Category: Raccontare Romania

  • La banca e la famiglia Chrissoveloni

    La banca e la famiglia Chrissoveloni

    Nel centro storico di Bucarest, nella tradizionale zona commerciale dal nome Lipscani, si trova anche il quartiere finanziario della capitale, una specie di City della capitale. Vi si trovano le sedi della Banca Centrale e delle banche che hanno segnato la storia economica del Paese. Tra queste, la Banca Chrissoveloni, la cui sede, di grande bellezza, esiste pure oggi, prova del fatto che alcuni banchieri avevano anche un grande gusto artistico. Sulla storia della famiglia Chrissoveloni ci parla lo storico Dan Falcan.



    La Banca Chrissoveloni ha una tradizione di cento anni in Romania. Questo impero bancario e industriale venne fondato da un greco, dal nome Zannis Chrissoveloni. Avviò gli affari nel 1830 a Costantinopoli. Ulteriormente, nel 1848, si trasferì nei Principati Romeni, dove aprì una banca e una società di export a Galati. Dopo l’apertura di alcune succursali a Braila e Bucarest, la banca cominciò a svilupparsi. La Banca Chrissoveloni nacque nel 1889, in seguito alla precedente fusione del 1881 con un’altra. Gli affari erano passati nelle mani di Nicolas Chrissoveloni, il figlio del fondatore. Lungo il tempo, la banca si sviluppò velocemente, imponendosi come una delle migliori in Romania”, spiega lo storico.



    Intanto, la famiglia fece investimenti anche in affari immobiliari, industria e agricoltura. Questo vero boom avvenne soprattutto dopo la prima Guerra Mondiale.



    Dopo la prima Guerra Mondiale, gli affari furono guidati da Jean e Dumitru, principalmente da Jean, che muore abbastanza giovane. Fu lui a costruire l’edificio della banca, in via Lipscani. L’architetto era il grande George Matei Cantacuzino, e la banca fu costruita nello stile del tardo Rinascimento, insomma un edificio splendido. Purtroppo, arrivò la crisi economica del 1929. Il fatto di essersi coinvolti in molti affari immobiliari e industriali, fece sicchè non ebbero più molte liquidità e, sullo sfondo del crollo dell’economia mondiale e romena, la banca cominciò ad avere delle difficoltà. Sotto la guida di Jean Chrissoveloni, gli affari della famiglia si erano estesi in tutta l’Europa. Avevano delle succursali a Parigi, Londra, a New York, ad Atene. Avevano comprato dei terreni in Romania, Grecia, Macedonia”, aggiunge Dan Falcan.



    L’architetto George Matei Cantacuzino ha collaborato al progetto della Banca Chrissoveloni con August Schmiedigen. Inaugurata nel 1928, la sede ricorda un sobrio e imponente palazzo fiorentino, con ornamenti in pietra, a forma di pavoni, leoni, sfingi. La crisi economica iniziata un anno dopo l’inaugurazione ha colpito fortemente la banca Chrissoveloni. Ma grazie all’abilità dei suoi dirigenti, la banca sopravvisse bene.



    Purtroppo, Jean Chrissoveloni morì nel 1926. Suo figlio, Nicky, nato nel 1909, entrò negli affari da giovanissimo. Al momento dell’inizio della crisi, studiava a Oxford. Tornò nel 1931 e sempre allora, a 22 anni, diventò membro del Consiglio di Amministrazione e, nel 1936, presidente della banca. Durante la crisi, la banca resistette bene, sotto la presidenza di Dimitrie Ghica. La famiglia fece degli sforzi esemplari per salvarla dal fallimento. Nicky Chrissoveloni adoperò il suo intero patrimonio. Pagò i deponenti dai soldi propri, ridusse il capitale sociale di 250 milioni di lei, pagò il 95% delle domande dei clienti. E man mano, nel 1934, sebbene molto indebolita, la banca Chrissoveloni fu dichiarata banca valida, dalla Banca Centrale. Con grandi sacrifici riuscirono a salvarsi”, dice ancora lo storico Dan Falcan.



    Sotto la direzione di Nicky Chrissoveloni, la banca cominciò a riconquistare il suo prestigio e il posto che le spettava nel sistema bancario romeno. Andava così bene, che il 3 giugno del 1948 il bilancio indicava un profitto di 2 miliardi di lei per il precedente anno. Ciò non impedì i comunisti a nazionalizzarla otto giorni più tardi. Nicky Chrissoveloni fu arrestato dopo poco tempo; appena dopo il 1960 partì con la famiglia per la Grecia. La sede della banca, in via Lipscani, fu restaurata anni fa, e oggi può essere ammirata nel centro finanziario di Bucarest. (trad. Carmen Velcu)



  • Le confessioni di un caffettiere

    Le confessioni di un caffettiere


    Da oltre 40 anni, Gheorghe Florescu è uno dei più noti commercianti ed esperti nella preparazione del caffè di Bucarest. Secondo me, il momento del primo caffè è il momento più bello di una giornata”, ci ha detto quando siamo andati a trovarlo nel suo negozio. L’aroma del caffè tostato è uno dei ricordi d’infanzia di Gheorghe Florescu.




