Category: Incontro con la Romania

  • In bicicletta al Capo Horn

    In bicicletta al Capo Horn

    Oggi parliamo non solo di una prima mondiale, ma anche di una missione di promozione della lettura e dello sport tra i giovani, una missione che Gabriel Bota e Rudolf Nyari, due degli organizzatori del Festival del Libro Transilvania che si svolge a Cluj ogni autunno, hanno eseguito verso la fine dello scorso anno. Ispirati al romanzo di Radu Tudoran “Toate pânzele sus / Con tutte le vele alzate”, i due sono partiti in un viaggio in bicicletta nella Terra del Fuoco, sull’isola del Capo Horn. Cosa dovremmo sapere quando sentiamo parlare di un’avventura come questa?

    Rudolf Nyari: “Credo che in primo luogo dovremmo sapere che quest’avventura è un progetto avviato qualche anno fa, che ha avuto come punto di partenza l’idea di promuovere la lettura e lo sport. “Read and ride fino alla fine del mondo” è un progetto giunto alla terza edizione, in cui l’anno scorso siamo stati i primi nella storia dell’umanità ad arrivare con le biciclette fino alla più meridionale zona della terra, ovvero l’isola del Capo Horn. Nella prima edizione Gabi (n.r. Gabriel Bota, il mio collega) ha attraversato l’Europa e gli chiederei di raccontare lui come si è svolta la sua avventura in bicicletta di 6 anni fa.”

    Gabriel Bota ha aggiunto: “Dobbiamo dire che tutte le edizioni “Read and Ride” fanno parte dei progetti del Festival Internazionale del Libro Transilvania. Come ha detto anche Rudi (n.r. Rudolf Nyari, il mio collega), lo scopo è di promuovere la lettura e lo sport tra i giovani, ma non solo tra i giovani. La prima edizione si è svolta nel 2017. Allora sono andato da solo, sono partito dalla Romania, ho visitato 10 Paesi, ho letto 10 libri strada facendo e ho visitato 10 scrittori a casa loro. Alcuni ci hanno ricambiato la visita a Cluj, dopo, al festival. Ho percorso 4884 chilometri in 40 giorni, convincendo decine di migliaia di persone di occuparsi di più della musica e dello sport. In linea di massima questo è sempre stato il nostro messaggio semplice: con il nostro esempio, promuovere la lettura e lo sport. Dopo abbiamo fatto squadra. Con Rudi ho fatto un’ottima squadra, avviando la seconda edizione nel 2022, quando siamo andati oltre il Circolo Polare Artico, nel più settentrionale luogo del mondo, a North Cape. Lo scopo è stato di arrivare fino vicino al Polo Nord, ma in quel momento non è stato possibile. Sempre grazie all’esempio che abbiamo dato siamo riusciti a promuovere la lettura e lo sport.”

    Come è stato percepito questo messaggio al Capo Horn? Rudolf Nyari: “È stata la più grande sorpresa per noi, abbiamo parlato del progetto con tutte le persone che abbiamo incontrato e tutti hanno apprezzato l’idea e hanno aderito all’iniziativa, ci hanno offerto sostegno, ognuno nella misura in cui gli è stato possibile. Hanno capito il messaggio per i giovani, ma allo stesso tempo hanno anche capito la storia che sta dietro il messaggio, quella di portare un libro dall’altra parte del mondo. Si tratta del libro di Radu Tudoran, “Toate pânzele sus / Con tutte le vele alzate”, un romanzo famoso che ha segnato la nostra gioventù sia per quanto riguarda la lettura, che per quanto riguarda il cinema. E praticamente la nostra avventura è stata costruita in base a questo libro in cui due amici hanno voluto arrivare nella Tierra Del Fuego. In quell’avventura si sono separati, si sono reincontrati e hanno scoperto quelle terre. In pratica, abbiamo percorso la stesa strada, ma stavolta con l’aereo, più di 40.000 km, dopo di che abbiamo percorso in bicicletta la strada da Punta Arenas fino a Ushuaia (n.r. città portuale nella Terra del Fuoco, in Argentina). Abbiamo fatto 1.700 km in bici in un periodo record, di 8 giorni e da lì abbiamo preso una nave che ci ha portato fino al Capo Horn. È stato un viaggio di 5 giorni, in cui siamo passati accanto ai più importanti ghiacciai, siamo arrivati nella zona più meridionale del mondo e alla fine al Capo Horn, dove con l’aiuto dell’equipaggio, che ha capito il messaggio, siamo riusciti a sbarcare con le biciclette e portare il secondo libro al faro che c’è sull’isola. Là c’è un ufficiale della marina cilena che vive con la famiglia, dislocato per 5 anni. E ho lasciato questo libro al faro come un tributo della letteratura romena, affinché tutti coloro che arrivano sull’isola vedano un seme di letteratura romena.”

    Gabriel Bota ha aggiunto: “La storia dietro il libro è ancora più impressionate: per chi non lo sa, Radu Tudoran è il fratello di Geo Bogza, Tudoran non è il suo vero nome, ma il suo nome d’arte. In realtà si chiamava Nicolae Bogza. Dobbiamo dire anche perché abbiamo portato questo libro: il suo sogno è stato di viaggiare intorno al mondo. Ma non ha mai lasciato il Paese. Anzi, aveva cominciato a costruire nel porto di Galați una goletta, che però non ha mai lasciato il porto. Abbiamo scelto di portare con noi questo libro, perché i protagonisti del libro sono arrivati in quella parte del mondo.”

    Perciò, una copia di lusso, con copertine in cuoio, ricevuta come regalo dalla Biblioteca Centrale Universitaria Lucian Blaga di Cluj-Napoca, è stata lasciata alla Biblioteca di Ushuaia, mentre un’edizione del 1967 del libro, è stata lasciata sull’isola del Capo Horn. Ci sarebbero tante cose da raccontare ancora! I due non hanno concluso prima di lanciare in coro la loro solita esortazione: “Non dimenticate di leggere e di fare sport!”

  • La crusca di grano come integratore

    La crusca di grano come integratore

    Lo sapevate che la crusca di grano può essere un supercibo? Utilizzata al suo massimo potenziale, la crusca di grano può aiutare a guarire malattie come l’obesità, il diabete o il cancro, tramite l’effetto sinergico tra le fibre e i composti bioattivi, antiossidanti. Questo è l’argomento della ricerca avviata per la sua tesi di dottorato da Lavinia Mureșan, della Facoltà di Scienza e Tecnologia degli Alimenti dell’Università di Scienze Agronomiche e Medicina Veterinaria di Cluj-Napoca.

