Category: Raccontare Romania

  • In caiacco, da Giurgiu a Venezia

    In caiacco, da Giurgiu a Venezia

    A 49 anni, Lucian Ionescu è stato il proprietario di un piccolo mobilificio di Bucarest. Tre anni fa ha cominciato a costruirsi da solo un caiacco. Sportivo professionista da giovane, Lucian ha riscoperto il canottaggio nel 2005. Purtroppo, siccome è molto alto, difficilmente poteva trovare un caiacco su misura”, cosicchè si è visto costretto a costruirselo da solo. Dice che non è così difficile come sembra.



    Non è complicato costruire un caiacco, ma ci vogliono molta attenzione e pazienza. A un caiacco tutto è curvo, non c’è linea dritta, ha tre sezioni che devono essere stagne, poi ci sono certi standard di flessibilità. E’ durata circa tre anni la costruzione, ma ho lavorato quando avevo tempo e soldi. In realtà, in sei giorni si può fare”, dice Lucian Ionescu.



    Vvoleva viaggiare su distanze più lunghe, perchè pensava di andare addirittura dalla città di Giurgiu, sita nel sud della Romania, a Venezia. Ha pubblicato su Facebook i suoi piani, sperando di trovare sponsor. Andrò sul Danubio fino a Sfantu Gheorghe. Poi verso sud sul Mar Nero, attraverso il Bosforo, il Mar Marmara, i Dardanelli, verso l’Egeo. Andrò sulla costa turca fino a Marmaris. Proseguirò per Rodi, in Grecia, poi per Karpathso, nel sud della Creta, la Grecia continentale sulla costa del Mar Ionio, fino al confine con l’Albania. Qui, se farà bel tempo, tenterò una traversata verso l’Italia. Poi, sempre se farà bel tempo, attraverserò l’Adriatico verso Lastovo, in Croazia. Se no, seguirò la costa italiana fino a Venezia.”



    Lo scorso maggio il caiacco era pronto. L’ha caricato ed ha cominciato il suo giro, dotato solo di una tablet e un cellulare. E’ tornato a dicembre, poco prima delle Feste, percorrendo i circa 1500 kilometri che separano il porto romeno di Giurgiu da Venezia, in 7 mesi. 270 di questi kilometri li ha percorso a piedi, tirando il caiacco con una specie di briglia. Ha dovuto superare dei piccoli problemi ai confini, perchè le imbarcazioni sotto i 7 metri di lunghezza non hanno targhe. Immaginate il dilemma dei doganieri, che non potevano registrare il caiacco di Lucian Ionescu.



    Non hanno delle soluzioni, perchè al solito le barche non varcano i confini. Passano dei panfili, delle navi, ma non delle barche. Ma tutte le polizie di frontiera hanno manifestato la massima apertura. Mi è stato detto di scrivere un documento che loro avrebbero timbrato. Mi è stato detto ovunque è cittadino europeo, ha il diritto di entrare, il problema è nostro”. In Turchia ho avuto grandi emozioni, perchè non è un Paese comunitario. Il primo porto di ingresso è a 170 km da Tarevo, della Bulgaria. Non avevo il permesso di attraccare prima di un porto di ingresso. Ho preso contatto con la Guardia costiera turca e mi hanno detto di non fermarmi che sulla spiaggia, di non dormire nelle città, finquando non raggiungo Istanbul, e una volta arrivato, devo andare subito alla polizia di confine per fare i documenti. E così ho fatto, ci sono andato, ho detto chi ero e cosa facevo e l’ufficiale mi ha detto un’unica parola: Go!”, ricorda Lucian.



    Da Bucarest, sua moglie sorvegliava il suo percorso, teneva il contatto con le autorità, si assicurava che tutto andasse bene. Ovunque sia andato, Lucian Ionescu ha incontrato persone disposte di aiutarlo. A Salonicco è stato accolto calorosamente da un folto gruppo di romeni.



    Il nostro console a Salonicco mi ha accolto al Consolato, abbiamo fatto delle foto, poi ha organizzato una cerimonia, si è congratulato con me. Le autorità romene sono state molto contente della mia iniziativa e mi hanno sostenuto nel mio giro”, ci racconta. Ha legato amicizie, ha visitato le zone meno turistiche dei Paesi attraversati, ha circa 2000 amici sulla pagina di Facebook, dove caricava giornalmente delle foto dai suoi viaggi. A Venezia si è fermato un solo giorno. Era atteso da sua moglie, accanto alla quale ha fatto il viaggio di ritorno, nella macchina di un amico.



    7 mesi sono volati come 7 minuti, dice Lucian Ionescu. Sua moglie, Cornelia, il suo principale fan, parla con serenità del prossimo progetto di Lucian: dal Mar Bianco al Mar Nero. Finchè fa quello che sente e non si complica la vita, va aiutato. Non ho mai avuto paura per lui, non ho mai pensato quando prendevo appunti sulle coordinate in cui si trovava, che non sarebbe più tornato. Ho sempre sperato che tutto vada liscio”, dice la moglie.



    Abbiamo chiesto a Lucian Ionescu cosa ha scoperto nel suo straordinario viaggio. Ho scoperto la gente, questa è stata la mia più importante scoperta. Ho dovuto lasciare il Paese e usare facebook per scoprire che c’è gente perbene ed entusiasta accanto a me, proprio a Bucarest. In secondo luogo, posso dire di aver riscoperto me stesso, ho conosciuto i miei limiti. Sono passato per delle situazioni difficili, ma ci sono riuscito”, conclude Lucian Ionescu.



    Per il suo futuro viaggio, non ha ancora soldi. Ma, dice lui, di sicuro ci riuscirà anche la seconda volta….Per ora sta scrivendo un libro sul primo viaggio in caiacco, da Giurgiu a Venezia.

  • Brancusi in miniatura

    Brancusi in miniatura

    La città di Târgu Jiu, capoluogo della provincia di Gorj (sud-ovest della Romania) è famosa per custodire le opere all’aperto di Constantin Brancusi (1876-1957), ritenuto il padre della scultura moderna e il più grande scultore del Novecento. Il complesso scultoreo Constantin Brancusi di Târgu-Jiu include il Tavolo del silenzio, la Porta del bacio e la Colonna senza fine, le prime due in pietra, mentre la terza, alta quasi 30 metri, è fatta di moduli di bronzo.



    “Vorrei che le mie opere fossero erette nei parchi e giardini pubblici, affinché i bambini possano giocare su di esse, come giocassero sopra le pietre e i monumenti nati dalla terra; che nessuno sapesse cosa rappresentano e da chi sono fatte – ma che tutti sentissero il bisogno e l’amicizia di esse, come fosse qualcosa che fa parte dallanima della Natura”, diceva l’artista.



    Come per avverare questo sogno del grande Brancusi, due artisti romeni hanno avuto l’idea di realizzare, di recente, le repliche in miniatura di queste opere, che sono diventate giocattoli attraenti, di grande successo.



    All’inizio, la Porta del bacio è stata trasformata in anello di dentizione. Poi, ogni pezzo della Colonna senza fine è stato reinterpretato in maniera diversa. Lo stesso anche per il Tavolo del silenzio, nel cui pilastro centrale sono state introdotte le miniature della 12 sedie che la circondano, simbolo dei 12 mesi dell’anno.



    Tagliate in legno laccato e bel colorito, le repliche miniaturali delle opere di Brâncuşi, di Târgu Jiu, sono ormai giocattoli di successo. Ce l’ha confermato Gabriel Boldiş, uno dei promotori del progetto Minitremu e rappresentante dell’omonima associazione dallo stesso nome.



    “Minitremu è un’iniziativa con cui tentiamo di portare l’arte nella vita dei bambini. Ricordo che, da piccolo, avevamo accesso all’arte solo tramite le visite guidate, in cui sentivamo solo indicazioni tipo “non toccare”, “attenti”… Era quello l’accesso all’arte, o attraverso alcuni album, di cui dovevi voltare le pagine con massima attenzione. Noi tentiamo di fare dell’arte qualcosa di tangibile. I bambini hanno bisogno di sperimentare, di toccare, di rompere, di interagire con le opere d’arte. Da questo punto di vista, Minitremu cerca di togliere l’arte dalla zona sacra, elevata, e di portarla al livello ludico, dell’infanzia. L’idea con le opere di Brancusi mi è venuta mentre guardavo dei bambini che giocavano nella sabbia, con tanti giocattoli, da soli, isolati. I genitori tentano di compensare la loro lunga assenza dalla vita dei figli, con oggetti, giocattoli. Abbiamo ritenuto opportuno che certi oggetti, che non hanno ancora senso per i bambini, assumino un significato più intenso, che obblighino in qualche modo anche i genitori a dare delle spiegazioni e ad avere un rapporto con i figli. Così sono nati questi giocattoli. Minitremu è come un diminutivo per Monotremu, termine della biologia, che descrive esseri che possiedono le caratteristiche di più specie”, spiega Gabriel Boldiş.