    Il primo contatto con il caffè lo ebbi a 8 anni, nel cortile di mio padrino, Gheorghe Georgescu. Lì c’era un negozio di caffè di proprietà di una famiglia di armeni, tra cui Baruir Nersesian, un celebre caffettiere che aveva conquistato New York con i suoi favolosi aromi. Armeni caffettieri erano numerosi quando ero bambino. C’erano almeno 40 nel dopoguerra, probabilmente un centinaio nel periodo interbellico”, ricorda Gheorghe Florescu.




    Che cos’è un caffettiere? E’ uno che degusta e prepara il caffè, insomma un esperto nel prepararlo e servirlo. E’ importante sapere cosa si beve, tra i caffè ci sono delle differenze”, dice Gheorghe Florescu, il quale ha imparato il mestiere da un famoso caffettiere armeno, Avedis Carabelaian, uno dei pochi che vivevano ancora a Bucarest alla fine degli anni 60.




    Il maestro gli ha consegnato il suo negozio di caffè e altre prelibatezze, in Via Hristo Botev 10, frequentato da grandi letterati, attori o medici bucarestini. Avedis gli aveva consegnato non solo la gestione del negozio, ma gli aveva svelato anche i segreti delle sue ricette e dell’arte di mantenere i clienti.




    Avevo già battuto il record a Bucarest, ero il più noto, avevo il migliore caffè, una combinazione che ci potevamo permettere a quell’epoca. Avevamo caffè di Colombia, Guatemala, Salvador, Nicaragua, Messico. Io facevo la miscela. Il signor Carabelaian mi aveva consigliato: Stai tranquillo, finquando tosterai il caffè come me, avrai i tuoi clienti fedeli.” E ce li ho fino ad oggi”, dice il nostro ospite.




    Florescu – l’armeno”, come veniva chiamato – è un testimone della vita dei romeni durante il comunismo. A quell’epoca lui era uno di quelli che facevano circolare prodotti che oggi ci sembrano banali, ma che a quei tempi erano rari: caffè, sigarette occidentali, bevande e altri prodotti importati — tutto quanto mancava dal mercato e rappresentava, allora, un piacere negato alla folla, un piacere riservato a pochi privilegiati.




    La storia della sua caffetteria si interseca con la storia della Romania degli anni 60-70-80, scritta da personaggi ancora viventi. Alla metà degli anni 80, il nostro protagonista conobbe anche il carcere del periodo tardo della dittatura. Nel 1988 ottenne la grazia; riprese la sua attività di caffettiere dopo il 1990.




    Dietro esortazione di alcuni clienti famosi e con il contributo decisivo di sua figlia, Vali, scrisse “Le confessioni di un caffettiere”, un libro di memorie che rievoca un’epoca che moti di noi si sono affrettati di dimenticare.




    Mia figlia voleva farne un film e mi chiese di scrivere questo libro. L’ho scritto per lei, per servirle da documentazione. Ho tentato di essere quanto più chiaro possibile, più preciso, di non sbagliare, per non attirarmi delle critiche. E non ci furono critiche, anzi, tutti mi chiesero il volume con autografo. Nel 2009 sono state vendute 20.000 copie solo per i romeni all’estero, molto desiderosi di conoscere quanto è avvenuto in patria, soprattutto quelli che vivono da molto tempo in altri Paesi. Il mio libro offre tanti dettagli sul quell’epoca”, dice Florescu.




    Con i ricavati dal libro Le confessioni di un caffettiere”, lanciato in novembre del 2008, Gheorghe Florescu è riuscito a far avverare il suo sogno: rifare il negozio di caffè. Attualmente abbiamo un affare di famiglia, con pochi dipendenti e tre punti vendita e abbiamo aperto anche una caffetteria. Credo che da nessuna parte si trovi un caffè così buono come da me, nella zona Baneasa di Bucarest; il mio è il migliore caffè del mondo”, assicura Gheorghe Florescu. (trad. Carmen Velcu)

  • Mia cara Bucarest!

    Mia cara Bucarest!


    Radio Romania Internazionale vi invita a scoprire la capitale Bucarest attraverso gli occhi di chi le vuole bene. Andrei Bîrsan lavora nel settore marketing in una delle maggiori banche romene. Nel 2007 ha fondato l’associazione “Mia cara Bucarest”, che raggruppa persone desiderose di conoscere meglio la capitale, visitandola e contribuendo alla sua promozione. Gli abbiamo chiesto il perchè di questa iniziativa.


    Mi piace Bucarest. E’ la mia città. Da piccolo la giravo sempre, accompagnato da mio padre, che veniva da un’altra zona della Romania, e che voleva conoscere meglio Bucarest. Dopo la Rivoluzione del 1989, ho cominciato a scattare foto, soprattutto perchè la città si trasformava sempre di più. Amo la mia città come la mia famiglia. Ha le sue luci e ombre; io continuo a considerarla una città della speranza, una specie di Eldorado della Romania. E come me la pensano molti membri della mia associazione, bucarestini di prima generazione, che hanno studiato e sono rimasti qui”, spiega Andrei, indicando come attrattive turistiche il centro storico, le zone vicine alla Chiesa San Silvestro o alla Chiesa Armena, con case del periodo interbellico, o il Palazzo del Parlamento.




