Category: La società

  • Digitalizzazione o/e lettura

    Digitalizzazione o/e lettura

    Con la rivoluzione digitale e la diversificazione degli apparecchi digitali, accanto ai benefici e vantaggi sono apparsi anche gli svantaggi. Dalla prospettiva dei genitori e degli educatori, in generale, gli svantaggi interessano i bambini. Sin da una tenera età, essi si abituano a usare il telecomando, il tablet e il cellulare a scapito dei giochi tradizionali e, più tardi, in età scolastica, a scapito della lettura. Diana Mocanu, direttrice della casa editrice Gama di Iași, editrice che punta su progetti educativi, riassume gli svantaggi sullo sviluppo cerebrale dei bambini di una digitalizzazione che avviene troppo presto.



    “Secondo le statistiche a livello europeo, i bambini sotto 5 anni passano in media 3 ore davanti allo schermo, il che è moltissimo. Credo che per un bambino piccolissimo sia importante che sviluppi il suo vocabulario, sviluppi la motricità fine. E i legami neuronali tramite linterazione con oggetti reali, anzichè virtuali. Perciò, per un bambino sotto i 3 anni, è bene che imponiamo delle regole e che lo teniamo a distanza dagli schermi. Man man che cresce, è evidente che il digitale si fa posto nella sua vita. Daltra parte, pero, gli adolescenti devono sviluppare le loro competenze digitali, perchè è questo il futuro. Ma, allo stesso tempo, crediamo che è importante che sviluppino labitudine a leggere e qui spetta a noi, genitori, occupparcene. È importante che siamo accanto ai bambini affinchè li motiviamo a leggere e dare loro dei libri che li aiutino a sviluppare il gusto per la lettura”, ha affermato Diana Mocanu.



    Proprio per aprire il loro appetito per la lettura, leditrice Gama ha lanciato una campagnia intitolata “Il giorno in cui abbiamo tempo”, campagnia dedicata sia ai bambini, che ai genitori, come racconta sempre Diana Mocanu. “La campagnia è iniziata con una serie di dibattiti. Uno si è tenuto nellambito della Fiera del Libro Gaudeamus di Bucarest, e laltro a Iași, città di origine della nostra editrice. Ai dibattiti abbiamo invitato voci note dal mondo del libro e del parenting, ma anche dal mondo virtuale, per avere anche laltra prospettiva. Abbiamo voluto trovare soluzioni valide per i genitori, per essere loro vicini.”




    In questo senso, di grande aiuto sono le collane di libri speciali concepite in tal modo che il genitore possa leggere allo stesso tempo con il bambino. Ciò può aiutare il bambino a leggere più leggermente, senza compiere troppi sforzi.



    “Quando mettiamo a confronto il gadget/lapparecchiatura e il libro, dobbiamo pensare che lequipaggiamento digitale è molto attraente, divertente e, soprattutto, facile da utilizzare. La lettura è, invece, unattività complessa che comporta uno sforzo di parecchi anni. Messi a confronto – il gadget e il libro – sarà il gadget a vincere finchè il bambino non legge con facilità”, ha precisato Diana Mocanu.



    Ma nessuna delle campagnie di questo tipo è efficiente se non si rivolge in concomitanza anche ai genitori per educarli, ritiene il poeta Robert Șerban, uno dei partecipanti ai dibattiti organizzati nellambito della campagnia “Il giorno in cui abbiamo tempo”. Ecco come risponde Robert Șerban alle preoccupazioni sul troppo tempo passato dai figli in compagnia dellapparrecchiatura digitale.



    “Si dimenticano di guardarsi allo specchio. Alcuni si dimenticano di chiudere la tv, quando giungono a casa, di lasciare stare i cellulari e i tablet. Ossia, chiedono ai bambini ciò che loro non possono fare, chiedono ai bambini di fare cose che a loro, genitori, sembrano impossibili. E si sa benissimo che i bambini fanno ciò che vedono fare i loro genitori, che sono i loro modelli. Da anni gli amici con figli mi chiedono cosa fare, che strategie applicare per determinare i figli a leggere. La mia reazione era: “Ma tu cosa fai quando giungi a casa? Cosa fare? Mi siedo sulla poltrona e apro la tv”, “Allora a che cosa ti aspetti da tuo figlio? Tuo figlio vede leggere te o tua moglie/tuo marito?” È questa la spiegazione. Queste campagnie sono importanti, ma affinchè non restino delle semplici teorie o slogan, dovrebbero interessare anche i genitori, non solo i figli. Dal canto suo, Robert Șerban capisce il fascino esercitato da internet e dai giochi elettronici. Daltra parte, sa che la tecnologia digitale può essere uno strumento molto buono per la conoscenza se adoperata adeguatamente”, ha spiegato Robert Serban.



    “Noi non la usiamo come uno strumento, ma ci lasciamo utilizzati da essa. Ci consuma tutto il tempo. Questi apparecchi digitali sono affascinanti e favolosi. Mi chiedo spesso cosa avrei fatto se, come bambino negli anni 1970 – 1980, avessi avuto a portata di mano cose del genere. Sono convinto che sarei stato stregato cosi come sono i miei figli. Ho un figlio di 8 anni e una figlia di 12. Anchio lotto con gli strumenti cui hanno accesso. Cerco di proteggerli e, soprattutto, cerco di dire loro che queste cose sono degli semplici strumenti. Il telefono lo dobbiamo usare solo per parlare, non per guardare tutto il giorno il suo schermo, alla tv guardiamo ogni tanto un film o un notiziario, non tanto da diventarne dipendenti. È la lettura, tuttavia, a formare le persone. Che si legge sullo schermo, su un foglio di carta, su un libro, limportante è che si legga. È stato scientificamente dimostrato che la lettura sviluppa il sistema nervoso, sviluppa il cervello, aiuta alla concentrazione e a sviluppare limmaginazione”, ha concluso Robert Serban.



    La campagna delleditrice Gama si è conclusa con una giornata in cui genitori e figli hanno messo da parte lapparecchiatura IT, il laptop, i tabelt, i cellulari – e hanno chiuso la tv per essere più vicini ai loro cari, in compagnia di un libro, di un gioco o facendo una passeggiata.




  • La Romania, nel Rapporto della Commissione Europea sull’Istruzione

    La Romania, nel Rapporto della Commissione Europea sull’Istruzione

    Il sistema dinsegnamento romeno resta privo di performance, senza riuscire a raggiungere i target che si era proposto per il 2020 per una scuola di qualità. Lo rileva lOsservatorio dellIstruzione e della Formazione pubblicato dalla Commissione Europea questautunno. Con un sistema scolastico obsoleto, in cui gli allievi non hanno nè il piacere, nè la motivazione di imparare, con insegnanti scarsamente retribuiti, con un divario tra le zone urbane e quelle rurali che permane, la Romania non ha compiuto progressi significativi, negli ultimi anni, nel settore dellistruzione. Se ci riferiamo agli stanziamenti dal Pil alleducazione, anche se sono in crescita, restano di molto sotto la media dellUe – il 3,7% nel 2016 rispetto alla media Ue del 4,7 del Pil. Nel periodo 2014-2017, la percentuale di giovani che hanno abbandonato la scuola alla fine dellottava classe, della fascia detà 18-24 anni, è stata pari al 18,1%, rispetto ad una media europea del 10,6%, vicina al target del 10% per il 2020. Ma cè anche un abbandono scolastico che non è incluso nelle statistiche – giovani che si iscrivono al liceo, ma vi rinunciano ulteriormente.



    Gli specialisti nellistruzione affermano però che questi obiettivi sono stati stabiliti negli anni 2008-2009 in base alla situazione del rispettivo momento e di una serie di prognosi sul modo in cui il nostro sistema distruzione potrebbe fare dei progressi e che non tutti i Paesi hanno avuto lo stesso punto di partenza, nellanno in cui hanno prefisso i loro obiettivi. Per quanto riguarda il tasso di abbandono scolastico precoce, Ciprian Fartuşnic, direttore dellIstituto di Scienze dellEducazione, ha spiegato che “attualmente, siamo messi molto male per quanto riguarda questo indicatore, perchè nel 2009, abbiamo deciso di prefiggerci un target dell11,3%. Praticamente, fino al 2020 vogliamo raggiungere questo valore. La proiezione si è basata su uno scenario moderato, perchè, in quel momento, potevamo raggiungere questo target senza problemi. Solo che è arrivata la crisi economica, le cose non si sono evolute più cosi come ci eravamo auspicati e, attualmente siamo abbastanza lotani da questo target. In questo momento ci collochiamo intorno al 18%. Attualmente, uno su cinque giovani in Romania non riesce a ultimare 10 classi.”



    Per quanto riguarda linsegnamento universitario in Romania, la media di coloro con un titolo di studio universitario resta lontana dalla media europea, con alcune eccezioni, come racconta sempre Ciprian Fartuşnic.



    “Stiamo un po meglio per quanto riguarda lindicatore sul tasso di partecipazione allinsegnamento terziario, alluniversità. E qui cè un certo gruppo di età, che viene preso in calcolo, quello di 30-34 anni, dove siamo molto vicini al target che ci siamo prefissi per il 2020 e siamo uno degli stati che hanno registrato un progresso significativo in questarea rispetto al 2010. Attualmente, linsegnamento terziario è lunico ad avere un livello di finanziamento, almeno percentuale dal budget totale per listruzione, che si avvicina allo stanziamento fatto da altri Paesi Ue. Invece, lincidenza delle spese sul totale delle spese per leducazione nellinsegnamento prescolastico, primario e secondario è molto minore e credo che il principale messaggio dellOsservatorio è la necessità di riconsiderare le misure correnti e di promuovere nuovi programmi di sostegno per la base del sistema di insegnamento rappresentata da questi livelli. Perchè, attualmente, rischiamo di avere una polarizzazione: i bambini che riescono a ultimare gli studi superiori e andare oltre con un master o dottorato e moltissimi bambini (uno su cinque) che non riescono a portare a termine gli studi di base”, ha spiegato Fartuşnic.



    Anche se in Romania, solo il 45% degli allievi supera lesame di maturità, ci sono anche allievi che raggiungono la performance. Annualmente, migliaia di allievi partecipano alle olimpiadi nazionali e internazionali, e alcuni studiano presso le più prestigiose università nel mondo. La stessa scuola produce sia geni, che analfabeti, afferma lo specialista nelleducazione, Ciprian Fartuşnic.



    “Noi, se avessimo un sistema dinsegnamento, come dicono molti “a terra”, non avremmo tanti bambini che fanno fronte facilmente alle esigenze quando vanno a studiare allestero, non avremmo olimpionici, non avremmo un numero cosi alto di bambini che vanno a studiare presso università prestigiose dellEuropa Occidentale per occupare poi posizioni professionali importanti. Invece, il grande problema che abbiamo è che questi rappresentano solo una parte dellintera storia. Abbiamo, invece, moltissimi bambini che giungono ad avere difficoltà reali nellandare di pari passo con le esigenze della scuola e che giungono facilmente a “staccarsi” dal sistema dinsegnamento, abbandonarlo… Il numero dei bambini fuori dal sistema di insegnamento, secondo uno studio realizzato da noi, è di centinaia di migliaia, perciò è molto importante che nel futuro laccento sia messo su misure di prevenzione del fenomeno. Perchè, nel momento in cui un bambino si abitua a non frequentare più la scuola, è difficile riportarlo a scuola. Il sistema scolastico La seconda chance funziona laddove ci sono scuole che hanno un simile programma, solo che, a livello nazionale, la distribuzione dei centri e delle scuole che offrono La seconda chance è molto diversa e vale la pena di lottare moltissimo per la prima chance, affinchè un bambino possa trovare un posto nella scuola in cui raggiungere il suo potenziale, in cui si senta sicuro e incoraggiato. Il più delle volte, le scuole stesse sono una causa dellabbandono scolastico, perchè non riescono ad adattare sufficientemente lofferta educativa, le strategie didattiche alle esigenze cosi diverse dei bambini in aula”, ha detto Fartuşnic.