    Il set modulare non è una prima nel mondo dei giocattoli che ispirati dal mondo del design. Frank Lloyd Wright e Le Corbusier sono stati allevati con “i regali” dell’educatore Froebel e altre forme di giocattoli costruttivi. La famosa Alma Siedhoff-BuscherIn ha creato una serie di giocattoli sulla base dei principi pedagogici, utilizzando colori primari, la geometria semplice e le astrazioni. La scommessa degli artisti di Minitremu con i genitori romeni è stata vinta.



    I set di giocattoli ispirati alle opere di Brancusi sono abbastanza cari da richiamare l’arttenzione a coloro che decidono di comprarli. Sono ben realizzati, i colori sono belli, i bordi sono arotonditi, le lacche adoperate non sono tossiche. Sono prodotti fatti a mano, di piccola serie, solo dietro ordinazione — dunque ci si deve aspettare poco per averli, giusto quanto far incuriosire coloro che pagano per questi “giocattoli metafisici”, come li definisce l’artista.



    “L’opera di Brancusi è monumentale e tramite essa abbiamo accesso a concetti metafisici: il tempo, lo spazio, l’asse del mondo. Noi abbiamo segmentato questi concetti e li abbiamo coloriti. I bambini possono toccare il tempo se prendono la Tavola del silenzio, ad esempio. A prima vosta sembrano giocattoli che non esprimono nulla, ma messi insieme, possono assumere un senso. Sono giocattoli che non inducono ai bambini il ruolo di principessa o di cavaliere, non impongono delimitazioni chiare, ma lasciano libera la fantasia, la stimolano. Non abbiamo mai suggerito ai bambini come giocare con questi oggetti. Ma, a quanto abbiamo visto, sono contenti di toccarli, di costruire con loro, abbinando i vari colori. Noi abbiamo puntato soprattutto sulla prospettiva artistica, ma ora ci rendiamo conto del loro vero valore pedagogico. E’ chiaro il piacere dei piccoli di costruire e di contemplare la nozione di equilibrio e di cromatica”, aggiunge Gabriel Boldiş.



    Nel 2013, gli artisti di Minitremu hanno avviato una raccolta dei fondi per realizzare una serie di mille pezzi di ogni giocattolo. La somma, non ancora raggiunta, avrebbe diminuito a metà il prezzo e avrebbe aiutato gli artisti a raggiungere il loro scopo: quello di creare arte per i bambini, anzichè un giocattolo esclusivista. Più di tutto, questa campagna svolta sul sito Indiegogo, ha portato loro la notorietà, dice Gabriel Boldiş.



    “La campagna riscuote tanto successo, perchè si basa su molte persone che hanno diffuso l’informazione con il passa parola. Se riusciremo a raccogliere i fondi o meno, non ha più importanza, rispetto al sostegno già ricevuto, che ci stimola a continuare”, conclude l’artista.

  • Evento commemorativo dedicato a Sorana Coroama Stanca

    Evento commemorativo dedicato a Sorana Coroama Stanca

    Il 24 gennaio, l’Associazione degli Italiani in Romania – RO.AS.IT. — organizzerà presso la sua sede a Bucarest un evento commemorativo dedicato all’eccezionale personalità di Sorana Coroama Stanca, drammaturga, regista, sceneggiatrice, critica teatrale e docente universitaria romena, che si spense nel 2007, a quasi 86 anni. Figlia della musicista Mansi Barberis e nipote di Marguerita Cazaban, discendente di un’antica famiglia franco-italiana stabilitasi in Moldova, nel nord-est della Romania, dalla quale traggono le loro origini grandi personalità del mondo artistico romeno, tra cui lo scultore Ion Irimescu, Sorana Coroama Stanca fu membro di spicco della comunità italiana in Romania e presidente d’onore della RO. AS. IT.



    Dal titolo ”Con e su Sorana Coroama Stanca”, l’evento, curato dalla RO. AS. IT. e dalla famiglia della compianta regista, riunirà parenti, amici stretti, ex studenti e collaboratori, che recheranno un omaggio alla sua personalità ed attività proprio nel giorno in cui ricorrono 93 anni dalla sua nascita. Sorana Coroama Stanca, che formò più generazioni di artisti, fu regista presso alcuni dei più importanti teatri romeni, tra cui “Bulandra”, “Nottara”, il Piccolo Teatro di Bucarest, il Teatro Nazionale di Iassi e il Teatro di Operetta di Bucarest, di cui fu anche direttrice. Scrisse numerose pieces teatrali e mise in scena spettacoli della drammaturgia classica e contemporanea nell’ambito di tourneè teatrali in Romania e all’estero, realizzò una delle prime due serie televisive prodotte in Romania, “I Musatini” e fece parte delle giurie di vari festival e concorsi del mondo teatrale. Firmò la regia di oltre 190 spettacoli di teatro, tra cui la commedia “Cose di carnevale” del sommo drammaturgo romeno I. L Caragiale. Oltre ai tanti premi e riconoscimenti ottenuti, tra cui il Premio alla Carriera dell’Unione dei Teatri della Romania (UNITER), Sorana Coroama Stanca fu insignita degli Ordini Nazionali “al servizio fedele” in grado di cavaliere e “al merito culturale” e del titolo di Doctor Honoris Causa” dell’Università d’Arte “George Enescu” di Iassi (città nel nord-est della Romania).



    “Sorana Coroama Stanca è stata un’esponente emblematica della nostra associazione. Aveva una duplice discendenza tramite i suoi nonni e bisnonni. Sua madre, Mansi Barberis, anche lei una grande personalità della cultura romena, e sua nonna avevano antenati nel Piemonte, mentre il padre era di discendenza francese, della famiglia dei Cazaban. Amici, ex studenti, colleghi e collaboratori renderanno, questo venerdì, un omaggio alla personalità della compianta regista, che lasciò un’importante eredità, di cui basta ricordare la trilogia de “I Musatini”, serie televisiva a tema storico, e gli spettacoli teatrali tratti dalle commedie di Caragiale. Fu stretta amica e sostenitrice della nostra associazione, sviluppando assieme a noi numerosi progetti culturali. L’evento commemorativo, che celebrerà la sua personalità artistica, inizierà con un Ave Maria, che piaceva tanto a Sorana Coroama Stanca, che sarà interpretato dal tenore Antonio Furnari. Seguirà la proiezione di un filmato realizzato dalla produttrice televisiva Anca Filoteanu, grazie al quale i partecipanti potranno rivedere e risentire Sorana Coroama Stanca. All’evento saranno presenti anche rappresentanti di spicco del mondo teatrale romeno che Sorana Coroama Stanca formò come docente e regista, talenti scoperti da lei, tra cui le attrici Ilinca Tomoroveanu, Olga Delia Mateescu e Cristina Deleanu ed amici di famiglia, tra cui la filologa Sorana Georgescu-Gorjan. Il programma si concluderà con un recital di pianoforte”, ha raccontato a RRI la vicepresidente dell’Associazione degli Italiani in Romania, Ioana Grosaru.


  • L’Accademia itinerante del regista Andrei Serban

    L’Accademia itinerante del regista Andrei Serban

    “Credo che un simile volume sia unico in Romania. E c’era bisogno di qualcosa del genere, di documentare un fenomeno unico, del tutto straordinario…”. Lo ha detto il critico teatrale Monica Andronescu alla presentazione del volume “L’Accademia Itinerante Andrei Şerban — Il libro dei Laboratori”, pubblicato dall’Editrice Nemira, da lei ha coordinato, assieme a Cristiana Gavrilă.