    Di che si occupa, concretamente, l’Associazione Mia cara Bucarest”? In primo luogo, vogliamo far meglio conoscere la città attraverso passeggiate. Facciamo delle gite ogni due settimane, seguendo alcuni itinerari attraverso Bucarest. Organizziamo delle mostre per rifletterla attraverso i nostri occhi, mettendo in risalto le cose belle, che meritano di essere conosciute. Abbiamo anche una rivista online e una volta all’anno pubblichiamo anche un almanacco. Siamo una specie di cronisti visivi della città”, aggiunge Andrei.




    Come si svolgono i giri? Le gite non nono un semplice gironzolare per la città. Ci facciamo spesso accompagnare da esperti che ci spiegano la storia dei posti; conosciamo la popolazione, la gente ci invita nei propri giardini, a volte siamo persino stati invitare a ballare con le spose…Queste gite ci permettono di interagire con i bucarestini, di socializzare con i vari ceti e di poter constatare che le persone sono a volte diverse dal come le crediamo, soprattutto quelle delle zone meno ricche. Sono molto ospitali e amichevoli”, dice ancora Andrei Bîrsan.




    L’Associazione Mia cara Bucarest” ha una mostra permanente alla fermata metropolitana Unirea. Si chiama La Galleria della Galleria. Su un muro lungo circa 50 metri sono esposte le immagini firmate dai membri dell’associazione. L’attuale mostra raduna le più belle e interessanti foto. La città come la possiamo vedere giornalmente se volessimo guardarla con maggiore attenzione, andando verso il lavoro o verso casa.




    Abbiamo chiesto ad Andrei Bîrsan se è cambiato qualcosa negli ultimi 6 anni, da quando gira Bucarest in questo modo. Credo sia cambiata nel senso che la gente è più consapevole di vivere la città, non solo di girarla. Chi ci accompagna nelle nostre gite impara a guardarla più profondamente, a essere più attento ai dettagli, anche senza la macchina fotografica. Imparano a vederla in modo diverso e spero che imparino così anche come cambiarla”, conclude il nostro ospite.

  • Il Teatro di Oravita

    Il Teatro di Oravita


    Replica a scala minore del famoso monumento viennese, il Teatro di Oravita, città della provincia di Caras-Severin (sud-ovest) è sopravvissuta alle guerre e al periodo comunista. Qualcuno si può chiedere come mai il primo teatro della Romania sia stato fondato proprio a Oravita?!




    La sua straordinaria storia ci è stata raccontata dal suo direttore, Ionel Bota, storico e filologo, in un dialogo con il corrispondente di Radio Romania nella provincia di Caras – Severin, Mario Balint. Ionel Bota dirige il teatro locale dal 1998 e ha scritto tre volumi sulla “Storia del Teatro vecchio di Oravita”.




    Il teatro è stato costruito sul terreno di un ex sfruttamento mineriario, che si chiamava, guarda caso, THALIA, proprio come la dea dell’arte drammatica. Una zona ricca di minerali, rame, ferro, zinco. Il progresso economico fu una vera attrazione per varie etnie verso la parte montana del Banato, in cerca di lavoro.




    Oravita è diventata una città multiculturale, con quasi 8.000 abitanti, tra cui cechi, polacchi, tedeschi, serbi, ebrei, romeni. Apparverso anche le associazioni culturali delle etnie, di lettura e teatro. Nel 1790 fu fondata l’Unione dei dilettanti di Oravita, che rappresentava tutti gli appassionati del teatro, e che organizzava spettacoli teatrali, di versi, di musica.




    L’unico problema era che gli spettacoli si svolgevano in spazi improvvisati. Per cui, tutta la città ha militato per la creazione di un teatro stabile, in un formidabile movimento di solidarietà, con tanta di raccolta fondi per questo progetto. Cosicchè, nel 1816 fu raccolta una somma importante per l’epoca – 30.000 fiorini d’oro.




    Si avvicinava il centenario della liberazione del Banato dagli ottomani, stati cacciati via dagli austriachi nel 1718. Cent’anni dopo, Vienna voleva qualcosa di speciale nel Banato. E allora gli abitanti di Oravita chiesero di avere un teatro !




    L’architetto locale Ion Niuni, che aveva studiato a Vienna, contattò un suo ex collega, Ieonimus Platzger, dell’Accademia di Alte Arti della capitale imperiale, chiedendogli una replica fedele del Burgtheater. Detto fatto. La strada fu aperta e così, tutti gli abitanti di Oravita si accinsero al volontariato. I lavori cominciarono nell’estate del 1816 e si conclusero nella primavera del 1817. Gli abitanti della città furono aiutati dai contadini delle zone circondanti, a trasportare con le carrozze, la pietra delle cave vicine.




    La famiglia imperiale di Vienna, Francesco I e Carolina Augusta, arrivarono al secondo spettacolo del Teatro di Oravita. Le prime due rappresentazioni si svolsero il 5 e il 7 ottobre del 1817, e furono annunciate in tutta la città da depliants di seta. Il teatro inaugurato in questa zona mineraria, diventò nel 1817 una vera calamita culturale, per tutta la cittadinanza della regione.




