Category: Agenda culturale

  • La traduttrice Lora Nenkovska, invitata ai laboratori FILIT

    La traduttrice Lora Nenkovska, invitata ai laboratori FILIT

    I laboratori FILIT, organizzati dal Museo Nazionale della Letteratura Romena di Iaşi in collaborazione con il Memoriale Ipoteşti — Centro Nazionale di Studi Mihai Eminescu — hanno preceduto il Festival Internazionale della Letteratura e della Traduzione di Iași — FILIT, arrivando quest’anno alla nona edizione. La bulgara Lora Nenkovska, ospite del nostro programma di oggi, è un’eccellente traduttrice di lingua romena, lettrice di lingua e letteratura romena presso l’Università di Sofia Kliment Ohridski”, ed ha partecipato a molte edizioni dei laboratori FILIT. Abbiamo parlato con lei dell’importanza dei laboratori FILIT, che si propongono di sostenere la cooperazione culturale, la promozione del patrimonio e la creazione contemporanea a livello internazionale: In primo luogo, oserei affermare che questo tipo di eventi è vitale per noi, traduttori. È molto importante che ci incontriamo e parliamo dei nostri progetti, dei problemi che affrontiamo. Traducendo, stiamo imparando per tutta la vita, è un processo che non finisce mai, così com’è anche la mia carriera di lettrice universitaria, siamo sempre una specie di studenti che non cessano mai di studiare nella vita. È una nostra scelta studiare, cercare, leggere. Per me è molto interessante connettermi a quello che stanno facendo i miei colleghi all’estero, perché ognuno porta il proprio gusto in materia di letteratura, con le traduzioni che sta facendo, con ciò che ha scoperto di nuovo e così arriviamo a discussioni molto interessanti. In più, quello che mi piace molto in questi laboratori organizzati dal Museo Nazionale della Letteratura Romena di Iaşi in collaborazione con il Memoriale di Ipoteşti è che beneficiamo anche di interventi molto interessanti, come quelli tenuti di recente da scrittori e critici quali Bogdan Crețu, Doris Mironescu, Florin Bican, Ioana Both, Radu Vancu. Sono stati interventi che sicuramente interesserebbero chiunque legge o studia la letteratura romena. La maggior parte di queste conferenze sono state piuttosto teoriche e si sono prefisse di offrirci uno sguardo più profondo sulla letteratura romena. Bogdan Crețu ci ha parlato dello studioso Dimitrie Cantemir e per me è stato un intervento molto interessante, soprattutto perché mi piace moltissimo il suo libro dedicato a Cantemir, Inorogul la porțile Orientului / L’unicorno alle porte dell’Oriente. Come ho già detto, per me è di fondamentale importanza essere al corrente delle attività dei miei colleghi, delle loro preoccupazioni in materia di traduzioni. È molto importante scambiarci opinioni, parlare tra di noi dei libri che stiamo traducendo, di quello che abbiamo scoperto di nuovo nella letteratura romena. Siamo come una piccola società internazionale che parla romeno e discute di letteratura romena.”



    Lora Nenkovska ha tradotto in bulgaro opere di Matei Vișniec, Petru Cimpoeşu, Mircea Eliade, Dan Lungu, Claudiu Komartin, Elena Vlădăreanu, Simona Popescu, Ioan Es. Pop, Max Blecher, Andreea Răsuceanu. Negli ultimi anni, Lora Nenkovska ha tradotto anche brani dei romanzi delle scrittrici romene nominalizzate ai Premi letterari Sofia Nădejde, dedicati alla letteratura scritta da donne. Abbiamo parlato con Lora Nenkovska della sua passione per la letteratura romena e della buona accoglienza di cui gode in Bulgaria: “Sono arrivata per pura casualità alla letteratura romena. Nel 2003 ho ricevuto una borsa di studio e così sono arrivata in Romania. Allora stavo studiano lingue balcaniche, greco, neogreco, albanese, serbo-croato e romeno. Come sapete, in quell’epoca era quasi impossibile uscire dalla Bulgaria per studiare direttamente una lingua straniera. È apparsa però una possibilità e così sono arrivata a Timișoara, dove sono rimasta per un mese e ho avuto come coordinatrice la scrittrice Adriana Babeți, il che è stato meraviglioso. Ho passato gran parte del tempo alla facoltà, però ho avuto la fortuna di partecipare anche a un festival studentesco e di vedere molti spettacoli. In occasione di quel festival ho visto per la prima volta messi in scena alcuni spettacoli di Matei Vișniec e ho pensato che, se esiste un drammaturgo talmente bravo in questa letteratura, devo arrivare a saperne di più. Quindi ho comprato moltissimi libri, credo di essere tornata a casa con un’intera biblioteca. Così ho cominciato a leggere letteratura romena, che io considero una letteratura molto viva e variegata, è una continua scoperta per me. Mi piace molto anche il fatto che la letteratura romena presti sempre più attenzione ai problemi sociali. Io come traduttrice sono interessata anche a questo aspetto, all’argomento, al tema del libro, non guardo un testo solo da un punto di vista stilistico. Sono molto interessata anche alla letteratura scritta da donne, una cosa che è già ben conosciuta.”



    Il più recente libro tradotto da Lora Nenkovska in bulgaro è il romanzo Vântul, duhul, suflarea” (Polirom) di Andreea Răsuceanu, pubblicato dalla casa editrice bulgara ICU Publishing. La traduttrice sta preparando anche un saggio sui traumi nella letteratura romena contemporanea scritta da donne.

  • Film romeno proposto ai Premi Oscar

    Film romeno proposto ai Premi Oscar

    Un road-movie, ma anche un dramma, una commedia e una satira, ma anche un film di montaggio, un avatar digitale, aneddoti e musica – tutte queste caratteristiche possono essere attribuite al nuovo film del regista e sceneggiatore Radu Jude, Do Not Expect Too Much from the End of the World, la proposta della Romania ai Premi Oscar, i premi della Academy of Motion Picture Arts and Sciences del 2024. Nei ruoli protagonisti, lattrice Ilinca Manolache e lattore non professionista Ovidiu Pîrșan. Il film ha avuto la prima al Festival Internazionale del Cinema di Locarno questanno, dove ha ricevuto il Leopardo dargento – il Premio Speciale della Giuria, Menzione da parte della Giuria Ecumenica e il Primo Premio da parte della Giuria dei Giovani.



    Radu Jude è uno dei registi contemporanei più apprezzati a livello nazionale e internazionale, vincitore di vari premi, tra i quali il Festival Internazionale del Film di Berlino, nel 2009, con il suo film di debutto, The Happiest Girl in the World, lOrso dArgento, nel 2015, per il film Aferim! e non in ultimo il lungometraggio del 2018 I Do Not Care If We Go Down in History as Barbarians, il primo film romeno insignito del Globo di Cristallo al Festival di Karlovy Vary.



    A ottobre si è svolta la conferenza stampa che annunciava la proposta della Romania agli Accademy Awards. Il team di produzione ha parlato dellavatar digitale che appare nel film, creato proprio dallattrice protagonista. Ilinca Manolache e Radu Jude con particolari in più su questo argomento: Tutto è partito dal mio desiderio di esprimere la frustrazione che sentivo per questo tipo di dinamica che incontravo e continuo a incontrare molto spesso nella nostra società. Io ho preso lidea e quando ho invitato Ilinca a interpretare in questo film – con Ilinca avevo già collaborato in passato, aveva interpretato diversi piccoli ruoli in vari film e ci tenevo tanto a fare insieme a lei un film con un ruolo più importante – ho preso anche lavatar creato da lei, perché mi è sembrato, da una parte, un modo molto intelligente e al limite, con moltissime contraddizioni e, allo stesso tempo, perché il film va in più direzioni, esplora varie zone, una di queste essendo legata proprio alla definizione o al tentativo di cercare di capire cosa significa la creazione di un personaggio e mi è sembrato molto interessante che ci sia un personaggio – interpretato da Ilinca – e che quel personaggio ne crei anche un altro, che è questo avatar. E che è un mix tra la creazione di Ilinca Manolache, la creazione del personaggio, la creazione della piattaforma. E poi, cè anche unaltra cosa che mi ha interessato, forse più di questo: cosa vuol dire unimmagine? Cosa vuol dire la costruzione di unimmagine in rapporto al reale? Quello che si perde con la comparsa di questi tipi di immagini virtuali, e adesso con lintelligenza artificiale questa storia è ancora più complicata. Cè unenergia su queste piattaforme che ci manda un po agli inizi del cinema.