    Abbiamo a che fare con un evento culturale che ha al centro Andrei Serban, grande regista teatrale di origine romena che ha debuttato con successo in Romania, dopo di che si è stabilito negli Stati Uniti negli anni 70. Andrei Serban vanta una grande carriera internazionale: ha messo in scena spettacoli teatrali e di opera in oltre 39 Paesi e ha insegnato in decine di università del mondo: nel 2007, Andrei Şerban ha promosso, assieme all’allora direttrice dell’Istituto Culturale Romeno di New York, Corina Şuteu, una serie di laboratori di creazione teatrale, specialmente per i giovani. Il nome scelto: Accademia Itinerante. Gli workshop erano aperti non solo agli attori, registi, scenografi o musicisti, ma anche a coloro rimasti giovani nello spirito, persino di altre professioni. E il libro pubblicato da Nemira ricostruisce l’immagine “misteriosa” dell’Accademia di Andrei Serban.



    Alla presentazione del libro, il regista ha voluto dissipare un po’ questo mistero. “Cosa ci manca? Di cosa abbiamo bisogno ? Simili domande sono state la fonte delle nostre attività. Perchè lavoriamo in campi diversi, ma a ognuno manca qualcosa o ha bisogno di qualcos’altro. Nello stesso tempo, ci ritroviamo tutti in questa brama di ricercare l’essenza delle cose. I laboratori sono stati per tutti noi, un’evasione”, ha spiegato il regista.



    I laboratori organizzati finora nell’ambito dell’Accademia itinerante si sono svolti in posti di grande carica culturale per i romeni: nel paese di Plopi, nei Carpazi Occidentali, a Horezu (sud), a Ipoteşti (nord-est) e a Mogoşoaia (nei pressi di Bucarest, ex corte del principe illuminista Costantino Brancovan). Ogni laboratorio ha avuto un altro tema. Il primo, più speciale, è stato ispirato dal libro “Confessione a Tanacu” di Tatiana Niculescu Bran ed ha avuto come risultato uno spettacolo presentato d’altronde anche sul palcoscenico del famoso Teatro “La MaMa” di New York. Il libro ha ispirato anche il film “Oltre le colline” del regista Cristian Mungiu, che al Festival di Cannes del 2012 ha vinto il premio per la sceneggiatura e quello per le migliori attrici protagoniste.



    Tornando all’Accademia Itinerante, Andrei Şerban ha aggiunto che “il primo laboratorio, nei Carpazi Occidentali, è stato un tentativo per vedere come ci possiamo incontrare – persone che non ci conoscevamo, attori, musicisti, artisti figurativi, scrittori; siamo vissuti come in un campeggio, per 10 giorni, cercando di ritrovare dei punti comuni di interesse. Il secondo workshop, a Horezu, si è concentrato sulla vita e l’opera di Constantin Brancusi, il padre della scultura moderna. Siamo diventati una grande famiglia. Si stava insieme dalla mattina alla sera. A pranzo si mangiava insieme, tutti alla stessa tavola, in un’atmosfera di grande condivisione e di grande rispetto reciproco”, ha detto il regista.



    A Ipotesti, l’attenzione è puntata sul sommo poeta classico romeno Mihai Eminescu, con la sua vita e opera, mentre a Mogoşoaia abbiamo cercato spunti nelle vite e opere di due grandi drammaturghi – il classico romeno Ion Luca Caragiale e Shakespeare.



    E’ difficile poter cogliere l’essenza di questi incontri in un libro…Monica Andronescu ha spiegato come ha strutturato il volume “L’Accademia Itinerante Andrei Serban — il Libro dei Laboratori”.



    “Il libro è una raccolta di testimonianze, storie vissute sul posto, molte interviste, saggi. A lettura ultimata si rimane col sentimento di aver conosciuto una scuola che aiuta a imparare ma anche a vivere, vivere dentro il teatro e fare del teatro. Come struttura del libro, ho pensato di iniziare con una introduzione di Andrei Serban, per spiegare cosa significa per lui questa Accademia; ho voluto continuare con il testo di Corina Şuteu, grazie alla quale esiste questo libro. Quindi ho presentato il primo laboratorio e ho continuato con le testimonianze dei partecipanti agli altri laboratori, di Horezu, Mogoşoaia e Ipoteşti. Il libro si conclude con un altro testo di Andrei Şerban”, dice Monica Andronescu.



    Tra le interviste si annovera quella dell’attore Marius Manole, il quale ha dichiarato alla presentazione del libro che il suoincontro con Andrei Serban è avvenuto a Horezu, in un workshop che non dimenticherò mai.



    ”Fu per me una grande rivelazione. Perchè avevo un po’ perso la fiducia nel teatro, in quanto vedevo che le cose non andavano come mi sarebbe piaciuto. Ho avuto modo di incontrare lì un gruppo di attori molto bravi di tutto il Paese e ci è stato dimostrato che un attore ha un’immensa capacità di lavoro, che può svegliarsi all’alba e lavorare fino la sera tardi se lo interessa quello che fa, che uno spettacolo si può fare anche in 5 o 6 giorni, che la nostra fantasia è straordinaria, a condizione che qualcuno sappia guardare dentro di noi e sappia spingerci a portare alla luce tutto ciò che abbiamo di meglio dentro di noi… Non crederò più che in un cattivo spettacolo la colpa è dell’attore”, ha detto l’attore.



    Il regista Andrei Serban ha definito così l’essenza dell’Accademia Itinerante. “Questi laboratori possono essere una fonte per quelli giovani — spiritualmente giovani — a raggiungere un nuovo livello. E’ un’inizio di strada verso una nuova educazione, che nessuno di noi ha mai avuto. I laboratori funzionano come un campanello d’allarme. Matisse diceva dell’arte che è come una poltrona confortevole. In altre parole, è come una droga. Ha tutte le chance di addormentarti, di renderti passivo. Il teatro è, purtroppo, molte volte pure oggi, un sedativo, con poche eccezioni. Ma noi non dobbiamo arrenderci, dobbiamo evadere!”

  • Usanze di Capodanno

    Usanze di Capodanno

    Come ogni evento importante, anche il Capodanno è caratterizzato da antichi costumi, che si conservano ancora nei villaggi romeni. Alla vigilia del Capodanno, si continua l’usanza dei canti iniziati a Natale.



    Prima arrivano gruppi di bambini con il “Pluguşor” (che significa “piccolo aratro”) — un antico rituale agrario. Gruppi di bambini vanno per le case suonando i campanelli e schioccando le fruste. L’augurio che loro recitano è un lungo poema che presenta la successione dei lavori agricoli.



    Durante la notte, il corteo del Pluguşor è amplificato da schiere di ragazzi che camminano mascherati, vestiti in costumi di una fantasia straordinaria, che rappresentano le più strane creature mitologiche e percorrono i villaggi alla vigilia del Capodanno e persino nel primo giorno del Nuovo Anno, ricordando le vecchie feste connesse al culto della fertilità.



    A Capodanno, nei villaggi della Bucovina (nord) ti accoglie un’atmosfera unica, di intensa emozione. Il Capodanno è considerato uno dei più favorevoli momenti per fare previsioni sul tempo o sui futuri raccolti. Si facevano calendari dai fogli di cipolla e si poteva prevedere quali mesi del prossimo anno sarebbero stati piovosi o siccitosi, e con l’aiuto di carboni accesi si potevano anticipare i raccolti del successivo anno.



    La contrada di Oas (nord-ovest della Romania) è conosciuta come una zona particolare, con usanze molto particolari. Ad esempio, a Capodanno si svolge una specie di gara tra bande di ragazzi e di musicisti vestiti di abiti tradizionali che vanno da una casa all’altra per ballare con tutte le ragazze e le donne più anziane.



    Oltre all’appendere rami di vischio in casa come portafortuna, una delle usanze più comuni a Capodanno è quella di fare gli auguri con la “Sorcova” a Capodanno è la gioia dei bambini, che reggono nelle mani il ramoscello pieno di mughetti, rotto da un albero che svolge il ruolo di una bacchetta magica, in grado di trasmettere vigore e giovinezza.



    Modesti e profumati, i fiori acquistano un significato vitale sotto il gelo dell’inverno quando la “sorcova” si accompagna al cantico della vita. “Che viviate fioriti…”, assimilati con la stessa vegetazione che dischiude la stagione nell’agricoltura, “simile ai meli e ai peri, in mezzo all’estate…” sono alcuni dei versi del canto augurale che si fa a Capodanno.



    Buon anno e a rissentirci nel 2014!