    Tra le compagnie che vi si esibirono, quelle del Teatro Reale di Madrid, del Teatro Bolshoi di Mosca, l’orchestra imperiale della Russia. Non mancarono le compagnie viennesi, come quelle dirette da Ludvig Duba, Kurt Wonger e Ida de Gunther.




    Un episodio speciale nella storia del teatro è legato alla visita della compagnia di Mihail Pascali, di cui faceva parte, come suggeritore anche Mihai Eminescu, diventato il sommo poeta romeno.




    Il fatto fu ricordato il 31 agosto del 1868. La compagnia fece due rappresentazioni, il 1 e il 2 di settembre. Dopo la Grande Unione del 1918, a Oravita vennero anche altri grandi scrittori romeni, tra cui Victor Eftimiu e Lucian Blaga, a presentare le loro creazioni drammatiche. Nello stesso teatro ha suonato anche il compositore e violinista George Enescu!

  • Biglietto da visita: l’alpinista Crina Coco Popescu

    Biglietto da visita: l’alpinista Crina Coco Popescu


    Una delle piu giovani alpiniste del mondo è la romena Crina Coco Popescu, nata il 3 dicembre 1994, che già dall’età di 10 anni cominciò a battere record, molti dei quali primati per la categoria. A 14 anni Crina vinceva il titolo onorifico di Maestro dello Sport, e nel 2010 saliva sulla somma vetta dell’Oceania — Carstensz Pyramid, con i 4.884 m di altezza, in Indonesia, diventando così la più giovane alpinista del mondo ad aver scalato questa montagna.




    Crina Coco Popescu è di poche parole. Otto record mondiali di età, tre record europei, un primato sul Mount Sidley, il più alto vulcano dell’Antartide, sono l’unica alpinista del mondo ad aver concluso il circuito Seven Volcanoes, e ho scalato anche sei vette del circuito Seven Summits. L’ultima di questo circuito dovrebbe essere l’Everest”, spiega l’alpinista.




    Crina Coco Popescu è nata a Bucarest, però, insieme alla famiglia, è andata a vivere a Râşnov, nelal provincia montana di Brasov (centro), da quando aveva un anno e mezzo. Studia presso il Collegio di Informatica Grigore Moisil” di Braşov, ed è membro del Club Montano Altitudine di Râşnov, allenata dal padre, Ovidiu Popescu. E’ in questa zona che ha cominciato ad allenarsi e, ovviamente, lo fa ancora.




    Le Gole di Rasnoava sono l’area in cui mi sono allenata moltissimo. E’ molto bella, soprattutto per gli sport montani: scalate, alpinismo, mountain-bike, corse varie. E’ difficile spiegare perche ci piace fare tutto questo. Io ho cominciato da piccola questa attività e la farò finquando me ne piacerà. La zona è vicina alla vetta Postavaru, da dove si può scendere con gli sci e lo snowboard su diversi tragitti”, aggiunge Crina.




    Gli amanti della montagna, tra cui anche nomi noti del mondo dello sport hanno formato una comunità. Si chiama Comunità 7 Monti del Giardino dei Carpazi. Si presentano come brava gente, che ha qualcosa in comune: l’amore per la natura, l’aria aperta e il movimento salutare”. Anche Crina ne fa parte.




    Abbiamo membri in tutto il Paese. Tentiamo di promuovere i nostri principi, soprattutto gli sport montani. Abbiamo un progetto, dal nome Sette montagne del Giardino dei Carpazi. Si tratta di salire su sette vette di diverse montagne della Romania, per promuovere le belle zone del nostro Paese, che piacciono a noi e speriamo piacciano anche ad altre persone. Venite in Romania, nelle nostre montagne!”, esorta l’alpinista.




    Crina Coco Popescu, accanto ai suoi colleghi del club montano, di cui cinque membri della squadra nazionale di alpinismo, hanno grandi progetti per il 2013: tre concorsi e un festival, che si svolgeranno a luglio e settembre. Oltre alla conquista delle più alte cime dei Carpazi, questo club promuove il turismo responsabile e di avventura.

  • Fitness estremo nei Carpazi

    Fitness estremo nei Carpazi


    Il TRX o “Total Resistance Exercise” è una nuova forma di movimento, inventata da Randy Hattric, un veterano delle truppe americane di elite Seal, il quale ha scoperto che si può addestrare con una cintura di karate annodata e appesa da diversi punti di appoggio. Così è apparso un nuovo modo di rientrare in forma, in stile leggermente militaresco, ma che sembra piacere a un pubblico sempre più numeroso. Il romeno Dumitru Butilca è istruttore di fitness in una compagnia con palestre in tutte le grandi città della Romania. E’ lui quello che ha introdotto da noi il TRX-ul, dopo aver seguito vari corsi di training e certificazione.




    “Ho visto per la prima volta un filmato con il TRX quattro anni fa. L’ho subito voluto e me lo ha mandato qualcuno dagli Stati Uniti. Come personal trainer, istruttore di fitness e ginnastica aerobica si deve essere al corrente dei trend, cosicchè ho deciso di prendere il certificato anche per il TRX. Siccome parlo il francese, ho fatto il primo corso a Parigi. Ora sono io il primo a organizzare corsi in Romania”, spiega Dumitru Butilca.




