Category: Il futuro inizia oggi

  • Economia digitale e diritti dei consumatori

    Economia digitale e diritti dei consumatori

    Lo scorso anno, il commercio online in Romania ha visto la più spettacolare crescita nell’UE, anche se non è riuscito a raggiungere il giro d’affari degli altri Paesi comunitari. La spiegazione è semplice: questo tipo di commercio sta guadagnando terreno grazie ai prezzi più bassi e al risparmio di tempo. I meglio venduti su internet sono gli elettrodomestici e i prodotti IT, seguiti da vestiti, articoli per i bambini e industria automobilistica, spiegano gli imprenditori che hanno scelto questo tipo di affari. L’online ha democratizzato il commercio, spiega Florinel Chis, direttore esecutivo dell’Associazione Romena dei negozi online, in riferimento ai vantaggi del sistema.

    La tecnologia consente l’accesso a milioni di prodotti grazie a un dispositivo connesso all’internet. Non siamo condizionati da uno spostamento fuori casa o nella più vicina città. Possiamo ordinare online qualsiasi prodotto che ci viene consegnato a casa, anche se abitiamo negli ambienti rurali. Da questo punto di vista, la tecnologia migliora la nostra vita quotidiana. Per quanto riguarda l’aspetto educativo, c’è tutt’una serie di iniziative private destinate sia ai giovani, che già dalla scuola hanno a che fare con la tecnologia, che agli adulti, spiega Florinel Chis.

    I vantaggi sono, però, accompagnati anche da certe vulnerabilità, soprattutto in materia di diritti dei consumatori. E non solo per quanto riguarda il commercio online, ma anche per l’economia digitale. Come tutela dei consumatori, l’economia digitale o il mercato unico digitale, che la Commissione Europea ha portato in discussione sin dal 2015, significa armonizzare la legislazione comunitaria con un minimo di legislazione generale in tutti gli stati membri. Se partiamo dal 69% degli europei che si connettono all’internet per mettersi in contatto con gli amici, per vedere un film, per ascoltare musica e, ovviamente, per acquisti online, questo numero ci fa venire in mente l’idea che i diritti dei consumatori nell’ambiente digitale vanno rispettati ed evidenziati molto meglio. Negli ultimi due anni, la Commissione Europea ha portato un valore aggiunto alla tutela dei consumatori tramite alcune regolamentazioni, dice Irina Chiritoiu, direttrice del Centro europeo dei consumatori di Romania.

    Gli studi condotti dall’Ufficio romeno per l’audit Transmedia indicano che, nel 2017, 3 milioni di cittadini degli ambienti urbani, cioè un terzo della popolazione delle città, hanno fatto degli acquisti online. Questa cifra rappresenta oltre la metà degli utenti internet dell’ambiente urbano in Romania. I dati rilevano inoltre che un quarto degli utenti internet fanno degli acquisti online. Anzi, il 26% dichiara di farlo almeno una volta ogni tre mesi. Come profilo, gli acquirenti online sono persone giovani, in età di fino ai 45 anni, istruite, che vivono nelle grandi città, imprenditori o persone che ricoprono cariche dirigenziali e hanno redditi superiori alla media.

    Florinel Chis spiega quali sono le priorità per consolidare il commercio online nel Paese. Per portare avanti lo sviluppo del commercio online in Romania, serve l’accesso all’internet per una percentuale maggiore della popolazione. Successivamente, per poter ordinare online, serve l’infrastruttura digitale. Questa crescita va appoggiata anche dalla legislazione. In questo momento, le direttive e i regolamenti sono trasposti. Però, allo stesso tempo, nella legislazione nazionale permangono certe normative anteriori all’ingresso della Romania nell’UE, che vanno armonizzate. Inoltre, esiste un’applicazione differenziata tra le istituzioni dello stato sugli stessi temi: se un’autorità interpreta un certo aspetto in un certo modo, un’altra autorità, invece, la vede diversamente, cosicchè queste cose vanno armonizzate, conclude Florinel Chis.

    Però ci sono anche dei timori. Stando all’Ufficio romeno di audit Transmedia, la metà dei romeni che fanno acquisti online temono, in primo luogo, la sicurezza dei dati personali. Cambierà la situazione con l’entrata in vigore del nuovo regolamento europeo sulla privacy? Tutte le istituzioni e le compagnie che hanno a che fare col trattamento dei dati personali devono rispettare il nuovo regolamento dell’Unione Europea (GDPR – General Data Protection Regulation) entro il 25 maggio, rischiando, altrimenti, multe di fino ai 20 milioni di euro. Il Regolamento è volto a raffozare la privacy degli individui che, nella relazione con vari operatori di dati, possono sollecitare la modifica, l’aggiornamento o la cancellazione di certe informazioni, per poter controllare la propria privacy.

  • Check in al Congresso

    Check in al Congresso

    Mark Zuckerberg è andato davanti ai congressisti americani per difendere la rete sociale Facebook, coinvolta nel noto scandalo di manipolazione e dirottamento di dati personali. Ha detto di non opporsi ad una forma di regolamentazione dell’internet, che consdiera inevitabile, data la sua crescente importanza nel mondo. Inoltre, Zuckerberg si è scusato pubblicamente per non aver protetto abbastanza i dati personali degli utenti.

    Facebook è una compagnia idealista e ottimista. Lungo buona parte della nostra esistenza, siamo puntati sul lato benefico della connessione tra la gente. Di recente, abbiamo visto che il movimento #metoo e La marcia per le nostre vite sono nate, in buona parte, su Facebook. Dopo l’uragano Harvey, la gente ha raccolto oltre 20 milioni di dollari per le vittime. E più di 70 milioni di piccole imprese usano in questo momento Facebook per svilupparsi e creare nuovi posti di lavoro. Però, ora è chiaro che non abbiamo fatto abbastanza per prevenire l’uso di questo strumento anche per fare del male. Mi riferisco alla diffusione di notizie false, al coinvolgimento delle forze straniere in elezioni, a discorsi basati sull’odio, nonchè alla confidenzialità dei dati. Non siamo stati consapevoli dell’enorme responsabilità che abbiamo ed è stato un grosso errore. Un errore che è stato mio e mi dispiace, ha detto Zuckerberg.

    La sua audizione al Congresso ha fatto seguito allo scandalo Cambridge Analytica, la compagnia americana che ha raccolto i dati di decine di milioni di utenti Facebook, che avrebbe utilizzato per capire la loro psicologia e influenzare il loro voto a favore di Donald Trump o nel caso Brexit. Dovremo rivalutare tutti gli aspetti del nostro rapporto con gli utenti e assicurarci di essere all’altezza della responsabilità che abbiamo, ha aggiunto il fondatore di Facebook davanti ai congressisti.

    Non basta assicurarci solamente di mettere la gente in contatto, dobbiamo anche assicurarci che queste connessioni sono positive. Non basta offrire alla gente una piattaforma in cui farsi sentire la voce, ma dobbiamo assicurarci che la gente non si avvale di questa opportunità per fare del male o disinformare. Non basta dare alla gente controllo sui propri dati, dobbiamo anche assicurarci che i programmatori che ne beneficiano le proteggono a loro volta, ha aggiunto Zuckerberg.

    Tra gli utenti le cui informazioni sono state utilizzate illegalmente ci sono anche dei romeni. Ospite a Radio Romania, Bogdan Botezatu, esperto di minacce informatiche presso BitDefender, ha fatto riferimento ai pericoli connessi all’accesso ai dati personali nell’ambiente online e alla vicenda di Cambridge Analytica.

    In questo momento, i dati e le informazioni sugli utenti sono il nuovo petrolio. Qualsiasi compagnia che si rispetta raccoglie quello che chiama telemetria, aggrega delle informazioni, acquista informazioni da altre compagnie e le mette insieme. Ciò accade, al solito, per ragioni finanziarie, cioè qualsiasi compagnia che ha accesso a simili informazioni tenterà di monetizzarle attraverso la pubblicità. Parliamo di vari prodotti. Quello che è diverso in Facebook è il fatto che in questo momento ci sono stati venduti presidenti, candidati politici e, forse, messaggi di uscire dall’Unione Europea. L’unica differenza è questa: non ci sono stati venduti dei prodotti, bensì dei candidati politici, ha spiegato Bogdan Botezatu.

    In questo modo, sono stati raccolti i dati di circa 100.000 romeni. Che siano i romeni più vulnerabili o più resistenti? Credo che a questo tipo di manipolazione siamo altrettanto esposti come qualsiasi altro Paese e popolazione con accesso alla tecnologia. La situazione è stata riferita per tante volte, anche se da noi è stato utilizzato il temine di fake news. Il fatto che anche i romeni hanno installato l’app di Cambridge Analytica indica un certo interesse qui, poichè su internet possiamo segmentare la popolazione cui ci rivolgiamo. All’inizio di questo studio, gli utenti sono stati pagati con un dollaro per installare la rispettiva app e partecipare al sondaggio. Quindi, Cambridge Analytica ha trovato qualche centinaio o forse migliaio di persone di Romania desiderose di rispondere allo studio e ha pagato a tale meta. Quindi, probabilmente anche qui c’è un interesse. Hanno voluto raccogliere informazioni anche sui romeni, fare un po’ il loro profilo psicologico, magari per l’eventualità in cui avrebbero un partner d’affari in Romania, personaggi politici od organizzazioni o chiuque avrebbe voluto svolgere una campagnia con Cambridge Analytica, ha detto ancora Bogdan Botezatu, aggiungendo che, purtroppo, non è possibile creare un soft in grado di rendere l’utente opaco a simili app.