    Lavinia Mureșan fa parte di una squadra di ricerca della Facoltà di Scienza e Tecnologia degli Alimenti dell’Università di Scienze Agronomiche e Medicina Veterinaria di Cluj-Napoca, nell’ambito dell’Istituto di Scienze della Vita (USAMV Cluj), guidata dal prof. Dan Vodnar e che è stata insignita del premio “Gheorghe Ionescu-Șișești” – Settore scientifico Biotecnologie, assegnato al Galà della Ricerca Romena – edizione 2024, per il carattere innovativo della ricerca, a livello nazionale e internazionale. Lavinia Mureșan insegna chimica degli alimenti e biotecnologie speciali e ha precisato: “Il mio dottorato si concentra sulle biotecnologie alimentari e in particolare sul trattamento termico e sulla fermentazione su substrato solido al fine di aumentare la biodisponibilità di diversi composti fenolici provenienti dai sottoprodotti dei cereali. Questo è stato praticamente l’argomento con cui ho iniziato come dottoranda e che si è rivelato abbastanza versatile in termini di continuità, tenendo conto del progetto di ricerca che ha praticamente preceduto questo tema di ricerca e che si intitola “Fortificazione in situ dei prodotti cereali con vitamina B12 mediante fermentazioni di substrati solidi”.

    Cosa significano queste informazioni per noi che non siamo specialisti? Che cosa è effettivamente la crusca di grano e di avena? Lavinia Mureșan, della Facoltà di Scienza e Tecnologia degli Alimenti dell’Università di Scienze Agronomiche e Medicina Veterinaria di Cluj-Napoca: “Questi sottoprodotti dei cereali si riferiscono strettamente alla crusca di frumento e d’avena, che noi abbiamo esaminato. Contengono praticamente l’intero spettro di vitamine e minerali presenti nel chicco di grano, rispettivamente i composti fenolici. La parte interna del chicco di grano viene praticamente utilizzata solo come fonte di amido. Tutto ciò che significa minerali, vitamine, composti fenolici si trova in questo involucro esterno che in realtà è la crusca, questo strato piuttosto spesso e friabile che ovviamente crea difficoltà dal punto di vista tecnologico. Ecco perché viene tolto nel momento in cui viene praticamente lavorato per ottenere la farina. Ma in realtà là c’è un intero spettro di oligoelementi e composti bioattivi. I composti fenolici, oltre ad essere riconosciuti negli ultimi 5 anni come un’importante fonte di cibo per i microrganismi, fonte di prebiotici, hanno una straordinaria attività antiossidante nel corpo umano. Il loro problema è la scarsa disponibilità, ed è ciò che ho dimostrato nella mia tesi di dottorato,. Quando ingeriamo questa crusca, non riusciamo a godere veramente dell’effetto antiossidante di questi composti fenolici. Perché? Perché sono legati biochimicamente in una matrice complessa, in una fibra complessa. E la soluzione che ho trovato è stata quella di utilizzare diversi microrganismi sicuri per il consumo, come i lieviti utilizzati in diverse industrie, come l’industria della panificazione, l’industria della birra, che riescono a produrre enzimi che tagliano questi legami e, prima che questa crusca venga ingerita, rilasciano questi composti antiossidanti, così che quando mangiamo sappiamo che sono liberi dal punto di vista dei legami chimici e possono entrare direttamente nell’intestino o nel flusso sanguigno.”

    Sebbene le ricerche abbiano avuto successo, il prodotto non è ancora sul mercato. Lavinia Mureșan: “Per quanto riguarda la crusca ho puntato sulle fibre. E’ un’ottima fonte di fibre. E data la struttura del chicco di grano, essendo tutta la quantità di fibra contenuta in questa crusca, riesce praticamente a fornire questi effetti in diverse patologie, ma è un effetto sinergico. Non si tratta solo di questi composti antiossidanti, ma della sinergia tra composti antiossidanti e fibre. Tutti i libri in cui vengono studiati gli effetti sulla salute, soprattutto nel campo della medicina, hanno dimostrato questo effetto antitumorale, contro l’obesità e il diabete, e ce ne sono alcuni altri effetti che sono stati dimostrati, e ho scritto una recensione su questo argomento.”

    Questo processo di fermentazione della crusca dovrebbe essere ripreso su scala industriale, in modo che il prodotto che arriva ai consumatori abbia tutta la sua ricchezza potenziale, questo essendo l’inizio del suo utilizzo come integratore.

  • L’Associazione per la Catena Alimentare Corta alla “Settimana Verde” di Berlino

    L’Associazione per la Catena Alimentare Corta alla “Settimana Verde” di Berlino

    I prodotti autentici romeni di Alba, Bacău, Costanza, Giurgiu e Maramureş sono stati presentati nello stand del Ministero dell’Agricoltura e dello Sviluppo Rurale (MADR) allestito nell’ambito della mostra internazionale “Settimana Verde” (“Grune Woche”), in Germania, a Berlino, nella seconda metà di gennaio, dall’Associazione per la Catena Alimentare Corta (ALAS). Ce lo racconta Marius Tudosiei, fondatore dell’Associazione per la Catena Alimentare Corta: “Siamo stati ospitati nello stand del ministero dell’Agricoltura. Lo stand era già fatto. Sfortunatamente abbiamo aderito all’iniziativa molto, molto tardi. Difficilmente avremmo potuto organizzare qualcosa di meglio, ma abbiamo scoperto una sorprendente apertura nel team che si occupava della questione all’interno del ministero. Sapete, c’è questa leggenda secondo cui è difficile lavorare con funzionari dello stato, ma stavolta hanno dimostrato una grande apertura. Ci siamo praticamente autoinvitati, perché mancavano solo pochi giorni all’inizio della fiera e alcuni membri dell’associazione vi hanno presenziato. Non vi dirò nomi di marchi, ma sappiate che vi abbiamo inviato i migliori oli spremuti a freddo, alcuni prodotti a base di pesce come la zacusca di pesce e il pesce in scatola, che sono stati molto, molto apprezzati. Sono davvero accadute cose belle e penso che dovremmo unire le forze e prepararci per Berlino 2026″.

     ‘La Settimana Verde’ (‘Grune Woche’) di Berlino, è un evento dedicato ai prodotti agroalimentari, che riunisce ogni anno oltre 60 Paesi e centinaia di migliaia di visitatori. Marius Tudosiei ha spiegato il concetto di catena alimentare corta: “Anni fa la filiera corta era considerata il rapporto diretto tra produttore e consumatore, non mediato, quindi caratterizzato da una distanza quanto più breve possibile tra i due. Purtroppo nel 2025 non possiamo più sperare in tutti questi dettagli. Tuttavia, a nostro avviso, ci sono diversi parametri che, una volta modificati, dovrebbero essere molto ben definiti e cioè che dovrebbe esistere ancora un rapporto tra produttore e consumatore, sia che si tratti di una persona fisica, quindi per il consumo domestico, sia che si parli del settore HORECA, chef, ristorante, proprietari. Mi sono reso conto che il ruolo del Mittleman (l’intermediario) non può essere ignorato. In qualche modo è necessario. Ma la nostra visione su questo anello della catena di distribuzione è che dovrebbe essere un ruolo il più silenzioso possibile e non dovrebbe occupare la maggior parte dell’affare proposto. Ciò che intendo con questo è che l’intervento di un intermediario, di qualunque natura esso sia, dovrebbe essere il più discreto possibile dal punto di vista finanziario, perché purtroppo nelle catene attuali, le grandi catene, proprio gli intermediari hanno la quota maggiore del valore del prodotto finito, di quello che paga il consumatore, e quindi si cerca di avvicinare tra loro i consumatori e i produttori, che hanno dei linguaggi leggermente diversi. Pertanto, i produttori, la maggior parte delle volte, non capiscono esattamente quali siano le esigenze.”