  • Usanze di Natale e auguri dalla Bucovina

    Usanze di Natale e auguri dalla Bucovina

    Radio Romania Internazionale vi rivolge i migliori auguri di Buon Natale e vi offre un programma speciale dedicato alla Natività di Cristo e a scoprire le usanze e le tradizioni dei romeni.



    Le Feste Natalizie cominciano in Romania, Paese a maggioranza ortodossa, il 6 dicembre, con la Festa di San Nicola, quando i bambini aspettano Babbo Nicola — la nostra Befana – a riempire gli stivali con dolcetti e regalini. Le celebrazioni, in cui, come vuole la tradizione, la famiglia è tutta riunita attorno allalbero di Natale, passano per la festa di Capodanno, per concludersi con la Festa di San Giovanni, il 7 gennaio. Le tradizioni si sono meglio conservate soprattutto negli ambienti rurali, dove gli auguratori vanno da una casa all’altra per annunciare la Natività.



    Come tradizione gastronomica, a Natale si preparano gli involtini di carne suina tritata, in foglie di verza in salamoia, salsicce, arrosto di maiale, e sottaceti come contorno. Il dolce tradizionale è il panettone al cioccolato e noci, ma spiccano anche le torte e tanti altri dolcetti. In alcune regioni del Paese si prepara anche una immensa ciambella di impasto intrecciato, addobbata in un modo speciale, chiamata “Natale”.



    Una della regioni in cui le usanze natalizie e i costumi si conservano perfettamente e vengono tramandati da una generazione all’altra è la Bucovina, la bellissima contrada del nord della Romania, che vanta i numerosi monasteri patrimonio dell’Unesco, tra cui spiccano quella di Voronet, nota anche come la Sistina dell’Oriente, per il suo affresco raffigurante il Giudizio Universale, ma anche quelle di Patrauti, Humor, Arbore o Sucevita. Una regione “raccontata” agli ascoltatori da Radio Romania e Radio Rai a settembre 2013, sul cammino della “Via dei faggi”, dedicato all85esimo anniversario del servizio pubblico di Bucarest.



    Radio Romania Internazionale è andata a trovare, per via delle onde, padre Gabriel Herea, il parroco della Chiesa di Patrauti, in provincia di Suceava, costruita nel 1487 dal principe moldavo Stefano il Grande, che regnò dal 1457 al 1504.



    La Chiesa Santa Croce di Patrauti è il più vecchio luogo di culto conservato in forma originale tra quelli fondati dal principe Stefano. E’ anche la più vecchia chiesa ortodossa monumento Unesco in Romania, nel cui patrimonio è stata inserita nel 1993, la più vecchia chiesa costruita in stile moldavo e anche la chiesa con i più antichi affreschi interni ed esterni della Moldavia.



    Dal 2003 al 2007, su iniziativa di padre Gabriel Herea e della moglie Anca, in questa casa è stata ripristinata l’atmosfera ottocentesca, e nell’estate del 2007 è stato aperto un museo, dovuto allo sforzo finanziario della famiglia del prete. Successivamente anche altre persone hanno appoggiato il progetto.



    In un collegamento con Radio Romania Internazionale, Padre Gabriel Herea ha parlato del significato delle feste natalizie e ha spiegato come si preparano gli abitanti della Bucovina ad accogliere le feste natalizie.



  • Perchè s’innamorano gli stranieri della Romania?

    Perchè s’innamorano gli stranieri della Romania?

    In Romania vivono molti stranieri, in maggioranza imprenditori, ma anche professori, giovani che vengono a studiare o rappresentanti delle varie organizzazioni nongovernative. A volte, scaduto il mandato di direttore in una multinazionale o il periodo di studi, decidono di stabilirsi in Romania. Abbiamo scoperto alcuni nel volume “Più romeni dei romeni? Perchè s’innamorano gli stranieri della Romania”, apparso quest’anno, a cura di Sandra Pralong, nota politologa e attivista civica.



    In questo libro, 45 stranieri più o meno noti al pubblico romeno, sono stati invitati dall’autrice Sandra Pralong a raccontare in che modo sono giunti in Romania e perchè hanno deciso di rimanerci, tra cui il fondatore del Servizio Medico di Emergenza, Rianimazione ed Estricazione, Raed Arafat, Peter Hurley, un irlandese innamorato della regione del Maramureş, o Leslie Hawke, giunta come volontaria dell’organizzazione americana Peace Corps in Romania, dove ha gettato le basi dell’Associazione Ovidiu Rom, diventata poi OvidiuRo. Ma come è nata l’idea di una simile raccolta di testimonianze?



    Sandra Pralong dichiara di aver voluto una continuazione del suo volume pubblicato nel 2010, “Perchè sono tornato in Romania”, in cui 40 personalità — connazionali in esilio durante il regime comunista o con carriere all’estero — raccontano perchè hanno deciso di rientrare nel Paese di origine. L’autrice considera che simili iniziative ci aiutano a vedere cosa hanno di meglio la Romania e i suoi cittadini.



    “Ci sono persone che hanno scelto la Romania. E, se ce l’hanno fatta, vuol dire che la amano, così com’è, con le sue luci e ombre. Mi è piaciuto mettere insieme uno specchio davanti a noi, per vederci meglio di quanto lo facciamo ogni giorno nello spazio pubblico”, spiega Sandra Pralong.



    La maggioranza dei protagonisti che raccontano la propria esperienza in questo libro vengono dall’Europa — Gran Bretagna, Italia, Svizzera, Francia, Olanda, Germania, Belgio, Grecia o Russia, ma anche dall’America del Nord, Asia, Africa o Australia. Ognuno con la propria storia di vita e la ragione per cui ha scelto di vivere in Romania. La selezione degli invitati è stata soggettiva, spiega Sandra Pralong.



    “Ho cominciato da chi conoscevo e cui ho chiesto di raccomandarmi altre 2-3 persone. Queste storie sono state raccolte in maniera molto interessante. A un certo momento ho voluto vedere se c’è un equilibrio tra nazionalità. Ma è venuto naturale che essi fossero abbastanza differenti, per riempire questo puzzle: 18 nazionalità di 5 continenti, sia uomini che donne”, aggiunge Sandra Pralong.



    Cosa apprezzano dei romeni ? La generosità, l’ospitalità, il mondo rurale o le usanze…Ovviamente, non mancano le critiche, che sono però, costruttive. Ad esempio, la paura di assumersi responsabilità professionali, a tutti i livelli.



    Uno dei 45 innamorati della Romania è Roberto Musneci, vicepresidente della Camera di Commercio Italiana per la Romania e vicepresidente fondatore dell’Istituto Aspen di Bucarest. Nel 2002, si è trasferito da Londra a Bucarest come manager generale di una importante multinazionale.



    Dopo parecchi anni vissuti in Romania, gli è stato proposto un incarico in un altro Paese, che ha rifiutato, preferendo di rimanere a Bucarest e fondare la propria compagnia. Perchè è rimasto? Roberto Musneci dice di non avere nemmeno oggi la risposta esatta.



    Tra le esperienze dei protagonisti del volume “Più romeni dei romeni? Perchè s’innamorano gli stranieri della Romania”, e quella di Sandra Pralong ci sono numerose somiglianze. La vita della curatrice del volume è una storia di successo — un esempio di romeno che è riuscito a farsi una carriera all’estero e che ha deciso di tornare a casa, per contribuire al rinvigorimento della società romena dopo le profonde ferite provocate da quasi metà di secolo comunista. Al suo nome si lega tutt’una serie di iniziative civiche ed educative molto note in Romania.



    “Da una parte sono romena al 110%, ma d’altra parte, vivendo di più all’estero, ho avuto modo di formarmi un altro tipo di riflessi. Mi sono ritrovata meglio nel “grido” di alcuni protagonisti del libro, per il bisogno di rispetto del proprio Paese. Credo che sia la cosa che più mi fa male. Quando sento che il mio Paese è denigrato, mi sento io stessa denigrata”, conclude Sandra Pralong.



    E siccome molti stranieri, tra cui l’architetto francese Paul Gottereau o lo scultore tedesco Martin Stöhr, hanno recato un importante contributo all’ammodernamento della Romania sotto il regno di Carlo I, nel libro che vi abbiamo presentato ritroviamo anche ritratti degli europei che hanno aiutato il sovrano a trasformare il Paese, delineati da Sandra Gătejeanu-Gheorghe, direttore del cerimoniale della Casa Reale di Romania.