    Lo studio europeo rileva inoltre che il tasso di impiego nei neolaureati (20-34 anni), nel periodo 2014-2017, è stato del 76% rispetto ad una media europea dell80,2%. Quelli con un titolo di studio universitario sono pari all87,4%, oltre la media Ue dell84,9%.




  • Scuole senza bullismo

    Scuole senza bullismo

    Nelle scuole romene incontriamo sempre più spesso un fenomeno che promuove la violenza tra gli allievi, noto come bullismo. Migliaia di bambini sono molestati, intimiditi e aggrediti a scuola dai propri colleghi, a causa dell’aspetto fisico o dello status sociale. I dati del Ministero dell’Istruzione, per l’anno scolastico 2014-2015, mostrano oltre 18.780 casi di violenza nelle scuole a livello nazionale. Decine di migliaia di appelli sono stati registrati anche dall’Associazione Il Telefono del Bambino, nei quali i bambini si sono lamentati di essere vittime del bullismo a scuola. Il 54% dei bambini non hanno parlato con nessuno dell’abuso cui sono stati sottoposti, il 24% hanno confessato il loro dispiacere agli amici o ai colleghi e solo il 22% hanno parlato con i genitor



    Nel 2016, l’Organizzazione Salvate i bambini ha lanciato il primo studio nazionale sul fenomeno del bullismo nelle scuole romene.



    Solo il 13% dei bambini dell’ambiente scolastico sanno di questo fenomeno del bullismo. Questo è un indicatore che mostra che nelle scuole si svolgono poche attività di prevenzione o di intervento. I dati rilevano inoltre che il 31% dei bambini sono esclusi dal gruppo di allievi, il 29% vivono minacce con percosse e denigrazioni, almeno due volte alla settimana, mentre il 39% vengono feriti, pestati, spinti, sputati. Credo che il fenomeno si possa notare allorquando discutiamo dei bambini che sono testimoni del fenomeno a scuola. Il 73% dei bambini affermano di essere stati testimoni del bullismo. Inoltre, le cose non stanno meglio neanche sui social media. Il 69% dei bambini affermano di aver assistito, almeno una volta, a questo fenomeno su WhatsApp, sui gruppi di colleghi, nell’ultima settimana. Discutiamo quindi di un fenomeno in crescita e ciò succede, soprattutto, a causa del fatto che non esistono programmi di prevenzione nelle scuole ed è anche un indicatore del fatto che nella società romena l’abuso si trova ancora a delle quote estremamente alte », spiega lo psicologo Marius Rusu.



    Gli psicologi sono del parere che il primo fattore che porta ad un simile comportamento sia legato all’ambiente familiare e a ciò che vedono i bambini a casa, nei loro genitori. Gli studi rilevano che 6 su 10 bambini crescono con una forma di violenza fisica o emozionale. Se parliamo dell’ambiente scolastico, gli specialisti affermano che occorrono centri di educazione dei genitori e un servizio di supporto ai bambini e alla famiglia in ciascuna provincia, gli studi scolastici di consulenza psicopedagogica essendo insufficienti. C’è un unico consulente scolastico-psicologo per ogni 800 allievi nel Paese, mentre nella capitale Bucarest c’è un unico consulente scolastico per ogni 1200 allievi.



    Negli ultimi anni, in Romania, si sono svolti campagne, dibattiti e programmi per combattere questo fenomeno. Di recente, l’Organizzazione « Salvate i bambini » ha lanciato il programma pilota « Scuole senza bullismo », che sarà sviluppato quest’anno e i benficiari saranno oltre 5000 allievi dalle 20 scuole selezionate.



    « Noi cerchiamo di implementare nella provincia diDâmboviţa un progetto-pilota con cui avere questo approccio, al fine di formare equipe di insegnanti, un consulente scolastico e un allievo e avere in vista i due aspetti di contrasto di questo fenomeno. Da una parte, il fenomeno di prevenzione con cui cerchiamo di sviluppare le abilità socio-emozionali dei bambini. Sviluppare l’empatia, la compassione dei bambini. Poi vogliamo aumentare il livello di conscientizzazione sui rischi del bullismo, tramite questi programmi di sviluppo di abilità. Inoltre, desideriamo elaborare procedure chiare per la gestione delle situazioni di bullismo e qui si tratta delle formazione dei professori e dei consulenti scolastici che sapranno chiaramente, passo dopo passo, cosa devono fare dal momento in cui una situazione di bullismo è stata segnalata. E la cosa più importante in questo progetto-pilota è che cerchiamo tramite l’implicazione dei bambini nell’equipe di averli come partner nell’elaborazione di strategie e soluzioni per eliminare i comportamenti di bullying », spiega Marius Rusu, psicologo per « Salvate i bambini ».



    Anche l’Associazione dei Bravi Genitori ha sviluppato una campagna di prevenzione del bullismo, l’anno scorso, in collaborazione con Itsy Bitsy FM. Un primo dibattito si è svolto al Palazzo del Parlamento, e vi hanno partecipato oltre 40 rappresentanti del Governo, del Parlamento, delle ong, psicologi ed esperti nella gestione del fenomeno del bullismo.



    Alle tavole rotonde che abbiamo organizzato con tutte le parti interessate l’anno scorso hanno partecipato anche parlamentari. Due hanno visto quanto sia importante questo problema del bullismo e hanno promosso due iniziative legislative che hanno inoltrato, a maggio, al Parlamento. Le rispettive iniziative riguardano l’introduzione nella Legge sull’istruzione e nel Codice del Lavoro dell’equivalenza violenza psicologica – bullismo, accanto alle altre forme di violenza, soprattutto fisica, che conosciamo. Questi progetti legislativi seguono il loro iter nel Parlamento, il più avanzato è il progetto di modifica della Legge sull’istruzione, già passato da tutte le commissioni e che, quest’autunno, sicuramente giungerà alla Camera dei Deputati al voto nella plenaria, al Senato, e avremo una nuova legge sull’istruzione modificata. Punizioni per il bullismo ci saranno, ma l’obiettivo non è quello di avere punizioni. Il nostro obiettivo è che la gente diventi consapevole che la violenza psicologica è molto pericolosa e non farlo più. A tal scopo abbiamo bisogno di campagne molto forti di prevenzione e campagne di istruzione del corpo docenti, per aiutarli a individuare il bullismo e intervenire in modo sano, spiegaNadia Tătaru, co-fondatrice di Itsy Bitsy FM e presidente dell’Associazione dei Bravi Genitori, promotrice della campagna nazionale di prevenzione del bullismo.



    A livello europeo, la Romania si colloca al terzo posto per quanto riguarda il fenomeno del bullismo, in una classifica di 42 Paesi in cui è stato studiato, stando all’Organizzazione Mondiale della Salute.




  • Implicazione civica al femminile

    Implicazione civica al femminile


    In un periodo in cui il senso civico in Romania è sempre più vivo, soprattutto da qualche anno, l’attivismo al femminile non poteva certo essere da meno. L’implicazione civica delle donne è cresciuta, ultimamente, cosi’ come è cresciuto anche lo spirito imprenditoriale delle donne e la loro presenza sulla scena politica. Il mercato editoriale non poteva trascurare questo progresso, come lo dimostra un progetto editoriale dedicato all’argomento, partito nel 2011. Si tratta di tre volumi, coordinati dall’economista e politica Andreea Paul-Vass e pubblicati dall’editrice Polirom, in cui diverse donne raccontano la propria storia di successo nella politica, nell’economia e nell’attivismo civico. Il più recente volume, chiamato La Forza civica delle donne è stato lanciato quest’anno e dimostra che le donne sono maggioritarie nel settore non governativo, come abbiamo appreso da Andreea Paul-Vass.



    Nel 2011, appariva la Forza politica delle donne, con protagoniste da tutti i partiti politici. Nel 2016, veniva pubblicato il secondo volume, La Forza economica delle donne, cui contribuirono imprenditrici assolutamente eccezionali. E, nel 2018, era necessario dare valore al senso civico al femminile. Ogni momento in cui appariva uno dei volumi nello spazio civico, io ero attiva nei rispettivi campi. Perciò, sono stata toccata dalle storie delle altre donne che hanno avuto la bella follia di attivare il loro senso civico. Noi, donne, abbiamo una tendenza innata a riequilibrare le cose, di rendere bella la società, di rimediare alle ingiustizie… Nella società civile, le donne dominano. Sulla mappa degli innovatori sociali, le donne contribuiscono con il 53% all’avvio e alla direzione delle ong. Nel mondo dell’imprenditoria, le cose non stanno altrettanto bene, ma neanche troppo male. Per quanto riguarda la forza economica delle donne, oggi, in Romania, uno su tre imprenditori è donna. Nella politica, la situazione è molto più lontana da quella in campo economico o civico. Quando appariva la Forza politica delle donne, avevamo intorno al 10-11% di donne nel Parlamento. Ecco che, a meno di un decennio dall’apparizione del volume, è raddoppiato il numero delle donne nel Parlamento romeno, ci ha detto Andreea Paul-Vass.



    L’empatia generica della donne può essere una spiegazione per il fatto che sono implicate in molti progetti di aiuto sociale, di coagulazione delle comunità e di coscientizzazione di una serie di problemi medici o ambientali. Ma, nel caso della Romania, c’è un’altra spiegazione, di cui ci parla la giornalista Daniela Palade Teodorescu, capo-redattrice della rivista Carriere.



    Queste donne praticamente, dimostrano che c’è forza civica e ci sono esempi di persone – soprattutto mamme – le quali, anzichè lamentarsi di avere un bambino malato e che lo stato non fa niente, di avere genitori malati, di avere figli con disabilità, hanno semplicemente detto: Sono io il cambiamento. Non ha più senso aspettare qualcosa dal sistema, aspettare che il cambiamento arrivi da sù. Io militerò per i diritti dei miei figli, dei miei genitori e di coloro che soffrono. Infatti, questo libro tratta di ciò che a me piace chiamare il potere della vulnerabilità. Si tratta di donne che, ad un certo punto, si sono trovate in una situazione-limite di vita, l’hanno superata e hanno detto di voler fare qualcosa anche per il prossimo che si trova nella stessa situazione (…) Ci sono molte eroine anonime, donne che hanno lavorato anonimamente in modo immeritato e non capiscono perchè si parli di loro. Considerano che fanno ciò che fanno perchè spinte dalla necessità. Ma il fatto che siano giunte sotto i riflettori ha dato loro un’ulteriore motivazione, hanno avuto la conferma che ciò che fanno è corretto, quindi vanno avanti e continuano il loro lavoro, spiega Daniela Palade Teodorescu.



    Le storie delle 100 donne pubblicate nel libro La forza civica delle donne dimostrano anche la solidarietà femminile. Il valore di una donna è dato anche dal numero delle altre donne che aiuta ad alzarsi, afferma una delle protagoniste del libro.



    Quando uno ha un figlio che soffre di autismo e viene mandato da un medico all’altro, da un ospedale all’altro, quando a quel bambino non viene messa la diagnosi corretta, si dice che non può più continuare a vivere cosi’, che deve fare qualcosa per il figlio: Io, ad un certo punto scomparirò, scomparirò, ma lui in che mondo vivrà? Chi si prenderà cura di lui? Come farà a vivere in modo autonomo? E partendo da ciò, grazie alle reti sociali, riesce a coagulare comunità delle persone con bisogni simili che, dal canto loro, possono avere una forza grandissima, spiega Daniela Palade Teodorescu.



    In generale, il settore non governativo è ben sviluppato in Romania, cosa che, stando ad alcuni esperti, non fa che dimostrare l’inefficienza dello stato in certi settori. Lo stato non si implica troppo nei settori che suscitano di più l’interesse della società e non li finanzia abbastanza, ritiene la femminista Mihaela Miroiu, docente presso la Scuola Nazionale di Studi Politici e Amministrativi (SNSPA).