    Come ha costruito il regista Radu Jude la parte di road-movie del film, compresa la parte di film di montaggio inserita nel quadro della pellicola, realizzata in stile bianco e nero? Per quanto riguarda la parte in bianco e nero, le cose si sono costruite passo dopo passo, perché la sceneggiatura, per così dire, o il progetto è stato costruito man mano. Questa idea di creare un montaggio che affianchi la principale trama, la storia dellavatar di Ilinca, e poi le immagini di Angela merge mai departe di Lucian Bratu e così via, tutte queste cose si sono aggiunte successivamente, passo dopo passo. Abbiamo deciso di girare non solo in bianco e nero, ma abbiamo anche girato su pellicola da 16 mm, in bianco e nero, forse per una sorta di desiderio di sperimentare uno sport che è in via di estinzione, in un certo modo.



    Come ha accolto lattrice protagonista Ilinca Manolache la proposta di questo ruolo e come lha creato? Ilinca Manolache ci ha dichiarato: Per me, la cosa più importante è stata di essere molto attenta a quello che Radu mi chiedeva di fare, essere molto concentrata su ciò che andava fatto durante le riprese. Quando ho letto la sceneggiatura, lho detto più volte, mi sono sentita molto rappresentata, quindi non ho sentito questo personaggio molto lontano da me, questo è molto chiaro. E una cosa di cui sono così orgogliosa e mi rappresenta così tanto che mi chiedo: cosa farò dora in poi? Che forse qualcosa simile a quello che ho fatto qui arriverà forse più difficilmente.


    Alla fine, lattore non professionista Ovidiu Pîrșan ha voluto precisare: Voglio dire che per me ha significato molto, cioè è stata forse la più bella esperienza di vita, la prima volta che ho fatto questo. Il ruolo non è stato difficile per me, in un certo modo, perché non so se lo sapete tutti, ma io sono veramente in una sedia a rotelle. Quindi ho raccontato la mia storia, in una variante diversa.

  • Le periferie di Bucarest nel periodo interbellico

    Le periferie di Bucarest nel periodo interbellico

    A cominciare da settembre e fino a metà novembre, il Museo del Municipio di Bucarest, (MMB) nella sua sede sita nel centro della capitale, il Palazzo Suțu, offre al pubblico una mostra che porta i visitatori indietro nel passato della città: Aspetti delle periferie di Bucarest nel periodo interbellico. Il periodo interbellico è definito storicamente nellintervallo di 21 anni tra le due guerre mondiali, 1918-1939. La capitale romena, la città di Bucarest, è il più importante centro industriale e commerciale del Paese, centro artistico, culturale e dei mass-media. Nel 2011 la sua popolazione si aggirava intorno a 2 milioni di abitanti, senza calcolare le persone che erano di passaggio o quelle delle località nei dintorni della città. La prima menzione di Bucarest risale al 1459, mentre nel 1862 la città diventò capitale dei Principati Uniti (Valacchia e Moldavia).



    Di una parte della storia della capitale e di alcuni particolari della città nel periodo interbellico abbiamo parlato con il curatore della mostra, il museologo Cezar Petre Buiumaci: Lidea di questa mostra è nata dalla necessità di esporre al pubblico levolversi della Capitale lungo il tempo, il modo in cui si è trasformata la città in un periodo in cui ha conosciuto uno dei maggiori ampliamenti territoriali in orizzontale, cioè nel periodo tra le due guerre. E questo perché Bucarest era una città aperta, accogliente, anche se ci sono stati spesso tentativi di limitare la sua espansione geografica o demografica. Stabilire il capoluogo della Valacchia sulle rive del Dâmbovița, e poi la capitale dei Principati Uniti e della Grande Romania, ha creato un miraggio che ha sempre attirato alogeni, persone che venivano in cerca di fortuna e che portavano con sé la loro cultura, trasformando la città in una metropoli con molteplici valenze. Però, la maggior parte delle persone che venivano qua non erano abbienti e, proprio per questo, trovavano sistemazione in zone più economiche, ovvero nelle periferie della città. In tal modo, contribuivano allestensione geografica dellurbe.



    Il Museo del Municipio di Bucarest possiede nel suo patrimonio una documentazione fotografica delle periferie della città, delle zone che dovevano essere soggetto dellampliamento della capitale, periferie che sono scomparse nella seconda metà del secolo scorso. Che cosa ha cercato il curatore Cezar Buiumaci di realizzare componendo questa mostra con le risorse del patrimonio del Museo del Municipio di Bucarest? Ho cercato, e spero di esserci riuscito, di realizzare uno specchio delle periferie urbane di una città in pieno sviluppo. La dinamica di Bucarest è unica in Romania, la sua espansione essendo costante ed è per questo che stiamo assistendo a un continuo cambiamento. Se nel XVII secolo si limitava alla zona dellUniversità, allinizio del XIX secolo arrivava nella zona dellattuale Ateneu, mentre alla fine di questo secolo a Piazza Victoriei. A dirlo meglio, seguiva una strada circolare periferica, un itinerario che univa le principali stazioni della città. Per capire il fenomeno dellespansione geografica, dobbiamo ricorrere alla statistica, che ci presenta i seguenti dati demografici: nel 1831 a Bucarest cerano circa 60 mila abitanti, mentre nel 1859 la cifra era raddoppiata. Nel 1878 era triplicata, mentre alla fine del XIX secolo era arrivata a circa 230 mila abitanti e allinizio del secolo successivo a 300 mila. Nel 1930, quindi alla metà del periodo interbellico, a Bucarest abitavano 640 mila persone, mentre alla metà del secolo la cifra sfiorava 1 milione, e negli anni 80 era raddoppiata.



    Che cosa presenta al pubblico spettatore la mostra esposta al Palazzo Suțu nel centro della capitale? Particolari sempre da Cezar Buiumaci: La mostra presenta le periferie della città seguendo il percorso indicato dalla strada già menzionata, ma quello che si trovava in quel momento allesterno di questa via periferica, zone che sarebbero state demolite e che erano documentate su richiesta dellamministrazione locale dai grandi fotografi dellepoca. La mostra presenta in 60 fotografie, in 60 soste, in 60 cliché, aspetti della vita e dellabitazione dei quartieri. I visitatori possono vedere comerano le locande dei quartieri, comerano alcune strade prima di essere sistemate e allestite, qual era laspetto dei viali duscita dalla città prima di essere lastricate, oppure di zone come La Valle del Pianto, che oggi sono irriconoscibili. Possono vedere come la gente andava a tuffarsi nellacqua e là, nella stessa immagine, possiamo vedere comerano lavati gli animali, le automobili e come si lavavano le persone. Come veniva estratto il ghiaccio dai ruscelli dinverno per essere utilizzato destate per raffreddare alimenti. Come si mettevano i ferri ai cavalli e come pascolavano le pecore su Calea Plevnei. Presentiamo quindi per la prima volta immagini commissionate dal comune, che presentano laspetto delle periferie.

  • Mammalia, un film drammatico surrealistico di Sebastian Mihăilescu

    Mammalia, un film drammatico surrealistico di Sebastian Mihăilescu

    Il film drammatico surrealistico “Mammalia”, con la regia di Sebastian Mihăilescu, ha avuto la prima mondiale alla sezione Forum della 73/esima edizione del Festival Internazionale del Cinema di Berlino ed ha cominciato di recente ad essere proiettato sui grandi schermi in Romania. Il film è stato proiettato in anteprima nazionale a Cluj-Napoca nell’ambito del Festival Internazionale del Film Transilvania TIFF. La pellicola è stata selezionata anche al Festival del Cinema dell’Uruguay ed è stata inserita nella Competizione SMART7, un programma itinerante che pone l’accento su voci innovative, fondato da sette prestigiosi festival. Mammalia” è stato inoltre presentato a Kino Pavasaris di Vilnius (Lituania) e IndieLisboa (nel Portogallo). Mammalia” (Romania, Germania, Polonia) è un viaggio surrealistico per la crisi della mascolinità, scritto da Sebastian Mihăilescu e da Andrei Epure, e abbina il dramma al mistero e alla commedia.