    Il nostro interlocutore ha fornito esempi per illustrare l’occasionale mancanza di comprensione delle esigenze dei consumatori, per cui vi è una mancanza di diversificazione dei prodotti offerti, o opzioni di imballaggio errate: imballaggi troppo piccoli per il settore HORECA o troppo grandi per i consumatori domestici. Abbiamo chiesto a Marius Tudosiei cosa dovrebbe fare il cittadino comune: “Penso che il primo passo che dovrebbe fare sarebbe estremamente importante: pensare esattamente a cosa mette in tavola e cosa mangia, pensare alla provenienza degli ingredienti che acquista. Nel frattempo ho avviato anche un progetto educativo rivolto alle scuole e agli asili nido, e devo ammettere che è più difficile lavorare con le fasce d’età più giovani, perché il periodo in cui si riesce a catturare la loro attenzione è molto breve, ma è successa una cosa favolosa: nel momento in cui ho mostrato loro e si sono passati di mano in mano, hanno annusato, hanno toccato un pezzo perfetto di sedano acquistato in un supermercato, ovviamente importato, non hanno trovato nulla di interessante in esso, oltre al fatto che rotola, visto che è perfettamente rotondo. Ho portato poi un sedano dal giardino, che era tutto pieno di foglie, e nel momento in cui ho attorcigliato le foglie e l’odore ha riempito la stanza, probabilmente ho beneficiato al massimo della loro attenzione: all’improvviso tutti i bambini sono diventati attenti a quello che stava succedendo perché lo stimolo è stato molto forte. C’è una notevole differenza tra ciò che possiamo acquistare nei supermercati, prodotti importati, e ciò che possiamo acquistare dal mercato locale, motivo per cui il consumatore domestico dovrebbe riflettere molto attentamente su ciò che acquista. Non sempre i prodotti locali, possibilmente certificati ecologicamente, sono più costosi di quelli importati. Dobbiamo pensare alle opzioni di imballaggio e all’impronta di carbonio. Ci sono molte cose e penso che dovremmo diventare un po’ più consapevoli di ciò che mangiamo. Allo stesso tempo, la gente dovrebbe pensare al fatto che la natura ha organizzato le cose in modo tale che la stagionalità diventi importante e lo diventi anche nei nostri menu, e che non dovremmo avere un determinato ingrediente 365 giorni all’anno.”

  • Nonni guide al museo

    Nonni guide al museo

    Il mese di febbraio porta in Romania una settimana di vacanza per i ragazzi delle scuole medie, con date flessibili a seconda delle decisioni dei comuni delle varie zone. A Oradea, il Museo della Contrada dei Criș organizza, insieme al Comune della città e del Consiglio Provinciale di Bihor, l’iniziativa “Con i nonni al museo. Guide per un giorno.” Nella vacanza scolastica del periodo 18-23 febbraio 2025, i piccoli sono invitati a conoscere la storia della città, e i nonni avranno l’occasione di fare da guida ai nipotini.

    Cristina Liana Pușcaș, dottore in storia, museologa presso il Museo della Contrada dei Criș, ci ha parlato del progetto: “Praticamente è la seconda edizione di questo programma, pensato per la prima volta nel 2023. L’anno successivo, nel 2024, non siamo riusciti a organizzarlo poiché il museo è entrato in un’ampia fase di ristrutturazione. Abbiamo ideato questo progetto per il periodo delle vacanze pensando che non tutti i bambini hanno la possibilità finanziaria di viaggiare altrove, per cui molti di loro rimangono a casa nelle loro città, in particolare a Oradea, con i nonni, che si permettono di uscire un giorno per conoscere la storia della città e, allo stesso tempo, di condividere la propria esperienza con gli altri. L’anno scorso, tramite questo ampio progetto di ristrutturazione della sezione del Museo della Città, abbiamo allestito una serie di spazi museali, presentando nuove mostre, molte dedicate al periodo del comunismo, un’epoca che questi nonni hanno vissuto, per cui la loro esperienza di vita può essere trasformata in una storia in ognuna di queste sale”, spiega Cristina Liana Pușcaș, che aggiunge:

    “Ad esempio, loro possono parlare ai bambini del significato della statua di pesce in vetro che veniva messa sul televisore, di quello che hanno rappresentato quelle bottiglie di latte messe in fila, come si stava in coda per comprare qualsiasi cosa, la lampada a petrolio che ricorda il fatto che in quel periodo a volte mancava la corrente per qualche ora ogni sera, il telefono a disco. Nella mostra “L’Insegnamento a Oradea nel XX secolo” abbiamo un’aula di quel periodo, con le tute scolastiche, il costume di pioniere, il calamaio, strumenti per imparare l’alfabeto, per fare calcoli, cosicché le storie e l’esperienza di vita di questi nonni può essere spiegata molto più facilmente. Un’altra mostra che potrebbe attirare molto i bambini sarebbe “La discoteca degli anni 70-80”. I nonni che hanno vissuto in quel periodo possono raccontare ai ragazzi di quello che significava per i giovani la vita in quel periodo.”

    Il personale del museo ha preparato anche informazioni aggiuntive per le sale del museo in cui è più difficile per i nonni diventati guide dare spiegazioni, ha aggiunto la nostra interlocutrice: “E’ ovvio che non possono avere nozioni talmente vaste. Ad esempio, per la Prima Guerra Mondiale abbiamo preparato un piccolo testo informativo su quello che ha significato l’ingresso dell’Esercito Romeno nel 1919 a Oradea e su chi è stato Traian Moșoiu, l’eroe che ha contribuito alla liberazione della città di Oradea. Quanto alla vita quotidiana durante il periodo comunista, abbiamo un pieghevole con alcune informazioni e con immagini che possono riattivare nella memoria dei nonni i ricordi dell’epoca comunista.”