  • George Emil Palade – il primo Nobel romeno

    George Emil Palade – il primo Nobel romeno

    George Emil Palade è il primo romeno Premio Nobel, di cui fu insignito nel 1974, per le sue ricerche nel campo della biologia cellulare, assieme ad Albert Claude, suo professore, e a Christian de Duve. Palade visse tra gli anni 1912-2008. La sua carriera cominciò in Romania, fino alla fine della seconda Guerra mondiale, dopo di che, nel 1946, emigrò negli Stati Uniti, dove fu assunto come ricercatore all’Università Rockefeller di New York.



    La notizia dell’assegnazione del Nobel trovò George Emil Palade nel Canada, all’Università Halifax della Nuova Scozia, dove teneva una serie di conferenze. Nel 1995, il Centro di Storia Orale di Radio Romania ha registrato i suoi ricordi sui momenti in cui accolse la notizia sul premio.



    “Avevo tenuto la prima conferenza e seguiva la seconda. Pochi minuti prima di cominciarla, mi chiamò al telefono la mia segretaria dell’Università Yale, la quale mi comunicò molto agitata che avevo vinto il premio. Le ho detto di calmarsi, di controllare la notizia e di richiamarmi. E andai a tenere la conferenza, al termine della quale il mio anfitrione venne a dirmi che la mia segretaria aveva richiamato e che era sempre più agitata. Questa volta aveva accertato la notizia, era ufficiale. Ho parlato con i miei amfitrioni e ho rinunciato all’ultima conferenza. E loro mi hanno organizzato una festa, alla quale hanno partecipato i docenti, i dirigenti dell’università e giornalisti. Ovviamente, ho dovuto rilasciare un’intervista alla stampa canadese, e accettai a condizione che mi venisse trovato un biglietto d’aereo, in quanto c’era il Giorno del Ringraziamento nel Canada e non si trovavano affatto biglietti d’aereo. Come prezzo dell’intervista mi fu trovato il biglietto, con cui venni a Boston e da lì, presi una macchina per arrivare a New Haven, a Yale, dove c’era grande fermento”, ricordava lo scienziato.



    Il più importante elemento delle ricerche di Palade fu la spiegazione del meccanismo cellulare della produzione di proteine. Ha messo in evidenza particelle intracitoplasmatiche ricche di ARN, al cui livello si realizza la biosintesi delle proteine, chiamate “ribosomi” o “corpuscoli di Palade”. Nel 1986, a George Emil Palade fu conferita negli Stati Uniti la medaglia nazionale per la scienza nella biologia, per “scoperte fondamentali nel campo di una serie essenziale di strutture sovracomplesse, con elevata organizzazione, presenti in tutte le cellule vive.”

  • Ritratto del calciatore Gheorghe Hagi

    Ritratto del calciatore Gheorghe Hagi

    Imprenditore, allenatore e calciatore romeno, è stato chiamato dai tifosi il Re del calcio romeno o Maradona dei Carpazi. Nella carriera ufficiale ha segnato 300 reti, di cui il 70% da distanza. E’ anche il migliore goleador della storia della nazionale romena. Con 35 reti segnate. Il nostro interlocutore è il famoso Gheorghe Hagi. Cominciò a giocare calcio a 10 anni, presso Farul Costanza, squadra in cui fece anche il suo debutto nella prima serie, a 17 anni. Seguì una vita dedicata al calcio.



    Posso dire che sono nato per giocare calcio. Il mio primo regalo ricevuto dai genitori fu un pallone da calcio e dopo, come ogni ragazzino nato in campagna, giocai a pallone per la strada, nei campi, ovunque portavo il pallone con me. Da allora non l’ho più lasciato. Adesso riconosco che è una vera passione. Amo il calcio, lo rispetto e credo di avergli dato moltissimo e di aver ricevuto moltissimo dal calcio”, dice Hagi.



    Come ha accolto l’invito a giocare nella nazionale? Con grande gioia. Era una grande sorpresa in quel momento. Dall’età di 13 anni ho fatto parte di tutte le squadre nazionali. L’unica eccezione — forse per il CT del momento e per la mia rapida crescita — fu la squadra nazionale Under 21. Dunque dai juniores sono passato alla nazionale grande a 17 anni. Dopo circa 7 partite giocate nella prima serie, sono stato chiamato direttamente alla squadra grande”, ricorda il grande calciatore.



    Quali sono i ricordi più belli di giocatore di club? Sono due cose distinte. La nazionale significa cuore, mentre i club significano interesse, perchè hai un contratto con loro. Con la nazionale non hai alcun contratto, solo se vuole ti chiama. Perciò ho detto che è un contratto del cuore, della passione. Nelle squadre dei club, ovviamente, ci sono i contratti. Nella mia carriera, ho dovuto prendere delle decisioni, in quanto ho sempre desiderato di crescere e così, dopo aver giocato per Farul, Sportul Studentesc, Steaua, dopo la Rivoluzione dell’89 sono andato a Real Madrid. Sono seguite l’esperienza del calcio italiano, con Brescia, il ritorno a Barcellona e i cinque stupendi anni a Galatasaray che coronano una bella carriera, piena di successi già dall’inizio. I successi sono giunti a tappe. Una tappa in Romania e un’altra nel calcio internazionale a grandissimi club. E’ stata una grande esperienza. Ogni tappa ha significato tanto per me. Ha contribuito alla mia educazione, alla mia crescita, al mio sviluppo di campione”, aggiunge Gheorghe Hagi.



    I ricordi più belli con la nazionale romena? Non li potevo evocare che in stretto legame con certe tappe, risponde Gheorghe Hagi. Dopo 18 anni di attività quale sarebbe il ricordo più bello ? La partita di debutto, la partita in cui hai segnato la prima rete, la prima presenza agli europei….Non posso dimenticare la prima rete segnata per la nazionale e il mio debutto agli Europei, tre campionati europei, tre mondiali… quale è stato più bello? Difficile da scegliere. Tutti sono stati belli. Ovviamente, in qualche occasione mi sono evidenziato di più, ogni discesa nel campo ha significato qualcosa. Si tratta di 18 anni. E molto difficile ricordare un unico momento. Se ci penso, ovviamente, ricordo la rete contro la Colombia, ai Mondiali d’America, la vittoria della Romania sull’Argentina.Tutte le partite hanno la loro importanza. Quei mondiali credo siano stati l’apice della nostra generazione, in cui avremmo potuto arrivare anche in finale. Cosa dire sulla nazionale? Tutti i ricordi sono stati belli, tutti i momenti, le reti, tutte le partite”, aggiunge Hagi.



    La generazione d’oro c’è stata, ha giocato e sono rimasti i risultati. La generazione attuale deve dimostrare ancora, dice il calciatore. Questa è la differenza. La generazione attuale deve dimostrare e raggiungere gli stessi risultati. Il resto per me sono solo parole. Abbiamo ottimi giocatori, talentuosi, sono giocatori romeni, come lo siamo stati pure noi, li sosteniamo, vogliamo che ci superino, per il bene di tutti. Apparteniamo a questo mondo del calcio e ognuno di noi è cosi che deve vedere le cose. Dobbiamo sostenere questi ragazzi, come lo siamo stati anche noi”, conclude Hagi.



    Il più noto calciatore romeno di tutti i tempi, non ha voluto lasciare in eredità solo i propri successi. Pensando al futuro del calcio romeno, seguendo il modello Ajax Amsterdam, Gheorghe Hagi ha fondato in Romania la più solida ed elaborata scuola di calcio, l’Accademia a lui intitolata.

  • Speciale Festa Nazionale 2013

    Speciale Festa Nazionale 2013

    Il 1 dicembre, la Romania celebra la sua Festa Nazionale, che ricorda la Grande Unione del 1918, il momento più rappresentativo della sua storia: l’unità di tutti i connazionali in un unico stato. Portavoce della romanità orientale, i romeni hanno conservato inalterata la loro lingua e il proprio nome, un rimando all’eterna Roma, come ricorda l’Istituto Romeno di Cultura e Ricerca Umanistica di Venezia che celebra la Festa Nazionale con la tournée “SoNoRo Bucharest Festival On Tour”, dal 29 novembre al 1 Dicembre 2013 a Verona, Torino e Venezia.



    Gli eventi sono organizzati con il sostegno finanziario dell’Istituto Culturale Romeno di Bucarest e in collaborazione con il Consolato Generale della Romania a Trieste, l’Associazione Open Onlus di Verona, il Comune di Torino e il Consolato Generale della Romania a Torino, sotto il patrocinio dell’Ambasciata di Romania in Italia, delle Regioni Veneto e Piemonte, delle Provincie e di Verona, Torino e Venezia, nonchè dei Comuni di queste tre città.