    Sebastian Mihăilescu ha parlato a RRI di come è arrivato a fare film, del tipo di cinema di Mammalia, della competizione SMART7 e dell’itinerario internazionale del film: “Come approccio ho cercato di avvicinarmi a un cinema poetico, che usa pienamente i mezzi del cinema, ovviamente: il montaggio, il tempo, la luce. Per questo motivo ho anche trattato la pellicola come un ambiente analogico. Probabilmente ho scelto questo approccio anche perché ho paura del tempo. Si tratta della mia lotta contro il tempo, della mia paura del tempo, cose che ho detto anche durante le sessioni Q&A. Legato allo SMART7, è vero, è la prima volta che un film romeno viene selezionato in questo circuito. Questo mese il film avrà anche due proiezioni a Reykjavík, sicuramente arriverò ad una di esse. Il film sarà proiettato anche a Salonicco. Tornando alla discussione sul tempo, per me il cinema è la seconda carriera. Che ho iniziato a 27 anni. Prima di fare cinema, sono stato ingegnere informatico. Quest’anno ho compiuto 40 e credo sia un momento di bivio per ogni persona. Avevo una scontentezza, per questo ho rinunciato alla carriera nell’IT. Inizialmente ho voluto fare il pittore, non ho avuto il coraggio, poi vo voluto fare l’architetto, però non ho avuto il coraggio. Così sono arrivato al Politecnico, ma parallelamente mi sono occupato del design, ho continuato a dipingere e a fare street art. Però il desiderio di esprimermi attraverso l’arte è stato sempre lì, è rimasto lì, ho cercato di esprimermi in qualche modo e il cinema, in un certo modo, collegava tutti questi skills. Comprese le mie passioni per la scrittura, per la pittura, per l’immagine e per la fotografia.”



    In Mammalia, István Téglás interpreta il ruolo di Camil, un uomo 39enne, che inizia un viaggio onirico in cui il banale e il fantastico si mescolano. Una volta perso il controllo sul suo lavoro, sul suo status sociale e sulla sua relazione amorosa, Camil parte in una ricerca che lo porta a interrogarsi sulla sua identità e sulla sua mascolinità. Seguendo le tracce della sua partner, arriva in una comunità bizzarra, con rituali sconvolgenti, in cui, alla fine, si confrontano con un capovolgimento tragicomico dei ruoli. István Téglás ammette che il ruolo di Camil sia stato uno dei più sollecitanti della sua carriera: “Mi è stato molto difficile e spesso ho avuto una sorta di agitazione. Questo modo di lavorare al film, quando non sai mai cosa succederà il giorno dopo, ovviamente crea tutta una serie di stati. In più, dopo più giorni di lavoro cominci a stancarti, nelle condizioni in cui ogni giorno si fanno delle riprese, a volte dalle cinque del mattino, ad esempio. Però ho provato a concentrarmi, ad essere presente, era la cosa più importante per me e credo di esserci riuscito. È stato davvero un ruolo molto impegnativo persino fisicamente, e lo dico anche se sono abituato a questo tipo di lavoro, ho interpretato ruoli impegnativi anche in spettacoli teatrali. Perciò ero allenato, preparato in questo senso, ma ci sono state parecchie sfide. Ad esempio, sono dovuto entrare nell’acqua a fine ottobre, quando fuori faceva freddo. In queste condizioni, il costume da palombaro ti aiuta fino ad un certo punto, però poi non ti resta che resistere. Mammalia è un film in cui il regista mi ha dato libertà, però mi ha dato anche una specie di direzione, perché le situazioni che dovevo interpretare erano chiare. Quindi non mi sono sentito in alcun momento in difficoltà o perso.”



    István Téglás ha parlato anche della collaborazione che ha avuto con attori non professionisti nella realizzazione del film Mammalia: “In generale, mi piace lavorare con persone non laureate perché mi pare, parlando di attoria, che hanno una maggiore apertura rispetto agli attori professionisti. Sapevamo questa cosa, ho voluto lavorare con attori non professionisti ed ecco che è anche successo. Siamo andati d’accordo molto bene e, in un certo senso, nelle rispettive scene mi sono lasciato piuttosto dirigere da loro, anziché guidarli io. E mi è piaciuto fare questo, sebbene in generale, come attore, non è facile farlo. Perché desideri o sei spesso tentato di dirigere tu. Però l’esperienza di Mammalia è stato un caso felice.”



    Oltre a István Téglás, del cast del film Mammalia fanno parte Mălina Manovici, Denisa Nicolae, Steliana Bălăcianu, Rolando Matsangos, Mirela Crețan, Andreea Gheorghe, Mircea Bujoreanu, Marian Pîrvu, Dan Zarug Mihai e Elena Chingălată.

  • “Arsenie. An amazing afterlife”, un documentario di Alexandru Solomon

    “Arsenie. An amazing afterlife”, un documentario di Alexandru Solomon

    Il lungometraggio Arsenie. Viața de apoi” (“Arsenie. An amazing afterlife”), un road movie documentario scritto e diretto da Alexandru Solomon, ispirato alla vita dello ieromonaco Arsenie Boca e al culto creatosi intorno a lui, è arrivato di recente ad essere proiettato sui grandi schermi in Romania. “Arsenie. An amazing afterlife” è stato presentato in anteprima internazionale a Karlovy Vary (il film essendo incluso nella competizione “Proxima” della 57/a edizione del prestigioso evento) e farà parte anche della selezione nazionale dellAstra Film Festival, in programma dal 15 al 22 ottobre 2023. Proiettato in diverse città del Paese, il film ha suscitato polemiche e reazioni accese.



    Due istituzioni pubbliche hanno rifiutato la proiezione del film diretto da Alexandru Solomon, e lArcidiocesi di Sibiu ha chiesto agli organizzatori dellAstra Film Festival di vietare la proiezione del documentario. In risposta, gli organizzatori dellAstra Film Festival hanno comunicato: “Il film documentario ha questa qualità unica: porta davanti al pubblico problemi e dibattiti delle persone reali, li espone e propone agli spettatori di guardare qualsiasi argomento da molteplici prospettive. Un film documentario reca limpronta dei valori condivisi dai suoi realizzatori e spesso tocca argomenti molto delicati verso i quali il pubblico può avere reazioni molto diverse. Il che è un guadagno. Vogliamo tutti una società aperta, con persone libere da tutti i punti di vista.”



    Il film di Alexandru Solomon segue le tracce dello ieromonaco Arsenie Boca, perseguitato dal regime comunista, in un pellegrinaggio messo in scena. I pellegrini e il regista rievocano i presunti miracoli attribuiti al padre, li dibattono e si confessano. Attraverso gli occhi dei fedeli, osservati da un regista scettico, il film coglie il modo in cui la società romena si riflette nellimmagine di questuomo che sta per essere canonizzato. Alexandru Solomon: Mi sembra che il fenomeno Arsenie Boca dica molto sul modo in cui funziona attualmente la società romena. È un fenomeno, una costruzione che è nata sotto i nostri occhi negli ultimi 30 anni. Ed è interessante che pochissimi monaci o santi abbiano avuto una tale portata, una simile popolarità nel XXI secolo. Mi riferisco a questo culto che ha acquisito sempre più portata dopo la morte di Arsenie Boca, nel 1989. Il mio approccio è andato in questa direzione, come dicevo prima, il film non è e non vuole essere una biografia di Arsenie Boca, anche se ricostruisce alcuni momenti della sua vita. Questo è anche il motivo per cui ho fatto ricorso a una formula che è, in qualche modo, al limite della finzione, perché questo culto rappresenta un insieme di strati di finzione, di leggende, aggiunti a fatti reali. Infatti, non si riesce più a distinguere ciò che è inventato da ciò che è realtà storica. E mi ha interessato anche questaspetto di far diventare finzione un personaggio reale e il modo in cui, alla fine, la leggenda diventa più potente della storia.”