  • Piano d’azione sulla mobilità militare

    Piano d’azione sulla mobilità militare

    Secondo l’impegno
    assunto dal presidente Jean-Claude Juncker sulla costruzione di un’autentica
    unione della difesa entro il 2025, la Commissione Europea e l’Alto
    Rappresentante per gli Affari esteri e la politica di
    sicurezza
    , Federica Mogherini, hanno presentato a fine marzo un piano di
    azione finalizzato a migliorare la mobilità militare all’interno e al di fuori
    dei confini comunitari. Facilitare la circolazione delle truppe e dei mezzi
    militari è essenziale per la sicurezza dei cittadini europei e per costruire
    un’Unione più efficace, integrata e con una migliore capacità di intervento,
    spiegano le autorità di Bruxelles. Il documento individua delle misure volte a
    rimuovere le barriere fisiche, procedurali o normative, e la stretta
    collaborazione con gli stati membri è ritenuta essenziale per la sua
    applicazione. Il piano di azione si basa sulla road map relativa alla mobilità
    militare, elaborata all’interno dell’Agenzia europea per la difesa.






    Migliorare la
    mobilità militare è uno dei passi pratici verso un’unione della difesa entro il
    2025. In secondo luogo, dobbiamo essere capaci di dispiegare delle truppe
    rapidamente, ovunque fossimo, svolgere queste operazioni anche all’estero.
    Sicuramente, a tale meta, serve l’infrastruttura adeguata. L’UE si confronta
    ancora con una serie di ostacoli fisici, procedurali e legislativi, che
    impediscono la mobilità militare e proprio per questo oggi siamo qui, ha
    spiegato la commissaria UE per i Trasporti, Violeta Bulc, aggiungendo che è
    difficile anticipare quanto accade nella politica internazionale, però
    all’interno dell’UE servono un approccio comune in materia di difesa e un
    ottimo coordinamento delle attività.






    Promuovere la pace
    e garantire la sicurezza dei nostri cittadini sono le massime priorità dell’UE,
    ha dichiarato, da parte sua, l’Alto Rappresentante per gli Affari esteri e la
    politica di sicurezza e vicepresidente della Commissione, Federica Mogherini.
    La facilitazione della mobilità militare all’interno dell’UE ci consentirà di
    agire con maggiore efficacia nella prevenzione delle crisi, nello svolgimento
    delle nostre missioni e intervenire più velocemente quando appaiono dei
    problemi. In questo modo, compiremo un passo in avanti verso l’approfondimento
    della nostra cooperazione all’interno dell’UE, e anche nell’ambito della
    cooperazione strutturata permanente, lanciata ufficialmente di recente, nonchè
    con i nostri partner, a partire dalla NATO.






    Tra le proposte
    della Commissione si annovera anche un’analisi della situazione delle reti
    stradali e ferroviarie dell’Europa, al fine di individuare le rotte adeguate al
    trasporto militare. Una cosa necessaria, spiegano le autorità europee, dal
    momento che molti dei ponti costruiti negli stati membri non sono stati
    progettati per reggere il peso o l’altezza dei veicoli militari
    sovradimensionati. D’altra parte, l’infrastruttura ferroviaria non dispone di
    sufficiente capacità di carico per operazioni militari. Successivamente, verrà
    elaborata una lista di progetti prioritari e sarà stabilito il sostegno
    finanziario necessario. La commissaria UE Violeta Bulc spiega in che cosa
    consiste, praticamente, questo piano.






    Prendiamo delle
    misure su due fronti: in primo luogo, l’infrastruttura di trasporto e, a questo
    punto, il principale obiettivo è quello di adoperare pienamente la rete di
    trasporto a scopo sia civile che militare. Nel passato, le reti di trasporto
    erano adibite principalmente allo spostamento degli eserciti. Oggi, però, si punta
    sull’utilizzo civile. Certamente, la pianificazione comune delle necessità e
    l’infrastruttura adeguata sono cose logiche e ci aiuteranno a ottimizzare gli
    investimenti. Il piano è questo. Innanzittutto, entro l’estate, gli stati
    membri sono invitati a mettersi d’accordo su una lista dettagliata di necessità
    ed esigenze militari. In secondo luogo, faremo un paragone tra questa lista,
    l’infrastruttura di trasporto e i requisiti tecnici che copriranno l’intera
    rete e tutti i mezzi di trasporto. In base a questi elementi, il terzo passo
    consisterà nell’elaborazione di una lista prioritaria di progetti sul dual-use.
    Tutti questi elementi saranno attuati entro il 2019, ha spiegato Violeta Bulc.







    Il secondo aspetto su
    cui si deve lavorare riguarda le regolamentazioni e le procedure, ha detto
    ancora la commissaria UE. Si tratta di formalità doganali e IVA, formalità sul
    trasporto di merci pericolose nel settore militare, sui trasporti
    transfrontalieri e aspetti come il contrasto alle minacce ibride. Praticamente,
    si tratta di allineare i provvedimenti nazionali, semplificare le procedure per
    ridurre il peso amministrativo e ridurre i costi, trattandosi di cose che
    portano a ritardi e ostacolano la mobilità militare. Bruxelles ritiene che,
    migliorando la mobilità militare, l’UE può diventare più efficace nel prevenire
    le crisi e più rapida nell’intervenire quando appaiono delle sfide.

  • Piani di rilancio per la TAROM

    Dopo 10 anni di disavanzo, la compagnia di bandiera romena TAROM si prefigge di ridiventare il più importante operatore aereo sul mercato del Paese. Fondata nel 1954, la compagnia è subordinata al Ministero dei Trasporti. Però, a partire dal 2007, è entrata in un declino attribuito a vari motivi – dall’organico sovradimensionato ai guasti tecnici di alcuni aerei, dalla cancellazione di certi voli alla concorrenza dei low cost, dalla maniera inefficace di vendere i biglietti fino ai costi di manutenzione e riparazioni per ogni singolo aereo superiori del 40% rispetto a qualsiasi altra compagnia in Europa. I calcoli indicano che solo lo scorso anno la TAROM ha registrato perdite di circa 40 milioni di euro, nonostante la notevole crescita del traffico sugli aeroporti di Romania. Ad esempio, nel 2017, circa 13 milioni di passeggeri hanno transitato l’Aeroporto Bucarest Henri Coanda (Otopeni). Anche i ripetuti cambiamenti dirigenziali vi hanno lasciato l’impronta. Solo nel 2017, alla direzione della TAROM si sono succeduti cinque manager.

    L’ultimo, Wolff Werner-Wilhelm, sostiene che l’attuale dirigenza è riuscita, comunque, lo scorso anno, a ridurre le spese di 12,7 milioni di lei (circa 2,7 milioni di euro), ottimizzando l’attività. Secondo me, in primo luogo, sono stati commessi molti errori di management. In secondo, non è stato possibile implementare entro le scadenze prestabilite i progetti che i vari manager hanno voluto mettere in pratica. Stiamo valutando circa 2.000 contratti firmati dai primi anni ’90 ad oggi. Secondo me, non si tratta di contratti performanti o adatti a noi, ma hanno una destinazione diversa. Sono sovracarichi nei costi e il controvalore è praticamente irreale. Ad esempio, per assicurare personale navigante e destinato a mansioni a terra, lo scorso anno è stato firmato un contratto di 1,7 milioni di dollari. Ebbene, nell’Europa occidentale, lo stesso contratto si aggira sui 300.000 euro, spiega Wolff Werner-Wilhelm.

    Al momento in pieno processo di rivalutazione e riorganizzazione, la TAROM contempla grandi piani, e il bilancio di previsione per il 2018 indica che potrebbe concludere il corrente anno con profitto. Stanziati anche i fondi destinati agli investimenti. Il programma governativo per il periodo 2018-2020, varato a fine gennaio con l’insediamento della nuova squadra esecutiva, prevede il rinnovo urgente della flotta della TAROM tramite l’acquisto in leasing di 27 aerei moderni e nuovi voli verso gli Stati Uniti o la Cina. Si tratta di misure volte a spingere la TAROM dalla terza alla prima posizione nella graduatoria del mercato in Romania. Quale tasso di occupazione dei posti passeggeri si propone la compagnia di raggiungere?

    Per ridiventare redditizia, dovrebbe raggiungere l’80-85%. Lo scorso anno abbiamo registrato il 65%. Comunque, vi faccio sapere che non ci saranno più dei voli inaugurati e finanziati dalla TAROM e, per motivi inspiegabili, cancellati a nostro scapito e ripresi dalla concorrenza, che aveva già una rotta arrivata al punto di portare direttamente profitto alla rispettiva compagnia. Dobbiamo mirare all’80-85%, per poter diventare concorrenziali. Già abbiamo registrato delle crescite per i primi due mesi, che, dal mio punto di vista, indicano una tendenza positiva. Dovremo ricollocarci sul mercato come compagnia sicura, poichè tanti ne hanno fatto uso per distruggere l’immagine della TAROM. Per noi, la sicurezza è al primo posto, ha aggiunto il direttore Wolff Werner-Wilhelm.

