Category: Agenda culturale

  • La Giornata dell’Orso, festeggiata allo zoo

    La Giornata dell’Orso, festeggiata allo zoo

    Secondo la tradizione popolare, all’inizio di febbraio, quando l’orso esce dalla sua tana, se il tempo è soleggiato e lorso vede la sua ombra, torna al riparo e va in letargo per altre tre settimane e il tempo si raffredda nuovamente, ma se non cè il sole e non vede la sua ombra, non va più in letargo, il clima si riscalda e arriva davvero la primavera.



    Macaveiul Ursului oppure la Giornata dellOrso nel folklore romeno è una celebrazione ancestrale dal significato complesso, portando in primo piano il legame tra luomo e la natura, ma anche levoluzione ciclica della vita. Sebbene le tradizioni e i costumi siano cambiati nel tempo, questa festa rimane un elemento importante dell’identità culturale ed etnografica romena. Il culto dellorso era estremamente diffuso in molte culture indoeuropee, compresa larea romena, essendo un animale considerato sacro e associato alle divinità della natura e della fertilità.



    La Giornata dell’Orso viene festeggiata in Romania e presso altri popoli europei il 2 febbraio, nella stessa data del Giorno della Marmotta, celebrato in zone degli Stati Uniti dAmerica e del Canada. Entrambi hanno in comune lelemento delle previsioni del tempo per il periodo successivo. Lorso bruno è una specie protetta sia in Romania che nellUnione Europea. Abbiamo appreso da Mihail Milea, coordinatore programmi educativi, come è stata celebrata la Giornata dellOrso allo zoo di Braşov: “Abbiamo svolto diverse attività. Levento in sé ha avuto l’obiettivo di esplorare laffascinante vita degli orsi e, naturalmente, abbiamo offerto lopportunità di comprendere meglio questi animali impressionanti. Ci sono stati discorsi dei custodi, storie sugli orsi, curiosità sul mondo di questi animali e abbiamo voluto mettere in risalto aspetti riguardanti il ​​comportamento, lambiente e, allo stesso tempo, sottolineare limportanza della conservazione e della tutela dellhabitat degli orsi.”



    Abbiamo appreso dal nostro interlocutore che allo zoo di Braşov si celebrano, durante lanno, il giorno del leopardo delle nevi, il giorno del panda rosso e il giorno della scimmia. Mihail Milea ha parlato della tutela degli ecosistemi: “Nelle attività che abbiamo svolto, abbiamo iniziato con un indovinello, attraverso il quale abbiamo fatto partecipare i bambini, ma anche gli adulti al nostro gioco, dopodiché abbiamo organizzato unattività che abbiamo chiamato nuovi “regali deliziosi”, in cui i partecipanti sono stati divisi in gruppi, sono state preparate delle scatole ben confezionate, con carta colorata, poi i bambini hanno colorato e aggiunto messaggi sulle scatole già predisposte. Abbiamo messo nelle scatole pesci, pasticcini, panettone, mele, il nostro personale di servizio ha distribuito i regali negli spazi degli orsi ed è stato un momento molto piacevole per i visitatori, quando gli orsi si sono imbattuti nei regali e li hanno aperti, li hanno strappati.”



    Mihail Milea ha aggiunto: “Poi abbiamo raccontato una fiaba, “L’imperatore degli orsi” dalla quale i bambini hanno potuto imparare diverse lezioni. La favola stessa è un racconto popolare, tramandato di generazione in generazione, e che mostra le avventure di un orso e le lezioni che possiamo imparare a proposito della vita degli orsi. I bambini sono stati in grado di imparare il rispetto per la natura, il coraggio e la saggezza dellorso, i legami nella comunità, perché lorso usa la sua forza e le sue capacità per difendere e aiutare i membri della comunità e il rispetto per gli anziani e per i loro insegnamenti. Si tratta di una famiglia di orsi, in cui l’Imperatore degli orsi è un individuo molto maestoso e imponente, ha una famiglia composta dalla regina degli orsi, a sua volta molto attenta ai bisogni della foresta, hanno anche tre cuccioli, due dei quali, sfortunatamente, sono stati cacciati, e da qui risulta lidea che la caccia non porta alcun beneficio”.



    I circa 120 partecipanti alla Giornata dell’Orso organizzata dallo zoo di Braşov questanno hanno avuto anche altre sorprese. Mihail Milea: “Abbiamo svolto anche unaltra attività “Il bosco incantato” e abbiamo raccontato ai visitatori varie leggende e curiosità sul mondo degli orsi. Ad esempio, come una curiosità, abbiamo raccontato ai bambini che esistono variazioni nelle dimensioni degli orsi, ci sono orsi di piccole dimensioni, come il piccolo panda, che pesa intorno ai 100 chili, fino allorso Kodiak, che può pesare fino a 900 chili. Abbiamo presentato ai bambini la resistenza alla fame, perché si sa che, prima di entrare in letargo, gli orsi accumulano una notevole quantità di grasso per nutrirsi durante linverno. Abbiamo raccontato ai bambini anche della dieta variata degli orsi, oppure della loro capacità di nuotare. Poi abbiamo ricordato loro delle leggende legate agli orsi, raccontando la Leggenda dellOrso Polare e dellAurora Boreale, LOrso e La Grande Costellazione, La Leggenda dellOrso Bianco.”



    E visto che il 2 febbraio, in Romania, il tempo era nuvoloso, direi che, secondo la tradizione, dovrebbe arrivare la primavera!

  • “Familiar”, un nuovo film di Călin Peter Netzer

    “Familiar”, un nuovo film di Călin Peter Netzer

    Il più recente lungometraggio del regista Călin Peter Netzer, “Familiar”, selezionato alla 27/a edizione del Festival Internazionale del Cinema Tallinn Black Nights, è arrivato nelle sale cinematografiche alla fine di gennaio. “Familiar” racconta la storia di un regista che indaga sulla propria famiglia, forzando l’accesso al più fragile momento della sua esistenza: l’immigrazione in Germania, negli anni 80. Un’immigrazione realizzata in condizioni sospette e che porta alla luce segreti di famiglia, legami con la polizia politica del regime comunista, la Securitate e ferite di vecchia data. “Il film è costruito con la minuziosità di un’indagine poliziesca, in cui lo spettatore è invitato a essere lui stesso l’investigatore”, ha dichiarato il regista Călin Peter Netzer in riferimento alla pellicola “Familiar”.



    La sceneggiatura è stata scritta da Călin Peter Netzer e da Iulia Lumânare. La fotografia è firmata da Barbu Bălăşoiu e Andrei Butică. Del cast fanno parte Emanuel Pârvu, Iulia Lumânare, Ana Ciontea, Adrian Titieni, Victoria Moraru e Vlad Ivanov. Iulia Lumânare, vincitrice del Premio Gopo nel 2019 per la migliore interpretazione, si è impegnata molto nella realizzazione del film “Familiar”, riprendendo la collaborazione con Călin Peter Netzer. E’ co-sceneggiatrice, attrice, direttrice del casting ed acting coach.



    Iulia Lumânare, sulla sua partecipazione alla realizzazione del film e sui motivi che l’hanno spinta a collaborare nuovamente con il regista Călin Peter Netzer: “Il film è ispirato al processo che io e Călin Peter Netzer abbiamo percorso, vissuto e sperimentato quando abbiamo cominciato a scrivere la sceneggiatura. Perché inizialmente il film parlava dell’immigrazione della sua famiglia nella Germania del periodo comunista, all’inizio degli anni 80. Dopo tre mesi in cui abbiamo studiato attentamente la storia, abbiamo capito più chiaramente quello che ci aspettavamo. Allora abbiamo deciso che la storia doveva partire proprio dal momento che stavamo vivendo allora, nel 2019, quando pensavamo al film. Quello che avevamo da dire partiva da quel presente. Quanto al motivo per cui ho scelto di collaborare nuovamente con Călin Peter Netzer direi che il suo precedente film, “Ana, mon amour”, resta un’esperienza essenziale nella mia carriera. Da quel momento non sono più stata solo attrice e insegnante, ma anche sceneggiatrice. Sapevo, intuivo di poter anche scrivere, però è stato Călin Peter Netzer a darmi tutta la fiducia e gli sarò sempre grata per questo. Ed eccoci alla seconda collaborazione, perché la prima è stata davvero molto speciale, priva degli orgogli o dei conflitti che possono verificarsi nelle collaborazioni tra artisti. Siamo due persone appassionate della verità fino al punto di far del male a noi stessi. Ed è proprio di questo che parla il film “Familiar”, della verità, delle cose che non sopportiamo di vedere in noi, di quelle cose che, infatti, vorremmo che nessuno vedesse mai. Per questo anche l’argomento è arrivato ad essere legato anche a noi, sebbene ci sia molta finzione.”