    Abbiamo chiesto a Cristina Liana Pușcaș particolari sul successo del progetto nel 2023: “Guardando le foto di due anni fa, mi sono resa conto che i nonni e i nipotini si fermavano a studiare quegli oggetti. E si vedeva dalle foto che spiegavano ai piccoli come funzionava il telefono a disco, come funzionava la radio o il disco in vinile. Da quelle foto mi sono ricordata che i nonni erano impegnati nella descrizione di molti di quegli oggetti. Adesso le mostre includono più oggetti del genere, quindi sicuramente i nonni avranno più informazioni e spiegazioni da dare ai nipoti. “

    Il prezzo di un biglietto per partecipare a questo programma museale è di 10 lei per una persona (2 Euro) e include una visita alle principali mostre del Museo della Città di Oradea, con sede nella Fortezza di Oradea.  Tra le mostre permanenti ricordiamo “Chiese nel palazzo – ricerche archeologiche al Palazzo Principesco”, “La storia del pane”, “La storia della fotografia di Oradea”, “Il negozio misto”, “L’infanzia nell’Epoca d’Oro”, il Memoriale “Resistenza e repressione nella provincia di Bihor”, la mostra Monumenti in movimento – “Depersonalisation” dell’artista Cătălin Bădărău, la Mostra del Vescovado Greco-Cattolico di Oradea – Pagine di storia, la Mostra della Chiesa Riformata Oradea e la Mostra del Vescovado Romano-Cattolico di Oradea.

  • La tournée “Via della Libertà”

    La tournée “Via della Libertà”

    È stato uno dei più ampi e importanti progetti di promozione della cultura romena a livello mondiale, tramite il quale gli artisti hanno portato alla Romania il primo record mondiale per la più rapida tournée di concerti su tutti i continenti, essendo riconosciuti come gli unici musicisti al mondo a suonare in meno di 100 giorni su tutti e 7 i continenti e i primi a tenere in Antartide un concerto professionista di musica classica.

    Ştefan Doniga ci ha raccontato: “La nostra tournée è iniziata per l’amore per la musica romena. Noi, infatti, vogliamo mostrare a quante più persone di categorie quanto più diverse e dappertutto nel mondo, la ricchezza e la diversità e tutto quello che abbiamo di bello nella musica romena. E queste cose sono cresciute man mano nei 7 anni da quando collaboro con Diana Jipa. All’inizio ci sono stati progetti locali, rivolti al pubblico romeno e in generale agli alunni, una direzione alla quale sono rimasto ancora oggi fedele, perché siamo vicini agli alunni ogni volta che possiamo. E in base all’esperienza che abbiamo accumulato passo dopo passo, abbiamo esteso la nostra area di espressione, per cui nel 2023 siamo arrivati ad essere i primi musicisti romeni ad aver fatto il giro del pianeta in un’unica tournée di concerti. E quest’esperienza ci ha confermato che lo possiamo fare, che resistiamo a viaggi lunghi, con una logistica molto complessa, che lo sappiamo fare. Quindi siamo arrivati a questa conclusione che entrare nel Guinness dei Primati è in primo luogo un ottimo strumento di promozione, perché abbiamo sentito tutti parlare del Guinness dei Primati. Siamo cresciuti da piccoli con questo fascino per coloro che fanno delle cose per la prima volta nel mondo. Perciò abbiamo pensato che se facessimo anche noi per la prima volta il giro del pianeta in meno di 100 giorni, potremmo attirare l’attenzione anche in un altro modo che con la nostra semplice presenza sul palcoscenico.”

    Diana Jipa ha aggiunto: “Ci siamo prefissi di celebrare in un modo memorabile i 35 anni passati dalla Rivoluzione. Per questo abbiamo intitolato la tournee la Via della Libertà, avendo già l’esperienza della tournée realizzata un anno prima, in cui siamo stati i primi musicisti, almeno in Romania, ad organizzare un’iniziativa del genere. Diciamo che siamo stati pronti per qualcosa di più importante, di impegnativo, com’è stata questa tournée in cui abbiamo toccato tutti i continenti, i primi sei in circa 21 giorni, quindi abbiamo fatto 98 giorni e 22 ore, secondo il record registrato nel Guinness dei Primati. Immaginate tutti questi anni in cui abbiamo lavorato moltissimo per poter essere veramente artisti! Solo in momenti come questi ci rendiamo conto di poter dire che lasciamo qualcosa dietro di noi, qualcosa che possa ispirare gli altri, soprattutto i giovani, che si possono rendere conto che se lavorano, se valorizzano i propri sogni, questi possono diventare realtà.”

    E il pubblico è stato sempre affascinato, come ci ha detto Diana Jipa: “Avendo la musica romena nel nostro repertorio, nel programma di tutti questi recital, certo che ogni tanto eravamo emozionati. Ma proprio perché la musica romena è molto variegata, noi puntiamo su questo, sul fatto che ogni compositore ha un’etnia diversa, questa è la varietà, può rendere l’idea di libertà, quindi ciò ha servito in maniera molto bella alla nostra iniziativa e il pubblico lo ha apprezzato.”

    E siccome il primo record GUINNESS nel campo musicale è stato registrato dai membri del gruppo Metallica, nel 2013, per concerti su tutti i continenti, abbiamo chiesto a Ştefan Doniga se questa è stata una fonte d’ispirazione: “Io sono un grande ammiratore del gruppo Metallica, sono cresciuto con la loro musica, sono un consumatore di musica classica e heavy metal, quindi sarebbe stato impossibile uscire dall’influenza, dalla magia di Metallica e sapevo che loro avevano tenuto concerti in Antartide già da quando sono riusciti a farlo. Dal 2013 mi ha ispirato molto questo loro coraggio. La cosa bella è stata che ho volato in Antartide con Diana Jipa, ovviamente con l’unica compagnia di voli antartici che collega Puntarenas, la città dove abbiamo avuto la base, e le stazioni scientifiche in Antartide. E abbiamo avuto nel nostro gruppo, nell’equipaggio, nel crew, come si dice in inglese, persone che 11 anni e mezzo fa avevano collaborato con quelli di Metallica. Abbiamo fatto addirittura delle foto con t-shirt con Metallica e non vi nascondo che intendiamo comunicare questa cosa ai musicisti americani, perché veramente ci hanno ispirati, hanno ispirato generazioni intere in vari modi e direzioni.”

    Al di là delle sfide del trasporto del pianoforte e del violino in tutto il mondo, del trovare il momento giusto per atterrare in Antartide, la tournée ha portato anche delle sorprese emozionanti, come l’accoglienza da parte delle persone che li aspettavano, vestite in t-shirt di colore blu, giallo e rosso, come ci ha raccontato Ştefan Doniga. I due artisti rimangono fedeli tramite i loro progetti futuri alla promozione del bello autentico romeno! Complimenti!

  • Come creare un marchio solo restando attivo in un settore?

    Come creare un marchio solo restando attivo in un settore?