    Alexandru Solomon ritiene che la leggenda del padre Arsenie Boca riempia, per molti romeni, il vuoto lasciato dalle disillusioni degli ultimi decenni. Si tratta, dice il regista, di un film su come “la società romena si rispecchia in questo culto, in questa costruzione di una figura molto popolare, che offre speranza e conforto in questi tempi”: “Ciò che io ho cercato di capire, al di là dellinfluenza della Chiesa Ortodossa nella vita di tutti noi, è stato il fondamento popolare di questo tipo di culto, di questo pensiero, magico, in fin dei conti, che rompe con la tradizione razionalista, europea. Ed è un fenomeno che non è solo locale, romeno. Dopotutto, se guardi intorno, in tutto il mondo cè una sorta di rinascita del pensiero magico, che si manifesta anche nelle teorie del complotto in America, in Turchia o Polonia, e non solo. Tornando alla Romania, qui trovo molto acuto questo sentimento di abbandono sociale avvertito da categorie molto ampie di persone, che trovano conforto e speranza in questo ambito della fede. E questa confusione che dichiaro alla fine del film è legata alla mia scoperta che, non importa quanto si confrontino le leggende con i fatti storici, il pensiero magico con il pensiero razionale, cè una barriera tra di loro, un muro insormontabile. Le persone ascoltano argomenti razionali, leggono fatti, ma alla fine ciò non cambia affatto le loro convinzioni. Questa è una cosa che ho capito mentre giravo il film e io rispetto la fede delle persone, ovviamente non si può toccare la fede che la gente ha. Penso che sia un loro diritto e se questo li aiuta è fantastico, ma la questione di cui dibatte il film è cosa succede quando quella fede viene strumentalizzata, a livello commerciale, finanziario, anche politico. E quando diventa una regola generale imposta agli altri, anzi, una sorta di canone che tutti devono rispettare.”



    Alexandru Solomon, regista e direttore della fotografia, è noto per lungometraggi documentari come “The Great Communist Bank Robbery” (2004), ” Cold Waves” (2007), “Kapitalism — our improved formula” (2010), România: Patru patrii” (2015) e “Tarzan’s Eggs” (2017). Dal 2010, Alexandru Solomon insegna presso l’UNArte ed è presidente dellAssociazione One World Romania. Nel 2016 ha pubblicato la monografia “Rappresentazioni della memoria nel film documentario”.

  • La prima ampia mostra dedicata a Constantin Brâncuși in Romania

    La prima ampia mostra dedicata a Constantin Brâncuși in Romania

    Dal 30 settembre 2023 all’inizio del 2024 Timișoara ospita. nell’ambito del programma Capitale Europea della Cultura, la più importante mostra-evento dedicata a Constantin Brâncuși organizzata negli ultimi 50 anni in Romania e nell’Europa dell’Est: Brâncuși: fonti romene e prospettive universali. Constantin Brâncuși (1876-1957) è stato uno scultore romeno con contributi straordinari al rinnovamento del linguaggio e della visione plastica nella scultura contemporanea universale, considerato in modo simbolico il padre della scultura moderna. Brâncuși iniziò la sua carriera artistica in Romania, poi dal 1903 la continuò a Parigi, mentre le sue opere di maturità furono realizzate in Francia.



    All’inizio di settembre si è tenuta a Bucarest, presso la sede della Banca Centrale della Romania, una conferenza stampa in cui sono stati presentati al pubblico i dettagli dell’evento espositivo a Timișoara. Abbiamo parlato con Ovidiu Șandor, presidente della Fondazione Art Encounters, il Commissario della mostra dedicata a Brâncuși, di cosa rappresenta questa mostra per i visitatori: Penso che questa mostra sia importante da diversi punti di vista. È la prima mostra Brâncuși organizzata negli ultimi 50 anni in Romania. Penso che questo ritorno simbolico di Brâncuși al suo Paese natio sia importante, anche nel contesto di ciò che sta accadendo intorno a noi, in momenti complicati come quelli che stiamo attraversando adesso. Penso sia importante tornare a queste coordinate costanti che noi romeni abbiamo, come la cultura romena, come Brâncuși. È una mostra che può accadere una volta ogni generazione. È un’opportunità per la gente di vedere non solo Brâncuși nella sua giovinezza, ma anche le sue opere realizzate in una fase matura, quelle che lo hanno reso famoso. Una presentazione speciale, in un discorso curatoriale ideato da Doina Lemny, che presenta in modo equilibrato sia queste influenze romene con cui Brâncuși è partito per Parigi, sia quel processo di trasformazione e raffinamento che ha dato alle opere di Brâncuși rilevanza universale.



    Ovidiu Şandor ci ha parlato anche delle opere presenti in mostra: Anche se tutti pensiamo di conoscere Brâncuși, è importante che qualche volta vediamo le sue opere dal vivo, per immergerci in questo universo di Brâncuși, che la mostra ci propone con le oltre 100 opere, dove possiamo vedere i suoi vari campi di interesse: scultura, fotografia, disegno, presentati sia in relazione alla Romania sia a ciò che collega Brâncuși al suo Paese natio, ma anche con questa rilevanza nell’arte universale che Brâncuși ha raggiunto. Porteremo una serie importante di sculture, più di 20 sculture. Alcune delle sue opere iconiche La Maiastra, Uccello in volo, Signorina Pogany, Il Bacio e così via, ma anche opere meno conosciute, come Il punto di frontiera, un’opera realizzata da Brâncuși nel 1945, quando la Romania perde la Bessarabia, ma allo stesso tempo forse alcune componenti meno conosciute del suo lavoro, come la parte fotografica, sicuramente, il disegno importante per ogni scultore, documenti che mostrano come è rimasto in contatto con certe persone del Paese. Filmati, un filmato realizzato da Brâncuși, un filmato realizzato da altri importanti artisti in cui appare Brâncuși. Si tratta quindi di una presentazione, anche se non vuole necessariamente essere una retrospettiva in termini di portata, è una mostra che riesce sinteticamente a presentare la complessità del suo lavoro e le varie preoccupazioni che aveva come artista e, ovviamente, oltre la sua arte, anche l’uomo Brâncuși. E al di là della mostra, è in preparazione un importante catalogo, una pubblicazione molto documentata, coordinata sempre da Doina Lemny, con 16 nuovi contributi riguardanti Brâncuși ed è forse importante anche citare la prima mostra Brâncuși in cui Brâncuși è presentato nel contesto romeno.



    Doina Lemny, la curatrice della mostra e una delle più importanti esperte internazionali dell’arte di Constantin Brâncuși, ci ha dichiarato: È un ritorno simbolico, come dico ogni volta, un ritorno simbolico di Brâncuși al suo paese natio, che lui non ha mai lasciato nella sua mente. Brâncuși è rimasto attaccato al suo Paese, ma si è sviluppato in Francia. Se proviamo a giudicarlo, la vecchia storia, se ci chiediamo perché ha lasciato il suo atelier alla Francia, la risposta è perché lì ha creato tutti i capolavori per cinquant’anni. Ma sapeva molto bene, era consapevole che le sue prime opere erano nel Paese, cioè quelle del Museo di Craiova e del Museo Nazionale d’Arte di Bucarest.



    Doina Lemny ci ha spiegato la provenienza delle opere della mostra: Brâncuși: fonti romene e prospettive universali: I due musei, ci siamo limitati a due soli musei, due musei e la Fondazione di Venezia, perché eravamo già limitati dallo spazio del museo di Timişoara, che non è molto ampio: ci sono pochissime stanze, 11 sale espositive, e le sculture non possono essere stipate, accatastate per presentarle tutte insieme, perché altrimenti non si vedono, non sono messe in risalto abbastanza. Ci siamo allora appellati alla generosità di due grandi musei, la Tate Gallery, che ci ha prestato tre opere delle quattro che possiede, e il Centro Pompidou, che, attraverso l’Atelier di Brâncuși, possiede la più grande collezione di Brâncuși al mondo. Non ci siamo rivolti ai musei americani per ragioni di spazio, come ho detto, e per ragioni di costo.