    Un altro processo che avviene in Romania e che emerge da questo libro riguarda il fatto che un’ong diventa professionale nel tempo. Ciò vuol dire che le persone che vi lavorano diventano esperti sempre migliori nei loro settori di attività. Mentre nella politica, il dilettantismo e l’impostura crescono in modo esponenziale, nel settore apolitico o non governativo è la perizia a crescere in modo esponenziale. Quindi, abbiamo una frattura nella società. La buona notizia è che almeno una parte di questa frattura va bene: l’imprenditoria civica, ha raccontato Mihaela Miroiu a RRI.



    Nel 2017, uno studio sul settore nongovernativo in Romania, realizzato dalla Fondazione per lo Sviluppo della Società Civile, rilevava che solo 42.000 delle 88 mila ong esistenti in Romania erano attive.




  • Le madri minorenni e l’educazione alla salute

    Le madri minorenni e l’educazione alla salute

    Il diventare genitori, uno degli eventi piú importanti della vita di un uomo, dovrebbe essere ed è, il piú delle volte, un momento di gioia. Rappresenta anche una decisione che porta cambiamenti per cui i genitori dovrebbero essere preparati. Non è il caso delle madri adolescenti in Romania, Paese che si trova ad uno dei primi posti nellUe da questo punto di vista. Stando allEurostat, nel 2016, il 14% del totale dei bambini nati da donne alla prima gravidanza hanno avuto madri di età inferiore ai 20 anni. E nel 2015, tutte le statistiche Ue rilevavano che oltre 350 delle donne che avevano partorito quellanno avevano tra 10 e 14 anni, mentre altre circa 12.800 madri tra i 15 e i 19 anni. Dietro questi numeri, si trovano vite deviate dal loro normale sviluppo, alcune segnate dallobbrobrio dal punto di vista della comunità. I casi dei bambini che, dal canto loro, hanno dei bambini hanno impressionato la regista Ozana Nicolau, la quale ha scritto e firmato la regia dello spettacolo teatrale Foreplay, partendo dalle proprie esperienze.



    “Lo spettacolo ha un nucleo molto personale. Si tratta della mia infanzia negli anni 90, passata in un quartiere periferico di Bucarest, dove ho incontrato molti casi di madri adolescenti. Ho conosciuto anche compagne di scuola, anche vicine o amiche del mio palazzo in questa situazione. Le cose avvenivano ogni volta cosi: le ragazze restavano incinte, non avevano il coraggio di dirlo ai genitori, erano solo i colleghi o gli amici a saperlo… E parlo della scuola media, la sesta, la settima e lottava classe, negli anni 1996 – 1998. Ad un certo punto, quando la gravidanza diventava visibile scomparivano da scuola o dai luoghi in cui giocavano. Possono assumere che erano inviate in campagna oppure in una città piú piccola. Ma era una grande vergogna e non era possibile che una ragazza continuasse ad andare a scuola incinta a 13-14 anni. Era inaccettabile.”, ha spiegato Ozana Nicolau.



    Oltre allabbandono scolastico che blocca laccesso delle donne a posti di lavoro decenti, le madri adolescenti sono colpite anche da uno stigma sociale. Per la concezione dello spettacolo Foreplay, Ozana Nicolau ha parlato con oltre 30 donne rimaste incinte. Da alcune ha saputo che il cerchio di amici ritiene che loro abbiano fatto un errore. In questo modo, persino le madri giungono a ritenere il figlio un errore.



    “Invece di godersi, tuttavia, lesperienza della maternità, essa si trasforma in una specie di fardello. Lesperienza di diventare genitore è comunque difficile e piena di sfide. Quando ciò avviene a 14 o 15 anni, quando uno non è ancora definito come persona, la rispettiva persona deve essere responsabile per qualcunaltro, anche se non sa essere responsabile neanche per se stessa. Appare un conflitto interiore e, oltre a ciò, anche la società che ti addita perchè hai fatto un enorme sbaglio”, ha raccontato Ozana Nicolau.



    Un altro fatto appresso dagli artisti implicati nel progetto Foreplay è quello che la situazione delle madri adolescenti non è strettamente legata alle condizioni economiche difficili, essi essendo di tutti i ceti sociali.



    “È qualcosa legato piuttosto al nostro passato. La Romania deve fare ancora i conti con il tabú del sesso, ci riesce ancora difficile parlarne. Leducazione sessuale non avviene nelle scuole, nè a casa. È questo il problema”, spiega Ozana Nicolau.



    Tuttavia, dal 2004 nel sistema dinsegnamento pubblico si insegna un corso opzionale intitolato “Educazione per la Salute”. Il curriculum è disponibile per il ciclo che va dalla prima classe elementare alla XIIesima classe e il corso è impartito da professori di biologia o dagli insegnanti, in seguito ad un programma di formazione mirato. Tra chi ha assicurato questo tipo di formazione si annovera anche long “Giovani per i giovani”. Il corso parte con nozioni di igiene e tutela ambientale giungendo fino a quelle di salute della riproduzione e della famiglia. Tutte queste nozioni sono insegnate a seconda delletà dei bambini, come abbiamo appreso da Adina Manea, direttrice della Fondazione “Giovani per i giovani”. Nellanno scolastico 2014-2015, del totale della popolazione scolastica, circa il 6% ha beneficiato dei corsi “Educazione per la Salute”. Quante scuole romene hanno scelto questa disciplina opzionale lanno scorso ci dice Adina Manea. Per lanno scolastico 2017 – 2018, dai dati forniti dal Ministero dellIstruzione risulta che ci sono oltre 3500 scuole in Romania dove si insegna questa disciplina opzionale. Ciò significa il 6% – 7% degli allievi del sistema pre-universitario. È molto per una disciplina opzionale, ma poco viste le necessità degli allievi di qualsiasi età in Romania.”



    La società civile milita per un piú ampio accesso della popolazione a questo tipo di educazione, ma non necessariamente nella scuola, visto che una parte delle giovani che diventano madri non sono piú arruolate nel sistema nazionale dinsegnamento. Qui appaiono altri aspetti come il tasso di abbandono scolastico prematuro, anchesso alto in Romania. Ciononostante, occorre un accesso universale alleducazione per la salute della riproduzione, ritiene Adina Manea.



    “Si tratta del 10% della popolazione femminile. È moltissimo perchè la gravidanza nelladolescenza è associata ad altri rischi di salute per la madre e il bambino. In un anno scolastico, in media solo due giovani riescono a portare la gravidanza al termine in ciascuna scuola. Ciò che è chiaro è che la scuola le aiuta a ultimare gli studi se lo desiderano. Non cè piú uno stigma associato a questo fenomeno, ma, allo stesso tempo, nè si discute di questo argomento. Nel caso degli amici e dei compagni di scuola, le cose sono diverse da un caso allaltro. Nei casi che abbiamo scoperto noi, come associazione, i figli sono mantenuti e allevati in famiglia. Siccome noi lavoriamo piuttosto nei licei, qui incontriamo adolescenti che hanno sufficienti possibilità materiali per raggiungere questo livello di istruzione e che hanno goduto del sostegno della famiglia”, ha detto a RRI Adina Manea.



    Laiuto della famiglia è molto importante come ha constatato anche la regista Ozana Nicolau. “Se hanno la fortuna di far parte di una famiglia piú equilibrata dal punto di vista emozionale, in grado di capire che stanno attraversando le rispettive ragazze e offrire loro sostegno emozionale, allora le cose si sistemano in circa due anni. Io ho conosciuto un caso di Vaslui di una ragazza (madre adolescente) che ha ultimato gli studi e ha superato lesame di maturità con un voto molto alto, iscrivendosi alluniversità, dove gode anche di una borsa di studio. Quindi, è possibile se la famiglia sostiene la ragazza e il partner le è vicino”, spiega Ozana Nicolau.



    Lo spettacolo Foreplay è stato accolto con emozione dal pubblico. Genitori che, inizialmente, erano venuti da soli allo spettacolo hanno presentato, ulteriormente, lo spettacolo anche ad altri genitori oppure lhanno rivisto accompagnati dai loro figli adolescenti. Foreplay sarà messo in scena nei licei di Bucarest e nelle scuole delle località vicine alle grandi città.




  • La carenza di manodopera in Romania e i lavoratori stranieri

    La carenza di manodopera in Romania e i lavoratori stranieri

    Nel contesto del calo demografico e dellemigrazione di un gran numero di romeni, comera prevedibile, sul mercato del lavoro romeno si è verificato un deficit di manodopera. Il deficit aumentando da un anno allaltro, il nostro Paese è giunto nella situazione di dover importare personale per i posti di lavoro rimasti vacanti, trovandosi attualmente al secondo posto nellUe tra i Paesi con la maggiore domanda di lavoratori extracomunitari, dopo la Repubblica Cecca. La maggioranza dei cittadini stranieri assunti in Romania nel 2018 provengono dal Vietnam (35%), seguito da Turchia, Nepal, Serbia, Sri Lanka, Cina e Moldova. La crisi piú acuta della forza lavoro si fa sentire nei seguenti settori: ristorazione, costruzione di navi e strutture galleggianti, commercio al dettaglio, abbigliamento e calzature ed edilizia residenziale e non residenziale. A caso o no, questi sono, parzialamente, anche i settori in cui lavorano i romeni stabilitisi da anni in vari Paesi Ue e non solo. Questa sarebbe anche una delle spiegazioni del deficit di forza lavoro, oltre alla situazione dellinsegnamento romeno, sottolinea leurodeputata S&D Maria Grapini, imprenditrice romena.



    “Dobbiamo specificare che questa crisi della forza lavoro appare a livello delle mansioni esecutive, delle cariche che non comportano un titolo di studio. Purtroppo, ci si risente della chiusura delle scuole professionali avvenuta anni fa, sebbene nel frattempo il sistema duale dinsegnamento abbia iniziato a funzionare. È stata adottata anche la legge dellapprendistato. Ma non si è ancora giunti al numero di lavoratori richiesto. Le mie compagnie operano nel settore tessile, in cui cè una forte crisi nelle attività per cui cerano classi speciali nelle scuole professionali, come la tessitura e coloratura. Non parlo piú di mestieri come lelettrico, il saldatore, il tornitore ecc.”, afferma Maria Grapini.



    “Importiamo, soprattutto, forza lavoro non qualificata”, affermano anche i rappresentanti delle ditte di consulenza e risorse umane, come Dana Ionescu, la quale precisa che ciò non è per niente conveniente come costo. Dana Ionescu, global mobility manager presso ADECCO Romania.



    “Non è per niente piú conveniente dal punto di vista dei costi portare cittadini stranieri in Romania. Ci sono delle restrizioni per certe categorie di lavoratori per quanto riguarda il salario. Se un romeno può essere assunto con il salario minimo garantito, un cittadino straniero che ottiene il permesso di lavoro va retribuito per legge con il salario medio. Vi si aggiungono i costi delle formalità: la ditta di consulenza, la traduzione dei documenti, le tasse notarili e altre tasse”, spiega Dana Ionescu.



    A prescindere dalle cause della crisi e dai suoi costi, i datori di lavoro romeni vogliono un numero sempre maggiore di lavoratori stranieri, rivolgendosi al governo affinchè rilasci piú permessi di lavoro. La specialista di risorse umane, Dana Ionescu, ci offre piú dettagli.



    “Dai dati centralizzati dallAgenzia Nazionale per lImpiego risulta che dal totale dei posti vacanti registrati nel primo trimestre dellanno, messi a disposizione delle persone in cerca di lavoro e con indennità di disoccupazione, 31.464 sono stati dichiarati ripetutamente dai datori non occupati. Proprio a causa di questo deficit è apparsa la necessità di aumentare considerevolmente da un anno allaltro il contingente di cittadini stranieri che possono essere assunti sul territorio della Romania. Questo contingente viene approvato per decisione governativa allinizio dellanno e viene, strada facendo, modificato, essendo ampliato”, racconta Dana Ionescu.



    Questanno, il contingente approvato dal governo per tipologie di lavoratori neoammessi al mercato del lavoro è cresciuto del 55% rispetto allo stesso periodo del 2017. Inizialmente, per il 2018, questo contingente era stato di 7.000 lavoratori, ad agosto essendo deciso il suo aumento fino ad un numero-record, come racconta sempre Dana Ionescu.