    Pochi sanno che esistono tute da sci professionali, create e realizzate in Romania, e che l’origine di questo marchio può essere trovata a Topliţa, nella provincia di Harghita, e parte da un piccolo atelier personale. Dan Cotfas è l’amministratore dell’azienda che ha creato il marchio e ce ne ha raccontato la storia, partendo dall’atelier dei suoi genitori, ex sarti: “Abbiamo iniziato l’attività nel 1992, quando i miei genitori, che lavoravano anche loro nel settore, sono andati in pensione e hanno sentito che avevano ancora bisogno di attività e che volevano fare qualcosa di più. Io sono un ingegnere meccanico, un campo di attività diverso, e ho pensato di dare loro questa possibilità di andare avanti e trovare un’attività che li aiutasse a  mantenersi e a dare loro la soddisfazione di sentirsi utili. E ho aperto un’azienda nel 1992, insieme ai miei genitori e a mio fratello, nella casa di campagna dei miei nonni, che era disponibile. I miei genitori avevano due macchine da cucire perché avevano lavorato in questo settore. Mio padre aveva ai tempi di Ceaușescu un laboratorio in cui produceva abiti da uomo, una bottega in cui produceva abiti su misura. Abbiamo preso anche dei vecchi macchinari di seconda mano e abbiamo avviato l’attività con la produzione di pantaloni da uomo e di alcuni abiti da donna per il mercato interno. Sono rimasto sorpreso dal fatto che questi prodotti si sono venduti molto bene e da allora sono stati richiesti sul mercato romeno.”

    E poiché in quel periodo il nostro interlocutore lavorava ancora in un altro settore, e l’approvvigionamento e la distribuzione dei prodotti realizzati nella bottega erano sempre più difficili, era necessario un ulteriore sviluppo. Dan Cotfas: “Ho assunto altre quattro persone, arrivando così a sei o sette persone fino al 1995. Nel 1995 ho avuto l’opportunità di fare una produzione lohn per un’azienda italiana: ho cercato un altro spazio, abbiamo sviluppato tutta quest’attività e abbiamo iniziato con una prima squadra di 15 persone. Si lavoravano prodotti per un marchio molto noto in Italia. Poco dopo abbiamo aumentato le capacità produttive e abbiamo iniziato a creare articoli tecnici. Quindi è sempre stata una sfida per noi fare cose cui non eravamo abituati e che a quel tempo, per la Romania, erano sconosciute. Così abbiamo iniziato a realizzare tute da sci con cuciture termosaldate. Poco dopo abbiamo iniziato a produrre giacche da montagna, tessuti a tre strati, tutti termosaldati, e siamo stati tra i primi in Romania a realizzare piumini d’oca, completamente confezionati in Romania.”

    Sono seguiti ancora alcuni anni di lavoro in lohn finché, tenendo conto dell’esperienza già accumulata e del fatto che erano piuttosto richiesti, hanno deciso di aumentare la capacità produttiva e di personalizzarla. Dan Cotfas: “Data l’esperienza accumulata, abbiamo pensato di creare il nostro marchio proprio. E abbiamo iniziato aprendo un primo negozio a Topliţa, (nella provincia di Harghita) e dopo ne abbiamo aperto uno a Târgu Mureș. Abbiamo sviluppato anche questa parte di vendita del nostro brand in Romania, avendo a un certo punto 29-30 partner con cui collaboravamo e per i quali producevamo e vendevamo in tutta la Romania.”

    Da qui al riconoscimento internazionale c’è stato un solo passo. Particolari da Dan Cotfas: “Nel 2011-2012 abbiamo iniziato a lavorare tute ordinate da maestri di sci dall’Italia. Successivamente siamo riusciti a raccogliere ordini, a presentare le collezioni in Austria, Germania, Finlandia, Gran Bretagna, tanto da diventare visibili anche sulle piste da sci di Italia, Austria, Finlandia e Germania. Gli ordini sono iniziati ad aumentare da un anno all’altro, i prodotti erano di alta qualità, tutti gli accessori e i tessuti erano premium, quindi erano tessuti professionali, realizzati in Giappone e con ottime caratteristiche tecniche. Al momento collaboriamo con oltre 90 club. Ogni anno realizziamo per questi club: abbigliamento per gli sport invernali, abbigliamento per il soccorso alpino, abbigliamento per l’alpinismo, e ultimamente abbiamo sviluppato anche il lato dell’abbigliamento moda, principalmente con capi in piuma d’oca”.

    Informazioni molto utili per tutti noi, adesso d’inverno, se siamo amanti degli sport invernali o meno!

  • Feste di antico rito ortodosso

    Feste di antico rito ortodosso

    Le tradizioni e i costumi osservati nella celebrazione del Natale di antico rito hanno molte somiglianze con quelli di dicembre. I credenti si vestono in costumi tradizionali e vanno in giro a cantare canti natalizi e a fare gli auguri. La famiglia si riunisce per la cena di Natale, un momento molto importante della festa.

    Paul Condrat, russo lipovano di Jurilovca, ci ha parlato delle feste, così come sono organizzate dalla sua comunità: “I lipovani sono russi dal punto di vista etnico, ma dal punto di vista confessionale sono ortodossi di rito antico. È ortodossia arcaica, originale. La differenza rispetto al resto dell’Ortodossia non consiste solo nel calendario, rispettivamente Iuliano e Gregoriano, nuovo-vecchio. Ci sono anche alcune differenze di culto. Le tradizioni vengono rispettate in misura abbastanza grande. Le feste sono un po’ diverse, ovvero queste feste, la Nascita del Signore e il Capodanno, vengono celebrate piuttosto in famiglia, in piccole feste ristrette. La vigilia è una serata tranquilla, senza festa. Alla vigilia, a cantare canti natalizi sono i ragazzi, i giovani. A Capodanno, infatti nel primo giorno dell’anno, vengono a cantare canti di auguri i bambini più piccoli. Ci sono molti elementi comuni con il rituale del Plugușor. Si tratta di un unico canto che inizia con le parole: “Sui campi andava Dio”, non è una traduzione molto adatta, è una traduzione ad litteram, ma in questo modo si festeggia il passaggio al Nuovo Anno. Si augura un anno nuovo con una nuova fortuna e una nuova chance!”

    Abbiamo chiesto a Paul Condrat se esistono cibi specifici che portano questa nuova fortuna dell’augurio: “Non in particolar modo, ma certe parole del canto di auguri si ritrovano anche sul tavolo. Menzionerei piuttosto un dolce, una specie di biscotti la cui forma assomiglia alle “noci” (è un dolce fatto con un impasto modellato a forma di noci), ma senza una crema dentro. Un impasto semplice e squisito.”

    Al di là della tradizione, queste feste di antico rito sono diventate un pretesto per le persone di altre confessioni di continuare il divertimento. Abbiamo chiesto a Paul Condrat quali sono le tentazioni preparate per i turisti: “La gastronomia peschereccia tradizionale locale e ovviamente, in occasione delle feste invernali, nell’offerta degli agriturismi locali ci sono anche piatti tradizionali a base di carne di maiale: gli involtini in foglie di verza, la gelatina di maiale. Di quelli tradizionali: il borș peschereccio / la zuppa acida di pesce è il piatto forte che non può mancare, ma ci sono anche altri piatti come gli assaggini di pesce, pesce affumicato, uova di pesce, diversi tipi di pesce marinato, involtini di pesce.