    Alla fine della nostra discussione, Doina Lemny ci ha detto cosa rappresenta l’artista Brâncuși nella sua concezione: Brâncuși significa un uomo che deve essere interrogato costantemente, perché mantiene il suo mistero. Più vado avanti e più mi pongo domande su quest’uomo che ha saputo esaminare ogni attimo della vita e riprodurlo. Per me, Brâncuși resta un mistero e, forse, non ho nemmeno questa tendenza a penetrare fino in fondo il suo mistero. Daltronde lui stesso diceva Non lo chiedete ai creatori, non va mai svelato, non va mai alzato completamente il velo.

  • “L’allenamento notturno”, cortometraggio romeno al festival ANONIMUL 2023

    “L’allenamento notturno”, cortometraggio romeno al festival ANONIMUL 2023

    Il premio del pubblico al miglior cortometraggio al Festival Internazionale del Cinema Indipendente ANONIMUL 2023 è stato assegnato al film “Antrenamentul de noapte” / “L’allenamento notturno”, del regista Bogdan Alecsandru. Inizialmente nella competizione per cortometraggi erano stati iscritti oltre 100 film, ma per la competizione finale il critico cinematografico Ionuţ Mareş ha selezionato 12 titoli, molti realizzati da registi romeni conosciuti. Il film di Bogdan Alecsandru è entrato in gara anche alle Giornate del Cinema Romeno al TIFF (Transilvania International Film Festival), la selezione includendo alcuni dei migliori film romeni recenti. Laureato di recente in regia cinematografica, presso l’Università Nazionale di Arte Teatrale e Cinematografica (UNATC) “I.L. Caragiale” di Bucarest, Bogdan Alecsandru ha partecipato per la seconda volta al festival Anonimul, nella competizione per cortometraggi. L’anno scorso ha portato a Sfântu Gheorghe, la località in cui si svolge ogni anno il festival, il suo primo cortometraggio Casa noastră / La nostra casa”.



    Abbiamo parlato con Bogdan Alecsandru dell’argomento del suo film e delle reazioni del pubblico al festival Anonimul: “E il secondo anno in cui partecipo all’ANONIMUL, nella competizione per cortometraggi e il secondo in cui il festival in sé è molto speciale e molto specifico. Ho incontrato persone che prenotano con mesi di anticipo per poter partecipare al festival, che si svolge, come si sa, in un luogo abbastanza appartato. Non ci sono tante cose da fare a Sfântu Gheorghe e questo è straordinario, che la gente si riunisce là per vedere film, ed è per questo che l’atmosfera è molto speciale. Ho partecipato anch’io con il mio film è sono stato molto contento per esserci arrivato. Per me è molto importante entrare in contatto con il pubblico romeno, che è molto speciale e impegnato. D’altronde, questo premio, il premio del pubblico, è assegnato a giovani creatori tramite voto, sia in presenza, sia online, e per me è un’esperienza formatrice, direi. Ogni cortometraggio viene proiettato due volte all’interno del festival. A una delle proiezioni c’è anche una sessione Q & A quando, infatti, è anche l’unica occasione in cui il regista si trova dinanzi al pubblico e interagisce direttamente con la gente. Le reazioni mi sono sembrate abbastanza entusiastiche e sono stato molto contento perché la mia intenzione è stata di fare un cortometraggio abbastanza amichevole con il pubblico, con elementi horror, direi anche thriller, nel senso più classico possibile. Per questo mi aspettavo che il film piacesse, ma non mi aspettavo di ricevere un premio. Anche se è un film più popolare, che attecchisce al pubblico, il suo argomento è piuttosto delicato in rapporto alla Romania, perché tratta della relazione tra due persone dello stesso sesso.”



    Bogdan Alecsandru si è dichiarato interessato soprattutto al cinema queer, che può essere considerato ancora di nicchia in Romania. E non si affretta a debuttare nel lungometraggio, al momento essendo appassionato del genere breve, che ritiene di non aver ancora esplorato abbastanza: “In Romania c’è poco cinema queer, ovvero film che raccontano storie che parlano di rapporti tra persone dello stesso sesso. Tuttavia, c’è stato un approccio a questo tipo di cinema, ma il primo film queer romeno è arrivato abbastanza tardi, nel 2006, quando Tudor Giurgiu ha realizzato “Legături bolnăvicioase” / “Love sick”. Credo che ci siano molte storie del genere non ancora raccontate o che non hanno avuto la possibilità di essere raccontate finora e mi interessa puntare un po’ su questo. Adesso sono interessato a questo settore dei cortometraggi, che certamente può essere considerato un esercizio o un allenamento. Però io considero che il cortometraggio sia una specie in sé, molto valorosa, cosicché almeno nei prossimi anni cercherò di sfruttare quello che ha di specifico. Cioè io cerco di evitare di fare cortometraggi che possano sembrare piuttosto un inizio o un demo per un lungometraggio. Questo per il momento. Più tardi non so cosa farò perché sono ancora abbastanza giovane e cambio interesse spesso. Se parliamo del cinema romeno, mi pare che stia attraversando un buon momento. All’Anonimul è stata una grande gioia ritrovarmi in una selezione in cui le registe rappresentavano la maggioranza. Molte di loro sono amiche mie e sono molto contento per il loro percorso. Mi sembra una buona cosa anche il fatto che appaiono sempre più film commerciali e questo fenomeno pare sia in crescita. Mi riferisco a film come “Teambuilding”, che hanno avuto incassi abbastanza alti nei cinema, una cosa che raramente accade per i film romeni. Mi sembra una cosa positiva anche per il fatto che questo genere potrebbe cambiare un po’ la prospettiva dei romeni sul cinema romeno, però, ovviamente, anche da un punto di vista commerciale. Credo che in un’industria funzionale ci dovrebbero essere entrambi i tipi di film, sia d’arte, sia commerciale.”



    Del cast della pellicola “L’allenamento notturno” fanno parte Andrei Giurgea, Tiberius Zavelea, Gabriel Spahiu, Marc Titieni, Rareș Ularu, Horațiu Băcilă, Vlad Tudoran, Robi Brage, Antonio-Daniel Petrica.

  • „Per una donna barbara”, un nuovo libro di Saviana Stănescu

    „Per una donna barbara”, un nuovo libro di Saviana Stănescu

    Un nuovo volume di teatro firmato da Saviana Stănescu, “Per una donna barbara”, è stato pubblicato di recente presso la casa editrice Tracus Arte ed è stato lanciato presso la libreria Cărturești Verona di Bucarest. Alla presentazione del volume — tradotto dallinglese, con uno studio introduttivo di Diana Benea — sono intervenuti il ​​direttore del Museo Nazionale della Letteratura Romena, Ioan Cristescu, la critica teatrale Oana Cristea Grigorescu e il regista Andrei Măjeri. Lattrice Adelaida Zamfira (che ha recitato nel primo spettacolo di Saviana Stănescu, “Lo sapevi che i treni raccontano storie con infanti?”) ha letto alcuni monologhi del libro.



    “Negli ultimi ventanni, Saviana Stănescu è diventata una personalità emblematica della drammaturgia americana, esponente dellintersezione tra Oriente e Occidente, tra culture e tradizioni teatrali diverse, tra lassurdo e il carnevalesco est-europeo e il realismo psicologico americano. Se lintera opera dellautrice può essere racchiusa nella metafora dei ponti che lei generosamente costruisce tra continenti, culture, lingue e artisti provenienti da vari spazi, lattuale edizione auspica di rafforzare tale ponte verso il pubblico romeno, attraverso una selezione di pièce recenti, messe in scena e pubblicate principalmente nellultimo decennio.” Ecco cosa scrive Diana Benea nello studio introduttivo del volume “Per una donna barbara”.