    “Il caso Kerenes” (2013), il terzo lungometraggio di Călin Peter Netzer dopo i pluripremiati “Maria” e “Medaglia d’onore”, ha vinto l’Orso d’Oro al migliore lungometraggio al Festival del Cinema di Berlino, diventando il primo film romeno mai insignito di questo premio. Nel 2017 Călin Peter Netzer è tornato nella Selezione Ufficiale della Berlinale con “Ana, mon amour” ed ha vinto l’Orso d’Argento per il Notevole Contributo Artistico. I suoi film sono stati molto bene accolti dal pubblico, stabilendo record nel box office in Romania. Co-sceneggiatrice dei film “Ana, mon amour” e “Familiar”, Iulia Lumânare ci ha parlato del legame tra gli ultimi tre film di Călin Peter Netzer: “”Familiar” può essere visto accanto ad “Ana, mon amour” e a “Il Caso Kerenes”, può formare una specie di trilogia assieme a questi due film. In tutti questi film esiste un universo molto familiare a Călin Peter Netzer, che lui ha rispecchiato in maniera molto realistica. Tutti sono film che parlano di identità, di quello che in un modo o in un altro preoccupa gli esseri umani. La ricerca dell’identità è una ricerca che ritroviamo in tutti i personaggi di questi film, a prescindere dalla storia. E tramite queste indagini dei personaggi, alcuni della durata di una vita, le rispettive storie acquisiscono universalità per quanto fossero specifiche. Nel caso del film “Familiar”, un regista che vuole fare un film esplora il passato della propria famiglia e cerca di ricostruire i legami tra i membri della famiglia, però si trova nell’impossibilità di farlo. E’ molto difficile perché, come sappiamo, nessuno può scegliere la propria famiglia, la deve prendere così com’è. Mentre il protagonista del film “Familiar” lotta contro la sua famiglia, contro i genitori, cercando di farli diventare consapevoli di cose che loro non possono capire e accettare.”



    I produttori del film “Familiar” sono Călin Peter Netzer e Oana Iancu, tramite la casa di produzione Parada Film. Il film è coprodotto da Cinema Defacto (Francia), Gaïjin (Francia) e Volos Films (Taiwan).

  • La personalità di Alexandru Tzigara-Samurcaș presentata al Museo del Contadino

    La personalità di Alexandru Tzigara-Samurcaș presentata al Museo del Contadino

    Alexandru Tzigara-Samurcaș (1872-1952) è stato uno degli esponenti di spicco della cultura romena, etnografo, museologo e giornalista culturale, una personalità dimenticata negli anni del regime comunista romeno. Era vicino alla famiglia reale, a re Carlo I di Romania (1839-1914) e nel 1906 ha gettato le basi del Museo Nazionale, nucleo dellattuale Museo Nazionale del Contadino Romeno (MȚR). Dal 2022, presso il Museo del Contadino è aperta una mostra che rende omaggio alla personalità del suo fondatore, una mostra di cui abbiamo parlato con Virgil Ștefan Nițulescu, il manager del Museo: Ad Alexandru Tzigara-Samurcaș, che ha scritto anche un libro fondamentale per la nostra cultura, Museologia romena, abbiamo reso un omaggio lanno scorso, nel 150/o anniversario della nascita e nel 70/o della morte, con una mostra inaugurata il 24 novembre 2022. Se inizialmente volevamo chiudere la mostra dopo sei mesi, ci siamo resi conto che non siamo ancora preparati a riaprire la mostra permanente e che moltissimi oggetti che potete vedere in questa mostra, Alexandru Tzigara-Samurcaș, il fondatore del Museo Nazionale, non avete mai visto finora. Perché tutti gli oggetti esposti, tranne quei pochi oggetti che fanno parte della collezione della famiglia e della collezione del museo e che hanno un ruolo commemorativo, sono oggetti personali appartenuti a Samurcaș, tutti gli altri oggetti che sono stati collezionati da lui sono stati messi nei depositi del museo. Alcuni hanno fatto parte della mostra realizzata da lui stesso subito dopo la Prima Guerra Mondiale. Altri non sono stati mai esposti, per vari motivi, e sono rimasti nei depositi. E abbiamo voluto renderli visibili, metterli a disposizione del pubblico, perché, purtroppo, si sa ben poco su Tzigara-Samurcaș.



    Virgil Nițulescu ci ha descritto con ammirazione la personalità del fondatore del Museo del Contadino, Alexandru Tzigara-Samurcaș: E stato una personalità straordinaria della cultura nazionale, un uomo plurivalente, che ha realizzato tanto. Mi sono chiesto a volte quando ha avuto il tempo di fare così tante cose. Perché lui è stato non solo il direttore di questo museo, dal 1906 al 1946, per 40 anni, ma allo stesso tempo è stato anche il direttore delle Fondazioni Reali. Ha coordinato pubblicazioni culturali, ha fatto il giro della Romania per scattare fotografie e per collezionare oggetti. Ha visitato diversi Paesi, soprattutto lItalia e la Germania, si è persino addottorato in Germania.



    Stando al manager del Museo Nazionale del Contadino Romeno, di Tzigara-Samurcaș e della collezione che ha lasciato alla cultura romena, sarebbe importante ricordare questo: La cosa importante per quanto riguarda Tzigara-Samurcaș, e che lo contraddistingue da tutti gli altri museologi che hanno collezionato beni culturali del genere, è il fatto che lui non si considerava un etnografo e ha cercato di collezionare oggetti che lui chiamava belli. … E Tzigara-Samurcaș ha cercato di mettere diciamo in opposizione larte che lui considerava nazionale, ovvero quegli oggetti realizzati da contadini romeni anonimi, ma che erano molto belli, con larte aulica occidentale… In altre parole, pensava che lessenza della nostra identità, quello che ci fa essere romeni, è questa arte realizzata da artisti contadini anonimi. … Questo è stato il tipo di collezione che ha realizzato e il nostro museo è strutturato, fino ad oggi, secondo il suo pensiero. Tutte le nostre collezioni sono fatte di oggetti belli, non necessariamente rappresentativi. … Il museo dispone di una collezione unica per il modo in cui sono stati collezionati i vari oggetti.



    Che cosa ha portato questa mostra dal punto di vista culturale? Vorrei aggiungere che Alexandru Tzigara-Samurcaș ha avuto un atteggiamento quasi da uomo rinascimentale. Aveva una vasta cultura, era interessato a tutto quello che succedeva intorno a lui, nella cittadella, come si dice, nella cultura romena. … Una personalità come questa è stata dimenticata dopo il golpe comunista del 30 dicembre 1947 ed è stata dimenticata volutamente. … E adesso, da quando abbiamo inaugurato questa mostra e abbiamo deciso di tenerla aperta fino a quanto riapriremo lintera mostra permanente, abbiamo notato che sempre più persone hanno cominciato a interessarsi della personalità di Tzigara-Samurcaș e a parlare sempre di più di lui nello spazio pubblico.



    Alla fine della nostra conversazione, il manager del Museo Nazionale del Contadino, Virgil Nițulescu, ci ha confessato: Anche se, da una parte mi auguro che possiamo riaprire la mostra permanente quanto prima, possibilmente nel corso del 2024, daltra parte devo dire che sarà difficile per noi separarci da questa mostra temporanea dedicata a Tzigara-Samurcaș. Ma alcuni degli oggetti che fanno parte della mostra temporanea resteranno anche in quella permanente, quindi potranno essere rivisti dal nostro pubblico, quanto prima, nel 2024.

  • Valorizzazione culturale del patrimonio industriale

    Valorizzazione culturale del patrimonio industriale

    A partire dagli anni 1970-1980, gli edifici appartenuti a piattaforme industriali dismesse iniziarono ad essere riconvertiti a scopi culturali. Sono diventati musei o centri artistici. In Romania, a seguito della cessazione dell’attività di molte fabbriche e aziende, i complessi industriali sono stati, in molti casi, abbandonati e, in altri, demoliti per l’esclusiva rivalorizzazione dei terreni. I pochi esempi in cui è avvenuto un riuso culturale di questo patrimonio sono stati recentemente analizzati nel volume Architettura industriale storica. Possibilità per un recupero sostenibile. Il caso di Timișoara, pubblicato dalla casa editrice ACS e scritto dall’architetto Raluca Maria Trifa, la quale offre maggiori dettagli.

    Purtroppo, le cose non vanno molto bene in Romania. Sono pochi gli esempi di edifici e complessi industriali che hanno beneficiato di progetti di riabilitazione che ho anche elencato nel libro. E cito l’ex impianto idrico industriale, divenuto centro educativo, l’ex impianto idrico Urseni, diventato un museo dell’acqua. Ricorderei anche l’ex colorificio Azur, diventato il centro culturale Faber. C’è anche il Museo dei Trasporti Pubblici, allestito in uno degli ex edifici del deposito dei tram sul viale Take Ionescu e che sarebbe dovuto diventare un mega progetto culturale, un centro educativo per l’arte e la tecnologia, ma che, purtroppo, non si è concretizzato. Ed è qui che si fermano gli esempi di Timişoara, spiega Raluca Maria Trifa.

    Ma qual è la situazione a Bucarest, un’altra città fortemente industrializzata durante il comunismo? Risponde sempre Raluca Maria Trifa. Neanche qui il patrimonio industriale è stato valorizzato molto bene, anche se ci sono stati alcuni tentativi e cito il complesso industriale Wolff, la piattaforma collocata al limite del Parco Carol, dove uno degli edifici è ora un club noto al pubblico di Bucarest che ospita ogni tanto dei concerti. E ci sarebbe stata una borsa merci, che ha parzialmente beneficiato della riabilitazione. In effetti, il corpo principale ha attraversato un simile processo. Altrimenti non direi necessariamente che il patrimonio industriale di Bucarest abbia ricevuto un’attenzione particolare. Diamo un’occhiata ora a Hala Laminor, che viene utilizzata, ma non necessariamente nella forma più felice, direi. Guardiamo un po’ verso l’ex birrificio Grivița o Luther, che purtroppo ha perso gran parte degli edifici nel suo complesso, e i tre conservati non sono stati ancora ristrutturati. Questa è la situazione a Bucarest, aggiunge la nostra ospite.