    Nella comunità ucraina del nord della Romania, le donne preparano i 12 tipi di piatti di magro per la cena della vigilia di Natale utilizzando funghi porcini, fagioli, farina, mais, patate e crauti. Per averne 12, si preparano diversi piatti con lo stesso ingrediente. Un preparato specifico sono i ravioli di farina bianca con ripieno di marmellata, noci, crauti, come piacciono a ognuno. La zuppa di crauti e gli involtini sono piatti che non mancano in nessuna casa.

    Per gli ucraini del Maramureş, la tradizione chiede che sul tavolo a Natale siano collocati nove piatti diversi che simboleggiano la ricchezza dell’anno. Il piatto più importante è “hrebleanca”, preparato con funghi cucinati con il succo di crauti fermentato. Non manca neanche il grano bollito, simbolo dei raccolti abbondanti o il pesce. Un altro costume della zona è che i piedi del tavolo siano legati con una catena che rimane così fino all’Epifania in stile antico, poiché esiste la fede che in tal modo il bene resterà dentro la casa. Tra i dolci tradizionali degli ucraini a Natale si fa notare il grano bollito con noci e semi di papavero, addolcito col miele, ma anche le ciambelle ripiene di marmellata.

    Quanto alla comunità dei serbi del Banato, loro aspettano il Natale con piatti a base di pesce, con maialino allo spiedo e una torta chiamata cesniţa, con molte noci e miele, affinché l’anno che viene sia dolce e mite. Prima di cuocere la torta, ci si mettono dentro due monete, perché c’è la convinzione che le persone che troveranno le monete avranno fortuna per tutto l’anno.

    Paul Condrat di Jurilovca, ha concluso con un augurio: “Un Anno Nuovo con una nuova fortuna, una nuova chance!Che sia così per tutti, sia per quelli che hanno cominciato il nuovo anno adesso che per quelli che lo hanno iniziato prima!

  • La storia del sapone Cheia

    La storia del sapone Cheia

    La storia del sapone Cheia ci porta indietro nel tempo alla data del 3 marzo 1886, quando Lippa Brunstein registrava al comune la fabbrica della sua famiglia. Ora come allora, Cheia è un affare di famiglia e un marchio che usa ingredienti naturali, lavora e  taglia manualmente, con molta attenzione.

    La storia del sapone Cheia, come anche quella di molti brand romeni che sono esistiti nel periodo comunista, come Dacia, Arctic, Borsec, Timişoreana, Dero, Braiconf, Antibiotice, il cioccolato Rom, Gerovital oppure i biscotti Eugenia viene spesso associata ai ricordi tristi di coloro che hanno vissuto nella cosiddetta “epoca d’oro”. Tuttavia molti di questi prodotti sono esistiti anche prima della nazionalizzazione, alcuni non essendo pubblicizzati durante il comunismo, altri acquisendo solo valore utilitario, come il sapone Cheia.

    Nel periodo 1950-1989, il sapone Cheia esisteva sul mercato solo nella versione di sapone per il bucato. Abbiamo avuto, però, la sorpresa di scoprire che il marchio è uno di prodotti elitisti, che vanta una lunga storia.

    Come si mantiene adesso il sapone Cheia, a oltre 100 anni, ce lo ha raccontato Alin Laszlo, “il saponaio dell’attuale sapone”, come si è presentato lui stesso: “Come nel 1886, è un affare di famiglia, che osserva gli stessi principi di allora, ovvero la produzione di un sapone naturale, elitista. Quindi, in pratica per il XXI secolo, alla settima generazione di produttori di sapone Cheia, considerando anche il periodo 48-90 sempre rappresentato da generazioni di romeni che hanno prodotto il sapone Cheia, il sapone è elitista, rispetta principi di oltre un secolo fa e riscrive con orgoglio una storia più lunga di un secolo nella produzione romena di sapone.”

    Abbiamo chiesto al nostro interlocutore qual è, infatti, la gamma di prodotti che oggi si producono sotto il marchio “Cheia”, visto che io mi ricordo il sapone per il bucato di prima dell’89: “L’esempio di cui parla lei rappresenta al momento il 7% della nostra offerta attuale. Adesso stiamo riscrivendo una lunga storia, con ricette specifiche per ogni periodo, perché il sapone Cheia ha conosciuto anche la normalità, ha conosciuto la guerra, epidemie, ha conosciuto l’industrializzazione forzata durante il comunismo, con quel cambio di paradigma della produzione in cui veniva coperta la necessità, non il piacere. Non possiamo togliere dalla nostra storia quel periodo né dal punto di vista morale, né storico. Ci rapportiamo ad esso come ad un determinato periodo della nostra offerta, “il libro grigio del sapone Cheia”. Offriamo tutta la gamma di prodotti descritti però riscritti per la mente, le necessità e l’uso del consumatore contemporaneo. Continuiamo a produrre il sapone per il bucato, ma non necessariamente quello prodotto ai tempi di Ceauşescu. Il sapone per il bucato interbellico era diverso, non era un prodotto di massa e continuiamo a produrlo, anche se per una zona molto ristretta e non per i nostalgici. Ci sono ancora persone che usano sapone solido per lavare il bucato. Per sviluppare il nostro affare abbiamo innovato e ottenuto sapone in polvere per il bucato, l’equivalente dell’abitudine delle madri della generazione di mia madre di lavare il bucato all’inizio degli anni 90 con sapone grattugiato, sapone liquido in forma naturale, non un detersivo chimico.”

    Il nostro interlocutore ci ha presentato anche altri prodotti Cheia: “Il prodotto numero uno e il Cheia per i capelli. Non torniamo necessariamente alle abitudini delle nonne di lavarsi i capelli con sapone. Tuttavia si tratta di quello shampoo primario utilizzato dall’umanità fino agli anni 50, quando venne inventato quello chimico. Abbiamo sviluppato una gamma completa, dal sapone all’equivalente dell’aceto utilizzato dalla nonna, i condizionatori. Come dicevo, per il bucato, abbiamo tutti i tipi possibili, dal sapone solido, al sapone in polvere, al sapone crema o al sapone liquido. In ugual misura, siamo tornati alla formula che abbiamo imparato alla lezione di chimica della decima classe di liceo, di sapone naturale per le mani, che si piazza al secondo posto nelle nostre vendite.”

    Orgoglioso di iscriversi in una lunga tradizione, Alin Laszlo ha aggiunto: “Crediamo nel valore della tradizione! Sarei molto contento di sapere che anche noi abbiamo contribuito in piccola parte all’aumento del consumo di sapone per abitante nel nostro Paese, poiché sappiamo tutti che non ci piazziamo molto bene da questo punto di vista!”