    Saviana Stănescu ha vinto il premio UNITER per la Migliore Pièce teatrale dellanno nel 2000. Le sue prime pièce in romeno (L’Infante. Modo di uso; Il Conto alla Rovescia) sono state messe in scena dai registi Radu Afrim, Theo Herghelegiu, Anca Maria Colțeanu, Tudor Țepeneag. In occasione del lancio in Romania del suo nuovo volume teatrale, Saviana Stănescu ha parlato dell’oscillazione tra i due spazi, quello romeno e quello americano, e del passaggio da una letteratura segnata dalle realtà est-europee a una scrittura “globale”: “Questi ponti tra le due culture, questa In-betweenness, questo vivere tra due mondi, tra due continenti, tra due lingue e tra molti altri mi hanno segnato ultimamente. Ecco perché il modo in cui scrivo cerca di cogliere questa oscillazione tra identità, culture e continenti. In America dico scherzando che sono uno scrittore americano di 22 anni perché sono arrivata in America nel 2001 e ho iniziato da zero. È stato allora che ho iniziato a scrivere in inglese. Quindi, in un certo senso, ho solo 22 anni come scrittore americano. Certo, ho molti più anni come scrittore e drammaturgo romeno, ma per me era importante reinventarmi, ricominciare da zero.



    Come è stato detto qui, al lancio, ho una curiosità che tengo viva, ogni giorno mi interessa vedere cosa succede nel mondo. Forse deriva dal mio background giornalistico, forse deriva dal fatto che mi è sempre piaciuto esplorare argomenti diversi. Da sempre mi interessano vari campi, dalla matematica alla letteratura, dallinformatica alla danza. E per me tutto questo si ritrova nel modo in cui provo a scrivere teatro. Sono un carattere curioso, mi sembra importante catturare queste realtà del momento in una pièce. Penso che sia importante creare una situazione drammatica, creare una storia.”



    Se agli esordi, quando scriveva opere teatrali in romeno, Saviana Stănescu era interessata soprattutto al teatro dell’assurdo, da quando è arrivata negli Stati Uniti i suoi testi hanno acquisito un’ampia risonanza socio-politica. Saviana Stanescu: “Quando sono arrivata negli Stati Uniti mi sono scontrata con una realtà dellemigrante. È stata dura per me. Mi è stato difficile cominciare da zero, essere diversa, vedere che non sono riconosciuta, che non sono considerata allo stesso livello degli scrittori americani. Quindi ho ricominciato da capo, ho provato a mostrare quello che sapevo fare, ho cercato di imparare dagli altri. In qualche modo, questa nuova realtà che ho dovuto affrontare mi ha fatto capire che in Romania ero viziata. In Romania mi permettevo di esplorare la zona dellassurdo, evadere in mondi diversi. In America mi sono confrontata con difficoltà finanziarie, ho dovuto affrontare un mondo più duro, soprattutto a New York. Come dicevo, ho iniziato da zero. Sono diventata studentessa, anche se in Romania ero una scrittrice riconosciuta. Cè qualcosa di potente nel ricominciare tutto da zero. Come scrive Diana Benea nella prefazione del volume “Per una donna barbara”, ho attraversato anche alcuni momenti socio-politici importanti. E in America un altro tema si è aggiunto ai miei scritti: i rapporti di potere tra i Paesi. Poiché ho capito che si tratta di un rapporto di potere diverso, non possiamo paragonare la percezione sugli Stati Uniti con la percezione sulla Romania. E ho capito che mi trovavo in un altro mondo, un mondo di potere, un mondo di dominio economico, un mondo con problemi di discriminazione razziale e di genere, un mondo con problemi economici diversi da quelli della Romania. Ho dovuto adattarmi, entrare in un diverso tipo di ritmo. Naturalmente, queste nuove realtà sono apparse nelle mie opere teatrali. Essendo empatica, se vivo in un posto per un po, scriverò unopera teatrale che riflette i problemi di quel luogo e dellambiente, sperando che il mio testo parli anche a un livello più ampio, che abbia una risonanza globale.”



    Attualmente, Saviana Stănescu è docente universitaria di scrittura drammatica e teatro contemporaneo allIthaca College, dopo aver insegnato per 8 anni alla Tisch School of the Arts della New York University.

  • “Il Giardino Armonico” diretto da Giovanni Antonini al Festival Internazionale George Enescu

    “Il Giardino Armonico” diretto da Giovanni Antonini al Festival Internazionale George Enescu

    Il 21 settembre, il pubblico di Bucarest è atteso al concerto che sarà tenuto allAteneo Romeno di Bucarest dalla famosa orchestra da camera italiana “Il Giardino Armonico”, sotto la bacchetta del suo direttore e fondatore Giovanni Antonini, nellambito del Festival Internazionale “George Enescu”. Il programma include “Le stagioni”, il secondo grande oratorio di Joseph Haydn. Si tratta di un pezzo che non è molto eseguito rispetto al suo primo oratorio – La Creazione, ha spiegato a Radio Romania Internazionale il direttore dorchestra Giovanni Antonini, parlando anche della bella collaborazione con il team di artisti.



    Accanto al Giardino Armonico, sul palcoscenico saliranno il Coro NFM (National Forum of Music) di Wroclaw, il cui direttore artistico è Lionel Sow, il soprano Anett Fritsch, il tenore Maximilian Schmitt e il basso-baritono Florian Boesch. “Nella combinazione di queste tre parti – il coro, lorchestra Il Giardino Armonico” e questi tre solisti, mi pare che si cia una grande “complicità” musicale, che mi rende molto contento”, sottolinea il maestro Giovanni Antonini, definendo il Festival George Enescu come un riferimento di assoluto primo piano nel panorama europeo.




  • L’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia al Festival “George Enescu” a Bucarest

    L’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia al Festival “George Enescu” a Bucarest

    Il pubblico del Festival Internazionale George Enescu ha avuto l’occasione di ascoltare nuovamente, questo mese, a Bucarest, la famosa Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia. Tornata questa volta sotto la bacchetta di Tugan Sokhiev, uno dei più apprezzati direttori d’orchestra del mondo,la famosa orchestra ha tenuto due concerti al festival, il 15 e il 16 settembre, dilettando il pubblico con musiche di Enescu, Tchaikovsky, Berlioz, Liszt e Mahler, nell’ambito della sezione Grandi Orchestre del Mondo. L’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia è stata la prima in Italia a dedicarsi esclusivamente al repertorio sinfonico. Dalla sua fondazione, nel 1908, a oggi l’Orchestra ha collaborato con i maggiori musicisti del secolo. È stata diretta, tra gli altri, da Mahler, Debussy, Strauss, Stravinskij, Sibelius, Toscanini, Karajan, Abbado e Kirill Petrenko. Dal 2005 Antonio Pappano è il suo Direttore Musicale e tra i suoi direttori stabili si annovera Daniele Gatti, due prestigiosi direttori sotto la bacchetta dei quali si è esibita alle precedenti edizioni del Festival Enescu. Ospite a RRI, prima del concerto del 15 settembre, Carlo Maria Parazzoli, il Primo violino solista dell’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, ci ha raccontato cosa significa per lui tornare al prestigioso festival di Bucarest, mentre il violinista romeno Razvan Negoita, che suona da due anni nell’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, ha condiviso con noi il suo entusiasmo di fare parte di questa famosa orchestra italiana e di partecipare, per la prima volta accanto a essa, al Festival George Enescu di Bucarest.