    Allora, cosa si può fare o come possono essere culturalmente valorizzati gli spazi del patrimonio industriale dismessi? Partendo dal caso di Timișoara, Raluca Maria Trifa ha affrontato il problema nel suo libro Architettura industriale storica. Possibilità per un recupero sostenibile. Il caso di Timişoara. L’idea è che quando si interviene su un complesso industriale e la maggior parte degli edifici viene demolita, come sta accadendo attualmente, il complesso industriale perde la sua coerenza. Pertanto, oltre ai valori che perdiamo, i valori culturali o artistici conservati negli edifici del sito, perdiamo le testimonianze e i simboli che appartengono a questo tipo di patrimonio. Non potrei dire che esista una funzione adatta che possa essere replicata come modello in moltissimi edifici o complessi industriali. Il mio libro propone semplicemente un modello di analisi per determinare il potenziale di riuso degli edifici industriali, un modello di analisi che tiene conto di un insieme di criteri molto complessi: economici, sociali, culturali, artistici, ecc. Pertanto, per attuare un simile progetto di riconversione, è evidente che è necessaria un’analisi dettagliata dell’intero complesso e quindi di ogni singolo edificio, conclude Raluca Maria Trifa, che ha incluso esempi di buone pratiche nel suo volume Architettura industriale storica. Possibilità per un recupero sostenibile. Il caso di Timişoara.

  • “Jokers” di Michela Scolari, anteprima a Bucarest

    “Jokers” di Michela Scolari, anteprima a Bucarest

    Il 29 gennaio è stato proiettato in anteprima al Cinema Elvire Popescu di Bucarest il documentario di Michela Scolari Jokers — Art can save a life. Alla conferenza stampa che ha preceduto l’evento e si è svolta all’Istituto Italiano di Cultura di Bucarest hanno partecipato la famosa attrice Claudia Gerini, ambasciatrice della Fondazione Parada e produttrice del film, la regista Michela Scolari, Franco Aloisio, rappresentante della Fondazione Parada, Alina Constantin, una delle ragazze protagoniste del film, Massimo Leotta, il direttore artistico e Viorel Chesaru, uno dei produttori romeni.


    Il film racconta la storia di un gruppo di ragazzi orfani che durante la dittatura di Ceaușescu riescono a scappare dagli orfanotrofi e trovano rifugio nelle fogne di Bucarest, dove continuano a vivere anche dopo il 1989. Nel 1992, il clown franco-algerino Miloud Oukili arriva a Bucarest e rimane sconvolto quando vede tanti ragazzini magrissimi che escono dai tombini della città. Decide di andare a trovarli nelle fogne, stringe amicizia con loro e li insegna l’arte del circo, come antidoto al dolore. Qualche anno dopo getta le basi della Fondazione Parada che diventa subito una casa per molti degli ex bambini della strada, divenuti nel frattempo artisti. Dall’inizio degli anni 2000 la missione di Miloud è continuata da Franco Aloisio, attuale presidente della Fondazione. Michela Scolari è arrivata in Romania nel 2006, ha incontrato Franco Aloisio e i ragazzi di Parada e da lì è iniziato uno strettissimo rapporto di collaborazione, amicizia e affetto.


    Jokers” ha vinto il premio al miglior documentario a Cannes nel 2022 e il Starlight International Cinema Award alla 79/a edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.


    In un’intervista che ha concesso alla redazione italiana di RRI Michela Scolari ha spiegato perché “Jokers” è un film che parla di una rinascita della Romania e perché ha scelto questo titolo provocatorio per un film che ha voluto che piacesse, in primo luogo, ai ragazzi protagonisti.




  • La mostra „Pellegrino” dell’artista Vlad Ciobanu

    La mostra „Pellegrino” dell’artista Vlad Ciobanu

    All’inizio dello scorso dicembre, presso la Biblioteca Metropolitana di Bucarest (BMB), si è svolta, nell’ambito dell’Artoteca BMB, l’inaugurazione della mostra di uno dei più apprezzati e valorosi artisti figurativi contemporanei, che purtroppo si è spento il 21 gennaio: Vlad Ciobanu — la mostra di disegno “Pellegrino”. Vlad Ciobanu è stato uno dei più noti scultori romeni contemporanei, laureatosi presso l’Istituto di Belle Arti di Bucarest. Ha partecipato a numerosi saloni e mostre personali e collettive, nel Paese e all’estero. La mostra “Pellegrino” è stata presentata dall’invitato speciale dell’artista, il noto critico d’arte Pavel Șușară.



    A proposito della mostra presso la Biblioteca Metropolitana di Bucarest e di quello che ha esposto presso la galleria Artoteca BMB, l’artista Vlad Ciobanu ci ha dichiarato a dicembre: “Ho esposto opere, disegni provenienti da due cicli, principalmente dal ciclo “Pellegrino” e da “Terra che prega”. Come avete forse notato, si tratta di un’espressione figurativa, nel senso che sono partito dall’idea che il pellegrino ha una meta, effettua una ricerca, e quell’obiettivo e quella ricerca lo trasformano, lo costruiscono, lui diventando quella posta in gioco, la metà, la ricerca in sé. Quanto alla terra che prega, si tratta di diverse pietre miliari religiose del mondo e quella terra è trasfigurata, perché è una terra delle preghiere, ad esse dedicata. Anzi, come si sa, l’uomo stesso è una terra che prega, poiché la traduzione del nome di Adamo è terra rossa. Sono esposti anche alcuni lavori, in cui i colori che uso sono il rosso, il giallo e il blu, e che sono un omaggio a questo Paese, purtroppo sempre meno amato da noi stessi. Allo stesso tempo, nella simbolistica delle rappresentazioni cromatiche, il blu è dedicato al Padre, il rosso, come si sa, al Figlio, e il giallo, allo Spirito Santo. E là compare il personaggio che scende le scale, colui che si stacca dalla Santa Trinità e scende per portarci la redenzione. Tutte e tre le opere sono connesse e, per me, sono piuttosto delle preghiere. Forse esiste anche una specie di pensiero, di riflessione, ma in gran parte sono per me delle forme per pregare. Ho anche due disegni ispirati a una delle Elegie del poeta Nichita Stănescu. Siamo stati come fratelli e nel 90/o anniversario della sua nascita e nel 40/o della scomparsa, il 13 dicembre, ho sentito il bisogno di evocarlo.”



    Com’è stato il 2023 per l’artista Vlad Ciobanu? E che cosa lo ha determinato a portare esclusivamente disegni nella mostra “Pellegrino” esposta all’Artoteca BMB? “Ho lavorato senza avere un ottimo rendimento, ma le ricerche si vedono meno che i momenti di successo. Volevo esporre anche sculture, ma ho voluto prima vedere se i disegni si legavano tra di essi, se creavano un mondo, e dopo avrei portato anche le sculture. Ma se i disegni diventavano parassitari, avrei tenuto solo quello che si inseriva nella mostra in un modo organico. Non ho più portato sculture, perché evidentemente tra il 21-22 dicembre e il 7 gennaio, la mostra è stata chiusa poiché la sala appartiene alla Biblioteca Sadoveanu. E allora ho pensato che sarebbe stato uno sforzo troppo grande e che pochi l’avrebbero vista. Esporrò di nuovo questa mostra forse in un’altra sala. Questa sala è anche abbastanza piccola, come sapete. Ma, per me questa mostra è fatta, in primo luogo, per capire io stesso se le cose possono continuare su questa via e se oltre alle opere in sé, possono creare un universo, un mondo, possono proporre qualcosa. E mi sembra di sì. Per concludere, il 2023 è stato un anno buono, tenuto conto che sono riuscito ad arrivare a una conclusione provvisoria, ma tuttavia a una conclusione.”



    Vlad Ciobanu ha condiviso con noi i suoi progetti per il 2024, mostre e simposi. Sono però progetti che purtroppo non potrà più portare a compimento: “Nei simposi uno viene invitato. Io non faccio più il curatore. Sarà da vedere questa parte dei simposi. Forse a Ploiești, non è certo, ma sto preparando una mostra per Iași, per la Sala Cupola e nel 2025 è in programma una mostra retrospettiva al Palazzo della Cultura di Iași. Io sono nato nella Moldavia, quindi voglio cominciare da lì e forse sarò molto impegnato in questo. Sto lavorando a due-tre libri, però non costantemente perché non me lo permette la scultura. Per il momento ho dei progetti. Dio mi mantiene sano e spero che abbia ancora dei lavori da assegnarmi.”

  • Radio Romania 95. Spettacoli da collezione

    Radio Romania 95. Spettacoli da collezione

    Il Teatro Radiofonico Nazionale la lanciato, su www.eteatru.ro, una nuova selezione di spettacoli sonori, in occasione del 95/o anniversario di Radio Romania il 1° novembre 2023. La collezione include i migliori montaggi radiofonici di tutti i tempi, tratti da opere importanti della drammaturgia nazionale e universale. Gli spettacoli sono firmati da registi di spicco e sono interpretati da attori romeni importanti che hanno sempre collaborato con il Teatro Radiofonico Nazionale. Radio Romania 95. Spettacoli da collezione” riunisce, sul sito www.eteatru.ro, titoli rappresentativi di 8 decenni di radiofonia teatrale, a cominciare dagli anni ‘50 dello scorso secolo.