    A suo avviso, funzioniamo secondo regole non più attuali e incapaci di offrirci la possibilità di raggiungere performance come nel settore privato, in cui, se hai visto l’opportunità, hai reagito subito, non sono più necessari chissà quanti procedimenti per dimostrare che praticamente sei trasparente, però in realtà hai le mani legate e puoi fare qualcosa solo entro un certo lasso di tempo, quando l’opportunità è già sfuggita. Non so, forse esiste una variante di riorganizzarci anche da questo punto di vista, aggiunge il direttore della compagnia di bandiera romena. Da giugno 2010, la TAROM ha aderito all’Alleanza SkyTeam, un fatto che il direttore Wolff Werner-Wilhelm non definisce come negativo. Purtroppo, alla firma del contratto, per la parte romena non sono stati previsti i vantaggi di un’alleanza. E tale fatto deve cambiare, altrimenti la TAROM non ha motivi per rimanervi, ritiene ancora Wolff Werner-Wilhelm.

  • Romania, hub per tecnologia e tecnica militare?

    Romania, hub per tecnologia e tecnica militare?

    Per la Romania, l’ultimo anno ha segnato i più importanti acquisti militari, contratti firmati o annunciati, nel contesto in cui la dotazione del suo esercito è prioritaria sia per la difesa nazionale che per la correlazione con le esigenze della NATO. Il Ministero della Difesa romeno sta svolgendo programmi importanti di riarmo per tutte le categorie: veicoli blindati, missili, corvette, armi d’assalto ed elicotteri. Per il secondo anno di seguito, Bucarest stanzia, nel 2018, il 2% del Pil alla difesa, decisione in sintonia con gli impegni assunti dalla Romania come membro dell’Alleanza Nord-Atlantica a sostegno della sicurezza nazionale e con particolare riguardo all’interesse nazionale. Per di più, il governo di Bucarest auspica che la Romania diventi un hub in materia di tecnologia e tecnica militare nella regione.

    Quanto è valida questa idea? L’analista militare Radu Tudor parla dei punti di forza della Romania. Abbiamo un enorme potenziale, altrimenti non avremmo esportato armamento per un valore di 10 miliardi di dollari dal 1979 al 1989. Quindi, sotto questo profilo, potremmo riportare in discussione l’enorme potenziale, rallentato piano piano negli ultimi 27 anni, direi fino ad una capacità estremamente ridotta. E’ ovvio che possiamo negoziare la nostra posizione. Siamo un Paese accogliente, rispettoso, siamo tolleranti, vogliamo raggiungere performance economiche, siamo molto rilevanti dal punto di vista strategico. Quindi, abbiamo numerosi vantaggi, spiega l’analista, sottolineando quanto sia importante capire che questa opportunità va valorizzata e va valorizzata proprio ora.

    I fattori decisionali di Bucarest contemplano l’idea di applicare la legge sugli offset, promossa 15 anni fa, però poco utilizzata. Ciò presuppone acquisti di tecniche moderne da combattimento e, in contemporanea, sostegno dell’economia romena, coinvolgendo le imprese del Paese nella produzione di questa tecnica. Poichè, spiega il ministro della Difesa, Mihai Fifor, il governo romeno non è uscito a fare la spesa con i soldi dello stato, ma vuole trasferimento di tecnologie e rilancio dell’industria della difesa romena. Questa industria di difesa va rilanciata, per poter diventare, tramite investimenti costanti, un hub regionale della produzione di armamento. Uno dei grossi programmi di dotazione dell’esercito romeno riguarda i veicoli blindati 8X8, che verranno prodotti dall’Azienda Meccanica di Bucarest. Molti Paesi della regione sono interessati a diventare clienti di questa azienda, il che altro non può fare che renderci contenti, ha detto il ministro.

    La Romania potrebbe diventare persino un produttore ed esportatore importante di armamento moderno nella zona, sostiene Mihai Fifor, ricordando anche altri grandi programmi di dotazione dell’esercito. Il ministro ha valutato che la prima corvetta multiruolo prodotta in Romania dovrebbe essere pronta entro tre anni e, sempre su un cantiere del Paese, potrebbero essere costruiti anche tre sottomarini militari. Anche l’analista Radu Tudor ha portato alcuni esempi.

    Attualmente, la Aerostar Bacau, probabilmente la più performante compagnia privata nel campo dell’industria della difesa, ha la chance di diventare leader regionale grazie a due contratti svolti dal Ministero della Difesa nell’ambito di questo grande programma di dotazione. Il primo riguarda il programma di acquisti di caccia F16. Il secondo interessa il sistema di missili Patriot. Per entrambi i programmi, la Aerostar è guardata dai nostri alleati americani come la più valida compagnia per eseguire i lavori di manutenzione per ambo le categorie di armi, i caccia e i sistemi missilistici. Orbene, da questo punto di vista, ci rendiamo conto cosa potrebbero significare simili contratti per una compagnia privata romena. Quindi, un enorme passo in avanti. In secondo luogo, i veicoli trasporto truppe Piranha potrebbero essere assemblati a Bucarest e capisco che questo fatto sia stipulato anche dal contratto, il che potrebbe far rinascere l’Azienda Meccanica di Bucarest, la cui attività, negli ultimi 20 anni, reggeva su alcuni contratti minori. Per questa impresa, la prospettiva di essere inclusa in un grosso programma di dotazione equivale alla salvezza, forse anche personale in più. Il terzo esempio è quello di Ploiesti, dove un’impresa privata sarà coinvolta in un altro programma di dotazione di missili. Quindi, sono numerosi gli esempi che possiamo dare, ha spiegato Radu Tudor.

    L’analista aggiunge, però, che per la Romania è molto importante che la maggior parte di questi programmi di dotazione e contratti sia accompagnata da arrangiamenti di tipo offset – un’enorme chance, che presuppone anche rinnovare le tecnologie nell’industria di difesa. Si tratta sia degli offset diretti, cioè un contributo della Romania che consiste in componenti per la realizzazione del prodotto di base importato dall’esercito, che di offset indiretti, tramite cui i prodotti manifatturati a livello superiore in Romania sono acquistati dal Paese che produce la rispettiva tecnica militare, e Bucarest beneficia in questo modo di risorse finanziarie per pagare il contratto di base.

  • Progetti per i romeni all’estero

    Progetti per i romeni all’estero

    I milioni di romeni che vivono all’estero devono sapere che la Romania non li ha dimenticati. Dobbiamo individuare le modalità per tenerli connessi alle nostre realtà e, soprattutto, impegnati nello sviluppo della società romena: è l’obiettivo dichiarato del ministro per i Romeni nel Mondo, Natalia Intotero. I programmi del Ministero vanno adattati alle esigenze di ogni singola comunità, spiega la signora Intotero. A suo avviso, conservare e affermare l’identità di lingua, cultura e tradizioni sono priorità del dicastero che dirige.

    Dobbiamo convincere 10 milioni di romeni che vivono all’estero che la Romania non li ha dimenticati e in questo modo aiutarli a non dimenticare la Romania. Dobbiamo offrire ai romeni all’estero la chance di capire e coltivare gli elementi della nostra identità culturale, spirituale, e rispettare le tradizioni romene, diventare autentici ambasciatori del popolo romeno nei Paesi in cui vivono. Per sostenere e promuovere i romeni all’estero serve la solidarietà di tutti i romeni del Paese e il reale impegno di ognuno di noi, ha spiegato il ministro.

    Per anni interi, la Romania ha perso gente brava, ricorda la Intotero, parlando nel contempo delle decisioni prese dai vari ministeri e dei progetti a sostegno dei romeni. Tra queste misure si annovera il considerevole incremento salariale nei settori Sanità e Istruzione, a partire dal 1 marzo, volto a fermare l’esodo dei medici e degli infermieri verso l’Occidente e ad attirare ottimi insegnanti nelle scuole.

    Un’altra iniziativa è il progetto di finanziamento Diaspora Start-Up, che offre ai romeni che rientrano nel Paese fondi europei di fino ai 38.000 euro, in seguito ad un concorso di piani d’affari che dovrebbe svolgersi nell’estate del corrente anno. Nel corso di una conferenza dedicata ai connazionali che vivono all’estero, il ministro Intotero ha presentato alcuni programmi a loro destinati nel 2018, nel Centenario della Grande Unità. Natalia Intotero ha fatto riferimento, tra l’altro, all’elaborazione di un’Enciclopedia dei romeni del mondo, la fondazione di una Casa dei romeni del mondo a Bucarest, finalizzata a identificare, conservare ed esaminare i vari documenti e materiali provenienti dalle zone extrafrontaliere abitate dai romeni, la promozione di libri romeni in 100 biblioteche loro all’estero e la continuazione del programma di gemellaggio tra località di Romania e della confinante Moldova.

    Intervenendo alla conferenza I romeni del mondo, realtà e aspirazioni, l’accademico Eugen Simion ha sottolineato che l’unità dei romeni, ovunque si trovassero, avviene anche attraverso la cultura. I romeni all’estero sono un elemento importantissimo. Non vorrei che fossero solo un elemento di strumentalizzazione politica. Sono un fattore culturale, una cultura che dobbiamo rivendicare ed esaminare in maniera obiettiva. E’ con la cultura che abbiamo compiuto la nostra unità e, infatti, aveva ragione Eugène Ionesco quando scriveva che nella vita ci sono tante cose che ci separano, però un’unica cosa è in grado di tenerci uniti, e quella è la cultura. La cultura romena. Quindi, attenti alla cultura!, ha detto l’accademico Eugen Simion.