  • L’Ensemble Zefiro, diretto da Alfredo Bernardini, al Festival Internazionale Enescu a Bucarest

    L’Ensemble Zefiro, diretto da Alfredo Bernardini, al Festival Internazionale Enescu a Bucarest

    Sono oltre 3.500 gli artisti di fama internazionale che partecipano, fino al 24 settembre, a Bucarest, al Festival Internazionale “George Enescu”, intitolato al grande compositore, pianista, violinista e direttore dorchestra romeno. Tra gli ospiti dellattuale edizione,dal tema “Generosità attraverso la musica”, anche sette orchestre e ensemble italiani, tra cui lEnsemble Zefiro, diretto dal maestro Alfredo Bernardini, che si è esibito nella sezione “I Concerti di Mezzanotte”. Lensemble Zefiro, ospite dei più prestigiosi festival musicali europei, è specializzato nel repertorio del Settecento in cui i fiati hanno un ruolo di primo piano ed è punto di riferimento, in ambito internazionale, per il repertorio di musica da camera del 700 e 800 con strumenti depoca, come lo dimostrano i tanti premi ricevuti, tra cui il Grand Prix du Disque e il Diapason dOr. Zefiro è attivo sia come ensemble di fiati, che come orchestra barocca o gruppo da camera, mentre il suo direttore e fondatore, insieme ai fratelli Paolo ed Alberto Grazzi, il maestro Bernardini, apprezzatissimo musicista e docente, è uno studioso e un profondo conoscitore della musica e degli strumenti antichi, con unintensa attività di ricerca sulla storia degli strumenti a fiato, pubblicata su riviste specializzate. Nato a Roma nel 1961, dopo gli studi al Conservatorio di Santa Cecilia, Alfredo Bernardini si trasferisce in Olanda nel 1981 per specializzarsi in oboe barocco e musica antica. Nel 1987 ottiene il suo diploma di solista presso il Conservatorio Reale dellAja. Ha partecipato a concerti in tutti i paesi dEuropa, negli Stati Uniti dAmerica, Russia, Canada, Giappone, Corea, Cina, Israele, Egitto, Sudamerica e Australia, come membro o solista ospite di prestigiose orchestre barocche. È stato docente presso i Conservatori di Amsterdam e di Barcellona e insegna attualmente allUniversità Mozarteum di Salisburgo.È stato proprio nella veste di ensemble di fiati che il pubblico ha avuto loccasione di ascoltare lEnsemble Zefiro al Festival Enescu, il 2 settembre, presso lAuditorium Romeno. Occasione in cui il maestro Alfredo Bernardini ha raccontato a RRI la prima esperienza dellensemble come ospite del prestigioso festival.





  • Cameristi della Scala al Festival Internazionale George Enescu a Bucarest

    Cameristi della Scala al Festival Internazionale George Enescu a Bucarest

    Presenti al Festival Internazionale George Enescu, in corso a Bucarest fino al 24 settembre, i famosi Cameristi della Scala, sotto la bacchetta del loro direttore ospite principale, Wilson Hermanto, hanno invitato il pubblico a due concerti ospitati il 3 e il 4 settembre dall’Ateneo Romeno.



    Il programma del primo concerto, svoltosi il 3 settembre, che ha avuto come solista il pianista romeno Daniel Ciobanu, ha incluso la Suite Pelléas e Mélisande di Gabriel Fauré, il Concerto per pianoforte e orchestra nr.4 di Beethoven e la Serenata n.1 in Re Maggiore di Brahms.



    Nel secondo concerto, in programma oggi, assieme ai Cameristi della Scala, sul palscocenico dell’Ateneo saliranno il violoncellista tedesco Daniel Müller-Schott, nonchè il violinista romeno Ştefan Aprodu e il connazionale pianista George Todică, entrambi premiati lo scorso anno al Concorso Internazionale George Enescu.



    In un’intervista a Radio Romania Internazionale, il direttore d’orchestra Wilson Hermanto ha spiegato con quali pensieri è tornato al Festival Internazionale George Enescu e come vive la musica del grande compositore romeno, che ha avuto modo di suonare lungo gli anni.



    D’altronde, proprio un brano di Enescu – Aria e Scherzino per violino e orchestra – apre il concerto che si terrà stasera. Il programma include anche la Romanza in fa maggiore per violoncello e orchestra di Richard Strauss, le Variazioni su un tema rococo di Tchaikovskij, e la Sinfonia n.3 in la minore Scozzese di Mendelssohn.




  • “Mario Passavanti, artista di Firenze”, in mostra a Braşov

    “Mario Passavanti, artista di Firenze”, in mostra a Braşov

    Dal 28 luglio al 15 agosto, il Museo d’Arte di Braşov ospita la mostra temporanea Mario Passavanti, artista di Firenze. Confluenze romeno-italiane nella pittura contemporanea. I lavori che raffigurano ritratti, paesaggi, nature morte e arte astratta, presentano l’attività artistica svolta da Mario Passavanti per quattro decenni.

    Presso lo stesso Museo d’Arte di Braşov è aperta, dal 26 luglio al 10 settembre, anche la mostra Rifugio nel paesaggio. Valeriu Maximilian, curata da Andreea Pocol, con acquerelli del noto artista romeno, precisa l’istituzione in un comunicato.

  • Art Encounters

    Art Encounters

    A maggio, a Timișoara (all’ovest della Romania), nellambito del programma culturale “Timișoara 2023: Capitale Europea della Cultura”, è stata inaugurata la quinta edizione della Biennale “Art Encounters”, “My Rhyno is not a Myth”. Lattuale edizione è dedicata allintersezione tra arte, scienza e finzione, esplorandone il loro potenziale di recuperare la realtà come rete di processi complessi. La biennale si svolge in 15 spazi inediti di Timișoara, attivando un numero di 23 spazi attraverso eventi, spettacoli, proiezioni e conferenze. Più di 60 artisti provenienti da 20 Paesi sono presenti alla Biennale Art Encounters.



    Allapertura della biennale, Eugen Cojocariu ha parlato con Ovidiu Șandor, presidente della Fondazione “Art Encounters”, imprenditore di Timișoara e uno dei più conosciuti collezionisti darte contemporanea: “Si tratta della 5a edizione della Biennale “Art Encounters”, un progetto avviato dalla Fondazione “Art Encounters” già dal 2015, un progetto che cerca di sostenere, in primo luogo, l’arte contemporanea romena, sia attraverso il sostegno offerto soprattutto ai giovani artisti nel poter creare opere speciali per la Biennale, ma soprattutto, nel creare questo quadro in cui larte romena contemporanea, larte contemporanea dellEuropa orientale entrano in un dialogo diretto con larte internazionale. Una serie di eventi che, oltre alle mostre, include convegni e performance, un fittissimo programma di mediazione e così via. Anche nellarte contemporanea, come in molti altri campi culturali, la Romania ha una serie di artisti molto talentuosi e creativi, ma questi artisti hanno bisogno di quanti più contesti organizzati possibili in cui possano esporre, essere visibili, entrare in dialogo con artisti internazionali, con curatori, collezionisti, con istituzioni darte contemporanea del Paese e del mondo. Ed è quello che stiamo cercando di fare, costruire una tale piattaforma di dialogo con larte contemporanea”.



    Ovidiu Șandor ci ha parlato del team curatoriale e del processo di selezione degli artisti: “Come per ogni edizione, abbiamo invitato un curatore, stavolta Adrian Notz dalla Svizzera, che, a suo turno, ha suggerito di invitare un team di giovani curatrici, che in realtà sono state, tra virgolette, le sue studentesse presso la scuola curatoriale organizzata sempre da noi due anni fa. Come per ogni biennale, un processo in cui, in primo luogo, incoraggiamo il curatore o i curatori a esplorare la regione, la Romania e i Paesi circostanti, in visite in cui cerchiamo di farli incontrare con giovani artisti, artisti affermati, per capire meglio cosa sta accadendo dal punto di vista dellarte contemporanea in questa regione, di modo che la loro selezione rifletta anche leffervescenza e la diversità delle posizioni artistiche della regione. È un processo che, sicuramente, essendo già alla sua quinta edizione, è in qualche modo naturale e si sta sviluppando sempre meglio. È un processo che richiede molto tempo, richiede molto impegno. Cè un grande team dietro una biennale, dai curatori agli artisti, alle persone che si occupano della parte produttiva, alle persone che si occupano dellallestimento delle mostre, allintero team di mediatori, alle persone che si occupano di comunicazione, a quelle che si occupano della parte finanziaria, giuridica e così via. Crediamo che anche lo sviluppo di queste persone e lesperienza che accumuliamo ad ogni edizione sia qualcosa di importante. La Romania ha bisogno di più manager culturali, quanta più esperienza possibile, perché la cultura non si può solo produrre, ma va mostrata, va mediata, va promossa. E noi cerchiamo di contribuire anche a questo”.