    Il più vecchio spettacolo conservato su nastro risale al 1951: si tratta di Hagi Tudose” di Barbu Ştefănescu Delavrancea, con la regia di Ion Şahighian, e con Nicolae Bălţăţeanu nel ruolo protagonista. Particolari da Attila Vizauer, caporedattore del Teatro Radiofonico Nazionale: “Questa pièce è inserita nella nuova collezione che offriamo agli ascoltatori di teatro radiofonico. Come ho detto in altre occasioni, gli spettacoli sono raggruppati cronologicamente e appartengono agli otto decenni di teatro radiofonico. Iniziamo con gli anni ‘50, anni in cui attori importanti del teatro romeno si sono trovati al microfono della radio e hanno realizzato interpretazioni notevoli. Uno degli attori famosi dell’epoca era Radu Beligan, che ha avuto uno stretto rapporto con il teatro radiofonico fino alla fine della sua vita. Ricordo che aveva 92 anni quando continuava ancora a venire negli studi del Teatro Radiofonico per interpretare ruoli negli spettacoli prodotti da noi. D’altronde tutti sanno che Radu Beligan è stato un veterano della nostra scena. E poiché parliamo di quelle generazioni straordinarie che hanno lasciato un’impronta sulla nostra cultura, vorrei menzionare anche Sică Alexandrescu, un regista di spicco degli anni ‘50 che, insieme ad attori come Alexandru Giugaru, Grigore Vasiliu Birlic, Evira Godeanu e tanti altri, ha dato vita a spettacoli memorabili. La collezione continua con gli anni ‘60 e ‘70, quando sono apparse generazioni di attori straordinari. Negli stessi anni, il grande regista Liviu Ciulei ha messo in scena spettacoli di riferimento, ripresi successivamente dal teatro radiofonico. Penso, ad esempio, a “Come vi piace” di William Shakespeare, uno spettacolo straordinario degli anni ‘60, adattato per la radio da Mihai Zira, un grande regista del teatro radiofonico. Si tratta di uno spettacolo che ha nel cui cast, tra altri, Victor Rebengiuc e Clody Bertola. Un fatto interessante è che in questo spettacolo, “Come vi piace”, esiste un monologo di Jacques il Malinconico interpretato da Liviu Ciulei stesso. È una selezione di spettacoli che vale la pena di ascoltare, perché hanno uno straordinario valore teatrale.



    Un’altra collezione lanciata di recente dal Teatro Radiofonico Nazionale è “Radio Romania 95. 95 anni di Radio — 95 anni di letteratura. Adattamenti radiofonici dalla letteratura mondiale”. La nuova collezione di spettacoli radiofonici, presentata alla Fiera del Libro Gaudeamus, include trasposizioni sonore di titoli celebri della letteratura nazionale e universale (teatro e prosa drammatizzata per la radio). I montaggi radiofonici, tratti da libri romeni e stranieri apparsi negli ultimi 95 anni sono raggruppati cronologicamente, ci sono link dedicati agli anni ‘30, ‘40, ‘50. Attila Vizauer, caporedattore del Teatro Radiofonico Nazionale: “Ci siamo prefissi di partecipare alla Fiera del Libro Gaudeamus con una collezione di teatro radiofonico dedicata ai libri, ai capolavori letterari realizzati lungo gli anni. Chi è interessato ad ascoltare le versioni radiofoniche dei capolavori della letteratura romena e universale può accedere a questa collezione che è stata inaugurata alla Fiera del Libro Gaudeamus: “Radio România 95. 95 anni di Radio — 95 anni di letteratura. Adattamenti radiofonici ispirati alla letteratura del mondo”. Se siete interessati a scoprire una versione radiofonica del famoso romanzo “Madame Bovary” di Gustave Flaubert, la potete trovare su www.eteatru.ro. Nella stessa collezione si trovano adattamenti delle opere di Lucian Blaga o Camil Petrescu, per fare solo qualche esempio. Sono spettacoli che il teatro radiofonico può offrire perché ha una fonoteca molto ricca e detiene una selezione di titoli importanti, capolavori della letteratura romena e universale.”



    Liviu Rebreanu, Mihail Sadoveanu, Mircea Eliade, Tudor Mușatescu, Mihail Sebastian, Marin Sorescu, Marin Preda, Matei Vișniec, Ema Stere, Friedrich Dürrenmatt, Bertolt Brecht, Thomas Mann, Jean-Paul Sartre, Eugene O’Neill, Tennessee Williams, Mario Vargas Llosa sono solo alcuni degli autori che potete trovare sulla piattaforma www.eteatru.ro, in messinscene originali, con attori importanti del teatro romeno e del teatro radiofonico.

  • La scrittrice Nora Iuga, protagonista di un film documentario

    La scrittrice Nora Iuga, protagonista di un film documentario

    Uno dei più apprezzati film romeni dell’anno scorso è “De ce mă cheamă Nora, când cerul meu e senin” (Perché mi chiamano Nora, se il mio cielo è sereno), con la regia e la sceneggiatura di Carla-Maria Teaha. Il debutto nel film documentario dell’attrice e giornalista radiofonica Carla-Maria Teaha porta in primo piano Nora Iuga, una delle più importanti scrittrici romene, che ha compiuto 93 anni il 4 gennaio scorso. Il film è stato presentato in anteprima nel 2023 al TIFF (Transilvania International Film Festival), è stato presentato al festival Anonimul e all’Astra Film Festival e traccia un ritratto emozionante della carismatica scrittrice che ha debuttato nel 1968 con il volume di poesie “Vina nu e a mea (La colpa non è mia)”, è stata più volte premiata dall’Unione degli Scrittori ed è rimasta molto attiva, pubblicando nel 2020 il romanzo autobiografico “Hipodrom (Ippodromo)” (editrice Polirom) e nel 2023 il volume di poesie “Fetiţa strigă-n pahar (La ragazzina grida nel bicchiere)” (editrice Nemira). Realizzato in quattro anni, il film coglie il sorprendente mondo interiore di Nora Iuga, di una giovinezza ed esuberanza contagianti, e l’amicizia del tutto speciale tra lei e la regista, che la accompagna alla Fiera del Libro di Francoforte.



    Abbiamo parlato con Carla-Maria Teaha del modo in cui ha concepito questo documentario e delle straordinarie reazioni degli spettatori: Non ho avuto in mente una sceneggiatura, soprattutto per quanto riguarda il nostro viaggio a Francoforte. Sin dall’inizio ho voluto costruire il dialogo parlando quanto più liberamente con Nora. Partendo da queste conversazioni semplici a prima vista, mi sono proposta di ottenere delle testimonianze da Nora Iuga, perché oltre alle sue moltissime qualità, è anche una narratrice affascinante ed è molto amata dalla telecamera. Questo è anche il motivo per cui non ho sentito il bisogno di introdurre altri personaggi che parlassero di lei. Essendo il mio primo film, e non avendo tanta esperienza in questo campo, mi sono affidata molto al mio intuito e ho pensato di dover far vedere Nora Iuga così come la vedo io, una Nora vista attraverso le mie lenti. Ho deciso di fare un film su questa mia Nora Iuga pur rischiando di sbagliare, perciò mi sono basata sul legame che c’è tra di noi e sulle cose che mi commuovono. È affascinante che la gente abbia condiviso questa mia versione. È anche vero, in un luogo nascosto della mia mente speravo che le cose andassero così, speravo che il fascino di Nora Iuga avesse effetto anche sugli spettatori, non solo su di me. Inoltre, è un film al quale ho lavorato molto. Sono stata molto contenta per come ha reagito la sala, quando il pubblico al TIFF ha applaudito in piedi dopo la prima proiezione, il 14 giugno dell’anno scorso. Le persone sono rimaste anche alla sessione Q&A, nessuno è andato via. E in qualche modo questo effetto forte che il film ha avuto sugli spettatori non è diminuito affatto. Dopo la proiezione nei cinema le persone restano in sala e applaudiscono, anche se non è una proiezione speciale e non siamo presenti in sala per dibattiti con il pubblico. Mi rallegra molto questo, sono contenta che il film abbia un simile effetto e arrivi ai cuori delle persone. Mi aspettavo che i fan di Nora volessero vedere il film, ma sono contenta che anche coloro che non la conoscevano e non avevano letto la sua letteratura si innamorano di lei. Tante persone mi hanno detto che dopo aver visionato il documentario hanno comprato i suoi libri, hanno cercato interviste che ha rilasciato e altre informazioni su di lei. È meraviglioso che tramite questo film siamo riusciti a far avvicinare cinefili e lettori, queste due categorie di pubblico si sono incontrate in qualche modo ed è una cosa molto importante.”



    Prima di diventare scrittrice, Nora Iuga avrebbe voluto fare l’attrice, quindi il documentario di Carla Maria-Teaha ha fatto questo suo sogno avverarsi:La verità è che io volevo fare l’attrice già da quando ero studentessa liceale. Ho sempre voluto fare l’attrice, sarà qualcosa ereditato dalla famiglia poiché i miei genitori erano artisti, come i nonni. Mia madre faceva la ballerina, mio padre il violinista, una nonna era cantante al teatro di operetta, un nonno regista teatrale, per cui non immaginavo di poter diventare altro che attrice. Ho sempre sognato questo. Non ho cessato di voler fare l’attrice neanche dopo che il grande attore Radu Beligan mi ha bocciato all’esame di ammissione alla Facoltà di Teatro, dicendomi che non avevo una pronuncia abbastanza buona. Io non penso di avere problemi di pronuncia, nessun altro me l’ha mai detto, ma non posso neanche contestare Radu Beligan. Tornando al film di Carla Maria-Teaha, sono sempre più convinta che è un miracolo, mi si è avverato un sogno così vecchio solo ora, dopo un’intera vita.”