    Poco dopo aver portato il TRX in Romania, ha proposto ad alcuni dei suoi alunni” di partecipare a un campo di addestramento militare: TRX Bootcamp dura tre giorni e si svolge vicino a Sacele, in provincia di Brasov. Durante i tre giorni si svolgono due allenamenti al giorno, per un totale di nove ore di esercizi fisici e corse.




    Devi superare sempre la propria condizione. Se stai bene e sei sempre in forma fisica, starai bene anche con la psiche. Quando dici a qualcuno: tre giorni in montagna, due allenamenti al giorno — già comincia a non piacergli. Un allenamento può durare da 45 minuti a due ore. Non sono allenamenti classici. Li metto a trasportare copertoni, sacchi di sabbia, a volte fino al posto dove cominciamo l’allenamento. Non ci alleniamo sempre nello stesso posto. Dobbiamo salire su una collina, quando arriviamo in cima appendiamo il TRX a un albero e cominciamo: chi fa il TRX, chi retraining, chi si allena ai pesi, chi ai copertoni. Tutti si allenano. Ogni giorno l’allenamento è diverso”, aggiunge Dumitru Butilca.




    I curiosi ce ne sono tanti, e lo confermano le liste d’attesa dalle quali non mancano…le donne. Gabriela Radulici è andata per la prima volta nel bootcamp per curiosità.




    Era da molto che non facevo fitness. Ho voluto fare TRX perchè mi ha intrigato. Mi è molto piaciuto. E’ un pregiudizio pensare che non è una cosa da donne. Molti amici ne hanno visto delle foto e mi hanno chiesto se sono impazzita. Ma finquando non ci si sperimenta la cosa, è difficile capire. L’allenamento ti offre uno stato di rilassamento. Gli allenamenti all’aperto cambiano tutto; senza cellulare o computer che ti distraggono. Vedi solo chi ti è accanto e ti concentri. Il primo e l’ultimo allenamento sono i più difficili”, racconta Gabriela Radulici.




    Il primo allenamento comincia con un test fisico, durante il quale l’istruttore nota quanto può fare ognuno dei corsisti. Il test fisico ha tre serie di 10 esercizi in un minuto, interrotte da due corse di 1,5 km ognuna. Lo stesso test va superato alla fine della permanenza in campeggio. Le cose migliorano, ha detto Dumitru Butilcă, e ciò perchè i principi sui quali costruisce gli allenamenti sono due: Nessuno resta indietro” e non esiste non posso”.




    Non esiste non posso, ma solo voglio potere. Il cervello cede molto prima del fisico, è dimostrato scientificamente. Tutti abbiamo quel momento di debolezza. Se lo superiamo, ci si può continuare per due ore”, aggiunge Gabriela.




    Tra gli allenamenti, i corsisti fanno massaggi, sauna, prendono dei pranzi consistenti, preparati secondo criteri prestabiliti. Si legano amicizie e si fanno delle squadre, il che che rende molto più facili le cose. (trad. Carmen Velcu)

  • Il mercato d’arte romeno nel 2012

    Il mercato d’arte romeno nel 2012



    Il 2012 ha visto una serie di prime nelle aste d’arte in Romania, tra cui la messa in vendita di opere dello scultore Constantin Brancusi, di un monoposto di Formula 1, la prima casa solare romena e oggetti appartenenti a vari attori romeni. Constantin Brancusi è considerato il padre della scultura moderna. Le sue opere Pupăza cu moţ” (Schizzo) e Peile roşii” (Le Pellirosse) sono state aggiudicate, a gennaio, rispettivamente, per 10.000 e 2.000 euro.


    Schizzo” è stato messo in vendita da un collezionista privato di Bucarest, che lo aveva acquistato nel passato ad un’asta della Casa Christies. L’opera, comprata per 10.000 euro, è un progetto di illustrazione per il volume Piante e animali” di Ilarie Voronca, amico dell’artista, pubblicato a Parigi nel 1929. Invece, le Pellirosse, lavoro acquistato per 2.000 euro, è una foto-oggetto artistico del 1906.


    L’immagine della cartolina è una delle sculture distrutte dall’artista nel 1907, in un accesso di rivolta verso quello che aveva creato nel periodo impressionista, al quale Brancusi aveva aderito come allievo di Auguste Rodin. La cartolina inviata ad un amico è l’unico documento rimasto che presenta una delle opere scomparse. La foto è stata riprodotta in occasione del Centenario Brancusi del 1976, sul quotidiano Romania Libera, e proviene da una collezione privata di Bucarest.


    La presenza di Constantin Brancusi sul mercato romeno di aste pubbliche è un evento unico. Constantin Dumitru, giornalista, organizzatore di mostre, ma anche un attento osservatore del mercato d’arte, afferma che il 2012 è stato un anno migliore di quanto se l’aspettava.


    E’ stato prevedibile, migliore del 2011, che è stato il migliore dopo il 1990. Sono rimasto impressionato che sul mercato d’arte siano entrati e continuano a entrare oggetti che non sono opere d’arte, ma che hanno fatto solo parte dell’ambiente degli artisti, ciò che avviene da molto nel mondo. Finalmente, è arrivato anche da noi”, spiega Constantin Dumitru.