    Qual è il concept della Biennale Art Encounters” 2023? Qual è il messaggio trasmesso al grande pubblico? Ovidiu Șandor: “Arte, scienza, finzione” mi sembra un tema molto attuale. In fondo, larte e la scienza ci propongono due sistemi diversi per guardare il mondo, per guardare i problemi del mondo, il nostro potenziale futuro. E pensiamo che forse questa separazione tra arte e scienza, una separazione che è apparsa qualche centinaio di anni fa, sia forse artificiale, e infatti, il modo in cui gli artisti guardano il mondo, il modo degli scienziati di guardare il mondo sono modi complementari di comprendere i problemi che ci preoccupano. Penso che tutti ci rendiamo conto che la tecnologia sta svolgendo un ruolo sempre più importante nelle nostre vite, con il bene e il male portati dalla tecnologia. È qualcosa che gli artisti hanno notato. Penso che lintelligenza artificiale sia oggi molto attuale per tutti e una preoccupazione. Quindi penso che sia una biennale che dovrebbe essere interessante non solo per il normale pubblico dell’arte contemporanea, ma per un pubblico molto più ampio”.



    Diana Marincu, direttrice artistica di “Art Encounters” ci ha fornito maggiori dettagli sugli artisti partecipanti e sulla correlazione tra arte e scienza nella Biennale “Art Encounters” 2023: “È, infatti, un puzzle tra artisti, tra diverse istituzioni, ed è molto importante che questa costellazione di partner che si affiancano a noi ad ogni edizione, diventi sempre più numerosa e ci sia un crescente interesse per larte contemporanea a Timișoara. E c’è anche una selezione molto variegata quest’anno. Abbiamo artisti con opere realizzate con vari mezzi espressivi, dallinstallazione, alla pittura, scultura, fotografia, arte video. È una biennale veramente complessa. Il curatore invitato, Adrian Notz, ha pensato a una sorta di abbinamento tra arte e tecnologia, tra arte e scienza, per dare questo messaggio al pubblico che, di fatto, questi settori offrono sempre l’uno all’altro dei modelli di comprensione, di conoscenza, di trascrizione della realtà e non è mai qualcosa di separato. Larte è sempre stata legata ad altri campi e alla vita quotidiana. È una biennale in cui vediamo molti artisti sperimentare le più recenti tecnologie e i concetti più originali, ma allo stesso tempo abbiamo anche artisti affermati che arrivano con una prospettiva che, guardando indietro, può essere reinterpretata. Penso che sia molto importante uscire costantemente dallambito del proprio settore e cercare di entrare in contatto con coloro che possono avere una conoscenza diversa da quella visiva, ma che è in ugual misura interessante.”

  • La fiera internazionale dell’arte MoBU

    La fiera internazionale dell’arte MoBU

    A fine maggio, a Bucarest, all’interno di un’aviorimessa, presso Romaero, si è svolta la prima edizione della “Fiera internazionale dell’arte Bucarest – MoBU”. Vi hanno partecipato più di 30 gallerie d’arte, circa 200 artisti visivi, hanno avuto luogo eventi, presentazioni, workshop, performance e proiezioni. Abbiamo parlato dell’evento con la direttrice della fiera, Demetra Arapu: “Ci sono più di 200 artisti, 30 gallerie, spazi artist-run che si aggiungono ai 30 stand anche di alcuni artisti indipendenti. C’è anche un angolo intitolato “Take off”, una mostra che abbiamo organizzato appositamente per questa prima edizione. È intitolata “Take off”, cioè “Decollo”, perché ci troviamo in un hangar aeronautico. Stiamo lavorando concretamente da un anno. L’idea è nata tempo fa. Ci sono tante cose da fare, e lo spazio è molto ampio, quindi potete immaginare che si tratta di un lavoro assiduo. Ci siamo proposti di organizzarla in un capannone industriale, per avere una grande altezza, luce naturale e libertà di movimento, per poter ospitare molta arte contemporanea con tutti i suoi mezzi espressivi. Ci siamo prefissi sin dall’inizio di fare anche un programma di conferenze e workshop, perciò avevamo bisogno di uno spazio grande. E Romaero è molto adatto. È uno spazio in cui sono stati organizzati prima concerti, feste, quindi ha molto da offrire e può essere popolato in diversi modi.”



    Come ha accolto il pubblico questa nuova fiera dell’arte, come si è svolta la sua organizzazione e come si è manifestato l’interesse dei collezionisti, ce lo racconta sempre la direttrice Demetra Arapu: L’evento è stato accolto come avevo auspicato, mi sono impegnata e ci siamo impegnati personalmente. Ci aspettavamo di ottenere questo risultato e abbiamo avuto ottime reazioni sia da parte del pubblico che da parte dei galleristi con i quali abbiamo fatto amicizia e insieme ai quali penso che abbiamo creato una struttura solida e abbiamo collaborato molto bene. Non ci sono stati incidenti, animosità, discussioni contraddittorie. In linea di massima, è andato tutto bene, sia per quanto riguarda la collaborazione personale, che tra le gallerie e tutto quello che presuppone l’organizzazione di un evento del genere. Abbiamo avuto conferenze e ospiti importanti, tra i quali lo scrittore francese Pascal Bruckner. Se c’è un mercato dei collezionisti o una piattaforma solida, è un discorso più ampio. A mio avviso, c’è un potere d’acquisto, c’è appetito per l’arte contemporanea. Forse c’è anche per un altro tipo di arte, ma la mia specializzazione è l’arte contemporanea, quindi punterò su questo. Dal punto di vista numerico, non saprei cosa dire. Ci sono persone che vogliono comprare per motivi personali, per fare un regalo o per investire. Mi sono state fatte domande varie. L’importante è cominciare. L’idea è che questa è un’opportunità per vedere l’arte contemporanea in diversi modi, in più ambienti, gli artisti sono stati qui, nella loro maggior parte, avete potuto incontrarli agli stand e parlarci. È eccezionale, si tratta di una piattaforma e di networking. Ovviamente, abbiamo visto collezionisti che tutti conosciamo, non staremo adesso ad elencarli, ma è una cosa che mi dà soddisfazione.”



    Uno degli eventi più attraenti della fiera è stata la mostra retrospettiva del famoso artista figurativo e scrittore svizzero novantenne, nato in Romania, Daniel Spoerri. L’artista ha inventato la corrente “Eat Art” ed è uno degli iniziatori di “Nouveau Réalisme”, una corrente artistica tramite cui gli oggetti della realtà quotidiana vengono trasformati artisticamente. A proposito della partecipazione del famoso artista alla MoBU, Demetra Arapu ha dichiarato: “La collaborazione con Daniel Spoerri, e con il suo gallerista da una vita, Thomas Levy, proprietario della “Galleria Levy” di Amburgo, ha funzionato sempre così, in modo altrettanto organico come le collaborazioni con i galleristi romeni e stranieri. Abbiamo seguito la via più corretta e comune. Abbiamo semplicemente chiamato, ci siamo prefissi di invitarlo, essendo un artista di origine romena non molto conosciuto qui. Abbiamo portato 120 opere delle serie più importanti che ha creato, come la serie “Sevilla” “Black Series”. È stato molto lusingato. Per l’apertura ci ha inviato anche un video di saluto e incoraggiamento in cui si dice onorato e molto contento perché siamo riusciti a organizzare questa mostra.”



    Il critico e storico dell’arte Pavel Șușară ha voluto aggiungere alcune idee a proposito della retrospettiva Daniel Spoerri: “Lui è nato a Galați. È partito quant’era bambino. Aveva 10 anni quando ha lasciato la Romania. È nato in una famiglia di ebrei e i suoi genitori hanno emigrato assieme a lui. Lui ha iniziato una delle più importanti correnti e atteggiamenti che riguardano una realtà grezza, immediata, fermando in qualche modo i momenti comuni, quotidiani, della vita dell’uomo e della collettività. In istantanei che sono diventati in qualche modo testimoni a lungo termine per quanto riguarda la natura umana, nei suoi momenti non esemplari, ma nei momenti comuni. E la sua capacità di cogliere questa realtà tramite ritagli, di istituire un’altra realtà, tramite collage di oggetti e il cambiamento del legame tra elementi, tramite il cambiamento della sintassi, crea anche una nuova morfologia artistica, crea immagini e oggetti assolutamente sorprendenti.”