    Mircea Cărtărescu ha apprezzato il più recente volume di poesie di Nora Iuga: “Fetița strigă-n pahar” è l’apice della poesia di Nora Iuga fino ad oggi, è uno dei libri di versi più forti che ho letto ultimamente. È come un proiettile che ti esplode in faccia, spargendo schegge, cocci, frammenti di metallo, di memorie, di cervello, di citazioni, di qualsiasi materiale adatto per scrivere sulla pelle la sentenza di una frammentata, oltraggiata bellezza”.

  • Arte religiosa in mostra al Museo Nazionale di Storia della Romania

    Arte religiosa in mostra al Museo Nazionale di Storia della Romania

    Arte religiosa. Forma. Contenuto. Senso è il titolo della mostra ospitata dal Museo Nazionale di Storia della Romania (MNIR) da fine novembre 2023 a gennaio 2024, aperta in collaborazione con il Monastero di Stavropoleos, antico luogo di culto nel centro storico di Bucarest. L’esposizione presenta al pubblico una preziosa selezione di oggetti religiosi: tessuti, argenti, libri di culto – provenienti dal patrimonio del Museo, alcuni dei quali esposti per la prima volta. La curatrice della mostra, Irina Ene, museografa presso la Sezione Archeologica del Museo, ha offerto maggiori dettagli a Radio Romania Internazionale.

    Nel Medioevo, la chiesa costituiva un riferimento principale e per questo venne creato un culto complesso, sviluppato che aveva il ruolo di educare attraverso le immagini. Considerando che la stragrande maggioranza delle persone non era alfabetizzata, il ruolo delle immagini è primario. Per questo motivo abbiamo pensato di lavorare anche con le immagini, cercando di spiegare il loro ruolo nella fede ortodossa. Per questo abbiamo cercato di riprendere un’iconostasi che corrispondesse ad un certo momento storico. Ci siamo fermati a Stavropoleos, un antico centro monastico nel centro di Bucarest. Un Medioevo religioso, temi iconografici cristiani presenti su oggetti di culto. Abbiamo raggruppato i temi iconografici sull’iconostasi del Monastero di Stavropoleos in soli sei temi: l’Annunciazione, Cristo Pantocratore, icone raffiguranti i santi patroni e protettori di un luogo di culto, la Resurrezione e la Discesa agli Inferi, nonchè le Festività più importanti dell’anno liturgico, spiega Irina Ene.

    Come vengono rappresentati i temi proposti dalla mostra d’arte sacra? Se dovessimo cominciare dall’inizio, l’Annunciazione rappresenta il tema iconografico riflesso sulla Porta Santa, in qualsiasi luogo di culto ortodosso. Abbiamo in mostra le Porte Reali del XVII secolo. Possiamo trovare l’Annunciazione anche su un trittico dello spatharios Ioan Cantacuzino del XVIII secolo. Per il tema Cristo Pantocratore, abbiamo due grandi icone reali, sempre settecentesche. Purtroppo, non conosciamo la loro provenienza. Per i Santi Protettori e Patroni, abbiamo preferito San Giorgio, considerando che abbiamo uno straordinario ricamo donato dal principe Stefano il Grande al Monastero di Zografou sul Monte Athos, un ricamo liturgico di culto il cui valore è inestimabile. Il tema iconografico della Resurrezione e della Discesa agli Inferi è preferito per le coperte dei libri religiosi, manoscritti o stampati. E, andando ancora oltre, per quanto riguarda le Festività più importanti dell’anno liturgico, se ne trovano sui paramenti sacerdotali. L’epitrachelion più antico esposto in mostra, e penso che sia il più antico conservato, risale all’epoca di Alessandro il Buono, che lo donò al Monastero di Bistrita, aggiunge la nostra ospite.

    La mostra presenta anche icone ritrovate nello spazio laico. Abbiamo cercato di uscire dallo spazio religioso, proprio per evidenziare un sentimento religioso esistente nel Medioevo e che viene portato dentro le mura domestiche, con l’icona della casa. Questo fenomeno certamente esisteva, soprattutto in tempi difficili, e la gente portava a casa un po’ della chiesa, quando non poteva assistere alle messe. Abbiamo icone su vetro e icone su legno. L’idea è che queste icone, che risalgono all’inizio dell’Ottocento e persino del Novecento, sono molto preziose, soprattutto perché la maggior parte proviene dal noto centro di Şcheii Brașovului e hanno la loro importanza sia come icone domestiche, sia come icone dell’inizio della modernità, conclude la curatrice della mostra, Irina Ene, museografa presso la Sezione Archeologica del Museo Nazionale di Storia della Romania.

  • La mostra „Maxim Dumitraș – Figlio e Padre”

    La mostra „Maxim Dumitraș – Figlio e Padre”

    All’inizio del mese di dicembre, al Museo d’Arte Moderna e Contemporanea Pavel Șușară di Bucarest, è stata inaugurata una mostra che mette in dialogo due generazioni: “Maxim Dumitraș — Figlio e Padre”, curata da Pavel Șușară e Dalina Bădescu. La mostra sarà aperta al pubblico fino all’inizio di febbraio 2024. Abbiamo parlato con il curatore della mostra di ciò che essa rappresenta nel contesto dell’arte contemporanea, della sua unicità. Pavel Șușară: E’ una mostra del tutto speciale. E’ unica, perché una mostra del genere non può più essere realizzata, anche se qualcuno percorresse di principio lo stesso scenario. Non può più essere realizzata perché mancano o mancherebbero i personaggi che hanno fatto questa mostra. E’ una mostra d’arte a un primo livello, superficiale e certo che abbiamo tutte le convenzioni artistiche, abbiamo pittura, grafica, scultura, abbiamo tutti i tipi d’arte, ma ciò che la rende unica è il suo contenuto umano, il modo in cui è nata, il modo in cui ha acquisito consistenza. Si tratta dell’ultimo periodo della vita del padre di Max Dumitraș, al quale, per calmare la sua solitudine e le sue paure, il figlio ha chiesto di tracciare delle linee sopra alcune composizioni fatte da lui e, quello che sembrava un lavoro stereotipo e un insieme di gesti meccanici, è diventata una forma di rifugio di fronte alle paure, di fronte alla solitudine, di fronte all’imminenza della morte che, ovviamente, lasciava deserta, ha posto una specie di sipario, di griglia tra il suo mondo e il mondo dell’aldilà, che era il mondo prefigurato da Max, configurato da lui. Però lui si è creato una specie di muro, di schermo protettivo, dove era al riparo. Era difeso dalle proprie paure, dall’angoscia, e, man mano che il tempo è passato, questa griglia di linea è diventata una radiografia o di una cartografia del suo stato fisico, psichico e morale. La linea diventa sempre più esitante, sempre meno rigorosa, sempre più fluida, fino a quando, negli ultimi momenti, diventa addirittura aleatoria e fuori dalla normalità. E, in questo modo, una mostra di pittura, diventa una meditazione sulla vita e sulla morte, diventa una specie di redenzione attraverso l’arte, di terapia delle angosce, diventa uno spazio in cui, almeno a livello di illusione, la sicurezza di esistere ha ancora senso. E’ una certezza in più.”



    Che cosa rappresenta l’artista Maxim Dumitraș per le arti contemporanee romene nella visione di Pavel Șușară? “E’ un’istituzione. Oltre al fatto di aver creato istituzioni, Maxim Dumitraș è lui stesso un’istituzione anche tramite quello che ha fatto e per il modo in cui ha generato eventi intorno a lui, ha organizzato simposi, ha allestito uno spazio naturale, dei burroni che sono diventati residenze e spazi d’azione per artisti e non ha estetizzato la natura, non ha portato degli elementi artificiali in un ambiente naturale, ma ha inserito l’arte in uno spazio naturale, dimostrando implicitamente che l’arte in generale, la creazione, non è qualcosa di distaccato dal mondo di cui non siamo responsabili, bensì un atto di continuità e un modo per notare le sue armonie.”



    Che cosa ha in piano il Museo d’Arte Moderna e Contemporanea per il 2024, ce lo dice sempre Pavel Șușară: “Abbiamo delle mostre già stabilite per tutto l’anno. Abbiamo una collaborazione con la Biennale d’Arte di Plovdiv, in Bulgaria, di cui siamo partner nel 2024. Ci andremo con 10 artisti romeni che esporranno le loro opere. Alla fine dell’anno organizzeremo il salone delle miniature, che quest’anno non presentiamo e che trasformeremo in una biennale. Ci sono 6-7 mostre programmate nell’anno che segue.”