    E’ per la nostra Festa Nazionale vogliamo andare anche a Roma, per ricordare sempre le origini del nostro popolo, nato in seguito alla conquista della Dacia dall’imperatore Traiano nel 106 dopo Cristo. Nel 2013 sono ricorsi 1900 anni dall’inaugurazione del Foro di Traiano, dove si trova anche la famosa Colonna alta 38 metri, che raffigura scene dalle guerre tra i daci e i romani.



    Sicuramente le decine di migliaia di romeni che vivono a Roma la guardano come il documento storico della nascita della propria nazione. Ma come la vedono gli italiani? Sergio Valzania, il Vicedirettore di Radio RAI ha visto anche i suoi calchi al Museo Nazionale di storia della Romania a Bucarest e ci rivolge i migliori auguri.



    Auguri per la Festa Nazionale ci arrivano anche da Claudio Scorretti, un entusiasta ammiratore dell’arte romena, che ha aperto nel cuore storico di Bucarest, in Via Şelari al numero 4, il primo Museo di Street Art in Romania. 10 dei più conosciuti artisti di grafitti e street art espongono le loro opere al museo aperto in via Şelari. Claudio Scorretti ha spiegato tutto a Radio Romania Internazionale.




  • Storie dei tesori di Bucarest

    Storie dei tesori di Bucarest

    La giornalista Victoria Dragu-Dimitriu ha condotto numerosi programmi radiofonici sulle case emblematiche di Bucarest ed è anche scrittrice appassionata di questo tema. Storie di signore e signori di Bucarest”, Storie di statue e fontane di Bucarest”, La storia di una famiglia di Bucarest. I Greceni”, sono solo alcuni dei suoi libri dediati alla capitale e ai suoi abitanti. Il più recente libro di Victoria Dragu-Dimitriu si intitola Storie dei tesori di Bucarest”.



    Nelle sue pagine ci sono non solo dettagli sulle opere d’arte esistenti nelle case di patrimonio, ma anche interviste con delle persone che costituiscono, dal canto loro, un vero tesoro: gi abitanti di queste case. E’ il caso della signora Artemiza Petrescu, che assieme al marito, ha posseduto preziosi oggetti donati di recente al Museo delle Collezioni d’Arte. Victoria Dragu-Dimitriu, ci presenta la collezione di Artemiza e Mircea Petrescu.



    I pezzi valorosi sono già stati donati: mobili francesi, Biedermeier, una biblioteca e un’imponente scrivania stile Empire. I più interessanti pezzi della collezione sono gli arazzi, la maggior parte, donati. Ce ne sono rimasti alcuni anche in casa, simbolo del legame col passato. Prima di fare le donazioni, Artemiza Petrecu li ha restaurati. Nella nuova organizzazione del Museo delle Collezioni d’Arte, riaperto di recente, la donazione Petrescu ha il proprio salone”, spiega Victoria Dragu-Dimitriu.



    La maggior parte della collezione è stata raccolta dal medico Mircea Petrescu, figlio della scrittrice Lucreţia Petrescu, una personalità letteraria del periodo interbellico. Interessante è il fatto che nei libri di Victoria Dragu-Dimitriu, i suoi interlocutori sono parte di una rete di relazioni umane che si dimostra essere anche una vera rete culturale. I vecchi edifici bucarestini, nel periodo interbellico, sembravano tutti abitati e visitati da artisti, scrittori, intellettuali.



    Lucretia era sposata Petrescu, ma proveniva dalla famiglia Manoliu, con antenati aristocratici, che ricoprivano importanti cariche nell’epoca. Tornando nel tempo, abbiamo modo di conoscere meglio la storia del Paese e le manifestazioni di vero patriottismo, come sarebbe la creazione di una collezione d’arte e la sua donazione allo stato. La famiglia Petrescu avrebbe potuto vendere la collezione e viaggiare, o vivere senza problemi. Ma hanno avuto la consapevolezza che quanto da loro raccolto non andava dissipato, e che deve appartenere al Paese”, aggiunge Victoria Dragu-Dimitriu.



    Se Artemiza Petrescu vive in un palazzo costruito tra le due guerre, modernista, persino d’avanguardia per quell’epoca, altri suoi interlocutori vivono in edifici che fanno parte del patrimonio nazionale. E’ il caso di una casa ideata dall’architetto italiano Cesare Fantoli e comprata dal medico Valeriu Tempea. Ora la casa appartiene alla figlia del medico, la docente universitaria Livia Deac, e al marito, il critico d’arte Mircea Deac.



    “E’ un puro caso che il medico Tempea, proveniente di una famiglia di preti e intellettuali della Transilvania, che si trasferì a Bucarest dopo la Grande Unione del 1918, abbia trovato questa casa e l’abbia comprata dalla vedova Fantoli. L’architetto italiano era venuto in Romania, come tanti altri connazionali in cerca di lavoro, ma anche come altri stranieri, tedeschi. La maggior parte degli italiani erano muratori, scultori in pietra, mente i tedeschi erano orefici o scultori. L’architetto Fantoli era appassionato dell’edilizia abitativa e lo dimostrò anche in Romania”, aggiunge ancora Victoria Dragu-Dimitriu.



    Forse non è un caso che ora la casa è abitata da un critico d’arte, perchè, grazie al suo specifico, la casa Fantoli è anche un’opera d’arte. Lo specifico della casa è il fregio. Un fregio dipinto con molta finezza, ma che già risente il passar del tempo, perchè la casa fu costruita nel primo decennio del Novecento. Vale la pena di essere ammirata, per i suoi fregi che spiccano per la finezza del disegno”, conclude Victoria Dragu-Dimitriu.



    A chi sa per dove passeggiare a Bucarest e sa, soprattutto guardare attentamente, la nostra capitale sa svelare i suoi tesori nascosti.

  • Attrattive nella provincia di Alba Iulia

    Attrattive nella provincia di Alba Iulia

    Collocata al centro della Romania, la provincia di Alba è una zona ricca di vestigia storiche, monumenti, bellissimi paesaggi, ma anche tante usanze e tradizioni. La provincia di Alba è attraversata dalla Transalpina, la più spettacolare strada della Romania. Il Burrone Rosso, il Ghiacciaio di Scărişoara, la Fortezza Alba Carolina, la Cascata di Vidra o la Collina delle lumache – sono solo alcune delle destinazioni che vi consigliamo di visitare.



    Il nostro viaggio comincia nel capoluogo provinciale, Alba Iulia, città dove nel 1918 veniva compiuta la Grande Unità dei romeni, dal punto dove Emanuel Drăguşin, portavoce dell’azienda che gestisce il complesso architettonico Hotel Medieval di Alba Iulia, ci spiega da dove dovrebbe iniziare il giro: la Fortezza.



    Un turista, romeno o straniero, avrebbe molti motivi per visitare la fortezza bastionata di Alba Carolina. In primo luogo perchè è la maggiore fortezza del Vauban in Romania e nel sud-est europeo, con una superficie di oltre 100 ettari. Ha sei portoni molto belli, i primi tre sul lato orientale della fortezza. Il turista giunto ad Alba Iulia può assistere anche a uno spettacolo inedito. Dal 2009 si svolge un cerimoniale unico in Romania, il cambio della guardia, che avviene ogni giorno alle 12, al terzo portone della fortezza, con soldati in divise del XVIII-mo secolo”, spiega Emanuel Drăguşin.



    Un altro elemento interessante è che l’interno della fortezza raggruppa il maggior numero di monumenti storici della Romania, da ammirare in visite guidate in inglese, francese, tedesco e ungherese. L’ingresso è libero giorno e notte. Emanuel Drăguşin ci consiglia anche l’area sciabile di Şureanu. E’ sita nelle omonime montagne. Si tratta di dieci piste funzionanti, due impianti di sciovia e una di funivia. Gli investimenti previsti per il 2014 renderanno l’area sciabile di Şureanu la maggiore in Romania, con un particolare potenziale, come paesaggio e sport invernali”, aggiunge Emanuel Drăguşin.



    Daniela Florean, direttrice del Centro Culturale Augustin Bena” di Alba Iulia, ci ha parlato della ricchezza etnografica della zona rurale, ricca di oggetti d’uso casalingo e costumi popolari molto vecchi.