    “Per la categoria di lavoratori permanenti, il contingente è stato raddoppiato da 4.000 a 8.000, e per quelli distaccati il contingente è stato aumentato piú di 4 volte: da 1.200 a 5.200. Resta da vedere se fino alla fine dellanno sarà necessario o meno un altro aumento di questo contingente”, ha detto Dana Ionescu.



    Oltre alle soluzioni della scolarizzazione correlata con le esigenze del mercato del lavoro e dellapplicazione della legge sullapprendistato, si discute anche dellincoraggiamento del ritorno in patria dei romeni che lavorano allestero. Ma, in questo caso, appaiono altri impedimenti, ritiene leurodeputata Maria Grapini.



    “Cè una forte sfiducia. Quando sono andata in Spagna, mi sono incontrata con i rappresentanti dei romeni in quel Paese. Non si fidano della sostenibilità del posto di lavoro. Non hanno sollevato il problema dei salari, bensi dellesistenza a lungo termine del posto di lavoro. Chi è andato via non vuole piú tornare, proprio perchè non ha questa certezza del posto di lavoro. Credo che occorrano delle politiche pubbliche che si concentrino meglio su questo aspetto”, ha detto la Grapini.



    Fino allora, limport di personale è una soluzione sempre piú applicata. La semplificazione della legislazione per portare forza lavoro dallestero è già presa in considerazione. Si considera, inoltre, eliminare il provvedimento sul salario medio garantito, perchè, una volta stabilito il salario minimo dal governo, dovrebbe essere il mercato a decidere il livello salariale dei dipendenti a seconda della qualifica. Resta da vedere se questi intenti si concreteranno tramite leggi. (traduzione di Adina Vasile)




  • “100 cuori per 100 bambini”

    “100 cuori per 100 bambini”

    Un progetto salvavite, implementato in Romania, chiamato 100 cuori per 100
    bambini, si è piazzato al secondo posto alla categoria La scuola rende l’uomo
    UOMO – dedicata ai progetti che sostengono la formazione professionale – alla
    Gala dei Fondi Strutturali 2017. Si tratta di un progetto grazie al quale a
    partire dal 2016 è apparsa una nuova specializzazione per i neolaureati delle
    facoltà di medicina in Romania: la cardiologia pediatrica.




    Da Cristian Grasu, segretario di stato
    presso il Ministero della Salute, abbiamo appreso come collaborano le
    istituzioni dello stato con quelle europee, per mettere in applicazione i
    progetti in campo sanitario.




    Si compiono sforzi importanti, ci sono molti posti in cui abbiamo
    cercato sostegno e finanziamento, e abbiamo goduto ogni volta del sostegno
    della Commissione Europea e ultimamente anche di molto più sostegno rispetto
    alla precedente programmazione finanziaria, il che è visibile. Il progetto 100 cuori per 100 bambini è una prova
    del fatto che si può fare anche in Romania moltissimo con finanziamento europeo
    e questo progetto non è l’unico. Alcuni con moltissimo finanziamento, altri con
    un minore finanziamento, forse anche basati sul volontariato, ma tutti con la
    stessa finalità, di salvare più vite, di curare più malati. Attualmente per la
    Romania l’infrastruttura rappresenta una priorità e rappresenta uno dei
    principali motivi per cui non siamo ancora contenti del livello di qualità dei
    servizi sanitari, ma anche della quantità dei servizi che riceviamo. Abbiamo un
    problema di infrastruttura: l’ultimo ospedale publico costruito in Romania
    risale al 1981, da allora fino ad oggi
    è stato costruito un unico edificio con destinazione sanitaria, a Iaşi. Tutti
    gli altri ospedali risalgono agli anni ’70, alcuni essendo persino monumenti
    storici, spiega Cristian Grasu.




    Il dottore
    Vlad Mixich, giornalista medico, ha segnalato uno dei paradossi con cui si
    confronta il nostro Paese. Una delle cause della mortalità infantile sono le
    malformazioni congenite cardiache, la mortalità infantile essendo quel tipo di
    argomento che in Romania appare almeno una volta all’anno, quando appare una
    statistica e qualche articolo che mostra quanto stia male la Romania. Qui c’è
    però un paradosso: la Romania è un Paese Ue che continua a registrare il più
    alto tasso di mortalità infantile, ma, allo stesso tempo, la riduzione della
    mortalità infantile dal 1990 fino ad oggi è probabilmente – come rilevano i
    dati – uno dei maggiori successi della medicina romena. Perchè il tasso di calo
    della mortalità infantile è uno dei più alti nel mondo. È calato molto
    rapidamente, in brevissimo tempo. Sebbene restiamo fanalino di coda in
    classifica, l’evoluzione è molto buona, le cose migliorano molto più
    rapidamente rispetto a molti altri Paesi che hanno lo stesso problema,
    racconta Vlad Mixich.




    Uno dei motivi di questo miglioramento è
    l’attuazione del progetto 100 cuori per 100 bambini, di cui ci ha parlato il
    docente Grigore Tinică, manager presso l’Istituto di Malattie Cardiovascolari
    Prof. Dr. George I. M. Georgescu di Iaşi, il quale, allorquando si è
    affiancato al progetto europeo sulla salute e che prevedeva specializzazioni
    all’estero per il personale sanitario di tutte le categorie in un settore cosi’
    sensibile come la chirurgia cardiovascolare pediatrica, ha messo come
    condizione per la sua partecipazione al progetto un certo numero di interventi
    sui bambini. Il progetto si è prefisso interventi su 100 bambini, e la cifra è
    stata superata finora.




    In Romania nascono tra 1500 e 2000 bambini con malformazioni
    congenite, circa 800 … 900 bambini andrebbero operati durante il primo anno di
    vita oppure annualmente, e attualmente vengono sottoposti a inteventi
    chirurgici 250 … 300 bambini. Noi abbiamo molti bambini rimasti non operati
    dagli anni precedenti e che raggiungono l’età di 10, 11, 12, e proprio 15 anni,
    alcuni anche adulti con malformazioni congenite che andrebbero operati e quindi
    si tratterebbe di 1000 casi di malformazioni congenite da operare in Romania.
    Abbiamo alcuni centri che fanno interventi chirurgici. È molto più difficile la
    chirurgia cardiovascolare pediatrica rispetto all’altra, perchè un bimbo è un
    altro universo, spiega Grigore Tinică.




    Se il
    Ministero può elaborare politiche, accedere a fondi, cosi’ come fa, infatti,
    può cercare di cambiare mentalità, i progetti sono attuati da quelli in prima
    linea: medici, infermiere, terapeuti, kinetoterapeuti. A questi si aggiungono a
    volte anche rappresentanti della società civile. Un simile esempio è l’Associazione
    Il Cuore dei Bambini, che ha come missione sostenere i bambini con problemi
    di salute, soprattutto quelli con problemi cardiaci, come racconta Alexandru
    Popa, presidente dell’Associazione.




    Abbiamo scelto di sostenere la cardiochirurgia perchè nel 2006,
    allorquando siamo nati, questo era un grande problema, il problema dei bambini
    con problemi cardiaci, che all’epoca erano la principale causa di mortalità
    infantile non accidentale. Le cose sono cambiate un po’, ma non completamente,
    continuano ad esistere moltissimi bambini che muoiono di malattie cardiache,
    perchè non vengono diagnosticati in tempo, non si interviene in tempo, perchè i
    loro genitori non sanno dove andare. Speriamo che ciò cambi. Noi ci siamo
    adoperati ad aiutare allo sviluppo di questi centri, anzichè concnetrarci
    sull’aiutare casi individuali, anche se questi ci chiedono l’aiuto e molte
    volte è molto difficile rifiutarli. Tramite la nostra associazione sono giunti
    oltre 4 milioni di euro nell’nfrasttrutura, soldi che noi abbiamo raccolto
    dalle sponsorizzazioni, dalle donazioni individuali, e sono giunti nel sistema
    sanitario pubblico. Desideriamo continuare, ci ha detto Alexandru Popa.




    Sebbene sia un successo e salvi vite,
    adesso essendo realizzati interventi chirurgici anche su neonati di sole due
    settimane, il fabbisogno non è per niente soddisfatto, perchè, come hanno
    ammesso tutti i nostri interlocutori, un simile progetto, oltre ad essere uno
    molto bello, ha anche delle difficoltà. (traduzione di Adina Vasile)

  • Emigranti dalla Romania e immigrati in Romania

    Emigranti dalla Romania e immigrati in Romania

    Stando ad una serie di statistiche ufficiali, menzionate di recente sulla stampa, dal 2007 al 2017, sono 3,4 milioni i romeni che hanno lasciato la Romania, pari al 17% della popolazione. La maggioranza sono andati via per più di un anno in Paesi che, per loro, hanno di più da offrire dal punto di vista economico. LOsservatore Sociale, progetto sociologico della Fondazione Friedrich Ebert in Romania, ha dettagliato la loro situazione, rilevando che nel 2017 erano poco più di 2,5 milioni di persone, come precisa Victoria Stoiciu, coordonatrice di programmi della fondazione.



    “È una statistica relativa al periodo 2003 – 2017. Daltra parte, indica il numero di romeni stabilitisi allestero per più di un anno, nel 2017, e daltra parte, anche la tendenza di lasciare il Paese, che è in crescita. Questa cifra non copre la migrazione stagionale, ossia non prende in calcolo quei romeni che vanno via per lavorare per 3, 6 o 8 mesi allanno. Questi vanno sia a raccogliere fragole, sia partono nella stagione di intensa attività edilizia. Se agiungiamo anche loro, sicuramente la cifra cresce. Cosi il numero totale di quelli andati via supera 3 milioni, se vi includiamo anche quelli che vanno via per meno di un anno,” ha precisato Victoria Stoiciu.



    Questa situazione rende la Romania paragonabile ad uno dei Paesi che si confrontano con una dura e prolungata guerra civile, il nostro Paese collocandosi subito dopo la Siria nella classifica sulla migrazione.



    “Si piazza seconda dopo la Siria, nel mondo, per quanto riguarda il ritmo di crescita del numero di emigranti. Non si riferisce al numero totale dei migranti, nè alla percentuale della popolazione, bensi al ritmo di crescita. La velocità con cui i romeni hanno lasciato il proprio Paese ci colloca al secondo posto dopo la Siria. Ciò è comunque molto preoccupante, perchè a partire dal 2000, la Romania ha registrato periodi di crescita economica. Dobbiamo, quindi, farci delle domande molto serie sul modello di crescita. Comè risentita e distribuita questa crescita tra la popolazione visto che il ritmo in cui la popolazione lascia la Romania ci piazza al secondo posto dopo un Paese in piena guerra civile?” ha spiegato Victoria Stoiciu.



    Va via, soprattutto, una categoria molto importante per leconomia attuale e futura della Romania: le persone tra i 25 e i 38 anni, che sono pari al 20% del numero totale dei migranti romeni. Vanno via, inoltre, moltissimi lavoratori qualificati, sia mediamente qualificati in settori quali ledilizia, che altamente qualificati, come i medici o gli informatici. In questo contesto, il vuoto lasciato da queste partenze sul mercato del lavoro resta, per ora, scoperto.



    Se cosi stanno le cose con chi lascia la Romania, come stanno con chi viene in Romania? Alla fine del 2017, ad esempio, i dati raccolti dallIspettorato Generale per le Immigrazioni rilevavano che in Romania, cerano intorno a 67.000 stranieri provenienti da stati terzi, ivi incluse le persone che godono di protezione internazionale, ossia i profughi. Tra questi anche circa 800 persone arrivate tramite il meccanismo Ue di relocalizzazione dei rifugiati. Sempre lanno scorso si sono registrate 4.820 domande di asilo politico, una crescita significativa rispetto alla media degli anni scorsi, di circa 1500 domande. Ma chi sono le persone da stati terzi stabilitesi in Romania oppure richiedenti di asilo e perchè scelgono la Romania? In generale, si tratta di uomini che, una volta ottenuto lo status di rifugiato o la protezione internazionale, avviano le procedure di ricongiungimento familiare. Del resto, il ricongiungimento famliare è il motivo per cui molte persone provenienti da Paesi terzi vengono in Romania. Ma cè un altro motivo molto spesso incontrato ultimamente: la paura della persecuzione o della violenza generalizzata nei Paesi di origine. Ci sono però anche stranieri arrivati in Romania per lavoro.