    Abbiamo chiesto al nostro interlocutore se la crisi ha influenzato il mercato romeno d’arte e la risposta è stata: ovviamente, sì.” Quando dico l’hanno influenzata, non voglio dire che lo abbiano deteriorata. La mancanza di fiducia nel mercato immobiliare, il crollo dei prezzi dei terreni, ha portato in modo inevitabile all’aumento dei prezzi degli oggetti d’arte. Il mercato d’arte non rispecchia necessariamente i risultati economici. Il 2013 sarà un anno difficile. Per l’acquirente medio, per le opere che si vendono a 100, 200, 300 euro, sarà difficilissimo. Sul mercato d’arte hanno circolato moltissimi soldi, decine di milioni di euro. Si tratta di soldi per le opere degli artisti del passato. L’artista romeno non può sognare a questi soldi. Io sono contento se un grande artista del passato si vende con 300.000 euro, ma lo studente di oggi, il docente dell’Università di Belle Arti, l’artista contemporaneo è contento se riesce a vendere con 500-1000 euro. Vorrei vedere che esportiamo di più, che vendiamo di più sui mercati esteri”, ha aggiunto il giornalista.


    Un’asta inedita è stata quella in cui sono stati messi in vendita oggetti che sono appartenuti a grandi attori romeni e una serie di oggetti delle scenografie di vari film o spettacoli teatrali di successo. L’oggetto meglio venduto è stato un braccialetto d’oro, argento, con diamanti, rubini e smeraldi dell’attrice Maia Morgenstern, aggiudicato per 500 euro. In agosto, il monoposto di Formula 1 Ferrari F399, guidato da Michael Schumacher nella stagione 1999, è stato venduto per 177.000 euro.


    All’asta dedicata alle auto di collezione sport sono state vendute tre Mercedes — del 1953,1959 e 1966, una Ferrari 599 GTB Fiorano edizione speciale Carbon Kit del 2009, una Lincoln Continental del 1947, e una Jeep Willys del 1948. Anche l’ex auto ufficiale di re Michele I – una BMW 760Li — è stato venduta per 20.000 euro. La patente di guida della principessa Maria, risalente al 1904, è stata comprata per 5.000 euro. In un’altra sessione, è stata messa in vendita la prima casa solare al 100% romena, stimata a 50.000 euro, che, però, non ha destato l’interesse dei possibili acquirenti.


    Tra le novità si sono annoverate anche le aste in duplex, e la più importante è stata quella organizzata a Bucarest e Monaco. Il meglio venduto quadro nel 2012 è stato Pastorello con greggio di pecore” di Nicolae Grigorescu, aggiudicato per 195.000 euro. A prezzi alti sono stati comprati anche tre quadri di Nicolae Tonitza, per circa 400.000 euro. Gli esperti spiegano che, nel 2012, le transazioni sul mercato d’arte romeno sono ammontate a circa 40 milioni di euro. (trad. Carmen Velcu)

  • Le chiese ”viaggianti” di Romania

    Le chiese ”viaggianti” di Romania


    Numerosissime una volta nelle montagne romene, e in alcuni posti ancora oggi, le chiese di legno si confermano autentici punti di riferimento per la cultura e la civiltà contadina, con un incontestabile valore patrimoniale. Un fenomeno interessante incontrato in Romania è quello delle cosiddette chiese viaggianti, cioè i luoghi di culto in legno traslocati da un posto allaltro.


    Al Museo del villaggio Dimitrie Gusti di Bucarest, un must per ogni turista che visita la capitale romena, vi aspettano le chiese settecentesche trasferite da varie regioni del Paese, dal Maramures (nord) fino allOltenia (sud e sud-ovest). Simili chiese sono state trasferite anche al Museo del villaggio di Sighetul Marmatiei, città del nord del Paese, in provincia di Maramures.


    Sul territorio della Romania, il fenomeno delle chiese viaggianti è riscontrabile in tutte le tre province storiche — Moldavia, Valacchia e Transilvania, spiega per Radio Romania Internazionale la giornalista e poetessa Simona Lazar, appassionata della storia, della cultura, delle tradizioni e dellenogastronomia di ogni angolo della Romania.


    Ci fa da guida, per raccontarci tutto sulle chiese viaggianti, con il contributo del nostro collega Valentin Tigau, giornalista di Radio Romania Internazionale. Quindi, che cosa sono le chiese viaggianti?


    Sono praticamente delle chiese di legno, erette allinizio in un certo posto, e poi traslocate in un altro per varie ragioni. Una era quella di trasformare la chiesa in necropoli principesca, come fu il caso della chiesa costruita nel Trecento a Volovat, nellodierna provincia di Suceava (nord) dal principe moldavo Dragos e trasferita successivamente dal principe Stefano a Putna. Poi, cerano le necropoli vescovili e ne incontriamo una a Timisoara (ovest): nel cortile della Cattedrale cè una chiesetta portata dai Monti Carpazi Occidentali per fare da necropoli vescovile. Un altro motivo per cui le chiese venivano trasferite era quello che un villaggio si sviluppava e si arricchiva, e quindi cresceva anche il numero di abitanti, per cui serviva anche una chiesa più grande. E allora, la precedente chiesa, veniva venduta o donata a unaltra comunità più piccola che ne aveva bisogno. La costruzione veniva smantellata, ogni pezzo veniva segnato, per consentire agli operai di rifarla esattamente nel posto in cui veniva trasferita. Ma le chiese potevano trasferite anche per diventare cappelle in cimiteri, spiega Simona Lazar.