    Sotto il marchio Cheia adesso si vende una vasta gamma di saponi naturali, bio, eco, amichevoli con i cari e con la natura: il burro per il corpo Maria, che ha sull’imballaggio il volto della regina Maria, oli da doccia, saponi per bambini, burrocacao, Cheia-Dac, sapone per una bella barba. Sono solo alcuni esempi di prodotti Cheia di oggi, ma il loro numero è molto più grande.

  • Băile Herculane (Le Terme di Ercole), obiettivo da collezione!

    Băile Herculane (Le Terme di Ercole), obiettivo da collezione!

    Volendo mantenere viva la storia di questi luoghi, Iacob Sârbu, un collezionista delle Terme di Ercole, ha raccolto per decine di anni diversi oggetti che ricostituiscono il periodo di massima fioritura di questa regione. Iacob Sârbu ha partecipato con alcuni oggetti all’edizione autunnale della Fiera del Turismo della Romania, e ci ha raccontato la sua storia: “Ho cominciato a collezionare oggetti sin da piccolo. Passavo le vacanze dal nono materno, a Reșița, e lui era un collezionista accanito, ho imparato tanto da lui e posso dire di aver sempre collezionato oggetti. L’argomento Herculane, di cui mi sto occupando adesso, è una passione che è iniziata circa 8 anni fa, quando ho avuto un momento di bivio abbastanza difficile nella mia vita. E in questa collezione ho ritrovato la mia tranquillità e ho impegnato tutta la mia energia. Se all’inizio la mia collezione era solo per me, per poche conoscenze e amici, dopo che ho conosciuto due persone notevoli, il professore Ioan Traia, presidente dell’Associazione dei pubblicisti della stampa rurale del Banato e il professore Gheorghe Rancu Bodrog, ex insegnante e fondatore di un museo a Șopotul Vechi, nella zona di Almăj, in provincia di Caraș-Severin, queste due persone hanno portato alla luce il meglio di me. E grazie a loro ho cominciato a far vedere a tutti quello che ho. Sempre grazie a loro ho accettato di partecipare e diverse azioni culturali nel Banato e nel Banato Serbo, e lo scorso febbraio, su invito del Consiglio Provinciale, ho accettato di venire (n.r. alla Fiera), ed è la seconda volta che vi partecipo. Vengo perché voglio far vedere qualcosa della mia collezione. Quello che presento qui sono, infatti, frammenti di storia locale.”

    Come per ogni collezionista appassionato, anche per Iacob Sârbu tutti gli oggetti sono altrettanto preziosi: “Per me, tutto quello che ho nella collezione è importante. Non posso fare differenze. Anche se si tratta di una cartolina del periodo interbellico o comunista, che vale poco, per me ha lo stesso valore come una cartolina o una litografia che può costare qualche centinaio di euro. Dunque non posso fare differenze. Tuttavia potrei dire che c’è qualcosa di assai importante: questa copia della statua dell’imperatrice Elisabetta di Herculane. È esistita, nessuno sa più dov’è, se è rotta, buttata, nessuno lo sa. Ispirandosi ad alcune fotografie, un amico si è messo a fare questa copia. Ho insistito molto affinché la terminasse, o che stesse per finirla, per poter presentare la copia della statua di Sissi di Caransebeș, che ho ricevuto dal professor Gheorghe Rancu e questa copia di Herculane. Sarebbe stato un peccato che io, di Herculane, venissi alla fiera con Sissi di Caransebeş. Lungo il tempo, da quando mi sono dedicato più intensamente a questa collezione, ho conosciuto alcune persone e collaboro molto bene con persone che mi aiutano a ottenere alcune cose che appaiono: libri, oggetti, foto, cartoline, che posso trovare su eBay o Delcampe.”

    Alcuni degli oggetti esposti dal nostro interlocutore arrivano addirittura dall’Argentina, sono cartoline inviate da Herculane, a destinatari lontani, nel periodo di gloria di questa località turistica. Iacob Sârbu ci ha descritto alcune cartoline speciali, della sua collezione, a cominciare dalla più vecchia datata 7 luglio 1894: “E’ in verticale. Nella parte alta della cartolina c’è un’immagine del Parco Ghizel, come si intitolava il Parco Centrale, delimitato dai due alberghi chiamati all’epoca Frantz Iosef e Rudolf e verso la montagna, rispetto al Casinò. Ogni cartolina ha una storia, rappresenta qualcosa di speciale. Ad esempio, questa è stampata su seta e la seta e incollata su cartoncino. Questa cartolina è del 1899, se ne metti dietro una fonte di luce, tutte le finestre degli edifici appaiono illuminate. Dunque queste due cartoline sono, infatti, un passpartout, perché esiste lo stesso tipo di cartoline, ma che raffigurano altre località, non solo le Terme di Ercole, ma anche Vatra Dornei, Lipova, Buziaș, le Terme di Felix. Qui viene caricaturizzato il grado di occupazione della località, mentre qui il fatto che la persona che veniva a Herculane piena di soldi se ne andava squattrinata.”

    Le cartoline panoramiche, in verticale, con una lunghezza di 54 cm, conservate incorniciate da coloro che le hanno ricevute, una pagina di pubblicità di un giornale, il Corriere del Banato, del 31/12/1934, cromolitografie raffiguranti le Terme di Ercole, risalenti al 1840, 1842, 1860 sono anch’esse parte della collezione che aspetta di essere presentata anche online.

  • Passi per rendere accessibile il patrimonio

    Passi per rendere accessibile il patrimonio

    Con l’intento di mettere in risalto il patrimonio culturale del nostro Paese, l’Associazione Designers, Thinkers, Makers ha creato il programma “Culture and Cultures”, che punta sulla rivitalizzazione culturale, con accento sulla promozione dei siti dell’UNESCO e dei valori locali, spesso sconosciuti al pubblico. Un inizio è stato fatto tramite la realizzazione di una visita guidata audio di Biertan. Quale è stato il punto di partenza e quali le tappe del programma ce lo ha raccontato Alexandra Mihailciuc, architetta, coordinatrice dei programmi culturali dell’Associazione: “Abbiamo pensato questo programma “Culture and Cultures” come una specie di programma di guarigione culturale che abbiamo costruito per proteggere e valorizzare il patrimonio della Romania. In qualche modo, parla della cultura, delle diverse culture etniche, ma anche della cultura in senso primario, legato alla terra, cioè dei territori attorno alla casa, alla villa e al villaggio. Ciò vuol dire che si tratta in ugual misura della cura per ciò che ti sta vicino, ma anche della cura per ciò che sta lontano, perché sono connessi come con un cordone ombelicale. E il senso di questo programma, infatti, è di mettere in atto quanti più mezzi possibili per costruire un clima buono, buono per la cultura, ma in fin dei conti per la qualità della vita. E una delle componenti essenziali di questo programma è l’educazione per il patrimonio. Ci siamo resi conto che conta per tutti i ceti sociali e per tutte le età. E oserei dire che, secondo me, fa parte delle emergenze della società in Romania. Notiamo molto intorno a noi quanto si distrugge, quanto poco le comunità si assumono il patrimonio, quanto poco è amato, compreso e sfruttato. Questo programma contiene diversi progetti culturali. Il progetto che ho fatto quest’anno, “Heritage Lab. Connecting the Dots”, è solo uno dei progetti di questo programma, che ha anch’esso tre pilastri: istruzione, ricerca e progettazioni.”  