    “Gli stranieri che si trovano in Romania con permesso di lavoro ammontano, attualmente, a circa 5900. Si tratta di cittadini da Paesi terzi. La maggioranza dei permessi di lavoro rilasciati nel 2017 sono stati concessi a cittadini dal Vietnam per lindustria navale. Inoltre, sono stati rilasciati anche a cittadini dalla Turchia, Cina e Serbia. I mestieri più ricercati sul mercato del lavoro in Romnaia e per cui sono stati concessi simili permessi sono quelli di saldatore, fabbro specializzato in costruzioni metalliche e navali e carpentiere restauratore. Principalmente, mestieri che richiedono qualifiche in settori dellindustria navale”, ha raccontato Luciana Lăzărescu, ricercatrice presso il Centro di Ricerca e Documentazione nel campo dellintegrazione degli immigrati.



    Ammettendo che, per molti rifugiati, “la Romania non è ancora un Paese di destinazione, non è altrettanto attraente come altri Paesi dellovest dellEuropa”, Luciana Lăzărescu ci ha parlato anche di un programma governativo di inserimento delle persone con permesso di soggiorno in Romania.



    “Esiste un programma governativo di inserimento sociale e lavorativo rivolto alle persone con protezione internazionale: un set di misure volte a facilitare linclusione degli stranieri nella società, ma anche la loro integrazione sul mercato del lavoro e ladattamento alle nostre usanze e al sistema istituzionale romeno. Il programma include un corso di lingua romena e di orientamento culturale, ed altri servizi offerti da varie ong. Il programma governativo viene applicato. La questione più delicata è il modo in cui le istituzioni implicate in varie parti del programma collaborano e capiscono di assumersi questa responsabilità”, ha spiegato Luciana Lăzărescu.



    Il numero di stranieri con permesso di soggiorno in Romania essendo basso, e le politiche per attrarre di nuovo in patria i romeni mancando, cosa si può fare per sopperire alla manodopera assente?



    “È più facile a dirsi che a farsi quando si tratta di attrarre migranti, perchè la Romania non è attraente per loro. Dal momento che un migrante o un rifugiato ottiene il visto per lUe, sorge la domanda semplice: perchè resterebbe in Romania e non andrebbe a lavorare in Germania o Francia o Belgio, dove i salari sono molto più alti? Al contempo, non è facile determinare i romeni andati via a tornare nel Paese. In fin dei conti, si tratta di una questione molto semplice: il salario. Lo stato detiene questo strumento del salario minimo, che, comunque, è cresciuto 2,5 volte dal 2011, ma deve adattarsi anche il settore privato e aumentare i salari. Ma ciò significherebbe, a volte, il calo del profitto e persino la chiusura delle aziende. Quindi, non è per niente semplice, ha concluso Victoria Stoiciu. (traduzione di Adina Vasile)




  • I dipendenti romeni e gli straordinari

    I dipendenti romeni e gli straordinari

    Fenomeno analizzato anche in Romania, ultimamente, lesaurimento nervoso (o la sindrome da burnt-out) è strettamente legato al lavoro eccessivo tramite la prestazione di straordinari. In Romania, comunque, la settimana di lavoro ha più ore rispetto alla media Ue: stando ai dati dellEuropean Working Conditions Survey (EWCS) del 2016, oltre il 35% dei dipendenti romeni lavoravano più di 40 settimanali, mentre la media europea era del 23%. Ciononostante, per alcuni dei dipendenti romeni la prestazione di straordinari e il loro pagamento sono un miraggio: per alcuni significa laumento di un reddito comunque abbastanza alto, per altri la garanzia di una vita decente che il loro salario modesto non può assicurare. Per ambedue le categorie, però, gli straordinari e lo sforzo portavano a probelmi di salute e drammi personali.



    Dragoş Iliescu, docente presso la Facoltà di Psicologia e Scienze dellEducazione dellUniversità di Bucarest ci descrive gli effetti dellesaurimento nervoso a causa del lavoro.



    “Gli straordinari rappresentano un fattore di stress emotivo, psicologico. Come qualsiasi fattore di stress che agisce per più tempo, esponendo la persona per molto tempo allo stress, porta a malattie irreversibili. Una parte di esse sono malattie mentali, come la sindrome da burn-out che porta direttamente alla depressione. Appaiono anche malattie fisiche irreversibili, come quelle cardiache: pressione alta o infarto”, spiega Dragoş Iliescu.



    In Romania, stando alla legge, gli straordinari possono essere chieti dal datore o dal dipendente che si può offrire volontario per prestarli entro certi limiti: non deve superare metà norma oltre la sua norma di riferimento. Oltre alle 40 ore di lavoro settimanali possono essere prestate altre 20 come straordinari. Esse possono essere compensate sia tramite ore libere o giorni di ferie, come viene proposto adesso, sia tramite il pagamento effettivo, variante cui hanno ricorso molte compagnie in Romania. Tra cui la Daewoo Mangalia Heavy Industries, che gestisce il cantiere navale di Mangalia. Là, nel 2016, i dipendenti hanno prestato circa un milione di ore di lavoro straordinario, stando al sindacato dei lavoratori. Marin Florian, ex leader sindacale, attualmente in pensione, si è ricordato che si lavorava dal mattino alla sera, persino nel finesettimana. “Infatti, tutti i dipendenti che erano considerati idonei e volevano prestare lavoro straordinario lo facevano”, racconta Marin Florian. “Ci sono state situazioni in cui alcuni dipendenti, tra quelli che non desideravano prestare straordinari, non li prestavano. Ma questi erano pochi, proprio perchè i dipendenti sapevano che prestando straordinari potevano aumentare il loro reddito. Gli straordinari erano pagati il doppio rispetto al salario normale del rispettivo giorno. Si era giunti alla prestazione di 140 ore oltre lorario normale di lavoro di 170 ore lavorate ogni mese. I lavoratori lavoravano intorno a 320 ore mensilmente.”



    Per il padronato era preferibile non aumentare i salari, bensi pagare questi straordinari che potevano sollecitare e pagare, solo a seconda delle necessità della compagnia. Per loro, era più conveniente cosi, continua Marin Florian.



    “Si era giunti nella situazione in cui veniva chiesto ai dipendenti di rinunciare anche alle ferie per venire al lavoro. Venivano loro offerti compensi finanziari al posto del periodo di riposo. LIspezione del Lavoro, in seguito ad una nostra segnalazione, è venuta per un controllo, ma visto quanto era permissivo il Codice del Lavoro, stipulando solo una multa di 3.000 lei, ciò non significava granchè per una compagnia con un fatturato di oltre 2 miliardi di lei”, ha precisato Marin Florian.



    Ovviamente, la prestazione di straordinari ha portato nel tempo allapparizione di ripercussioni, spiega sempre Marin Florian. “Il 58% dei dipendenti della società si erano ammalati di varie malattie della spina dorsale, delludito, oftalmologiche, del cuore ecc. Devo ammettere che in certe famiglie si è persino giunti alla separazione alcune mogli hanno detto che non possono continuare a vivere accanto a qualcuno che passa la vita solo sul cantiere, anche se è solo per guadagnare più soldi per la famiglia. Ci sono stati simili casi. Ad esempio, allasilo nido, bimbi di 4 anni sono stati invitati a definire la famiglia, ed essi hanno disegnato solo la mamma. Quando è stato loro chiesto del papà, hanno detto che questo sta solo al lavoro, non viene mai a casa.”



    Lapparizione di questi effetti nocivi è stata confermata anche dallo studio coordinato da Dragoş Iliescu e realizzato tramite il partenariato tra il Blocco Nazionale Sindacale e la Fondazione Friedrich Ebert Romania.



    Dragoş Iliescu ci ha presentato le conclusioni dellindagine. “Il rischio di esaurimento di un dipendente che presta straordinari – lesaurimento come la principale caratteristica della sindrome da burn-out – è del 127% maggiore di quello di un dipendente che non presta straordinari. Il rischio di una persona con orario di lavoro supplementare di non avere una vita familiare soddisfacente è del 109% maggiore. Di conseguenza, gli straordinari creano anche uno squilibrio importante tra la vita personale e quella professionale. Vediamo unincidenza molto maggiore delle famiglie frantumate e delle coppie separate, della violenza domestica, nel caso dei dipendenti che prestano straordinari. Cè una crescita del 96% del comportamento di dipendenza: di tabacco, alcol o altre sostanze.”



    In questo contesto, gli esperti raccomandano che gli straordinari non siano più pagati, ma che siano offerti in compenso ore libere o giorni di ferie.



    “Gli effetti dannosi degli straordinari, a livello individuale ed organizzativo, non possono essere compensati tramite il salario o il bonus. Possono essere controbilanciati tramite ore libere o giorni di ferie concessi al dipendente. Se uno ha dei periodi di tempo in cui si permette di tornare alla normalità, gli effetti dannosi dello stress vengono compensati con ciò. Lorganismo umano è ragionevolmente elastico per tornare in questo modo alla normalità”, ha raccontato Dragoş Iliescu a RRI.



    Attualmente, nel Parlamento romeno viene esaminata uniniziativa legislativa che, basandosi sullindagine realizzata dal Blocco Nazionale Sindacale e la Fondazione Friedrich Ebert Romania prevede, tra laltro, anche multe più drastiche per le ditte dove vengono prestati straordinari in condizioni illegali. (traduzione di Adina Vasile)


  • Il lavoro con i giovani e la figura dell’operatore sociale per i giovani in Romania

    Il lavoro con i giovani e la figura dell’operatore sociale per i giovani in Romania

    C’è bisogno di operatori sociali per i giovani
    per aiutare i giovani nelle comunità a valorizzare il loro potenziale, ad
    integrarsi nella società, a interagire con altri giovani, a conoscersi meglio.
    Ho notato che molte volte i giovani non capiscono molto bene cosa possono fare
    nella società, a quali istituzioni si possono rivolgere, a quali ong, a chi si
    possono rivolgere per fare cose che abbiano un senso per loro stessi, per
    valorizzare il proprio potenziale, spiega Mihai Dragoş, il presidente del
    Consiglio dei Giovani in Romania.




    Pochissimi giovani hanno sentito parlare di
    operatori sociali per i giovani, occupazione che è stata regolamentata solo nel
    2012, quando è stata introdotta nella Classifica delle Occupazioni in Romania e
    quando è stato realizzato lo standard lavorativo. Dell’equipe che l’ha redatto
    ha fatto parte anche Marius Donţu, esperto nel campo della gioventù, manager
    presso la Schultz Consulting Romania, compagnia che, infatti, ha promosso il
    progetto. La motivazione è stata il desiderio di professionalizzare questo
    mestiere, perchè troppa gente si occupa di giovani e qualsiasi persona che si
    occupa di giovani si ritene specialista nel settore.




    All’inizio sono risultate molte mansioni. Abbiamo
    pensato di non renderlo un superuomo e ci siamo fermati a solo 4 competenze
    specifiche, innanzittutto la capacità di informare i giovani – che sia in grado
    di informare i giovani su varie attività, benefici, diritti che hanno oppure
    opportunità tipo progetti internazionali di scambi o di carriera. La seconda
    competenza è la progettazione dello standard di sviluppo personale e
    professionale, ossia che sia qualcuno capace di parlare con loro e aiutarli a
    trovarsi una strada professionale e personale; un’altra competenza è il
    sostegno del processo di apprendimento non formale tra i giovani – attività con
    cui l’operatore insegni ai giovani a prendere decisioni da soli, a risolvere
    problemi, a prendere l’iniziativa, a implicarsi, ad essere attivi. La quarta
    competenza era lo sviluppo della cooperazione nella comunità in base ai
    problemi che l’operatore individua nei gruppi grandi di giovani, tramite
    discussioni, e la capacità di proporre nella comunità tipi di servizi o di
    interventi, precisa Marius Donţu.




