Romania contribuirà al miglioramento della ricerca scientifica a livello nazionale, consoliderà la sua presenza nel circuito europeo e internazionale, nel trasferimento e nello sviluppo tecnologico che costituiscono l’interesse basilare della ricerca mondiale ed europea. Inoltre, creerà premesse per lo sviluppo del trasferimento di tecnologia e per stimolare lo sviluppo economico tramite nuovi investimenti, compresi i parchi scientifici, tecnologici e industriali.

  • Romania, polo di sicurezza energetica?

    Romania, polo di sicurezza energetica?

    Il Sistema Energetico Nazionale è solido e valido, e la Romania riunisce tutte le condizioni per essere esportatore di energia. Lo dichiara il ministro Anton Anton, ricordando che, in questo momento di riassestamento delle politiche energetiche a livello mondiale ed europeo, la Romania è parte del processo di creazione e sviluppo dell’Unione Energetica, accanto agli altri stati europei. Bucarest si prefigge di essere un polo regionale di sicurezza energetica e non solo uno sbocco, essere un modo delle rotte di trasporto che collegano l’UE, ma anche un generatore effciente e competitivo di energia e gas in Europa.

    Nel raggiungere queste mete, la Romania parte da un mix energetico, che la differenzia fortemente in Europa, spiega il ministro Anton Anton. Abbiamo un Paese pieno di risorse. La Romania è la prima tra i pochi Paesi europei in grado di parlare della diversità delle risorse. Con queste risorse e con le capacità ridotte di produzione disponibili oggi, copriamo interamente il nostro consumo di energia elettrica, riuscendo inoltre ad esportare energia nella regione. La Romania è un polo di sicurezza energetica, ha detto il ministro.

    Inoltre, una volta avviata l’estrazione dei giacimenti della piattaforma continentale del Mar Nero, la Romania potrebbe arricchire la sua figura quasi indipendente sul mercato europeo del gas e non avere più bisogno delle importazioni dalla Russia. Lo rileva un recente studio Deloitte, condotto nelle condizioni in cui la Romania riesce a coprire da sola la maggior parte del consumo di gas dalla produzione interna, collocandosi al terzo posto tra gli stati comunitari sotto questo profilo. Dei 28 stati membri, la Romania è superata solo da Estonia e Danimarca in materia di dipendenza di importazioni di risorse.

    L’ex ministro dell’Energia, Razvan Nicolescu, attualmente esperto della compagnia Deloitte, ha spiegato che dai perimetri offshore potrebbero essere estratti complessivamente 170 miliardi di metri cubi, cioè mediamente cinque miliardi all’anno. Gli investimenti nel settore degli idrocarburi nel Mar Nero porteranno alle casse dello stato 26 miliardi di dollari e 40 miliardi di dollari in più al PIL della Romania fino al 2040. La stima, più prudente rispetto a quella delle autorità romene, si basa anche su dati tecnici riguardnti sfruttamenti offshore del Golfo del Messico, simili a quelli del Mar Nero.

    Le autorità hanno fatto riferimento a 200 miliardi dio metri cubi di riserve. Dai nostri calcoli ne risultano 170 miliardi. Negli studi di impatto condotti, la Commissione Europea indica una crescita maggiore dei prezzi del gas naturale. Noi anticipiamo un sovrappiù di produzione, che avrà un impatto positivo dal punto di vista concorrenziale e tempererà la tendenza di crescita del prezzo in Romania, ha detto Razvan Nicolescu.

    I soldi investiti nello sfruttamento del gas nel Mar Nero triplicheranno tramite effetti diretti, indiretti o nei settori economici adiacenti. Gli esperti della Deloitte spiegano che non si tratta solo della vendita propriamente detta del gas, bensì dell’intera catena economica derivante da questa risorsa.

    Si tratta di investimenti di 22,2 miliardi di dollari. Lo svolgimento di questi progetti in tutte le quattro tappe sostiene mediamente oltre 30.000 dipendenti all’anno in tutto questo periodo. Complessivamente, le entrate alle casse dello stato aumenteranno praticamente di 26 miliardi di dollari, e parliamo di oltre 70 miliardi di dollari come generazione aggiuntiva di produzione, in seguito a questi investimenti, ha spiegato il responsabile del progetto, Sorin Elisei.

    La compagnia Deloitte stima che il 65% del gas sarà destinato al consumo in Romania, mentre il resto verrà esportato, consolidando in questo modo la posizione di Bucarest sul mercato europeo del gas. La visione della Strategia Energetica della Romania, che sta per essere ultimata, punta a far crescere il settore energetico in termini di sostenibilità. E la crescita del settore energetico significa costruire nuove capacità e modernizzare quelle esistenti come produzione, trasporto e distribuzione, spiegano i fattori decisionali romeni.

    Dal punto di vista geografico, la Romania si trova in una zona dell’UE che potrebbe essere attraversata da parecchie rotte di trasporto. In tal senso, è stato promosso il progetto BRUA, il cui percorso è a nostro vantaggio, dobbiamo solamente fare degli sforzi affinchè il gasdotto non sia di semplice passaggio per la Romania, ma porti anche profitto al Paese, ha precisato il ministro dell’Energia. Il gasdotto europeo BRUA dovrebbe essere lungo 1318 km e offrire una migliore interconnessione tra i Paesi attraversati – Bulgaria, Romania, Ungheria e Austria, nonchè sostenere il mercato dell’energia, permettendo nuove connessioni con i grossi progetti di infrastruttura, come gli hub del gas dell’Europa centrale e i futuri impianti produttivi offshore nel Mar Nero. Inoltre, il progetto è concepito per assicurare una migliore integrazione ai mercati europei del gas e aumentare la sicurezza dei rifornimenti.