    L’artista Maxim Dumitraș ci svela il processo che sta dietro questo progetto realizzato insieme a suo padre nei suoi ultimi anni di vita: “Lo abbiamo cominciato 8 anni fa, ho lavorato con mio padre. Lui si è occupato dal punto di vista composizionale della linea verticale, io del colore. Abbiamo lavorato insieme alcuni oggetti che sono dei bastoni e che si sono trasformati anch’essi come la linea del padre, nel tempo, diventando degli oggetti che bisogna per forza toccare. Si chiamano “gli oggetti del meglio”. Ho realizzato 150 disegni assieme a mio padre, abbiamo fatto delle borse che si chiamano “Borse dei sogni”, in cui lui è intervenuto sempre con la linea e io con il colore. Dai 71 ai 92 anni, ogni giorno è stato il mio discepolo nell’atelier. Quando era giovane, ero io il suo apprendista e dopo ci siamo scambiati i ruoli ed è diventato l’apprendista-creatore. Era un uomo, una specie di filosofo. Nella dimensione normale delle cose, un uomo di una correttezza e di un’eleganza eccezionale. E ai 93 anni, poiché era mio padre, siamo diventati ottimi amici.”



    Alla fine dell’intervista, Maxim Dumitraș ci ha svelato che cosa gli ha portato il 2023: “Cerco sempre di semplificare le cose, ma ogni anno si complicano di più. Ho realizzato una scultura monumentale di circa 15 tonnellate. Ho esposto a Bistrița, ho avuto diversi progetti alle Terme di Sângeorz. E’ stato un anno molto prolifico.”

  • Monica Lovinescu all’Editrice Casa Radio

    Monica Lovinescu all’Editrice Casa Radio

    Nel Centenario della nascita di Monica Lovinescu, l’editrice Casa Radio ha lanciato un album dedicato alla più importante voce femminile dell’esilio romeno, la giornalista e critica letteraria Monica Lovinescu. Dopo essersi laureata presso la Facoltà di Lettere dell’Università di Bucarest (1946), Monica Lovinescu ha collaborato con varie pubblicazioni culturali. Ha vinto una borsa dello stato francese nel 1947 ed è partita per Parigi in condizioni rischiose. Subito dopo l’abdicazione forzata di Re Michele I, ha chiesto asilo politico in Francia.



    Dopo un periodo in cui firma la regia di alcuni spettacoli d’avanguardia, dal 1951 si dedicò all’attività radiofonica. A cominciare dal 1962 collabora con Radio Europa Libera realizzando due programmi settimanali: “L’attualità culturale romena” e “Tesi e antitesi a Parigi”. Questi programmi ebbero una forte influenza in Romania, negli ambienti culturali, ma anche tra il pubblico largo. Monica Lovinescu firma articoli e saggi sulla letteratura romena e sull’ideologia comunista in numerose pubblicazioni: East Europe, Kontinent, Preuves, LAlternative, Les Cahiers de LEst, Témoignages, La France Catholique.



    L’album lanciato dall’editrice Casa Radio include un libro e due CD e si intitola MONICA LOVINESCU. E ho scelto il microfono. Interviste a Radio Romania (1993-2004)”. L’album include una presentazione della giornalista Anca Mateescu, realizzatrice di programmi presso Radio Romania Culturale, che è anche l’autrice delle interviste presentate sui due CD. Dorin-Liviu Bîtfoi, produttore presso l’editrice Casa Radio, con particolari su Monica Lovinescu e sull’album lanciato dalla casa editrice: Potremmo dire, citando forse un cliché, ma che contiene molta verità, che è la voce della dignità e la voce della coscienza libera sia per i romeni in esilio, sia per i romeni del Paese, che la ascoltavano assiduamente alla radio. La ascoltavano per sapere come si viveva nel mondo libero, ma anche per essere informati sugli abusi commessi nel mondo chiuso, nella Romania di allora, nel mondo comunista. È stato un grande piacere per me lavorare a questo libro perché è molto attuale per chi desidera apprendere particolari sul passato recente e sui suoi effetti, perché gli effetti si vedono ancora oggi. È molto interessante leggere questo libro, ma anche ascoltarlo, perché, come sapete, l’album include anche un audiolibro. I due CD contenenti le interviste a Monica Lovinescu sono il risultato di una documentazione e di un impegno lodevole, direi raro in quel periodo. Per questo ammiro la giornalista Anca Mateescu, per la tenacia che ha dimostrato.”



    Per celebrare il centenario della nascita di Monica Lovinescu, la Fondazione Humanitas Aqua Forte e l’editrice Humanitas hanno proposto un esercizio di ammirazione con un’agenda ricca di eventi che si sono svolti nel 2023, l’Anno Monica Lovinescu. La scrittrice Ioana Pârvulescu, presidente della giuria della prima edizione del Premio Monica Lovinescu, ha partecipato al lancio dell’album realizzato dall’editrice Casa Radio: Questo libricino ha una voce. Mi direte forse che tutti i libri hanno una voce. Certo, tutti i libri hanno una voce, ma questo libro ha proprio la voce di Monica Lovinescu. È un libro nato dall’accordo tra due giornaliste e lo dico qui apertamente, ammiro Anca Mateescu. È una giornalista straordinaria, che, oltre al fatto che si prepara, fa delle domande stimolanti. Fa delle domande dalle quali risulta che sa di cosa si tratta, non domande che fanno passare l’entusiasmo. Anca Mateescu ha questa qualità, di fare la domanda giusta, stimolante, anche in questo libro. La prima intervista di questo libro che contiene interviste a Monica Lovinescu è stata realizzata quando Anca Mateescu aveva 27 anni, era all’inizio della sua carriera giornalistica e, come risulta dalla presentazione, non è stato facile per lei avvicinarsi a Monica Lovinescu, ma alla fine ce l’ha fatta. E quello che è venuto fuori è stata una testimonianza straordinaria. Sono convinta che questo libro aumenterà il proprio valore da un anno all’altro. Dicevo che sono stata interessata soprattutto all’intervista in cui Monica Lovinescu parla di suo padre, il critico Eugen Lovinescu, che certamente vedeva come un padre, ma è stata costretta ad accettare anche la sua immagine pubblica di critico letterario. L’intervista sul Cenacolo Sburatorul, guidato da Eugen Lovinescu, è degna della storia letteraria e probabilmente la raccomanderò anche ai miei studenti, che in questo modo sapranno di più sulla letteratura interbellica.”



    Nei dialoghi con la giornalista Anca Mateescu sono rievocati i momenti che hanno segnato il destino di Monica Lovinescu: la partenza dal Paese e il viaggio a Parigi, i suoi inizi come regista a Parigi, l’incontro con il giornalista Noël Bernard, direttore del Servizio romeno di Radio Europa Libera, il suo percorso nella letteratura, l’assassinato di sua madre, Ecaterina Bălăcioiu-Lovinescu. Sono evocate anche personalità del Paese e dell’esilio: suo padre, il critico Eugen Lovinescu, Ion Barbu, Camil Petrescu, Dan Petraşincu, Eugen Ionescu, Ştefan Lupaşcu, Emil Cioran, Ion Negoiţescu, Ion Omescu.

  • “Lo Schiaccianoci”, Premio UNITER al migliore spettacolo radiofonico

    “Lo Schiaccianoci”, Premio UNITER al migliore spettacolo radiofonico

    Il premio Uniter al migliore spettacolo radiofonico realizzato nel 2022 è andato al Teatro Radiofonico Nazionale – Radio Romania, per la produzione “Lo schiaccianoci e il re dei topi” di Ernst Theodor Amadeus Hoffmann. “Lo schiaccianoci e il re dei topi” è stato anche lo spettacolo preferito dagli ascoltatori, essendo la più votata produzione radiofonica della competizione online La scommessa del pubblico — una tradizione dedicata agli spettatori, proposta e mantenuta dall’UNITER lungo il tempo. La sua messinscena da parte della regista Diana Mihailopol ha celebrato il bicentenario della morte del famoso scrittore romantico tedesco.



    Attila Vizauer, capo-redattore del Teatro Radiofonico Nazionale, con particolari sulla nuova messinscena de “Lo schiaccianoci e il re dei topi”: “È stata una scommessa molto interessante. Abbiamo avvertito la necessità di una nuova versione, fresca, di questa storia, “Lo schiaccianoci e il re dei topi” e abbiamo invitato Diana Mihailopol a pensare alla possibilità di realizzare uno spettacolo radiofonico su questo testo classico molto conosciuto. Ammetto di aver pensato che sarebbe stata capace di creare un vero e proprio hit in materia. Ebbene, Diana Mihailopol ha dimostrato non solo di essere stata molto interessata al testo, ma anche di averlo trattato in maniera molto generosa, di essere stata molto ispirata nella scrittura della sceneggiatura e nell’adattamento radiofonico di questa storia. È intervenuta con molto raffinamento nel testo ed è riuscita a costruire una storia con un cast straordinario: Marian Râlea, Diana Rotaru, Marius Manole, Lucian Ionescu, Rodica Mandache. Come dicevo, un cast eccezionale, che ha contribuito alla realizzazione di questo spettacolo molto, molto bello. Motivo per cui, ecco, non è da meravigliarsi che ha vinto quest’anno il premio UNITER al migliore spettacolo di teatro radiofonico.”