    L’operatore sociale per i giovani potrebbe essere
    assunto dalle ONG che svolgono attività per i giovani. Una di queste è
    l’Associazione la Curva di Cultura, creata nel Comune Izvoarele, nella
    provincia di Prahova, che si rivolge solo ai giovani delle zone rurali. Del
    personale dell’associazione fanno parte anche due operatori sociali per i
    giovani. Quando si tratta delle principali difficoltà con cui si confrontano
    dal punto di vista legislativo, Cosmin Catană, il presidente dell’associazione,
    preferisce affrontarle come delle opportunità.




    Abbiamo l’opportunità di introdurre il mestiere
    di operatore sociale per i giovani nella Legge sui giovani. C’è un progetto di
    legge in cui sono definite l’Attività per i giovani, l’Operatore Sociale per i
    giovani, il Centro per i giovani, perchè attualmente non esiste nella Legge sui
    giovani il concetto di Centro per i giovani. Abbiamo l’opportunità di portare
    avanti queste cose e chiarire un po’ il contesto del lavoro con i giovani in
    Romania, nel 2018. E di portarlo un po’ più vicino ad altri stati europei con
    tradizione nel lavoro con i giovani, spiega Cosmin Catană.




    Anche se in Romania il settore giovani è
    abbastanza bene sviluppato per quanto riguarda la qualità del lavoro con loro,
    afferma Cosmin Catană, non esiste una validazione sociale, poca gente sa cosa
    sia il lavoro con i giovani. L’introduzione di questi concetti in un quadro
    legislativo cambierebbe molto la situazione. Inoltre, la maggior parte degli
    operatori sociali per i giovani accreditati finora, anche quelli che lavorano
    per il Ministero della Gioventù e dello Sport, lavorano come volontari,
    richiama l’attenzione Mihai Dragoş. Motivo per cui, tramite il ddl che sarà
    inviato al Parlamento, si auspica l’aumento dell’obbligo per i Municipi,
    soprattutto nelle grandi città, e per i Centri per i Giovani che saranno
    accreditati, ad assumere operatori sociali per i giovani. L’esistenza delle
    opportunità di assunzione aumenterà l’interesse per questo mestiere.




    Purtroppo, anche se succede in alcuni posti, la
    regola generale è che i Municipi non hanno tra i dipendenti operatori sociali
    per i giovani, e non svolgono simili attività in modo costante. Abbiamo un
    esempio fortunato a Baia Mare, la Capitale della Gioventù in Romania a partire
    dal 2 maggio del 2018. Tramite la candidatura, ci si è impegnati inclusivamente per l’assunzione di dieci operatori sociali per i giovani presso
    il Municipio. Sarà un esempio interessante e speriamo che porterà risultati
    importanti per le comunità in cui questi operatori sociali per i giovani
    lavoreranno, un esempio da ripetere ulterioremente anche in altre città, ha
    affermato Mihai Dragoş.




    In Romania esiste un bisogno acuto di operatori
    sociali per i giovani, soprattutto nelle zone rurali, dove abita ancora il 47%
    della popolazione del Paese, richiama l’attenzione Cosmin Catană.




    Le scuole sono abbastanza lontane dalla casa, le
    attività si limitano il più delle volte a quelle nelle masserie e a quelle
    offerte dai centri culturali locali. Non è molto diffusa l’opportunità che i
    giovani si incontrino, lavorino insieme e si propongano insieme cose che
    realizzino poi passo dopo passo, sotto la guida e con il sostegno degli
    operatori sociali per i giovani racconta Cosmin Catană.




    Dalla sua regolamentazione come mestiere nel 2012
    finora, il concetto di giovani si è evoluto tuttavia abbastanza molto in
    Romania nel settore delle ong, spiega l’esperto Marius Donţu.




    In quel settore vengono ancora delle persone per
    essere istruite. Sono iniziate a venire dal sistema d’insegnamento persone
    desiderose di completare un po’ queste competenze. Ma ho notato qualcosa che
    non speravo: ci vengono dei genitori. Ho visto molti avvocati, notai, quindi
    persone abbienti, con un certo status, che venivano e dicevano che vogliono
    imparare a creare dei canali molto più efficienti di comunicazione con i propri
    figli adolescenti, ha detto Marius Donţu a Radio Romania Internazionale. (traduzione di Adina Vasile)



  • Parcheggi per le persone con disabilità

    Parcheggi per le persone con disabilità

    Chi non sa cosa vuol dire lo stress della caccia al parcheggio, soprattutto nel centro delle grandi città o al centro commerciale? A volte la gente tira un sospiro di sollievo nel trovarne uno proprio nel parcheggio disabili. “Entrerò solo per 5 minuti”, “Comunque, questi posti sono di solito vuoti, perchè non ci sono molti autisti disabili in giro” si dicono. #Sulserio? Si chiedono, retoricamente, quelli cui sono destinati questi parcheggi. E questa domanda ha portato allorganizzazione di una campagna di sensibilizzazione. La Fondazione Motivation, che si rivolge alle persone con disabilità motorie desidera attirare, con questa iniziativa, lattenzione degli autisti senza disabilità su quanto sia necessario lasciare libero, a prescindere dal motivo, il parcheggio destinato alle persone con disabilità. La campagna #Sulserio? si propone non solo di informare il pubblico sulla necessità di un parcheggio per le persone con disabilità, ma anche di combattere almeno una parte dei pregiudizi sulla mancanza di mobilità delle persone disabili. Molte di queste persone sono indipendenti e attive, sono autisti o passeggeri di auto adattate alle persone con disabilità. Esse sono più numerose di quanto sembra rendersi conto lopinione pubblica, spiega Erika Garnier, coordinatrice delle relazioni con la stampa della Fondazione Motivation, e, come prova, ci ha comunicato alcuni dati statistici forniti dal Pubblico Registro Automobilistico Romeno.



    “Nel 2017, fino ad ottobre, sono state adattate per essere guidate e per trasportare persone con disabilità oltre 1.700 auto. Probabilmente entro la fine dellanno, il loro numero è cresciuto ancor di più. Rispetto al 2012, è crescituo quasi 5 volte. Ciò ci fa capire che ci sono più persone con disabilità che sono attive, che si creano premesse per linclusione sociale e che desiderano partecipare attivamente alla vita della comunità. Le persone con disabilità sono prima di tutto delle persone con bisogni normali che dovrebbero poter soddisfare normalmente e poter partecipare a tutte le attività che noi tutti desideriamo svolgere. Ad esempio, andare a fare la spesa, a passeggiare in macchina, a uscire con gli amici, ossia fare cose che ciascuno di noi fa ogni giorno. Affinchè tutto ciò sia possibile occorrono anche parcheggi speciali per queste persone”, spiega Erika Garnier.



    Avendo anche lei una disabilità locomotoria, Erika guida e non le è successo una di trovare solo una volta il parcheggio disabili occupato in modo abusivo. La campagna #Sulserio? ha avuto, in realtà, come prima spinta proprio simili esperienze che, affinchè non si ripetano troppo spesso, vanno contrastate tramite linformazione. Erika Garnier trasmette un messaggio a coloro che occupano senza motivo i parcheggi disabili.



    “Innanzittutto, io e i miei colleghi che usiamo le scale mobili o che, avendo disabilità, abbiamo bisogno del parcheggio disabili, vogliamo trasmettere che qualsiasi motivo tipo “Ero in fretta”, Ci metto solo 5 minuti” o “Comunque questo parcheggio non lo occupa nessuno” non è valido. E il fatto che qualcuno parcheggi là solo per 5 minuti o solo perchè in fretta, impedisce ad una persona con disabilità di fare una cosa assolutamente normale come entrare in un edificio per fare la spesa o in un edificio con uffici dove ha un appuntamento”, precisa Erika Garnier.



    Inoltre, è molto importante capire perchè questi posti si trovano vicino allingresso degli edifici e sono più larghi degli altri.



    “Quando unosi trova sulla sedia a rotelle è meno visibile di un autista che si trova su unauto in retromarcia. Perciò, è importante che il posto sia più vicino allingresso delledificio. Inoltre, uno ha bisogno di più spazio di manovra per scendere dallauto se è su una sedia a rotelle. Non lo si può fare tra le auto troppo vicine luna allaltra”, spiega Erika Garnier.



    Tudor Dărvăreanu, istruttore di guida presso la Fondazione Motivation, si raccomanda come una persona sportiva e molto dinamica per cui la vita attiva è continuata anche dopo la sedia a rotelle. Come autista, si è confrontato spesso con la situazione in cui ha trovato il parcheggio disabili occupato da una persona senza disabilità.



    “La mia fortuna è stata cheho avuto con me un accompagnatore che mi ha aiutato a trovare un altro parcheggio, al lato del parcheggio dove cè più spazio. Là ho potuto parcheggiare in sicurezza. Innazittutto si tratta della mancanza di informazione e di consapevolezza dellimportanza dei parcheggi. Non si incontrano tante persone con disabilità al volante proprio perchè non ci sono molti parcheggi allesititi apposta per loro e accessibili”, racconta Tudor Dărvăreanu.



    E questo non è lunico problema con cui si confrontano le persone con disabilità quando vogliono spostarsi in città.



    “In primo luogo,si tratta del parcheggio, poi dellaccessibilitàdi unistituzione pubblica. Se parliamo di una passeggiata in città, parliamo di spazio sul marciapiede, e di nuovo di parcheggi, perchè le auto sono parcheggiate con la parte frontale sul marciapiede e ciò significa che automaticamente uno non ha più spazio per passare con la sedia a rotelle. Laccessibilità, in generale. Ladattamento dei mezzi di trasporto pubblici…”, spiega Tudor Dărvăreanu.



    In Romania, la legge che stipula le condizioni di accessibilità per gli edifici dinteresse pubblico dice che il 4% dei parcheggi allestiti dovrebbe essere destinato alle persone con disabilità. Inoltre, la legge 448/2006, che promuove e tutela i diritti delle persone con disabilità, stiupula anche multe per chi viola la legge e parcheggia abusivamente sui posti dedicati alle persone con disabilità. (traduzione di Adina Vasile)




  • La vaccinazione dei bambini, obbligo oppure opzione?

    La vaccinazione dei bambini, obbligo oppure opzione?

    Oltre 10.000 malati di morbillo e 36 decessi dichiarati sarebbero stati causati da questa malattia estremamente contagiosa… Ecco le più recenti statistiche ufficiali di unepidemia che ha colpito la Romania nel 2017, continuando questanno. Lepidemia si è verificata nel contesto di una serie di accesi dibattiti, provocati negli ultimi anni tra lopinione pubblica, ma anche di un ddl che prevede listituzione dellobbligo di vaccinazione, proposto per la prima volta 4 anni fa. Il fatto che 9.688 dei 10.000 contagi si siano verificati tra persone non vaccinate contro il morbillo non ha fatto altro che alimentare le polemiche. I due schieramenti sono la maggioranza dei medici e i rappresentanti del sistema sanitario contro una parte della società civile e dei genitori che si oppongono allobbligo di vaccinazione. Ma “nemmeno sarebbe stato sollevato il problema dellobbligo di vaccinazione se non si fosse verificata la situazione preoccupante della copertura vaccinale”, come spiega la dottoressa Sandra Alexiu, vicepresidente della Società Nazionale di Medicina di Famiglia.



    “In Romania,rispetto ad altri vaccini mancanti dalle nostre scorte, il vaccino contro il morbillo, che è un vaccino trivalente, antimorbillo, antiparotite e antirosolia, non è mancato. Cosicchè, dai nostri dati almeno, risulta logico collegare lepidemia al rifiuto della vaccinazione. Inoltre, possiamo addebitare lintensità della malattia anche alla sfiducia dei genitori e dei pazienti, in generale, nel sistema sanitario romeno. Il sistema ha registrato una serie importante di fallimenti e adesso sta attraversando una crisi, uno degli elementi che hanno destato sfiducia essendo proprio la mancanza di vaccini che non sono stati forniti in tempo. Si tratta di vaccini contro altre malattie, il che ha destato la sfiducia nellefficienza della vaccinazione, alimentata anche dalle campagnie antivaccinazione nel mondo, non solo in Romania”, spiega Sandra Alexiu.