    Intanto, il ministro Natalia Intotero ha precisato che, a partire da quest’anno, l’Università di Bucarest organizzerà dei corsi di master per i romeni all’estero, mentre agli studenti e ai ricercatori meritevoli verranno assegnate 15 borse Nicolae Iorga. I bambini e gli adolescenti potranno partecipare ad un concorso intitolato 100 saggi per 100 anni, i cui vincitori saranno premiati il 31 agosto prossimo, quando viene celebrata la Giornata della lingua romena. Intanto, il 16 maggio verrà festeggiata la Giornata del costume popolare. Per l’occasione, nelle comunità dei connazionali all’estero in seno alle quali sono attivi e riconosciuti degli ensemble folcloristici, verranno distribuiti dei costumi popolari.

    Per di più, circa 3000 alunni e studenti universitari romeni all’estero dovrebbero riunirsi nei campi estivi ArcCentenar. Un altro progetto, intitolato I campioni dello sport romeno, che dovrebbe svolgersi in partenariato con il Ministero della Gioventù e dello Sport, è destinato sempre ai connazionali romeni all’estero e alle comunità romene storiche, con la partecipazione di grandi campioni. 100 per il Centenario è un altro progetto che si propone di individuare 10 personalità in ciascuna di 10 comunità romene all’estero, che verranno premiate e promosse in un calendario delle personalità.

    Per conferire una maggiore visibilità alle campagne di informazione, è stata concepita una brochure, sia stampata che elettronica, con notizie utili da tutte le istituzioni competenti nel campo delle relazioni con i romeni all’estero. Il materiale informativo, destinato ai connazionali che vogliono andare all’estero, a coloro che vivono in altri Paesi, ma anche a chi vuole rientrare in Patria, presenta le opportunità e i programmi di reinserimento e reintegrazione professionale offerti dal Governo di Bucarest.

  • Meccanismi dell’economia romena

    Meccanismi dell’economia romena

    Nel 2017, l’economia romena ha registrato una crescita del 7% rispetto al 2016, la maggiore degli ultimi nove anni, come riferisce l’Istituto Nazionale di Statistica. Sotto questo profilo, la cifra colloca la Romania in testa alla graduatoria europea. Però alcuni analisti sono scettici e ricordano che, da una parte, questo ritmo di crescita si basa su un consumo alto, e dall’altra, che la crescita economica non equivale sempre allo sviluppo. Il principale motore della crescita si è basato sul consumo della popolazione, stimolato dagli sgravi fiscali e dagli incrementi salariali. Gli investimenti pubblici sono in calo per il secondo anno consecutivo, ha ammonito di recente anche la Commissione Europea, anticipando un rallentamento al 4,5% quest’anno e al 4% nel 2019. Le cifre sono incluse nelle Previsioni economiche intermedie d’inverno pubblicate dalla CE e sono simili a quelle della più recente analisi condotta dalla Banca Mondiale.

    Ospite di un programma a Radio Romania, il portavoce della Banca Centrale romena, Dan Suciu, ha spiegato che, infatti, se guardiamo attentamente, ci accorgiamo che la crescita deriva fondamentalmente dal consumo. E’ vero che c’è stato un anno record di produzione industriale, il che rappresenta l’aspetto positivo. Però, in realtà, il consumo ha avuto la prevalenza e ha portato a questa evoluzione dei prezzi, ad esempio, poichè la domanda alta spinge anche i prezzi verso l’alto, è una legge dell’economia che non possiamo mai contrastare. Però, le mie affermazioni non sono una critica agli incrementi salariali, non si tratta di questo aspetto, ma di una constatazione e un’esortazione a reagire. Va bene che abbiamo aumentato gli stipendi, però bisogna vedere anche cosa c’è da fare per incentivare anche la produttività, per prevenire queste crescite artificiali. Dobbiamo vedere cosa c’è da fare affinchè l’economia romena abbia più motori di crescita, poichè il potenziale di crescita esiste, non solo dal consumo e dalla produzione industriale. Deve crescere anche grazie agli investimenti pubblici e a tanti altri elementi disponibili per questa economia, non valorizzati, però, sufficientemente. Abbiamo contato su un unico motore o su un motore e mezzo. Orbene, ciò non basta, ha detto Dan Suciu.

    Il fatto che il principale motore di crescita è stato spinto dal consumo si è riflettuto negativamente sul deficit commerciale, salito del 30% nel 2017, ha sottolineato anche il governatore della Banca Centrale, Mugur Isarescu, intervenendo alla presentazione del più recente rapporto sull’inflazione. Tra i problemi strutturali affrontati dall’economia, oltre all’aumento del deficit commerciale, Mugur Isarescu ha spiegato che la riconquista del mercato interno sarebbe più importante della crescita delle esportazioni, portando come esempio l’industria agroalimentare. L’analista finanziario Aurelian Dochia spiega: E’ chiaro che, per quanto riguarda il fabbisogno di consumo dei romeni, certi settori economici non corrispondono e non rispondono in maniera soddisfacente alla domanda. Ovviamente, il miglior esempio è quello dell’industria agroalimentare, che ha potenziale produttivo. Un esempio fatto dal governatore stesso è quello della produzione di frutta, principalmente di mele. Purtroppo, nonostante le grandi superfici coperte dai frutteti nel Paese e la capacità di produzione, questa frutta non arriva mai nei supermercati, in buona parte a causa di una scarsa organizzazione dei produttori, ha spiegato l’analista finanziario.

    Un altro problema strutturale sottolineato da Mugur Isarescu riguarda le tensioni che si stanno accumulando e le carenze sul mercato occupazionale. Quali sono le conseguenze di questa situazione? Risponde sempre l’analista Aurelian Dochia. Ultimamente, abbiamo assistito a tensioni crescenti sul mercato occupazionale, a causa del fatto che la domanda delle imprese non è più in grado di essere soddisfatta, come numeri, ma soprattutto come struttura, il che, evidentemente, ha effetti negativi sia sui costi della manodopera che sulla struttura produttiva. Non possiamo pretendere di sviluppare l’economia nei settori ad alto valore aggiunto, come quelli della produzione industriale o il terziario, in mancanza di una manodopera adeguata. Se non risolviamo questo problema, rischiamo di essere condannati nel rimanere in una zona della produzione economica a valore aggiunto basso, il che significa per tutti noi un livello di sviluppo e un reddito pro capite insufficienti per raggiungere almeno la media dell’UE, ha concluso Aurelian Dochia.

    Nel secondo semestre dello scorso anno, la Romania ha registrato uno dei più veloci tassi di crescita inflazionistica in Europa. In soli sei mesi, è salita dallo 0,9 al 3,3%, ha ricordato, d’altra parte, il governatore della Banca Centrale, Mugur Isarescu.

  • La Moldova, quanto è vicina all’UE?

    La Moldova, quanto è vicina all’UE?

    Le relazioni tra la Moldova e l’Unione Europea sono state lanciate formalmente con l’Accordo di Cooperazione e Partenariato, firmato a novembre 1994 ed entrato in vigore quattro anni più tardi. Successivamente, l’avvicinamento è stato segnato dall’inclusione della Moldova nella Politica di vicinato dell’UE nel 2004. Due anni piu’ tardi, lo stato che confina con la Romania è stato accolto come membro a pieno titolo del Processo di Cooperazione nell’Europa del sud-est. Da maggio 2009, Chisinau partecipa anche all’iniziativa del Partenariato Orientale. Seguendo i passi regolari, la Moldova ha firmato l’Accordo di associazione con Bruxelles, la cui entrata in vigore è stata sancita dai 28 ministri degli Esteri dell’Unione Europea a settembre 2014. Attualmente, la relazione tra Bruxelles e Chisinau si sta consolidando, con la graduale integrazione economica, parallelamente ad un’approfondita cooperazione politica. In altre parole, beneficiando del sostegno di Bruxelles in questo iter, il governo filo-occidentale di Chisinau resta impegnato, attraverso tutte le sue azioni, all’obiettivo chiaro di integrazione del Paese.

    Ospite a Radio Romania, il docente universitario Stefan Popescu si dice piuttosto scettico sul fatto che questa meta sia raggiungibile a breve. Con le truppe russe nella Transnistria, c’è qualcuno a illudersi che la Moldova entrerà a far parte dell’Unione Europea? Sicuramente, le riforme vanno attuate, poichè la Moldova si sta spopolando sempre di più, in un ritmo più veloce rispetto alla Romania, e rischia, in primo luogo, di diventare uno stato fallito. Ha bisogno di investimenti, però purtroppo, per uno stato oligarchico, è molto difficile acquisire la fiducia degli investitori. Sotto questo profilo, la Romania ha una grande responsabilità e sarei molto contento se un numero sempre maggiore di imprese romene passassero il fiume Prut. Però anche le autorità di Chisinau devono facilitare questo passaggio, ha spiegato Stefan Popescu.

    La situazione nella regione separatista russofona della Transnistria, situata nell’est della Moldova, resta sensibile e comporta implicazioni. La Federazione Russa si è impegnata a ritirare le truppe e gli equipaggiamenti militari dalla Moldova sin dal vertice di Istanbul del 1999, ma finora ha portato via solo una parte dell’armamento pesante. Lo scorso anno, le truppe dispiegate in Transnistria hanno effettuato oltre 200 esercitazioni militari, e altre più di 20 dall’inizio del 2018.