    Diana Mihailopol è del parere che la proposta di mettere in scena uno spettacolo tratto da “Lo schiaccianoci e il re dei topi” di E.T.A. Hoffmann sia stata una vera sfida per lei. Diana Mihailopol: “Ho realizzato e ho pensato questa produzione cercando di rivolgermi non solo ai bambini. Sono stata molto contenta che mi è stato offerto questo testo per farne un adattamento radiofonico e, come ho già affermato nel momento in cui mi è stato assegnato il premio, mi sono avvicinata moltissimo a quella storia. L’adattamento radiofonico si rivolge anche agli adulti e agli adolescenti, credo che raggiungerà ascoltatori di ogni età. In questo spettacolo ci sono alcuni accenti che ognuno potrà capire. Si tratta, in primo luogo, del male raffigurato dal Re dei Topi, ma non solo da lui. C’è anche l’idea che il male è sempre esistito. Alla fine dell’adattamento, una cosa diversa dalla storia di E.T.A. Hoffmann e dal balletto di Pëtr Ilič Čajkovskij, che hanno un lieto fine, il Re dei Topi torna. E torna dopo che il bene sembra vincere e gli ideali sembrano essere stati raggiunti. Il Re dei Topi torna e questo suo ritorno è sottolineato da una battuta ripresa, sottolineata da Marius Manole, che interpreta in questo spettacolo. È un testo che ti aiuta a capire quali sono le esperienze che un adulto deve vivere. È una storia che parla della crescita della ragazza, della maturità raggiunta dalla piccola Marie, che nel balletto di Pëtr Ilič Čajkovskij si chiama Clara. La piccola Marie sta attraversando questa tappa di crescita e riesce a trovare la propria strada.”



    L’attrice del Teatro Statale Tedesco di Timişoara, Olga Török ha consegnato alla regista Diana Mihailopol il trofeo UNITER — il Premio al migliore spettacolo radiofonico realizzato nel 2022 nell’ambito della 31/a edizione del Galà dei Premi UNITER. Diana Mihailopol: “È stata una sorpresa perché, in primo luogo, si tratta di una storia percepita soprattutto come racconto per bambini. E questi racconti per bambini sono purtroppo considerati di minore importanza, svolgono un ruolo secondario, anche se conosco molti adulti che li apprezzano, che sentono ancora la nostalgia delle favole che leggevano da piccoli. Forse molti considerano che “Lo Schiaccianoci e il Re dei Topi” non sia o non sia più un racconto per i nostri tempi, una storia da leggere nel 2023, ma io la considero molto attuale e credo che includa molte delle nostre attuali lotte interiori. È un adattamento che gode anche di un cast straordinario. Sono stata molto fortunata che Alina Rotaru abbia accettato di interpretare la parte della piccola Marie. Come dicevo, si tratta di una ragazzina che teme che l’innocenza finirà con il passaggio degli anni e che questo diventare matura sarà reso più complicato anche dalla comparsa di altri sentimenti, il che succede davvero.”



    Lo spettacolo “Lo Schiaccianoci e il Re dei Topi” di Ernst Theodor Amadeus Hoffmann con la regia artistica di Diana Mihailopol è stato premiato anche alla cerimonia di consegna dei premi dell’XI edizione del Grand Prix Nova – Radio Romania. Il premio alla migliore attrice non protagonista è stato aggiudicato da Manuela Ciucur per il ruolo della Signora Mauserinks, la regina dei topi, mentre quello al debutto “Ilinca Tomoroveanu” è andato ad Alina Rotaru per il ruolo di Marie nello stesso spettacolo.

  • La mostra di scultura “Andesite 10”

    La mostra di scultura “Andesite 10”

    La Galleria Simeza di Bucarest ha presentato nel mese di novembre la mostra collettiva itinerante: Andesite 10”. La tappa a Bucarest ha concluso l’itinerario della mostra presso diverse gallerie romene. 10 artisti visivi affermati hanno presentato opere strettamente legate alla Via Transilvanica — La strada che unisce”, l’itinerario turistico (a piedi, in bicicletta o a cavallo) lungo 1400 chilometri, che attraversa la Romania in diagonale, dal Monastero di Putna in Moldavia (nord-est della Romania), fino a Drobeta-Turnu Severin (sud-ovest della Romania). Alcune pietre miliari dell’itinerario sono realizzate da artisti in andesite, una roccia magmatica risultata dall’eruzione vulcanica.



    Abbiamo parlato, all’inaugurazione, con l’iniziatore del progetto e uno degli artisti in mostra, lo scultore Maxim Dumitraș, di come è nata la mostra alla Galleria Simeza e di come si è formata la squadra di scultori che espongono le proprie opere in questa mostra: Questa mostra è nata in seguito al simposio di scultura monumentale Via Transilvanica, dove ogni artista ha creato 5-6 pietre miliari. Tutti gli artisti che espongono hanno partecipato a questo simposio. Abbiamo utilizzato come materia prima l’andesite e ogni artista ha proposto progetti propri che credo che saranno fatti anche monumentali nel tempo. La squadra l’ho formata io, conoscendo gli artisti che lavorano con l’andesite. È un materiale molto duro, più duro del granito. È ovvio che bisogna avere una certa esperienza per lavorare con questo materiale e così ho fatto la selezione degli artisti. Abbiamo realizzato 6 pietre ciascuno, come ho già detto, ognuno secondo un progetto proprio. Questa mostra ha girato dal Museo d’Arte Comparata di Sângeorz-Băi, a Baia Mare, Sighetu Marmației, Bacău, Iași e adesso si conclude un ciclo di un anno presso la Galleria Simeza di Bucarest. Abbiamo lavorato le opere a Via Transilvanica, sulla collina, dopo di che sono state esposte lungo l’itinerario. Abbiamo costruito la mostra in funzione della sala che la ospitava.



    Maxim Dumitraș ci ha offerto alcuni particolari su come si lavora l’andesite, un materiale duro, difficile da lavorare: E’ una tecnica speciale, ci sono dischi speciali, non ci si può giocare con materiali qualsiasi. È dura, ma è fantastica quando la scultura è pronta. L’ho usata per la prima volta nel circuito delle sculture 10 anni fa, si è lavorato molto anche nei simposi. Una pietra molto resistente nel tempo, alle intemperie. E la cosa interessante è che la si può utilizzare dalla struttura rozza, fino a quella ultra-lavorata, che si avvicina al livello del vetro.”



    L’artista visivo Bogdan Pelmuș, che espone nella mostra alcune sculture, ci ha parlato del progetto Andesite 10”: Io, infatti, non mi sono laureato in scultura, ma in pittura, però mi è sembrato interessante lavorare con l’oggetto. Io lavoro con oggetti, faccio video-arte, uso diversi media. E questo materiale mi è sembrato molto interessante, perché è duro, è pesante e ci si può ricavare proprio il contrario.”



    Che opere ha esposto Bogdan Pelmuș nella mostra presso la Galleria Simeza? Ci sono due opere intitolate Volo” e due disegni, un’integrazione che vuole rendere in qualche modo l’idea di dualità, di ricerca, di interno, di tesoro, di infanzia. Come ricavare idee dal proprio io maturo.”



    Il presidente dell’Unione Artisti Figurativi (UAP), l’artista Petru Lucaci, presente all’inaugurazione, ci ha dichiarato: È meraviglioso ciò che accade qui. È una sfida per gli scultori e anche per noi assistere a una simile iniziativa di forza. Perché l’andesite è una pietra molto dura, c’è bisogno di forza per lavorarla. Ho visto gli scultori nei simposi e sono rimasto impressionato dal tipo di sforzo che fanno per individuare nel blocco di pietra un’immagine, un’idea, una forma, un messaggio. Le opere sono interessanti, il gruppo è allo stesso tempo omogeneo, però se ne identificano personalità multiple, perché ci sono artisti con esperienza nel lavoro con simili materiali. È un materiale inedito, con una forza espressiva impressionate. Siamo abituati ai campeggi di creazione in cui viene utilizzata la pietra bianca di Viștea, una specie di calcare più morbido, più modellabile, più facile da gestire. Quando si tratta di andesite, è una sfida terribile e l’effetto è impressionante.”



    Petru Lucaci ci ha parlato anche di come guarda questo progetto da un punto di vista curatoriale, il progetto essendo curato dagli artisti che espongono le proprie opere: Mi sembra che la mostra abbia molto senso e sia unitaria, abbia forza, perché gli artisti che si sono affiancati al progetto si conoscono tra di loro, conoscono il potenziale di ognuno di loro, conoscono le potenzialità del materiale con cui lavorano e credo che abbiano trovato un’ottima formula per mettere in atto le loro idee.”



    Com’è stato il 2023 dal punto di vista dell’Unione degli Artisti Figurativi? Cosa sta preparando l’Unione per gli amanti del bello? Il presidente Petru Lucaci: Per il momento stiamo cercando di fare un bilancio al Salone Nazionale d’Arte Contemporanea, che è stato di ampia portata, secondo me. Si è svolto in 15 spazi diversi, alcuni molto grandi, come quelli del Combinatul Fondului Plastic, dove ci sono 8 gallerie di dimensioni impressionanti. Si tratta degli ex capannoni del complesso, che è stato trasformato in un hub culturale, probabilmente il maggiore in Romania e dove vengono organizzati eventi di maggiore portata rispetto a quanto si possa realizzare nelle gallerie in città, che ovviamente hanno dimensioni più ridotte. Stiamo preparando un altro evento che avrà luogo a breve. È pronto oramai il nuovo edificio che ospiterà la sede dell’Unione degli Artisti Figurativi, che ha al pianterreno anche una galleria d’arte. Dunque cerchiamo di far vedere la mostra che abbiamo organizzato là in un contesto più ufficiale, inaugurando la sede dell’Unione. È la prima volta che l’Unione ha una propria casa, il che è estremamente importante.”