    Una delle più note chiese viaggianti è quella di Volovat, alla quale la nostra ospite accennava prima. Il luogo di culto, costruito dal principe Dragos nel 1346 e trasferita 122 anni dopo a Putna dal principe Stefano, è inclusa nella rosa di decine di chiese costruite dallAthleta Christi, come Papa Sisto IV ha voluto chiamare Stefano in una lettera del 31 marzo 1475, dopo la vittoria del principe moldavo contro i turchi a Podul Inalt, il 10 gennaio dello stesso anno.


    Tutti si chiedono perchè chiamiamo la chiesa di Volovat se si trova a Putna. Appunto perchè è una chiesa viaggiante. La chiesa di Dragos fu eretta nel 1346, a Volovat, come necopoli principesca. Lo indica anche la datazione dendrocronologica di una parte della struttura in legno della chiesa. Come mai si trova a Putna? Perchè nel 1468, quindi 122 anni dopo la sua costruzione, il principe Stefano il Buono, come lo incontriamo nelle cronache del tempo, e non il Grande o il Santo come lo chiamiamo noi oggi, ha traslocato la chiesa in una sola notte, secondo le leggenda, da Volovat a Putna. I segni sui pezzi smantellati sono visibili a tuttoggi sul legno della chiesa. E stata trasferita sulle spalle di bufali, come raccontano sempre le leggende e portata a Putna, dove fu rifatta entro lalba. Si dice che al mattino il principe Stefano abbia pregato allaltare della chiesa, consacrata alla Presentazione della Beata Vergine Maria, ovvero allIngresso della Madre di Dio al Tempio, aggiunge la giornalista.


    Le abbiamo chiesto se lusanza delle chiese viaggianti si è conservata anche in tempi più recenti.


    Una delle più recenti informazioni in tal senso arriva dallo scorso secolo, quando una chiesa di Maieru, che Re Carlo II di Romania aveva portato sul Monte Caraiman (centro), venne trasferita negli anni 60 a Techirghiol, in provincia di Costanza (sud-est della Romania). La chiesa del Monastero di Techirghiol, dove va a pregare tanta gente, che probabilmente ne sa la storia, ha fatto il più lungo viaggio. Ma anche la chiesetta di Horea, leroe romeno di una rivolta contadina di fine Settecento in Transilvania, venne trasferita da Albac, nellodierna provincia di Alba (centro-ovest), alla villa signorile che la famiglia dei Bratianu, che diede tantisssimi politici di spicco, possedeva a Florica, in provincia di Arges, nel sud del Paese. Poi, quando i Bratianu fecero erigere una grande chiesa proprio nel giardino della loro residenza, la chiesetta venne trasferita alle Terme di Olanesti, sempre nel sud, spiega ancora Simona Lazar.


    La nostra ospite svelato che la campionessa delle passeggiate, che ha anche una cuorisità particolare, fu la chiesa del paesino di Prejoaia — Livezi, in provincia di Bacau (est). La chiesa, eretta nel 18esimo secolo, fu trasferita varie volte dal paese di origine Orasa, in vari villaggi di montagna, per arrivare poi, dopo circa 120 anni, a Prejoaia, a due kilometri di distanza da Orasa, quindi dal luogo di nascita. (foto Simona Lazar e Valentin Tigau)

  • Un inventore romeno a Bruxelles

    Un inventore romeno a Bruxelles


    L’inventore romeno Corneliu Birtok-Baneasa ha vinto la medaglia d’oro al Salone Innova del Concorso Internazionale Bruxelles – Eureka, per un filtro d’aria che riduce il consumo di carburante di fino al 15%. Allo stesso evento, la delegazione di inventori della Croazia ha conferito al romeno il Premio speciale ARCA. Corneliu Birtok-Baneasa ha costruito il primo filtro d’aria per la sua auto, una Dacia 1300, 12 anni fa.


    Il filtro di Corneliu Birtok Baneasa non ha carcassa, bensì un diffusore che aumenta la velocità dell’aria aspirata. Così aumenta la potenza del motore di fino all’8-9%. In parole semplici, non dobbiamo più accelerare, come per il filtro classico, e si risparmia come consumo del 10 — 12%. Nel 2002 ho cominciato a diversificare questi filtri a seconda della loro posizione di montaggio sull’auto, delle loro dimensioni e così ho inventato anche il filtro di ultra-aspirazione rovesciato, premiato nel passato a Bruxelles, Ginevra, Mosca e nel Kuweit”, spiega l’inventore.


    Abbiamo chiesto a Corneliu Birtok Baneasa quanto sono importanti questi premi internazionali per un inventore. Sono importanti per la possibilità di far note le proprie idee e di trovare un investitore. Grazie a questi premi, l’investitore si è fidato della mia idea. Essendo apprezzato a livello internazionale, ho potuto fare un partenariato. Senza supporto finanziario un’idea è solo un brevetto. Per un affare ci vuole un consistente sostegno finanziario”, aggiunge il nostro ospite.