    Il direttore del Centro per la Prevenzione dei Conflitti, Iulian Chifu, spiega la situazione in questo territorio. Nella zona separatista esistono due categorie di forze: quelle cosiddette dei pacificatori, anche se nessuno ha mai sollecitato alla Federazione Russa di partecipare ad alcun formato per il mantenimento della pace, però sta lì con queste truppe, forze del Gruppo operativo delle truppe russe. E sono esistite le truppe della 14/a Armata dell’Esercito russo che, formalmente, si sarebbe ritirata dalla regione, secondo gli impegni assunti ad Istanbul nel 1999. Quindi, si tratta di due categorie di truppe, cui si aggiunge una terza – una categoria paramilitare del cosiddetto regime separatista, che conta circa 10-12.000 persone generalmente provenienti dall’esercito russo e che hanno messo sù famiglie e si sono stabilite nella regione. Quindi, parliamo di tre categorie di truppe. Il problema è che quelle per il mantenimento della pace, i cosiddetti pacificatori, effettuano delle esercitazioni offensive insieme alle truppe separatiste e alle truppe russe del Gruppo operativo. Ed è questo il grosso problema, poichè, praticamente, con simili esercitazioni, la Federazione Russa rinuncia al suo statuto di indipendenza, di – chiamiamolo – non impegno nel conflitto, spiega Iulian Chifu.

    Tra l’altro, le esercitazioni militari svolte dalle truppe russe dispiegate nella regione della Transnistria hanno avuto come obiettivo il contrasto al terrorismo e l’addestramento dei militari, secondo i comunicati stampa pubblicati sul sito del Ministero della Difesa di Mosca. La diplomazia di Chisinau considera, però, queste esercitazioni come una minaccia diretta e brutale contro la sovranità e l’integrità territoriale della Moldova.

    Il commentatore Vlad Turcanu, ex consigliere presidenziale a Chisinau, dice che in realtà, le autorità di Chisinau non possono impedire lo svolgimento di esercitazioni militari ostili e preoccupanti come quelle condotte regolarmente negli ultimi mesi sulla riva sinistra del fiume Dniester. Per questo motivo, gli esperti per la sicurezza sono estremamente allarmati, anche se la rispettiva percezione non si verifica anche all’interno della società, ritiene Vlad Turcanu. A Bucarest, le cose sono chiare: l’obiettivo strategico della Romania nelle relazioni con la Moldova (ex sovietica, a maggioranza romenofona), resta l’integrazione europea dello stato confinante, l’unica opzione in grado di portare prosperità, sicurezza e libertà, a prescindere da età, etnia, lingua parlata o confessione religiosa.

  • Il fenomeno delle fake news

    Il fenomeno delle fake news

    Presente soprattutto nell’ambiente online, il fenomeno delle fake news è dilagato negli ultimi anni, particolarmente nei media e sulle reti sociali. Fornite come informazioni relative a una vicenda reale, le cosiddette notizie false possono includere traduzioni alternative, notizie inventate o quasi reali, in altre parole manipolazioni credibili. Per contrastare il fenomeno, la Commissione Europea ha costituito di recente un gruppo di esperti. Tra i 39 membri – specialisti IT, mass-media, ambienti accademici, rappresentanti delle reti sociali Facebook e Twitter, nonchè del gigante Google – si annovera anche la docente universitaria romena Alina Bargaoanu, preside della Facoltà di Comunicazione e Relazioni Pubbliche della Scuola Nazionale di Studi Politici e Amministrativi di Bucarest. La professoressa ha spiegato cosa si intende generalmente per fake news. Quel mix tra cose palesemente false e cose vere. Quindi, si tratta di notizie parzialmente vere o parzialmente false. Però, al di là di questo aspetto, il fenomeno di cui si occupa il gruppo di esperti è molto più ampio. Si tratta di autentiche malformazioni dell’ecosistema informazionale, di quello che io ho cominciato a chiamare il nuovo disordine informazionale. Parliamo di un registro molto più ampio di manifestazione computazionale, fabbriche di like, algoritmi che generano contenuto, camere dell’eco, disinformazione. Quindi il senso di manifestarsi è molto molto più ampio delle notizie false, dice la professoressa.

    A questo punto, la Commissione Europea ha lanciato una consultazione pubblica su Internet, aperta fino al 23 febbraio, per raccogliere dati sul fenomeno. Sono chiamati ad esprimere il parere sia i cittadini, che le organizzazioni e i giornalisti. Il contesto del dibattito sulle fake news va inserito in un quadro più ampio. Un quadro che include, da una parte, la neutralità dell’internet, la proposta della Commissione Europea sui diritti d’autore su internet e la protezione dei link su internet, nonchè tutte le altre azioni della Commissione Europea che regolano l’internet, tra cui il regolamento generale sulla protezione dei dati personali – un regolamento molto importante che verrà applicato dal 25 maggio 2018, spiega Daniel Mihai Sandru, docente di giurisprudenza all’Università di Bucarest, spiega, aggiungendo che la Commissione Europea proporrà delle azioni legislative nel settore, probabilmente alla fine del corrente anno o l’anno prossimo.

    Le fake news sono destinate alla manipolazione dell’opinione pubblica, tentando di cambiare il parere su un certo esponente politico, ad esempio, a influenzare il voto o a creare una corrente diffamatoria oppure di presentare in modo tendenzioso una certa azione in una luce sfavorevole. Il voto sulla Brexit nell’estate del 2016 e le elezioni negli Stati Uniti qualche mese più tardi sono due situazioni che hanno alzato il livello d’allerta in questa direzione. Le agenzie stampa hanno riferito che gli accertamenti condotti da reputate istituzioni media hanno dimostrato il coinvolgimento, persino finanziario, di cittadini russi e di organizzazioni, alcune finanziate direttamente dallo stato russo, i cui dipendenti – i cosiddetti troll – conducono campagne sulle reti sociali e diffondono informazioni manipolate. Nel corso di una recente audizione al Parlamento Europeo, il commissario per l’Unione della sicurezza, Julian King, ha d’altronde accusato la Russia di diffondere deliberatamente informazioni false per destabilizzare il blocco comunitario, di cui Mosca non ne fa un segreto.

    La dottrina militare ufficiale della Russia, ma anche le dichiarazioni di alcuni generali russi di alto grado, considerano l’uso delle informazioni false e della propaganda destinata alla destabilizzazione come mezzi legittimi, un altro tipo di forza armata, ha precisato Julian King, portando in discussione il modo in cui la Commissione guarda al fenomeno delle fake news.

    La disinformazione deliberata aumenta la posta in gioco, sia per la libertà di espressione che per le democrazie funzionali. Per le autorità pubbliche di tutti i livelli la sfida è quella di individuare delle modalità concrete per combattere la disinformazione senza avere un effetto negativo sulla libertà di espressione. La Commissione sta esaminando cosa sarebbe da fare per occuparsi della sfida della propaganda ostile delle notizie false e della disinformazione online, tenendo sempre presente che serve equilibrio tra il contrasto alla disinformazione e il rispetto dei valori democratici, in particolare la libertà di espressione, ha dichiarato il commissario UE.

    La disponibilità di ciascuno per lo sforzo intelettuale, per la lettura, è in realtà la chiave della risposta se una notizia è vera o falsa, è del parere il docente universitario romeno Marius Vacarelu, specialista di scienze amministrative e geopolitica, poichè, anche se una personea ti vuole mentire, se tu sei un conoscitore del rispettivo campo, allora non potrai essere mentito. E’ solo una questione di istruzione.

  • La cultura e il Centenario della Grande Unità

    La cultura e il Centenario della Grande Unità

    Istituita nel 2010 come Festa della Cultura Nazionale, la data del 15 gennaio, giorno di nascita del poeta Mihai Eminescu, è stata celebrata quest’anno in sintonia con i simboli del Centenario della Grande Unità. Numerosi gli eventi celebrativi nel Paese e all’estero, ma anche i dibatitti sui problemi affrontati dalla cultura in Romania. Ospite a Radio Romania, il prof. Alin Ciupala dell’Università di Bucarest ha spiegato a cosa serve una Giornata della Cultura Nazionale.

    Ci vuole una giornata per ricordare la cultura nazionale, l’essere romeni, però io credo che, al di là del momento in sè, conta molto di più quello che facciamo per la cultura romena oggi. Che ce ne siamo accorti o meno, che abbiamo avuto un merito o meno, siamo entrati in una nuova tappa della nostra storia, chiamiamola postnazionale, dovuta all’integrazione della Romania nell’Unione Europea. Ciò non significa, però, dimenticare chi siamo. L’Unione non ci vuole come cittadini del nulla, per adoperare un’espressione in voga. Ci vuole lì come romeni e non solo come europei. In che misura riusciamo a fare qualcosa di concreto per mantenere questa identità nazionale, nella situazione in cui viviamo, comunque, in un’epoca globale, in cui tutto circola, i valori arrivano in Romania da tutto il mondo, non solo i generi alimentari. E credo che, in primo luogo, si tratta di un problema nostro, spiega il prof. Ciupala.

    La cultura romena è un sistema delicatissimo, che riesce ad adattarsi, nonostante le politiche pubbliche più o meno ispirate, aggiunge il prof. Ciupala. La nostra cultura è particolarmente preziosa e importante, presente anche all’estero, senza aver nulla a che fare con le politiche culturali della Romania: si tratta di una cultura romena autentica che non è sovvenzionata dal governo, a prescindere da chi ne tenesse le redini. La globalizzazione è un processo in pieno sviluppo, che non possiamo evitare, però ogni singolo Paese ha la propria cultura, storia e civiltà cui non deve rinunciare.