    Sia che parliamo di storia, letteratura o etnografia, la provincia di Alba ha molte offerte per i turisti: le sagre, ad esempio. La più nota è quella di Sant’Elia, sul Monte della Gallina, e la sua tradizionale Fiera delle ragazze. Poi le masserie tipiche, come quella di Cetatea de Baltă, località di importanza storica, dove c’è una fortezza eretta dal principe Stefano il Grande. Si tratta di una masseria a specifico viticolo, data la vicinanza dei grandi vitigni di Jidvei. Occasione per i visitatori di vedere come veniva prodotto una volta il vino”, dice Daniela Florean.

  • La Festa degli Arcangeli Michele e Gabriele

    La Festa degli Arcangeli Michele e Gabriele

    Ogni anno, l’8 novembre, i cristiani ortodossi festeggiano i Santi Arcangeli Michele e Gabriele. La direttrice dell’Istituto di Etnografia e Folclore “Constantin Brailoiu” di Bucarest, Sabina Ispas, spiega il significato della festa.



    “In realtà, si tratta della celebrazione di un’autorità che ha fatto l’oggetto di un certo momento della Genesi. Fa parte del mondo invisibile, creato prima di Adamo. Gli angeli hanno un ruolo del tutto speciale nel rapporto di Dio con il creato, cioè con l’uomo. I Santi Arcangeli Michele e Gabriele ricoprono un posto speciale nella cultura tradizionale romena. Questa costituzione dell’esercito degli angeli è ideata secondo il modello terrestre delle strutture militari, che hanno dei capi. Michele e Gabriele sono due dei capi degli eserciti degli angeli, che nella storia della relazione tra uomo e Dio hanno avuto un ruolo speciale”, spiega Sabina Ispas.



    Nella tradizione popolare, il Santo Arcangelo Michele viene molto meglio rappresentato di Gabriele. Tuttavia, il Santo Arcangelo Gabriele è l’unico a cui viene rivelata la notizia della nascita di Gesù Cristo, ed è colui che porta l’Annunciazione alla Vergine Maria. L’Arcangelo Michele è noto, nella tradizione romena, come “guida delle anime”, che veglia sui malati e che conduce le anime verso il cielo, per il giudizio. Sentiamo di nuovo Sabina Ispas.



    “Ci sono leggende sulla presenza dell’arcangelo Michele tra la gente. Generalmente, i santi fanno da tramite tra Dio e uomo, trasmettono i comandamenti della Divinità agli esseri umani e li guidano sulla giusta strada. Secondo la tradizione, insieme al battesimo, ogni cristiano riceve un angelo custode. Vegliano su di noi senza essere visti, ci aiutano a non commettere errori troppo grandi e a non peccare. Soprattutto l’Arcangelo Michele risulta nella leggenda popolare come guida delle anime, come una personalità che mostra alla gente perchè la volontà di Dio deve essere rispettata e cosa succede quando questa volontà non viene ascoltata. Alcune leggende hanno valore di insegnamento, come il racconto medievale de “L’Arcangelo e il monaco”, aggiunge Sabina Ispas.



    Il Santo Michele accompagna verso il monastero l’eremita, il quale si ribella in quanto non capisce perchè succedono certe cose da lui ritenute ingiustizie. Ogni volta, l’arcangelo gli fa vedere cosa sarebbe successo più tardi, se quell’evento non fosse accaduto in quel momento. I due arcangeli hanno sempre un ruolo moraleggiante, in quanto sono i messaggeri di Dio.



    Nelle zone di montagna della Romania, i santi arcangeli venivano considerati, nella tradizione, i patroni delle pecore. Nella mattina dell’8 di novembre si facevano delle focacce al mais, chiamate “le focacce dei montoni”, che i pastori buttavano negli ovili. Se le focacce cadevano all’insù, significava che la primavera avrebbe portato ricchezza e molti agnelli.



    Mediatori tra uomo e Divinità, i santi arcangeli Michele e Gabriele sono, nella visione antica, coloro che cancellano i peccati e liberano le coscienze, occupando un posto molto importante nel calendario popolare.


  • Conferenza europea sulla minoranza storica italiana in Romania

    Conferenza europea sulla minoranza storica italiana in Romania

    Il 5 novembre, il Palazzo del Parlamento di Bucarest ha ospitato la conferenza europea “Le minoranze nazionali nella strategia europea — studio di caso: gli italiani in Romania”, organizzata dall’Associazione degli Italiani in Romania – RO.AS.IT. – in partenariato con il Dipartimento per le Relazioni Interetniche presso il Governo romeno e l’Istituto dei Democratici Europei, e finanziata dal Parlamento Europeo. La conferenza, con ospiti dal Paese e dall’estero, s’iscrive nella strategia RO.AS.IT. di preservazione e promozione dell’identità degli etnici italiani in Romania. Questa importante minoranza etnica nel nostro Paese conta, stando al più recente censimento, del 2011, 2.203 membri. RO.AS.IT., nata nel 1993 a Suceava, si è posta come obiettivi la ricostruzione del percorso storico della comunità italiana in Romania e la conservazione dei suoi usi e costumi, nonchè la promozione della lingua, della cultura, della storia e della civiltà italiana nel territorio romeno. Attivissima in campo culturale, RO. AS. IT. ha organizzato numerosi eventi di rilevanza nazionale e internazionale, con l’appoggio del Dipartimento per le Relazioni Interetniche e di altre istituzioni. Nel 2004, ha ottenuto un importante riconoscimento elettorale, il suo presidente diventando deputato nel Parlamento romeno, in rappresentanza ufficiale della minoranza etnica italiana.



    La conferenza di Bucarest è stata un’occasione di riflessione sull’immigrazione italiana nel nostro Paese, di fine Ottocento e inizio Novecento, che ha recato un importante contributo alla storia della Romania interbellica e non solo, ma anche sui progetti della RO.AS.IT.



    “Quest’anno, celebriamo non solo il ventennale di RO.AS.IT., ma anche del Consiglio romeno per le Minoranze Nazionali. L’Italia ci ha sempre sostenuti, come lo dimostra anche la presenza a questa conferenza dei deputati ed eurodeputati italiani. Con questo evento vogliamo mettere in evidenza la forte presenza italiana nel nostro Paese, non solo degli etnici italiani, ma anche degli imprenditori italiani. La lingua, come sappiamo, è importantissima per la preservazione dell’identità delle realtà minoritarie. Uno dei successi della nostra associazione è stato appunto la reintroduzione dell’insegnamento in italiano nelle scuole romene, dopo sessant’anni di interruzione, al Liceo “Dante Alighieri” di Bucarest, essendo creata, nel 2007, la prima classe con lingua d’insegnamento italianaha dichiarato a RRI il presidente della RO.AS.IT, Mircea Grosaru.



    Attualmente, in Romania l’italiano si studia dalla scuola elementare all’università. Sono cinque i licei bilingui — “Dante Alighieri” e “Ion Neculce” a Bucarest, “Transilvania” a Deva, capoluogo della provincia di Hunedoara, e “George Baritiu” a Cluj-Napoca, capoluogo della provincia di Cluj. L’italiano è studiato nei principali centri universitari di Bucarest, Costanza, Iasi, Cluj-Napoca, Timisoara. Il Dipartimento d’Italiano dellUniversità di Bucarest, che, nel 2009, ha celebrato il suo centesimo, ha, da quest’anno, una novità: 4 posti pagati dallo stato romeno riservati agli studenti etnici italiani, come ha dichiarato a RRI la professoressa Roxana Utale, prodecano della Facoltà di Lingue e Letterature Straniere.