    A Deva c’è già una piccola fabbrica che produce 20 filtri all’ora. Corneliu Birtok-Baneasa dice che se la domanda aumenterà, allora saranno aperti anche altri centri di lavoro del genere. Chi sono i suoi clienti? Si penserebbe che le grosse compagnie produttrici di auto. Invece lo cercano di più le persone direttamente interessate a sapere quanto consuma la propria macchina. I filtri dell’ingegnere romeno possono essere adattati ad auto piccole, ma anche ad autobus, dalla cilindrata compresa fra gli 800 e i 15.000 mila cm cubi.


    I filtri si vendono in un kit che permette quattro tipi di montaggio, che si fa in officine autorizzate dal Registro Auto Romeno per beneficiare anche di garanzia. Il prezzo in negozio è di circa 75 euro. La durata media di impiego è di 20.000 km, quindi si sostituisce l’elemento di filtraggio che costa attorno ai 12 euro. A Deva si lavora ogni giorno per qualcosa di nuovo. Corneliu Birtok Baneasa si è orientato ultimamente verso il design di filtri speciali, destinati alle auto da rally.

  • Motivi tradizionali nell’opera dello scultore Constantin Brancusi

    Motivi tradizionali nell’opera dello scultore Constantin Brancusi


    Personalità di fama mondiale, lo scultore romeno Constantin Brâncuşi è considerato il padre della scultura moderna. Nel contempo, la sua opera è fortemente ispirata alla cultura tradizionale romena. Il complesso monumentale di Târgu Jiu, progettato e costruito in pietra da Constantin Brâncuşi alla memoria degli eroi romeni caduti nella prima guerra mondiale, è formato di tre opere disposte dall’ovest verso est — Il Tavolo del Silenzio”, La Porta del Bacio”, La Colonna Senza Fine”.


    Lungo il tempo, le sculture di Targu Jiu sono state diversamente interpretate, in molti registri. Ad esempio, Il Tavolo del Silenzio”, rotonde e circondato da dodici sedie, è stato considerato sia un simbolo di Cristo in mezzo agli apostoli, che un posto diviso dalle fazioni nemiche prima del confronto. Nonostante ciò, Brancusi l’ha definita il tavolo degli affamati”. Nel concetto dell’artista, era il tavolo contadino, attorno al quale si radunava la famiglia, la sera, dopo aver lavorato sui campi, o agli eventi importanti per la vita della comunità. La grande distanza tra le sedie e il tavolo può simboleggiare il rispetto del contadino per questo rito, occasione di recupero delle forze e di riflessione in comune.


    La Porta del Bacio” traspone in visione moderna la monumentalità e i significati dei portoni delle case contadine. Simbolo del passaggio in una nuova dimensione, il portone è, per tradizione, sia elemento di delimitazione dello spazio fisico, che delle tappe della vita. Il filosofo Mircea Eliade diceva (citiamo): Ci sono alcuni temi della nostra letteratura popolare molto ricchi dal punto di vista drammatico. Ad esempio il portone/la porta, che ha nella vita del popolo romeno il ruolo di un essere magico, che veglia a tutti gli atti capitali della vita dell’individuo: il matrimonio, come il funerale, con cui si chiude il ciclo e la porta resta a vegliare, altre nascite, altre nozze, altre morti”.


    « La Colonna Senza Fine », formata di elementi ripetitivi, può essere interpretata come la ciclicità della vita su un’asse infinita del tempo, sembrando unire la terra al cielo. Sebbene abbia emigrato in Francia, dove ha costruito e svolto la sua intera carriera di scultore, Brancusi ha continuato a condividere agli altri il modo di vivere e di pensare del contadino romeno. Il poeta e saggista Laurian Stanchescu ci evoca alcuni brani delle confessioni del grande artista, del 1933, quando Brancusi viveva a Parigi.


    Il contadino dell’Oltenia non ha tempo per bere tra 20 e 40 anni, in quanto impegnato a far prosperare la sua nuova masseria. Al matrimonio balla con la sposa, brinda con tutti gli ospiti, in quanto ha l’obbligo di rispettare le usanze delle nozze. Partecipa ai consigli e ad altri eventi solenni, la domenica può fare una breve sosta a bere un bicchiere all’osteria del villaggio, e a volte si ferma solo a guadare i danzerini al centro del villaggio. I giovani ballano allegramente, mentre gli uomini sposati, tra i 40 e i 60 anni, bevono e guardano i ballerini. In campagna non ci sono spettacoli, come a Parigi o a Bucarest, ma c’è solo il lavoro di sei giorni — e si fa festa solo il settimo giorno. Dopo i 60 anni, un contadino dell’Oltenia, non beve più. Altrimenti il vecchio è preso in giro dai figli, i nipoti, le sorelle, i generi. Non ha più forza fisica, nè finanziaria. Il vecchio non lavora più, non ha motivo, dunque diritto, nè di gioire, nè di rattristarsi troppo. L’uomo tra 60 e 80 anni è ormai solo nonno dei propri nipoti, cui deve impartire dalla sua esprienza di vita”, spiega Laurian Stanchescu.


    Buon conoscitore delle usanze del villaggio della Romania meridionale, lo scultore Constantin Brâncuşi è stato ispirato dalla dinamica dello spazio e del tempo della tradizione romena, una trasformazione continua, profonda e naturale.