  • Una proposta controversa

    Una proposta controversa

    Ci troviamo davanti a grandi sfide, in un mondo in cambiamento e i mutamenti avvengono ogni giorno, a velocità vertiginosa. Questo lo spunto dei fattori decisionali di Bruxelles nell’ideare il bilancio comunitario per l’esercizio 2021-2027. Un budget presentato come pragmatico e moderno, per un’Unione che protegge, capacita e difende. Questa proposta è una risposta onesta alla realtà attuale, quando viene auspicato un ruolo più importante dell’Europa nella sicurezza e nella stabilità in un mondo in cambiamento, in un momento in cui la Brexit lascierà un vuoto considerevole nel bilancio dell’Unione, ritengono le autorità di Bruxelles. La risposta a questa doppia sfida include tagli di spese e l’individuazione di nuove risorse.

    In un’iniziativa senza precedenti, la Commissione Europea ha proposto anche l’accesso ritretto ai fondi comunitari per i Paesi membri che violano lo stato di diritto. La Commissione Europea propone il consolidamento della connessione tra il bilancio comunitario e il rispetto dello stato di diritto. L’osservanza dei criteri dello stato di diritto è un’esigenza preliminare e indispensabile per una gestione finanziaria corretta e per un’implementazione efficiente del budget. Perciò, proponiamo un meccanismo che proteggerà il bilancio da rischi finanziari legati alle mancanze generalizzate sul rispetto dello stato di diritto. Questo meccanismo costituisce una regola generale, non punta contro certi stati membri, però è una parte importante nell’architettura del nuovo budget europeo, ha detto il presidente della CE, Jean-Claude Juncker.

    Eppure, la Polonia e l’Ungheria si sentono prese nel mirino. Non accetteremo dei meccanismi arbitrari in grado di rendere la gestione dei fondi uno strumento di pressione politica su richiesta, è subito venuta la reazione di Varsavia. Per la Polonia, è stata sollecitata l’attivazione dell’articolo 7 del Trattato UE. Per l’Ungheria ancora no, però le deviazioni dallo stato di diritto sono già state constatate dalla Commissione Europea. L’attivazione equivale alla sospensione del diritto di voto per il rispettivo stato.

    Simili vincoli non quantificabili non sono possibili. Si rischiano dei processi alle intenzioni e atteggiamenti partigiani a favore di altri stati. A nostro avviso, su questo argomento sarà sollecitato chiaramente un parere giuridico, forse si arriverà persino alla Corte Europea di Giustizia, ritiene l’eurodeputata romena Norica Nicolai, scettica che la proposta della Commissione venisse attuata.

    E’ solamente una proposta. Una proposta che sicuramente non verrà convalidata, poichè l’attuale forma del Trattato di Lisbona non consente questa cosa, priva di supporto legale. Certo, capisco la Commissione Europea che si trova in crisi e sta cercando di individuare dei fondi per colmare la perdita che rimarrà nel budget dopo l’uscita della Gran Bretagna. Sicuramente, questo aspetto e qualche altro in più che riguardano la politica di coesione e la politica agricola comune non sono bene accolti. Ad esempio, la Francia ha grandi obiezioni in materia di politica agricola comune. Sicuramente altri stati, come la Polonia e l’Ungheria, hanno annunciato di non accettare questo vincolo. Di conseguenza, ci troviamo davanti a una proposta che sarà dibattuta nei mesi prossimi. Comunque, a Bruxelles si dibatte se la Commissione in carica sia in grado di prendere delle decisioni relative alla politica e alle azioni della successiva Commissione, ha spiegato Norica Nicolai.

    Invece, l’analista politico Adrian Zabava è del parere che il tema non sia estraneo al dibattito elettorale a livello europeo, dal momento che l’anno prossimo si terranno le elezioni per l’Europarlamento. Sono sicuro che le cose non sono arrivate a caso nel programma di Bruxelles. E sono altrettanto sicuro, come risulta in questo momento, che questo sarà uno dei temi – chiave di volta delle europee dell’anno prossimo, in quanto Bruxelles vuole beneficiare dell’anno elettorale per risolvere una volta per sempre le cose riguardanti le sviste – chiamiamole così – di alcuni membri dell’UE in materia di stato di diritto, ha detto l’analista.

    Per ognuno di noi, è importante capire che lo stato di diritto non è una semplice formalità, bensì uno stato d’anima. Esso consiste nella giustizia basata sul riconoscimento e la piena accettazione del valore supremo dei diritti dell’uomo, delle istituzioni forti e della tolleranza zero nei confronti della corruzione, ha valutato, a sua volta, il capo dello stato romeno, Klaus Iohannis. A suo avviso, in questo momento l’Europa sta al bivio e si confronta con crisi interne ed esterne senza precedenti.

    La storia della costruzione europea ci ha mostrato ripetutamente che la nostra forza consiste in unità, solidarietà, coesione e in una visione del futuro ambiziosa e innovativa. Questi principi e valori-guida stanno alla base del progetto europeo. La Romania considera che essi vanno riconfermati come fondamento del suo sviluppo futuro, per il nostro beneficio comune, ha detto ancora Klaus Iohannis, valutando che l’UE resta un progetto indispensabile.