    Le tradizioni vanno conservate e portate avanti poichè, se vanno perdute, rinunciamo all’identità nazionale, ha dichiarato d’altra parte l’accademico Eugen Simion, il quale vorrebbe un maggior impegno dai politici. Non ho visto nemmeno un unico partito che venisse a dire che la cultura è un elemento essenziale dell’identità nazionale. Che ne facciamo di essa? Dobbiamo avere una politica della nostra cultura, un progetto Paese, come si dice. La cultura romena è compito dei romeni, di coloro che gestiscono questo Paese, dei politici in primo luogo. Purtroppo, loro la ignorano, ha detto Eugen Simion.

    L’identità culturale nazionale non sarà emarginata con la continuazione del percorso europeo della Romania, ha rilevato nel messaggio trasmesso in occasione della Giornata della Cultura il capo dello stato Klaus Iohannis, tirando allo stesso tempo un segnale d’allarme.

    Un terzo dei romeni non legge nemmeno un libro all’anno. Il nostro Paese è rimasto senza sale da cinema, e la lingua romena è la vittima di servizio del discorso pubblico. Nell’anniversario del Centenario, la Romania deve porsi come meta anche una maggiore unità attorno alla propria cultura. I grandi progetti culturali bilaterali che segneranno il 2018 e il 2019, come anche la Presidenza di turno dell’UE, rappresentano buone opportunità per impegnarci su una simile strada. Il compito non è facile, e la loro attuazione dimostrerebbe la capacità della Romania di arrecare attraverso la cultura un valore aggiunto al progetto europeo, ha dichiarato Klaus Iohannis.

    L’Accademia Romena ha festeggiato la Giornata della Cultura Nazionale con il convegno intitolato La cultura romena in veste celebrativa – il Centenario della Grande Unità, e le rappresentanze dell’Istituto Culturale Romeno all’estero hanno organizzato numerose manifestazioni tra recital di poesie, concerti, mostre, spettacoli di teatro, serate letterarie, proiezioni di film e conferenze. Gli eventi svoltisi in questi giorni segnano sia la Giornata della Cultura Nazionale, che l’avvio di un’ampia serie di progetti dedicati al Centenario della Grande Unità – il processo nell’ambito del quale tutte le province storiche abitate dai romeni si sono unificate nel 1918 entro i confini dello stesso stato nazionale, la Romania.

    Le tappe prelimininari erano state l’Unione dei Principati della Valacchia e della Moldavia nel 1859 e la conquista dell’indipendenza in seguito alla guerra del 1877-1878, sullo sfondo del risveglio nazionale dei romeni nell’Ottocento. L’unificazione della Bessarabia, della Bucovina e della Transilvania al Regno di Romania (il cosiddetto Vecchio Regno) portò alla costituzione della Grande Romania. Fu questa, d’altronde, anche la meta dell’entrata della Romania nella prima Guerra Mondiale al fianco dell’Intesa.

  • Decisione con finale aperto

    Decisione con finale aperto

    Echi clamorosi nel Medio Oriente e non solo, in seguito alla decisione del leader della Casa Bianca di riconoscere Gerusalemme come la capitale d’Israele. A seguire – una riunione d’urgenza del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, scontri nei territori palestinesi, proteste in più Paesi musulmani. Nel tentativo di ottenere anche l’appoggio dell’UE, il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha fatto anche un torneo in Europa, e ha discusso il tema anche con l’Alto Rappresentante dell’UE per gli Affari esteri, Federica Mogherini.

    Credo che tutti o gran parte dei Paesi europei sposteranno le loro ambasciate a Gerusalemme, la riconosceranno come la capitale dello stato ebraico, e si impegneranno vigorosamente, insieme a noi, nella sicurezza, nella prosperità e nella pace – questo il messaggio rivolto dal leader israeliano ai vertici europei. Un messaggio che ha affrontato, però, la ferma posizione comunitaria, espressa dalla Mogherini: Riteniamo che l’unica soluzione realistica al conflitto tra Israele e Palestina sia quella dei due Stati, con Gerusalemme capitale di entrambi, lo stato d’Israele e lo stato della Palestina. E’ questa la nostra posizione consolidata e continueremo a rispettare l’accordo internazionale su Gerusalemme fino al momento in cui lo status finale della Città Santa sarà stabilito tramite negoziati tra le parti coinvolte.

    La pace in questa zona geopolitica, tra le più sensibili a livello mondiale, è auspicata da tutto il mondo e tale fatto è stato anche sottolineato in tutte le dichiarazioni ufficiali. E’ stato, d’altronde, anche l’argomento invocato dal leader della Casa Bianca, allorquando, ai primi di dicembre, ha fatto il gesto rinviato da tempo dai predecessori, poichè già esisteva una decisione del Congresso americano che riconosceva Gerusalemme come la capitale dello Stato d’Israele, rinviata ogni sei mesi.

    Ospite a Radio Romania, l’analista Iulian Chifu, direttore del Centro per la prevenzione dei conflitti, ha spiegato il contesto nella zona. C’è tutt’una disputa su Gerusalemme stessa, dove esistono elementi simbolici per le tre religioni monoteiste fondamentali. Anche gli arabi palestinesi vorrebbero la propria capitale a Gerusalemme Est, dove si trova anche la Moschea Al-Aqsa. Quindi, il grande problema della divisione della città di Gerusalemme, che sarebbe, nello stesso tempo, una doppia capitale, è stato discusso ed è rimasto fino ad oggi uno degli argomenti pendenti in tutti i processi di pace. Quindi, il gesto è piuttosto simbolico, direi, però si tratta di un simbolismo di fortissimo impatto nel Medio Oriente, e i costi evidentemente si ripercuoteranno, vedremo, ha detto l’analista.

    E’ chiaro che il processo di pace nel Medio Oriente stava segnando il passo, dicono gli analisti, e Donald Trump ha ritenuto questa decisione come l’unica variante per sbloccare la situazione. E’ stata una formula per riassestare tutti i pezzi. Ora, la mia speranza è che Washington abbia contemplato anche la gestione delle conseguenze di un simile cambiamento. Poichè al solito, quando si capovolge la scacchiera, le cose si possono sistemare sia in una variante favorevole, sia, come accade il più delle volte, in una formula che ha un impatto negativo. Non dimentichiamo che la storia dell’apprendista stregone è una questione che potrebbe avere delle ripercussioni anche in questa situazione. Quindi, lascierei per ora le emozioni che probabilmente dureranno, forse, un paio di mesi. Dopo si vedrà se la prossima ondata porterà ad un riassestamento adeguato, se questa zona arabo-palestinese, ma anche il mondo in generale, le grandi potenze, le potenze regionali, potranno assorbire questa realtà. Successivamente, potremo concludere se è stato assolutamente un gesto vantaggioso. A prima vista, credo che si tratti di un oltrepassare di certe linee rosse, che fa saltare in aria la pace nel Medio Oriente, come la conosciamo noi in questo momento, spiega ancora Iulian Chifu.

    D’altra parte, aggiunge l’analista, non ci sono dei precedenti in grado di indicare che un processo di pace sia possibile senza l’impegno di ambo le parti. Un processo di pace unilaterale è raggiunto solo allorquando qualcuno vince assolutamente la situazione sul campo. Orbene, sappiamo molto bene che una simile situazione non è sostenibile. Almeno il Medio Oriente ce l’ha fatto vedere per tantissime volte. Ci sono stati dei momenti in cui uno o l’altro dei combattenti sventolavano le bandiere della vittoria, per confrontarsi successivamente con la realtà sul campo. Per cui, sono una volta in più riservato nel vedere quali saranno le ulteriori mosse, ha concluso Iulian Chifu.

    Non esistono più conflitti lontani e conflitti vicini. Da questo punto di vista, qualsiasi conflitto che mette in pericolo la stabilità, la sicurezza dei nostri cittadini rappresenta una preoccupazione: così il premier Mihai Tudose ha espresso la posizione della Romania, spiegando che Bucarest riconferma il suo impegno accanto ai partner dell’UE, solidali e partner della NATO, per qualsiasi sforzo in grado di portare stabilità e sicurezza nella zona. Per ora, il finale resta aperto.

  • Priorità per la Romania (3)

    Priorità per la Romania (3)

    La relazione Bucarest – Washington e il ruolo della Romania come contributore alla sicurezza sono i temi che concludono la rassegna delle priorità di politica estera del nostro Paese, come presentate dal capo della diplomazia Teodor Melescanu in un’intervista a Radio Romania. L’11 luglio 2017, la Romania e gli Stati Uniti hanno celebrato il 20/o anniversario del Partenariato Strategico, che, come sottolinea il ministro degli Esteri di Bucarest, ha contribuito notevolmente a stimolare e accelerare le riforme interne in Romania, sostenendo anche il processo di adesione della Romania alla NATO.

    Il Partenariato contribuisce inoltre alla definizione del profilo strategico del nostro Paese. Il fatto che la Romania ospita sul suo territorio la struttura di Deveselu, operativa dal 2016, rappresenta un contributo concreto da parte di entrambi i Paesi, la Romania e gli Stati Uniti, alla sicurezza europea. Dal nostro punto di vista, gli USA svolgono un ruolo indiscutibile e insostituibile nella sicurezza della Romania e dell’Europa. Per noi, la relazione transatlantica è fondamentale, sia per l’UE, che per gli Stati Uniti d’America. La Romania è uno dei partner importanti degli USA anche nel contrasto alle minacce globali asimmetriche e in materia di criminalità cibernetica, traffico illegale di qualsiasi tipo e nella lotta al terrorismo. Inoltre, esiste una buona cooperazione con gli USA nello scambio di informazioni, ha spiegato il ministro.