    Schierati dallaltra parte, coloro che sostengono il diritto di rifiutare la vaccinazione insistono sulla loro libertà di scelta. È il caso dellAssociazione Lion Mentor, la cui presidente, Irina Thiery, ci spiega la sua posizione e di quelli che rappresenta.



    “Lion Mentor non è contro la vaccinazione. Viviamo in uno stato di diritto in cui, riteniamo noi, la vaccinazione è una scelta. Di conseguenza, rispettiamo i cittadini che scelgono di assumersi i rischi della vaccinazione, ma ci opponiamo fermamente e irrevocabilmente allobbligo di vaccinazione. La vaccinazione è un atto medico preventivo, anzichè terapeutico, e va fatta in seguito ad una serie di esami standard o approfonditi. Per minimizzare i rischi, lesame deve includere test genetici, alergologici, neurologici e immunologici. Solo simili esami potrebbero prevenire, in una certa misura, alcuni effetti avversi gravi come le allergie, le paralisi, la morte improvvisa o le crisi di epilessia”, ha affermato Irina Thiery.



    Tutti questi effetti avversi sono, del resto, descritti nelle avvertenze di ciascun vaccino e la loro apparizione o portata dipende da un paziente allaltro, precisa la dottoressa Sandra Alexiu. “Le reazioni avverse più spesso riscontrate sono quelle minori e sono reazioni locali, che appaiono in molti adulti e bimbi: rossore o gonfiore nel luogo della vaccinazione, febbre moderata o erruzioni locali. Queste reazioni sono menzionate nelle avvertenze. Ma ci sono anche reazioni avverse più importanti. Simili effetti vanno considerati in rapporto allimportanza della vaccinazione e al fatto che cosi riusciamo a prevenire malattie non trattabili, ma che si posono solo prevenire tramite la vaccinazione. Ad esempio, tra 1000 bimbi non vaccinati, uno può fare encefalite morbillosa e un altro rischia di morire, a causa della gravità della malattia. Se, invece, parliamo delle reazioni che appaiono dopo la vaccinazione, uno tra 1.000.000 di bimbi vaccinati può fare encefalite postvaccinale, ma non ci sono stati casi di decessi dopo la vaccinazione antimorbillo.



    Ma proprio queste statistiche sono messe in dubbio dagli scettici della vaccinazione.



    “Queste reazioniavverse possono verificarsi in uno su 10 casi oppure, se si tratta di reazioni rare, in uno su 100.000. Uno su un milione, come si dice negli spot pubblicitari per i vaccini, non è vero. In Romania, i medici non sono istruiti per segnalare i casi di effetti avversi. Ad esempio, tre province, negli ultimi anni, non hanno segnalato nessun caso di effetti avversi ai vaccini, il che a noi sembra non conforme alla realtà”, precisa Irina Thiery.



    In questo contesto, inclusivamente le statistiche ufficiali sullepidemia di morbillo sono guardate con scetticismo.



    “In Romanianon esistono protocolli unici per la diagnosi.Ciò significa che un caso di morbillo registrato e segnalato non è necessariamente un caso reale di morbillo.Sintomi simili possono portare a diagnosi diverse.Quindi, ilnumero di casisegnalato ufficialmente non può essere accertato dal Ministero della Salute con documenti medici concreti e indubitabili. Unanalisi della situazione dei decessi comunicati dallAgenzia Nazionale del Farmaco come provocati dal morbillo è sorprendente, perchè il morbillo appare come causa della morte solo in 10 dei 36 decessi annunciati. Negli altri casi, esso appare come fattore associato accanto ad altre malattie o condizioni pre-esistenti”, afferma Irina Thiery.



    Siccome, nel caso delle malattie contagiose, la prevenzione e la loro comparsa non è solo una questione individuale, bensi anche una sociale, abbiamo chiesto anche lopinione di una serie di genitori sullobbligo di vaccinazione. Sostenitrice della vaccinazione, la madre di una bimba di sei anni è daccordo col diritto di altri genitori di decidere se vaccinare o meno i figli. “Io sono una sostenitrice dei vaccini, ma se altri ritengono che non siano buoni, credo che ciascuno abbia il diritto di allevare i propri figli secondo i propri principi. Se, ad esempio, non fossi convinta dei benefici della vaccinazione, potrebbe dirmi un intero Paese che è benefica, io farei comunque di testa mia.”



    Unaltra madre ci ha detto:”Sono madre di una bimba di otto anni e ho fatto assolutamente tutti i vaccini raccomandati per i bambini. Rispetto lopinione dei genitori che non vaccinano i propri figli, ma non posso esserci daccordo finchè tutti i medici raccomandano questi vaccini.”



    Cosa crede del modo in cui la società è colpita dalla proliferazione delle malattie contagiose scoppiate in seguito al rifiuto della vaccinazione e listituzione dellobbligo legale di vaccinazione? “Anche i bambini hanno dei diritti, e quando i genitori sbagliano, qualcuno deve intervenire. Perciò credo che una simile legge sia di buon auspicio”, ci ha detto la rispettiva madre.



    Attualmente, le legge sulla vaccinazione obbligatoria, adottata dal Senato, si trova allesame della Camera dei Deputati. (traduzione di Adina Vasile)




  • Il bullismo digitale sulle donne

    Il bullismo digitale sulle donne

    Con l’accesso
    sempre più facile a internet, alle reti sociali e alle apparecchiature digitali
    sofisticate, si sono sviluppate anche le modalità di vessazione. Di
    conseguenza, è nato anche il concetto di cyberbullismo, ossia una forma di
    aggressione on line o di vessazione digitale. La velocità di connessione a
    internet e la possibilità dei messaggi on line di arrivare quanto prima, quanto
    pù lontano, non fanno altro che portare all’incremento della violenza virtuale
    che non è meno dannosa di quella reale, come conferma Jurgita Peciuriene,
    esperta dell’EIGE (l’Instituto Europeo per la Parità di Genere).




    Esistono varie forme di violenza digitale: lo
    stalking on line, il cyberbullismo, la pornografia non consensuale e l’adescamento
    o il reclutamento di donne e ragazze per la loro ulteriore tratta. La
    pornografia non consensuale, soprattutto, nota anche come pornografia della
    vendetta (revenge porn), è diventata molto diffusa, e chi la pratica sono, di
    solito, le persone che desiderano umiliare pubblicamente gli ex partner. Le
    donne, ma anche gli uomini, si confrontano con simili esperienze. Gli uomini
    sono piuttosto vittime degli insulti on line e di una vessazione digitale più
    mite, mentre le donne sono più esposte allo stalking on line, al cyberbullismo
    e alla pornografia della vendetta. Secondo le distinzioni fatte dall’EIGE per
    quanto riguarda le forme del cyberbullismo, lo stalking on line significa
    l’invio ripetuto di messaggi on line – testo o video – o e-mail a carattere
    offensivo, mentre la vessazione digitale si riferisce ai messaggi o commenti a
    carattere esplicitamente sessuale, al linguaggio offensivo e alle minacce,
    speiga Jurgita Peciuriene.




    Vittime di questa forma di violenza digitale sono prevalentemente le
    donne, soprattutto le adolescenti e le giovani. Secondo i dati del 2014 forniti dall’Agenzia
    Europea per i Diritti Fondamentali, il 20% delle donne tra i 18 e i 29 anni si
    sono confrontate con varie forme di vessazione digitale a partire dall’età di
    15 anni. Inoltre, nel caso delle donne, ma non solo, la violenza nel mondo
    virtuale appare a continuazione della violenza o della vessazione nella vita
    reale, considerano gli specialisti
    dell’Instituto Europeo per la Parità di Genere. Nonostante la gravità della
    situazione, non esiste un quadro legislativo europeo che punisca e definisca il
    cyberbullismo. Spetta agli stati membri prendere misure contro questo fenomeno.
    In Romania, ad esempio, non ci sono nè dati statistici, nè legislazione mirata
    per il contrasto del cyberbullismo, precisa Andreea Bragă, direttrice esecutiva
    del Centro Filia, associazione di attivismo femminista.




    Purtroppo,non abbiamo una legislazione specifica per definire
    il cyberbullismo. Esso potrebbe, tuttavia, rientrare in certi articoli di
    legge. Nel nuovo codice penale, viene definita la vessazione all’articolo 208
    che prevede, tra l’altro, anche gli atti ripetuti con cui si mira
    all’intimidazione, inclusivamente tramite la comunicazione on line. Il
    Cyberbullismo rientra nella fattispecie del reato specificato in questo
    articolo, ma non è definito strettamente come violenza contro le donne. È,
    inoltre, legiferata anche la criminalità informatica, ma non vi è precisato il
    cyberbullismo, bensi’ la pornografia e il furto di dati personali tra ex
    partner e possono costituire mezzi di ricatto di una persona affinchè continui
    una relazione, spiega Andreea
    Bragă.




    Come altri tipi di
    violenza o bullismo, anche quella digitale è favorita dalle relazioni di potere
    che si manifestano tra la vittima e l’aggressore, ritiene Andreea Bragă.




    Se si è parte di
    una minoranza, sia etnica, che religiosa o sessuale, inclusivamente se si è
    donna – anche se loro non sono una minoranza, si trovano, a volte, su una
    posizione di vulnerabilità rispetto agli uomini -, si è più esposti al
    cyberbullismo. Esso è, di solito, iniziato da qualcuno che ha almeno un
    capitale di potere simbolico, ad esempio è il ragazzo più popolare nella scuola
    o più cool di un gruppo. Perciò, gli altri, quelli che assistono a qualcosa del
    genere, diventano il più delle volte solidali con l’aggressore. Tra gli
    adolescenti, il bullismo avviene anche a causa del fatto che i testimoni, per
    paura o per il bisogno di copiare l’aggressore, diventano solidali con lui. Nel
    caso degli adulti, appaiono tattiche ripetute di intimidazione, atte a ledere,
    a criticare tramite l’invio di sms, e-mail, o persino la creazione di siti
    diffamatori nei confronti di una certa persona. Tutto ciò è volto a diffamare e
    umiliare qualcuno, precisa Andreea Bragă.




    La definizione chiara, a livello legislativo, del fenomeno di
    cyberbullismo servirebbe non solo a punire l’aggressore, ma anche ad aiutare le
    vittime a capire meglio ciò: il modo in cui sono aggredite o umiliate non
    riflette il valore personale, bensi’ la nocività degli aggressori. In questo
    modo, i drammi creati dalla perdita dell’autostima possono essere ridotti. E
    non solo questi drammi.




    Il cyberbullismo è strettamente legato anche ai suicidi. Se una
    persona è sottoposta per molto tempo a questa forma di bullismo, può diventare
    timorosa, depressa, perdere l’autostima. Ci sono stati casi di adolescenti,
    ragazze e ragazzi, che si sono suicidati. Al di là della legislazione e del
    fatto che non c’è un quadro che ponga rimedio a questo stato dei fatti, occorre
    anche educare le persone affinchè capiscano con che cosa si confrontano,
    spiega Andreea Bragă.