    Dal canto suo, Varujan Pambuccian, capogruppo delle Minoranze Nazionali nel Parlamento di Bucarest, ha precisato alla conferenza di Bucarest: “C’è una forte disomogeneità nel trattamento delle minoranze nei Paesi europei. Ci sono Paesi in cui le minoranze non sono riconosciute e Paesi che hanno meccanismi di tutela e anche di sviluppo della loro identità, come la Romania. Se parliamo del modello romeno, va ricordato che l’attenzione allo sviluppo dell’identità delle minoranze nazionali è apparsa in Romania dopo la prima Guerra Mondiale, concretizzandosi con una dichiarazione molto avanzata per quei tempi, la Proclamazione di Alba Iulia, in cui il neo creato stato romeno si costituiva come uno stato con una popolazione maggioritaria, e con minoranze riconosciute, con il diritto di preservare e sviluppare la propria identità. Nella Romania odierna, le minoranze godono del diritto di associazione, e le organizzazioni risultate dall’associazione che hanno come obiettivo lo sviluppo dell’identità etnica hanno il diritto di avere anche rappresentanti nel Parlamento. Alle elezioni sono esentate dalla soglia di sbarramento, un diritto stipulato nella Costituzione. I loro programmi di sviluppo dell’identità etnica sono finanziati dal bilancio di stato. Oltre alla componente parlamentare, c’è anche quella governativa, rappresentata dal Dipartimento per le Relazioni Interetniche, che si occupa di progetti e programmi per le minoranze, accanto ad un’apposita agenzia nazionale per la minoranza rrom. Le minoranze nazionali hanno rappresentanti anche a livello provinciale, soprattutto nelle questioni di istruzione e cultura. Questo il tessuto istituzionale che permette alle minoranze di sviluppare programmi educativi, culturali, e di mantenere e sviluppare la propria identità”, ha spiegato Varujan Pambuccian.



    Secondo l’onorevole Franco Bruno, di Alleanza per l’Italia, uno degli ospiti italiani della conferenza “Le minoranze nazionali nella strategia europea — studio di caso: gli italiani in Romania”, il caso della minoranza storica italiana in Romania, che è stata in grado di mantenere le proprie tradizioni, la propria fede religiosa e la propria lingua, pur continuando a sentirsi sempre appartenente alla terra di Romania, è un buon esempio per tutta l’Europa. Gli ospiti della conferenza di Bucarest hanno avuto l’occasione di sentire anche un videomessaggio da parte del presidente di Alleanza per l’Italia e copresidente del Partito Democratico Europeo, Francesco Rutelli.



    Gabriela Tarabega, caporedattrice della rivista della RO.AS.IT “Siamo di nuovo insieme”, ha parlato, tra l’altro, a RRI, del volume firmato assieme alla vicepresidente dell’Asocciazione degli italiani di Romania Ro.As.It, Ioana Grosaru, “Gli italiani in Romania. Una storia in immagini”.



    “RO. AS. IT è nata con la missione di ricostituire le comunità di italiani disperse dopo la Seconda Guerra Mondiale e di ridare loro l’identità quasi persa durante il periodo comunista. Le sue iniziative hanno puntato sulla lingua come il più importante fattore identitario e sul riportare all’attenzione pubblica le realizzazioni degli etnici italiani, che hanno dato alla Romania grandi personalità nel campo della cultura, dell’arte, dell’architettura e della scienza. Assieme alla vicepresidente della RO.AS.IT, Ioana Grosaru, ho raccolto per 5 anni foto e documenti sugli etnici italiani in Romania, discendenti dei primi italiani arrivati verso la seconda metà dell’Ottocento e ai primi del Novecento. È un libro-album sulle famiglie più rappresentative delle ex comunità italiane di ogni provincia. RO.AS.IT. vanta una rivista bilingue, un giornale e un sito internet, che sono degli strumenti di promozione della nostra etnia, con cui presentiamo le novità nelle comunità di italiani ancora esistenti in Romania e i loro progetti. Prima della prima Guerra Mondiale, ogni comunità italiana in Romania aveva un suo centro culturale e una sua scuola. RO.AS.IT, milita da tempo per la reintroduzione delle classi con lingua d’insegnamento italiana, come già successo presso il Liceo Dante Alighieri” di Bucarest. Un altro passo in avanti verso la rinascita dell’insegnamento in italiano è il via libera del Ministero dell’Istruzione romeno alla creazione nel Comune di Greci, in Provincia di Tulcea, dove esiste una comunità italiana stabile, di una scuola con insegnamento in italiano”, ha raccontato a RRI, Gabriela Tarabega.


  • Festival internazionale delle mongolfiere a Baia Mare

    Festival internazionale delle mongolfiere a Baia Mare

    Nella prima settimana di ottobre sopra la città di Baia Mare, capoluogo dell’omonima provincia del nord-ovest della Romania, volavano tante mongolfiere colorite, come degli ingenti lampioni cinesi, portando i passeggeri fino ai 1000 metri di altezza. Ion Istrate, il promotore del Festival Maramures International Balloon Fiesta, è da sempre appassionato del volo.



    Non si tratta di adrenalina, come tutti si aspettano da un volo in sè. Quello che è unico a questo tipo di volo è che la persona che sale nella navicella della mongolfiera e arriva a 300, 500 o 1000 metri è tutto il tempo consapevole di quello che succede, ha la libertà di muoversi dentro la navicella a 360 gradi di visibilità. Quando la mongolfiera scende, può volare anche ad altitudini molto basse, di 30 o 50 metri, e può interagire con chi è rimasto a terra. E’ un insieme di sensazioni impossibili da ottenere con altri tipi di apparecchi di volo. Poi, la mongolfiera si sposta a piccola velocità, al solito col vento moderato. Tutto avviene lentamente, si ha il tempo di godere tutto e di vivere al massimo quei momenti. A grandi altezze, tutti i rumori si attutiscono, si sentono come da lontano e puoi godere di più l’ebrezza del volo”, spiega Ion Istrate.



    Ion Istrate ha portato il primo pallone ad aria calda in Romania nel 1997. Lavorava per una ditta che organizzava eventi e voleva importare una mongolfiera a scopi pubblicitari. Ricorda che in quel momento ancora non era facile trovare ogni cosa, come oggi.



    Mi sono interessato alle biblioteche, per avere i fax e i numeri telefonici dei club all’estero. E man mano, passando per la Gran Bretagna, Nuova Zelanda, ho trovato una mongolfiera ad aria calda nella confinante Ungheria. Così è cominciata la storia dei voli in mongolfiera in Romania. La prima è stata immatricolata come ogni aeronave. Va sottoposta a test, vegono rilasciati documenti attestanti le performance dell’aeronave, inoltrati all’Autorità Aeronautica, e in base alle verifiche, viene emesso il certificato di immatricolazione e di navigabilità. Quando ho acquistato questo pallone, il produttore è stato anche disponibile a prepararci per ottenere la licenza, di cui ho fatto l’esame in Ungheria. Successivamente, le procedure sono state adeguate alla legislazione romena e ora puoi ottenere la licenza anche da noi. A giugno del 1998, la prima mongolfiera era immatricolata, i primi due piloti avevano già finito la scuola ed erano pronti a volare”, aggiunge Ion Istrate.



    Attualmente, le mongolfiere non sono più una rarità in Romania. La gente è contenta non solo di guardarle, ma anche di volarci. Per gli abitanti di Baia Mare, Balloon Fiesta è ormai un evento abituale. Ion Istrate ci racconta la storia di questo festival.



    Nel 2011, alla prima edizione del festival, abbiamo avuto 23 equipaggi provenienti da 11 Paesi europei – da Gran Bretagna, Belgio, Olanda, Francia, all’Ucraina, Moldova, Slovacchia, Slovenia, ecc. La mattina ci sono dei voli liberi, mentre sabato e domenica ci sono anche i cosiddetti voli frenati, quando il pallone è ancorato a terra e si alza fino ai 20 – 30 metri. Così, il pubblico può sperimentare la sensazione di volare col pallone, senza navigare a grandi altitudini, e ne possono godere anche i bambini o chi ha paura di volare. E’ un evento molto originale e uno spettacolo grandioso. Le mongolfiere sono molto colorite, si muovono in maniera spettacolare, e pur essendo molto grandi e apparentemente rigide, volano lentamente come dei lampioni cinesi. E’ un’esperienza che va provata, secondo me”, spiega ancora Ion Istrate.



    All’edizione 2013 del festival hanno partecipato 20 equipaggi di 9 Paesi. L’evento ha pure una dimensione sociale. Una parte degli incassi ricavati dai voli frenati è stata donata a una ragazzina di Baia Mare che abitava in condizioni precarie. Siamo riusciti a trovarle un’abitazione decente e l’abbiamo trasferita ad un’altra scuola. Continueremo ad aiutare questa ragazza”, conclude Ion Istrate.



    Si dice che “una volta provato il volo, camminerai sempre per terra con gli occhi alzati verso il cielo, dove sei stato e vorrai sempre tornarci.” Vi auguriamo di sperimentare un volo in mongolfiera, anche frenata, perchè no, a Baia Mare !