    Allo stesso tempo, il MAE di Bucarest continuerà a far uso di tutte le leve, compresi gli iter politico-diplomatici, presso la Rappresentanza dell’Amministrazione e del Congresso USA affinchè i romeni possano viaggiare senza visti sul territorio statunitense, ha aggiunto Teodor Melescanu. A tale meta, ci siamo impegnati in un dialogo costante a livello tecnico e politico, sia in sede bilaterale con le autorità americane, che trilaterale, insieme alla Commissione Europea, per assicurare la piena reciprocità, al fine di esonerare dai visti i cittadini romeni che viaggiano negli Stati Uniti. A questo punto, voglio menzionare che a giugno la Commissione Europea e gli Stati Uniti hanno adottato una dichiarazione sulla reciprocità dei visti, in cui le parti si impegnano a collaborare per assistere i cinque stati membri dell’UE non ancora inseriti nel programma Visa Waiver, tra cui anche la Romania, al fine di progredire più velocemente nell’adempiere ai requisiti della legislazione americana. Il principale problema non è nè di tipo politico nè diplomatico. Sin dal 2007 abbiamo sviluppato una collaborazione intensa con la parte americana per implementare i nuovi criteri tecnici e di sicurezza. C’è ancora un unico criterio che la parte romena deve ancora risolvere e quello interessa la diminuzione del numero di richieste di visti inoltrate dai cittadini romeni dichiarate non eleggibili. La parte romena ha adempiuto a tutti gli altri criteri che riguardano la sicurezza dei documenti di viaggio, il controllo di frontiera, la migrazione, ha detto il ministro.

    Anche se non ha raggiunto il potenziale massimo, la dimensione economica del Partenariato Strategico si sta consolidando. Ad esempio, tra gennaio e agosto 2017, le esportazioni dagli USA verso la Romania sono aumentate del 33%, mentre quelle dalla Romania verso gli Stati Uniti dell’11%. In riferimento alla lotta contro il terrorismo nell’UE, il capo della diplomazia di Bucarest ha ricordato alcuni degli strumenti volti a contribuire notevolmente a questa minaccia. Innanzitutto, è stata adottata la strategia globale di sicurezza dell’UE, che ha preso lo spunto dall’idea di approfondire il legame tra politica interna ed estera.

    A livello europeo, la Romania sostiene la promozione di misure specifiche per combattere il fenomeno della radicalizzazione online, nonchè l’estremismo violento o il finanziamento del terrorismo, principalmente attraverso lo scambio di informazioni tra gli stati membri. Per fortuna, in Romania fino a questo momento non si verificano manifestazioni di questo fenomeno a livello nazionale, anche se, come ben sapete, quasi tutti gli attacchi terroristici avvenuti in Europa, a partire da quello di Madrid nel 2004 fino a quello di Barcellona la scorsa estate, hanno avuto tra le vititme anche dei cittadini romeni. La mancanza di questa minaccia a casa non significa, però, che la Romania non sia impegnata nella lotta al terrorismo. Da stato membro dell’Unione Europea e della NATO, siamo parte di uno sforzo integrato di combattere il terrorismo, in una lotta onnicomprensiva che colloca il rispetto dei diritti fondamentali alla base di tutte le azioni svolte, ha concluso Teodor Melescanu,

    Il terrorismo e l’estremismo violento hanno evidentemente un carattere transfrontaliero. Perciò, spiega il capo della diplomazia di Bucarest, ci vuole assolutamente l’impegno degli stati partner per combattere questi fenomeni.

  • Priorità per la Romania (2)

    Priorità per la Romania (2)

    In un’ampia intervista rilasciata di recente a Radio Romania, il capo della diplomazia di Bucarest ha evidenziato le priorità di politica estera del Paese. Continuiamo la rassegna con le prospettive dell’ingresso della Romania nell’Area Schengen e le relazioni con la Russia e la confinante Moldova. Nel vicinato orientale siamo interessati ad avere come partner stati solidi dal punto di vista istituzionale, con prospettive di sicurezza e sviluppo scelte liberamente. Ci interessa anche il futuro dei Balcani, in ugual misura una posta in gioco strategica per noi. Auspichiamo che la Romania sia un cardine delle proiezioni strategiche dell’UE e dell’Alleanza in queste regioni di prossimità, spiega il ministro Melescanu.

    In riferimento alle relazioni tra la Romania e l’ex repubblica sovietica, a maggioranza romenofona, della Moldova, il capo della diplomazia di Bucarest ha parlato dell’obiettivo di consolidarle. Abbiamo un pacchetto consistente, direi, di progetti alla nostra attenzione, che hanno come denominatore comune il raccordo della Moldova all’Europa dal punto di vista energetico, dell’infrastruttura, delle istituzioni, ma anche dei valori. Continuiamo a fare massicci investimenti nella modernizzazione della Moldova, nel benessere dei suoi cittadini e a sostenere il suo percorso europeo. A fine settembre abbiamo erogato anche le ultime tranche del prestito di 150 milioni di euro concesso in base ad un accordo sull’assistenza finanziaria rimborsabile tra la Romania e la Moldova, il che ha contribuito molto seriamente alla sua stabilità finanziaria. Nel contempo, ci siamo adoperati continuamente anche per mobilitare l’appoggio dell’UE a favore della Moldova. La Romania ha sostenuto l’approvazione da parte del Parlamento europeo, il 4 luglio, della decisione sulla concessione condizionata di un’assistenza macrofinanziaria per un valore di 100 milioni di euro dall’UE. Però la nostra opzione per l’integrazione europea della Moldova punta in primo luogo sull’idea di portare risposte durevoli alle aspettative di prosperità, sicurezza e stabilità dei suoi cittadini, ha detto il ministro.

    La Romania continuerà ad essere un partner solido nella promozione delle aspirazioni europee della Moldova, ha precisato Teodor Melescanu, ricordando allo stesso tempo che, nel periodo 2009-2015, la Romania ha concesso alla Moldova assistenza per un valore di circa 122 milioni di euro nei settori istruzione, agricoltura, società civile, sanità, consolidamento della capacità amministrativa, buona governance e stato di diritto. In riferimento alle relazioni Bucarest – Mosca, la Romania si pronuncia per rapporti pragmatici e prevedibili, in grado di tener conto degli interessi legittimi di entrambi gli stati e basati sulle norme e i principi generali del diritto internazionale e mutualità, spiega Teodor Melescanu.

    Questa aspirazione non si può, però, concretizzare senza tener conto delle ultime vicende, tra cui l’annessione illegale della Crimea o la situazione nell’est dell’Ucraina. Siamo molto preoccupati dell’ammassamento molto serio di forze armate e armamenti russi al nostro confine orientale. L’Unione Europea ha risposto a questi sviluppi adottando delle sanzioni alle quali il nostro Paese si è associato e che sostiene. Per quanto riguarda la NATO, continuiamo ad appoggiare il doppio approccio promosso al livello alleato nei confronti della Russia, che si basa, da una parte, su difesa e forte deterrenza, e dall’altra sulla disponibilità al dialogo pragmatico, in base alla reciprocità, ha aggiunto il capo della diplomazia di Bucarest.

    Previsto inizialmente per marzo 2011, l’ingresso della Romania nell’Area Schengen non è ancora avvenuto. Adempiamo da tempo a tutti i criteri tecnici necessari, però la mancanza di unanimità a livello politico ci ha impedito di raggiungere questo obiettivo, spiega Teodor Melescanu. Per la Romania, l’ingresso nell’Area Schengen resta un obiettivo politico importante. Allo stesso tempo, dobbiamo riconoscere anche le conseguenze della crisi migratoria del 2015 o degli attacchi terroristici in alcuni stati europei, il che ultimamente ha determinato l’avvio di alcune misure volte a consolidare l’Area Schengen e la sicurezza interna dell’UE. Dal mio punto di vista, una decisione positiva in tal senso aumenterebbe la capacità dell’UE di rispondere meglio alle sfide attuali alla sicurezza, data anche la notevole perizia fornita dalla Romania in questo campo, ha detto ancora il ministro.

    Il ruolo essenziale di Bucarest nell’architettura di sicurezza dell’UE non è solo una nostra visione, ha aggiunto Teodor Melescanu, ma è stato anche riconosciuto e ribadito di recente dalla comunità europea, il che rafforza gli argomenti della Romania sul valore aggiunto certo che può recare da stato membro a pieno titolo dell’Area Schengen.

  • Priorità per la Romania (1)

    Priorità per la Romania (1)

    Per la Romania, seguirà tutt’una serie di anniversari e mandati di massima responsabilità a livello europeo e internazionale, in un mondo estremamente complicato, come forse non lo era da tanto tempo. Lo ha dichiarato il capo della diplomazia di Bucarest, Teodor Melescanu, in un’ampia intervista rilasciata di recente a Radio Romania. Vi presentiamo alcune delle priorità di politica estera di Bucarest, puntando sul decennale di membership comunitaria della Romania. Altri temi, come l’ingresso nell’Area Schengen, le relazioni con gli USA, la Federazione Russa o la Moldova, la posizione di Bucarest nella questione dei rifugiati, gli attacchi terroristici o gli obiettivi economici saranno affrontati prossimamente. Il ministro Teodor Melescanu ha fatto riferimento per primo alle grandi priorità di politica estera della Romania.