  • L’alpinista David Neacșu: dall’esplorazione della montagna a quella della memoria

    L’alpinista David Neacșu: dall’esplorazione della montagna a quella della memoria

    Alla recente Fiera del Libro Gaudeamus Radio Romania, la casa editrice Humanitas ha lanciato anche Il Libro delle Altezze. La storia della vita di un esploratore. David Neacșu, esploratore e alpinista, ha ricordato le sue avventure e le ha raccolte in questo libro con l’aiuto della giornalista Ruxandra Hurezean. La carriera di David Neacșu, iniziata negli anni ’70 come campione nazionale di sollevamento pesi, è proseguita come guida alpina e poi, negli anni ’90, come alpinista, aggiudicandosi numerosi primati romeni: nel 1994 è salito per la prima volta sulla vetta Uhuru del massiccio del Kilimanjaro, nel 1996 fu il primo romeno a raggiungere la cima dell’Aconcagua in Argentina, mentre nel 2002 ha fatto parte della prima spedizione romena a Kamceatka. Tutto culminato nella spedizione del 2003 quando, insieme al suo team di alpinisti, David Neacșu fu tra i primi romeni a raggiungere la vetta dell’Everest.

    Ha esplorato anche aree meno conosciute in tutti i continenti, i parchi nazionali in Africa, la giungla amazzonica in Perù, Brasile e Colombia, nonché la taiga siberiana. Ha seguito la vita delle popolazioni indigene del Perù, Papua Nuova Guinea, Kenya, Uganda, Tanzania, Isola di Pasqua, Nuova Zelanda, Australia, Tasmania, Borneo, Alaska. Alcune di queste avventure sono rievocate nel Libro delle altezze, che rivela anche la personalità di David Neacșu, come ci racconta la giornalista Ruxandra Hurezean.

    Generalmente, la vita di David è trascorsa in montagna, in solitudine. La montagna è un luogo solitario e le sfide che affronti quando viaggi, come ha fatto David, mettono alla prova la tua resistenza alla solitudine. Ebbene, da quando è uscito il libro sulla sua vita, David non è più solo. Tutti gli appuntamenti che abbiamo sono appuntamenti con molti amici. Si riempie un vuoto che ha avuto per tutta la vita. Per David scalare le montagne era importante, ma ancora più importante era raggiungere se stesso, diventare un uomo completo, cioè l’uomo che è oggi. David è diventato un uomo diverso con ogni spedizione. È autodidatta, ha lavorato anche in fabbrica come operaio. Non ha una laurea, ma David ha imparato così tanto sul mondo in cui vive che posso dire che è un personaggio impressionante. Inoltre, David è l’espressione di libertà, indipendenza e coraggio, spiega Ruxandra Hurezean.

    Tra due spedizioni, David Neacșu ha trovato il tempo per partecipare alla Fiera Gaudeamus, dove ha parlato al numeroso pubblico alla presentazione del Libro delle altezze. Una volta mi è stato chiesto: Come puoi fare così tante cose con solo due gambe e due mani?. E questa domanda è stata posta da un bambino di 10 anni. La domanda ha spezzato me e i membri della spedizione Everest 2003. Penso che per i bambini e per i giovani, e per quelli che verranno dopo di noi, questo libro sia importante, perché penso che questo volume debba essere una spinta. Vai, fratello, nella natura, vai in montagna perché è una delle poche fughe che ci restano in questa vita. Cosa posso dirvi? Che non desideravo altro che vedere il mondo, che ognuno, a sua volta, voleva un globo terrestre nella propria vita o qualcosa che a un certo punto non poteva raggiungere. Io volevo un semplice globo terrestre e quando l’ho avuto, volevo andare dove mettevo il dito e ho avuto l’onore e la chance di andare, ha detto David Neacșu.

  • L’attrice Dorina Lazăr

    L’attrice Dorina Lazăr

    Dorina Lazăr, una delle più apprezzate attrici romene, è stata insignita quest’anno del Premio di Eccellenza al Galà dei Premi Radio Romania Culturale. Apprezzata in ugual misura dal pubblico e dalla critica, Dorina Lazăr ha interpretato decine di ruoli, in spettacoli teatrali e film. In veste di direttrice del Teatro Odeon, incarico ricoperto per quasi 20 anni, ha sempre sostenuto i giovani artisti e ha puntato sulle produzioni innovative.



    A 83 anni, Dorina Lazăr torna nel teatro e nel cinema con due ruoli notevoli. Interpreta il ruolo protagonista nel nuovo film di Radu Jude, “Nu aștepta prea mult de la sfârșitul lumii / “Do Not Expect Too Much from the End of the World”, che ha avuto la prima al Festival Internazionale del Cinema di Locarno, dove ha ricevuto il Leopardo d’argento — il Premio Speciale della Giuria, Menzione da parte della Giuria Ecumenica e il I Premio da parte della Giuria dei Giovani. Il secondo ruolo memorabile interpretato quest’anno da Dorina Lazăr è quello protagonista nella pièce teatrale Disquiet”, di Ivan Vyrypaev, con la regia di Bobi Pricop.



    Il più recente film scritto e diretto da Radu Jude, la proposta della Romania per una nomination agli Oscar 2024, alla categoria miglior film internazionale”, è una satira sul nuovo capitalismo romeno, un road-movie in cui Angela (interpretata da Ilinca Manolache) attraversa una Bucarest affollata e ostile, un film drammatico che parla di un uomo rimasto paralizzato in seguito ad un incidente di lavoro, ma anche una commedia che tratta della realizzazione di un film sulla sicurezza sul luogo di lavoro.



    Abbiamo parlato con Dorina Lazăr del ruolo che interpreta in Do Not Expect Too Much from the End of the World”, del film e del montaggio, in cui immagini della produzione Angela merge mai departe / Angela va avanti” (realizzata nel 1982 dal regista Lucian Bratu, con Dorina Lazăr nel ruolo protagonista) entrano in dialogo con le immagini del presente: “E’ stata un’esperienza molto piacevole che mi ha fatto onore, sono stata molto contenta di conoscere Radu Jude e di fare un film con lui. Ho collaborato con una squadra meravigliosa, parlo soprattutto degli attori, molto talentuosi e diligenti. Angela merge mai departe” è un ottimo film che vi raccomando calorosamente. È un film che resiste ancora oggi, anche se è stato girato ai tempi del comunismo. Un film molto bene interpretato da tutta la quadra di attori e diretto con molta delicatezza da Lucian Bratu. La sceneggiatura del film appartiene a Eva Sîrbu. È stata scritta, infatti, per l’attrice Rodica Tapalagă, ma Rodica non sapeva guidare e allora si è deciso che il ruolo fosse assegnato a qualcuno che avesse la patente. E siccome io guidavo molto spesso la macchina, hanno scelto me per interpretare il ruolo di Angela. È stata una grande fortuna per la squadra che io sapevo guidare, perché le riprese sono state molto difficili. Tornando al film di Radu Jude, lo ringrazio per essere stato così delicato. È stato straordinario che abbiamo girato le scene con il mio vecchio partner László Miske nello stesso appartamento in cui abbiamo girato anche Angela merge mai departe”. E ho notato durante le riprese che sugli scaffali, nella stanza, c’erano foto mie e di László Miske di 40 anni fa, quando abbiamo girato Angela merge mai departe”. Non posso descrivere la gioia e l’apprezzamento che ho sentito, è un piacere lavorare con Radu Jude. In più, se la cava bene a prescindere dalla situazione.”



    Disquiet” è la quarta pièce scritta da Ivan Vyrypaev — drammaturgo, regista teatrale e di film, sceneggiatore, produttore e attore russo contemporaneo stabilito in Polonia e al momento proibito nei teatri del suo Paese natio, a causa della sua posizione anti-guerra, una pièce messa in scena dal regista Bobi Pricop al Teatro Odeon. “Come la vita, anche il teatro è e provoca irrequietezza; ognuno di noi è un gomitolo di ansie che l’arte, in tutte le sue forme, cerca e forse ci aiuta a districare” afferma il regista Bobi Pricop, il quale considera il ruolo di Dorina Lazăr “assolutamente fantastico, di una forza e di una verità scenica commovente.”



    Dorina Lazăr, che interpreta il ruolo della scrittrice Ula Richter, ha dichiarato: “Quando ho invitato il regista Bobi Pricop a mettere in scena uno spettacolo al Teatro Odeon, l’anno scorso, ero ancora la direttrice del teatro. Allora ho detto a Bobi Pricop di fare delle proposte e lui mi ha proposto questa pièce “Disquiet” di Vyrypaev. Gli ho chiesto chi farà parte del cast e mi ha detto che io avrei interpretato il ruolo protagonista. Ho rifiutato, gli ho detto di no per due ragioni. Il primo motivo è che ho una certa età e non si sa quando arriva quel momento, e che non vorrei che il teatro investisse in uno spettacolo che dopo non potrà più essere messo in scena. Oppure può capitare che io perda la memoria ed è molto difficile trovare qualcuno che mi possa sostituire in un simile ruolo. Ma quanto ho letto il testo tradotto in romeno — all’inizio lo avevo letto in inglese — mi sono resa conto che mi piace tanto e che voglio interpretare questo ruolo a tutti i rischi. E così ci siamo impegnati in questo progetto con altri cinque attori, tutti molto conosciuti.”



    Nicoleta Lefter, Niko Becker, Alexandru Papadopol, Mihai Smarandache e Gabriel Pintilei fanno parte del cast dello spettacolo Disquiet”, selezionato alla recente edizione del Festival Nazionale del Teatro.