    Non solo le vittimevanno educate in questo senso,
    ma, soprattutto, il pubblico dello spazio virtuale che, notando i casi di
    cyberbullismo dovrebbe reagire. (traduzione di Adina Vasile)



  • L’attivismo civico nel 2017

    L’attivismo civico nel 2017

    Lo sviluppo dello spirito civico e di quello di solidarietà è, sicuramente, una delle caratteristiche della società romena degli ultimi anni. Confrontati con i vari problemi quotidiani della vita nella comunità, i cittadini di varie città romene e dei rioni di Bucarest si sono uniti in gruppi informali e hanno cercato, facendo appello alle autorità pubbliche, di trovare delle soluzioni. Ad esempio, nei quartieri periferici della capitale, come Drumul Taberei o Tei, i gruppi di iniziativa civica sono riusciti a convincere i comuni ad implicarsi in un progetto di rivitalizzazione di un complesso culturale e, rispettivamente, di rinunciare alla profanazione di uno spazio verde. Altre ong o cittadini sono implicati in diverse azioni caritatevoli e riescono a mobilitare le persone affinchè donino ai loro prossimi a disagio vestiti, cibo o soldi. Inclusivamente le ampie manifestazioni di protesta contro le proposte di modifica delle leggi sulla giustizia che hanno segnato linizio, ma anche la fine del 2017, possono essere spiegate tramite questa rinascita dello spirito civico. I cittadini si sono resi conto non solo che sta a loro cambiare qualcosa in bene, ma anche dialogare con le autorità che, a volte, prendono decisioni senza consultarli. Il loro attivismo civico è stato incoraggiato, logisticamente e finanziariamente, anche dal CERE (il Centro di risorse per la partecipazione pubblica). Per vedere quali sono stati i progressi nella partecipazione pubblica dei cittadini anche nel 2017 e quali sono le prospettive nel 2018, abbiamo chiesto lopinione di Oana Preda, la direttrice esecutiva del CERE.



    “Anche nel 2017 abbiamo visto unaumento dellinteresse pubblico per limplicazione nella decisione pubblica e nellattivismo, ma è stato anche un anno un po triste da questo punto di vista, ma non solo perchè i cittadini sarebbero meno attivi. Due-tre anni fa, noi immaginavamo che man mano che le persone diventeranno più attive, più implicate, più esigenti e più disposte a chiedere spiegazioni ai governanti, anche le istituzioni statali cominceranno a comunicare meglio con i cittadini e con le loro organizzazioni. Purtroppo, il 2017 ci ha dimostrato che non è proprio cosi. Al contrario. Noi, quelli dal mondo delle ong sentiamo che siamo tornati negli anni 90 dal punto di vista del dialogo con le istituzioni dello stato. Mi riferisco a quel periodo in cui nè la società civile, nè le istituzioni dello stato capivano molto bene il ruolo delle ong e sembrava strano allora che unistituzione pubblica organizzasse una consultazione con i cittadini. Per anni abbiamo combattuto per essere riconosciuti e siamo riusciti ad aprire un po il dialogo tra il settore non governativo e le istituzioni pubbliche. Ma adesso questo dialogo sembra chiudersi di nuovo”, spiega Oana Preda.



    La buona notizia, ritiene Oana Preda assieme agli altri rappresentanti della società civile, è che lo spirito civico, una volta risvegliato e nutrito, resiste. Perciò, il 2018 si preannuncia un anno in cui i cittadini e il settore non governativo dovranno analizzare il modo di intervento e cercare metodi innovativi per convincere le autorità che non devono governare da sole. Del resto, ci sono leggi stando alle quali ai cittadini vengono garantite la consultazione e la partecipazione alle decisioni che li riguardano direttamente.



    “Ci sono degli obblighi chiari che le autorità pubbliche devono rispettare. Ad esempio, sottoporre al dibattito pubblico le leggi 30 giorni prima che vadano allesame delle autorità che le devono adottare alla fine. Parti dei provvedimenti legislativi sono completamente ignorate in certi posti in Romania. Al di là della legislazione, parliamo anche di certe buone pratiche che abbiamo costruito lungo il tempo, le quali, anche se non sono incluse nella legislazione, non vanno ignorate. I gruppi di iniziativa civica appoggiati dal CERE hanno acquisito, nei due-tre anni di funzionamento, lesperienza necessaria per limplicazione in questo processo decisionale”, rassicura Oana Preda.



    “Hanno molta legittimità nei loro quartieri, hanno iniziato ad avere un impatto aumentato anche a livello delle autorità pubbliche locali. Parlo soprattutto del Gruppo di Iniziativa nella zona del Lago Tiglio che, nellestate del 2017, è riuscito abbastanza rapidamente a fermare la costruzione di un gruppo di statue nella zona verde. Il successo si deve anche al fatto che per anni sono stati perseveranti nelle loro iniziative, hanno comunicato con gli abitanti del quartiere e hanno conquistato la loro fiducia, sono stati perseveranti nella comunicazione con il Comune. Motivo per cui, in estate non è stato difficile per loro mobilitare un gran numero di persone per convincere insieme il Comune del secondo rione della capitale che non mettesse più quelle statue nel parco, bensi allentrata nel parco, in uno spazio già asfaltato per non occupare lo spazio verde. Altri gruppi hanno deciso di trasformarsi in ong e ciò è una prova di maturità del rispettivo gruppo che desidera superare lo status di gruppo informale e diventare unassociazione costituita secondo la legge”, spiega sempre Oana Preda.



    Di conseguenza, adesso aspettano solo che le autorità pubbliche manifestino una maggiore apertura verso il dialogo con i cittadini, ma anchesi implichino nei grandi progetti sullagenda pubblica.



    “Man mano che il governo dimostra i suoi limiti in certi settori, ci sono organizzazioni che si rimboccano le maniche e si mettono a fare le cose al posto del governo, come la costruzione di ospedali o di una casa per i genitori dei bambini malati di cancro che li accompagnano in ospedale e hanno bisogno di pernottare da qualche parte. Ma fra metà anno cosa faremo? Che costruiamo noi autostrade perchè le autorità non lo fanno? Ma fino a che punto si dovranno implicare le autorità civiche per fare ciò che lo stato non fa?”, si chiede Oana Preda, la direttirce esecutiva del Centro di risorse per la partecipazione pubblica. (traduzione di Adina Vasile)


  • Temi sociali del 2017

    Temi sociali del 2017

    Il 2017 è iniziato allinsegna delle proteste di piazza. Allinizio dellanno, per diverse settimane, centinaia di migliaia di persone da tutte le città del Paese sono resistite nel freddo per contestare una parte delle azioni del governo recentemente insediato, mentre la stampa internazionale titolava: “Azzurro, giallo, rosso: decine di migliaia di manifestanti hanno formato, a Bucarest, unimmensa bandiera romena, con le luci dei telefonini, per chiedere le dimissioni del Governo che accusano di minare la lotta alla corruzione.” (AFP).



    Le proteste in Romania sono state commentate anche nellEuroparlamento, molti degli eurodeputati apprezzando che la mobilizzazione e la solidarietà dei dimostranti rappresentano un messaggio proeuropeo. “La Romania merita politici che sostengano la lotta alla corruzione”, ha dichiarato Frans Timmermans, il primo-vicepresidente della Commissione Europea. Questi ha ammonito i leader in Romania che non facciano passi indietro nella lotta alla corruzione, perchè in caso contrario potrebbe essere intaccato lassorbimento dei fondi europei in Romania.



    Questo messaggio aveva anche unaltra rilevanza, nel 2017 la Romania celebrando 10 anni di adesione allUe. Nel 2007, la Romania era uno degli stati più euro-entusiasti. I sondaggi demoscopici dellinverno dellanno scorso rilevavano un calo di questo entusiasmo in Romania, un calo consono, però, con lo stato danimo nel resto degli stati Ue. Secondo un Eurobarometro, tipo Parlametro, commissionato dallEuroparlamento, il 53% dei romeni credeva che lappartenenza allUe fosse un fattore positivo per il loro Paese. Era una percentuale che coincideva con la media europea, ma sorprendente per la Romania nel contesto in cui qui la fiducia nellUe era sempre a livelli molto più alti: intorno al 70%-80%, sin prima delladesione. Tuttavia, la fiducia dei romeni nelle istituzioni Ue rispetto a quella nelle istituzioni nazionali resta ad un buon livello. LEurobarometro rileva che il 38% dei romeni aveva fiducia nellEuroparlametro, di molto oltre la media europea del 25%. Inoltre, oltre il 35% di essi considerano che la loro voce è meglio sentita a livello europeo che a livello nazionale.



    Sempre a livello europeo sono state sostenute anche iniziative civiche volte ad aiutare i giovani definiti gerericamente come NEET. Questi, ossia giovani tra i 15 e i 24 anni che non sono attivi sul mercato del lavoro, non seguono nessuna forma di istruzione, nè partecipano ad un corso di formazione professionale, erano intorno ad un milione, stando ai più recenti dati dellIstituto Nazionale di Statistica. Questo è il contesto in cui il think-tank Social DOers ha organizzato una conferenza nazionale nellambito della quale ha lanciato la piattaforma “La coalizione Europea per i Diritti dei Giovani NEET”. Si tratta di uniniziativa finanziata tramite il programma Erasmus+ e lanciata a gennaio 2017 a Bruxelles, occasione in cui Victor Negrescu, eurodeputato allepoca, attualmente ministro con delega agli Affrari Europei nel Governo romeno, ha annunciato il suo sostegno allintegrazione dei giovani NEET.



    Iniziative civiche e private sono state anche alla base di un altro progetto estremamente importante per i bambini malati di cancro in Romania: la construzione di un ospedale a loro dedicato a Bucarest, nel contesto in cui gli ospedali in cui sono trattati adesso questi bambini sono troppo piccoli e mancano di molte delle dotazioni necessarie. Questa è anche la situazione attuale dellospedale per bambini “Marie Curie” di Bucarest, nel cortile del quale verrà costruito il nuovo ospedale, privato, dedicato al trattamento integrato dei bambini con malattie oncologiche. Promotrice del progetto è long “Dona vita”, la quale si è proposta di cambiare qualcosa nelle statistiche nere che rilevano che in Romania, uno su due bambini malati di cancro muore, mentre in Europa l80% di essi vivono. Del resto, lostato romeno non ha costruito niente nel campo delloncologia pediatrica negli ultimi 50 anni. Il progetto dellospedale privato comporta un complesso di edifici che si stenderanno su 8 mila metri quadri, e linvestimento ammonta a 8 milioni di euro. Finora sono è stata raccolta la metà della somma. I soldi provengono dalle sponsorizzazioni offerte da oltre 1500 compagnie e dalle donazioni mensili di 2 euro fatte da circa 50.000 persone private. Per i genitori dei bambini malati di cancro, che bramano essere accanto ai figli in ospedale e che sono costretti adesso a stare su una sedia accanto al loro letto, sempre unong ha avviato il progetto MagicHome. Il progetto è finalizzato alla costruzione di un edificio di 700 metri quadri nei pressi del maggiore ospedale oncologico di Bucarest. Là, tutti i padri e le madri possono dormire, cucinare, lavare e piangere tranquillamente, senza la paura di essere visti dai figli ricoverati nellospedale accanto.



    Oltre ai giovani, ai bambini, alla salute e alla politica, anche lecologia è iniziata ad essere una preoccupazione sempre più acuta delle ong, ma anche della società. È una preoccupazione che interessa una sfera più ampia, non solo la tutela della natura, ma anche la cura per unalimentazione più sana e uno stile di vita quanto più vicino a quello naturale. I disboscamenti illegali delle montagne rappresentano un problema che incorpora tutte queste questioni. Negli ultimi 15-20 anni, in Romania, la superficie coperta da foreste si è ridotta, giungendo attualmente al 27,45%. Cosi, ci troviamo di molto sotto la media dei Paesi Ue, del 32,4%. Stando ad uno studio della Greenpeace România, tra il 2000 e il 2014, il fondo forestale nazionale ha perso 3 ha/ora. Del resto, tutti gli ambientalisti di Greenpeace ed altre ong sono stati tra i primi ad aver attirato lattenzione dellopinione pubblica la situazione tragica delle foreste in Romania. Andando in giro per le montagne, su propria iniziativa o in seguito alle segnalazioni ricevute dai cittadini, i volontari delle organizzazioni ambientaliste sono attenti ai casi sospetti che rappresenterebbero tagli o trasporti illegali di legno. Dimostrare lillegalità di questi tagli può essere, però, una difficile impresa, e gli ambientalisti sono spesso vittime di violenze da parte di quelli colti in fallo mentre tagliano alberi.



    È stata una rassegna dei principali temi sullagenda sociale del 2017, che sono ancor più numerosi in realtà e che continueremo ad affrontare anche nel 2018 nei nostri programmi. (traduzione di Adina Vasile)