    Quest’anno ricorrono il decennale di appartenenza all’Unione Europea e quasi un altro decennio e mezzo di membership NATO. Ci siamo ritrovati nella connessione con la storia più profonda, a proposito delle celebrazioni legate al Novecento, nella nostra collocazione naturale, direi, della famiglia occidentale, europea ed euroatlantica. Dalla posizione di prosperità e sicurezza senza precedenti nella nostra storia, dobbiamo assicurarci, però, di restare in maniera strategica attaccati al centro di questa comunità. Conoscete i nostri obiettivi prioritari: il grande Centenario, la presidenza del Consiglio dell’Unione Europea nel 2019, la candidatura per un seggio non permanente nel Consiglio di Sicurezza dell’ONU alle elezioni che si terranno sempre nel 2019, e l’obiettivo speciale di entrare nell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico. Comincerò con l’Europa, poichè è il continente in cui viviamo. Dal nostro punto di vista, il primissimo compito è quello di svilupparci verso una convergenza e un’integrazione solidamente e durevolmente approfondite. Sono di nostra particolare attenzione i diritti dei cittadini romeni nell’Unione Europea, anche nel contesto della Brexit, l’ingresso nell’Area Schengen, la sicurezza europea nella linea fondamentale interno-esterno, la politica di coesione, la politica agricola comune e l’approfondimento del mercato unico, la fine del Meccanismo di Cooperazione e Verifica, la gestione della migrazione, il contrasto ai cambiamenti climatici, il pilone sociale e tanti altri aspetti, ha detto il ministro.

    Gli interessi europei della Romania non possono essere separati dagli interessi di sicurezza, in prospettiva transatlantica e globale. Oggi, la Romania è non solo un beneficiario della NATO, ma anche un partecipante notevole al processo decisionale e al perseguimento degli obiettivi alleati, sia che si tratti del consolidamento della postura di difesa e deterrenza della NATO sul fianco est, in equilibrio e coerenza tra nord e sud, dell’accoglienza del sistema di difesa antimissile o dei contributi molto seri della Romania in Afghanistan e del sostegno offerto alla sicurezza cibernetica dell’Ucraina, ha aggiunto il ministro degli Esteri romeno.

    In riferimento ai 10 anni trascorsi dall’ingresso della Romania nell’UE, Teodor Melescanu ha valutato che, al livello della società romena, le trasformazioni sono enormi. Questi anni hanno consentito uno sviluppo senza precedenti della Romania da tutti i punti di vista: consolidamento della democrazia, lo sviluppo della capacità istituzionale e amministrativa e soprattutto prosperità economica. I cittadini romeni esercitano oggi i diritti e le libertà associati alla cittadinanza europea. Gli scambi culturali, l’accesso alla rete di sistemi educazionali europei per gli studenti sono solo alcuni esempi che vorrei ricordare. Dal punto di vista economico, il PIL della Romania è quasi raddoppiato in questi 10 anni di appartenenza all’UE, e ciò nelle condizioni in cui l’Unione si è confrontata ultimamente con una crisi economica e finanziaria abbastanza difficile. A 10 anni dall’ingresso, la Romania si propone di sviluppare la sua capacità di utilizzare in una maniera efficace tutti gli strumenti resi disponibili dall’UE per ridurre le differenze di sviluppo tra le varie regioni e assicurare un tenore di vita più alto per tutti i cittadini, ha aggiunto il ministro.

    Dal punto di vista della diplomazia bilaterale, la Romania si propone di impegnarsi su tre assi importanti. La prima – la cooperazione sempre più stretta e strutturata con gli stati dell’UE confinanti, come Bulgaria e Ungheria, ma anche con la Moldova e l’Ucraina. La seconda – consolidare le relazioni con i partner strategici, come la Francia e la Germania, ma anche la Gran Bretagna in vista della Brexit e degli interessi comuni e di sicurezza, la Polonia, la Spagna e l’Italia. La terza asse – approfondire il dialogo bilaterale con gli altri stati membri dell’UE – Slovacchia e R. Ceca, i Paesi del Benelux, gli stati baltici, l’Austria, che avrà la presidenza di turno precedente, la Finlandia e la Croazia come stati partner della Romania nel trio di presidenza, nonchè gli stati candidati e partner dell’UE, ha aggiunto il capo della diplomazia di Bucarest.

  • Moniti dei climatologi

    Moniti dei climatologi

    Presenti alla recente conferenza dell’ONU sul clima a Bonn, che ha riunito 19.000 partecipanti, gli scienziati hanno anticipato un aumento delle emissioni globali di diossido di carbonio nel 2017, per la prima volta negli ultimi quattro anni. La principale causa della crescita, stimata a circa 2 punti percentuali, è l’uso più intensivo del carbone in Cina. D’altra parte, un’altra causa deriva dalla siccità che ha abbassato il livello dei fiumi e, implicitamente, la generazione di idroenergia. Però gli esperti dicono che anche gli Stati Uniti – dove il consumo di carbone è aumentato per la prima volta nel corso di cinque anni in seguito al rincaro del gas naturale, e l’UE hanno fatto fronte difficilmente ai problemi nel 2017 rispetto agli anni precedenti. Questo incremento fa seguito a tre anni di livello costante delle emissioni globali, preceduti da un altro decennio, fino al 2014, in cui le emissioni erano aumentate del 3% all’anno.

    In stretto legame con queste crescite, l’aumento delle temperature lascia, a sua volta, l’impronta. Un rapporto reso pubblico dall’Organizzazione Meteorologica Mondiale in apertura della conferenza di Bonn, indica la probabilità che il 2017 sia uno degli anni segnati dalle più alte temperature della storia. Le statistiche indicano che gli ultimi 10 anni sono stati i più caldi nella storia delle misurazioni scientifiche internazionali, e il numero dei disastri naturali si è quintuplicato rispetto a 40 anni fa. Le cattive notizie mettono sotto pressione la comunità internazionale, tenuta ad adoperarsi congiuntamente per ridurre le emissioni, nel tentativo di limitare i cambiamenti climatici.

    Ospite a Radio Romania, il professor Mircea Dutu, presidente dell’Università Ecologica di Bucarest, ha spiegato cosa si intende per cambiamenti climatici. Si tratterebbe di mutamenti attribuiti direttamente o indirettamente ad un’attività umana che altera la composizione dell’atmosfera a livello globale e che si aggiunge alla variabilità naturale del clima osservato nel corso di periodi paragonabili. Esiste anche la variabilità naturale, il che significa che alcuni mutamenti sono generati dall’evoluzione normale, naturale, ad esempio l’attività solare, quella dei poli e così via. Però, quando parliamo di cambiamenti climatici, teniamo in vista le modifiche provocate dall’attività umana. Ciò significa che, in seguito alle emissioni di gas a effetto serra, come il diossido di carbonio, il metano, i vapori di acqua e così via, l’effetto serra aumenta, come conseguenza dell’inquinamento, un fenomeno naturale e in assenza del quale la superficie della Terra potrebbe avere una temperatura media di 18 gradi centigradi sotto zero, il che renderebbe impossibile la vita sul nostro pianeta. E allora avvengono questi mutamenti climatici, ha spiegato il prof. Dutu.

    L’opinione unanime ritiene indispensabile un piano comune di azione nello sforzo di fermare il riscaldamento globale. E’ facilmente raggiungibile? Direi che non è facile, però delle modalità ce ne sono. Praticamente è assolutamente necessario ridurre le emissioni. A questo punto, si tratta di acquistare tempo, poichè noi abbiamo già modificato il sistema climatico e già stiamo vivendo i cambiamenti. Il 2017 sarà uno dei più caldi anni, probabilmente al terzo posto, e abbiamo tutt’una serie di record non solo nel riscaldamento graduale a livello globale, ma anche nella statistica dei fenomeni estremi. Le intese globali per ridurre le emissioni ci aiutano a comprare tempo, cioè poter adattarci al ritmo in cui riusciamo a tenere le cose sotto controllo. Altrimenti, se il cambiamento si accelererà, con emissioni che superano quanto pianificato, allora non potremmo più tenere il passo con questo mutamento che è comunque velocissimo, se lo paragoniamo a quanto accaduto nel passato geologico della Terra. Praticamente, entro poco più di 200 anni potremmo arrivare a una crescita della temperatura di pochi gradi centigradi, uguale al lasso di tempo tra l’ultimo massimo glaciale e il periodo interglaciale, cioè oltre 10.000 anni. Orbene, ciò indica che siamo usciti dalla scala geologica e dobbiamo ritornare e abbassare le emissioni, spiega Roxana Bojariu, capo sezione Climatologia dell’Amministrazione Nazionale di Meteorologia.

    La buona notizia è che le emissioni hanno raggiunto un tetto negli ultimi anni, il che dimostra che lo sviluppo economico è possibile anche con emissioni più basse. Il problema dei mutamenti climatici si pone anche dal punto di vista dell’impatto sulla salute della gente, aggiunge il prof. Mircea Dutu: Un rapporto pubblicato il 31 ottobre 2017 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità indica che i cambiamenti climatici hanno già un impatto concreto sulla salute. Le ondate di caldo provocano lo stress termico e peggiorano l’insufficienza cardiaca, aumentando allo stesso tempo il rischio di insufficienza renale collegata alla disidratazione. Il documento conclude che i sintomi provocati dalla crescita delle temperature medie e la molteplicazione dei fenomeni meteo estremi sono chiari da parecchi anni, e il loro impatto sulla salute è più grave di quanto si pensasse. La conferenza di Bonn è stata la prima grande riunione su temi climatici dopo l’annuncio del presidente americano Donald Trump sul piano di ritirare gli USA dall’Accordo di Parigi.