    Alexandra Mihailciuc, architetta, coordinatrice dei programmi culturali dell’Associazione Designers Thinkers Makers, ci ha offerto particolari: “Quest’anno ci siamo proposti di impostare il programma con accento sul patrimonio culturale delle Colline della Transilvania, soprattutto sul villaggio UNESCO di Biertan e sul villaggio di Chirpăr, per evidenziare questa eredità culturale preziosa della regione e portare al pubblico largo tutto quello che è sconosciuto, ma valoroso, dunque tutto quello che esiste in qualche modo senza essere però valorizzato. E abbiamo pensato fosse indicato cominciare con un sito UNESCO, perché i siti UNESCO sono la punta di diamante del patrimonio mondiale, i tesori più apprezzati dell’umanità. Tuttavia, nel nostro Paese, non sono ancora entrati nella mentalità collettiva.”

    È seguita una scuola estiva chiamata “Heritage Lab”, con una componente teorica in cui gli studenti hanno studiato i siti UNESCO, hanno scritto su di essi, hanno disegnato, realizzato materiali di interpretazione, ma che ha avuto anche una componente pratica, di lavoro con le mani, in cui hanno imparato come si fanno gli intonaci di una volta, con calce e sabbia, come si fa un muro correttamente usando la pietra, oppure il mattone. Gli studenti di architettura hanno avuto bisogno di questi laboratori, di questi cantieri, per essere preparati per il loro futuro professionale.

    Alexandra Mihailciuc ha aggiunto: “Abbiamo realizzato due visite guidate audio per il sito di Biertan e per il villaggio di Chirpăr, in romeno e inglese ed ecco che siamo riusciti addirittura a lanciare il tour digitale del sito UNESCO di Biertan nella chiesa fortificata, con un programma consistente, che ha incluso la presentazione del progetto, il percorso delle tappe con i progetti rilevanti del luogo, ma anche un concerto di organo. Lo spazio è stato inondato dalla musica transilvana di varie epoche, da musiche appartenenti al periodo romantico, in qualche modo coerenti con l’età dell’organo della chiesa fortificata. La cosa inedita è che, infatti, questo concerto di organo si è trasformato in un laboratorio musicale o in un soggiorno musicale, intorno all’organo, in cui ci è stato spiegato il suo sistema di funzionamento e sono state fatte piccole incursioni sonore nelle molteplici valenze di questo strumento. Le persone venute hanno potuto percorrere le altre tappe sparse per il villaggio, perché l’idea è stata proprio questa di invitare i turisti a scoprire non solo la chiesa fortificata, ma anche tutto quello che c’è intorno, se parliamo di “Culture and Cultures”. In tal modo possono scoprire informazioni sull’UNESCO e le chiese sorelle, sulla farmacia del villaggio, che sembra sia la prima del genere nella Transilvania rurale, sulle usanze, sulla multiculturalità del luogo, su ornamenti, perché no, sulla Via Transilvanica che attraversa il centro del villaggio.”

    Seguono una mostra sulla valorosa ceramica di Chirpăr, i Laboratori Culturali Stork di Bucarest, una serie di mostre, di proiezioni di film, di architettura e mestieri e di workshop sempre sul patrimonio culturale.

  • La giornata della comunicazione non-violenta, a Iaşi

    La giornata della comunicazione non-violenta, a Iaşi

    Quest’autunno, a Iaşi, è stata celebrata la Giornata internazionale della non-violenza, stabilita dall’Organizzazione delle Nazioni Unite, alla memoria di Mahatma Gandhi (1869-1948), uno dei più insigni militanti per la pace del mondo. Diversi facilitatori di programmi di comunicazione non-violenta offrono per l’occasione laboratori gratuiti per bambini e adulti. Lavinia Popescu, una delle organizzatrici dell’evento, ha dichiarato: “Ogni anno festeggiamo la giornata di Mahatma Gandhi, il pioniere della pace nel mondo. E lo facciamo offrendo al pubblico dei laboratori di introduzione alla comunicazione non-violenta. Sono workshop gratuiti e invitiamo le persone a scegliere un tema che sembra loro adatto. Siamo diversi facilitatori che abbiamo unito le nostre forze per trasmettere questo messaggio a quante più persone, perché gli strumenti della comunicazione non-violenta aiutano a migliorare i rapporti e i rapporti migliori aiutano ad avere una migliore qualità della vita.”

    Lavinia Hriţcu ha sperimentato personalmente un miglioramento dei rapporti con gli altri dopo aver appreso le tecniche della comunicazione non-violenta. Anche lei facilitatrice nell’ambito della Giornata della comunicazione non-violenta organizzata a Iaşi, ci ha raccontato: “Ci sono stati workshop sia per adulti che per bambini. Quelli per bambini sono stati coordinati da due delle nostre colleghe che lavorano anche nel sistema d’istruzione e hanno esperienza in questo campo. Credo che sia importante che ogni persona che entra in contatto con ciò che vuol dire la comunicazione non-violenta sia un po’ più attenta al modo in cui le si cambia la vita e all’impatto maggiore o minore che nota.”

    La nostra interlocutrice ha attirato l’attenzione sul fatto che spesso tendiamo a imporre i nostri punti di vsita e tramite la comunicazione non-violenta potremmo imparare che spesso desideriamo la stessa cosa come gli altri, ma applichiamo strategie diverse. Lavinia Popescu ci ha offerto particolari: “Ad esempio, alcuni titoli dei laboratori che abbiamo avuto: “Parole che vi avvicinano”, laboratorio per bambini. I bambini imparano a identificare le proprie emozioni e necessità e a utilizzare parole che portino a un dialogo pacifico e produttivo. Un altro workshop è stato “Il potere del no”, come stabilire dei limiti sani e rispettarci a vicenda. Un altro workshop è stato intitolato “L’empatia dello sciacallo”, coordinato da me. È per persone più avanzate nel campo della comunicazione non-violenta, perché sono già familiarizzate con ciò che significa un atteggiamento difensivo o aggressivo e con il modo in cui bisogna trasformarlo per migliorare il dialogo e renderlo autentico, per arrivare a una connessione reale. Spesso crediamo di essere empatici quando comunichiamo con le persone intorno a noi, ma infatti siamo aggressivi o difensivi tramite l’atteggiamento che abbiamo. Possiamo dare consigli, pensando di aiutare la persona con la quale parliamo in modo reale o possiamo spostare l’attenzione su di noi dando un esempio personale perché pensiamo che ciò possa essere d’aiuto per l’altro.”

    Lavinia Popescu ha accennato al workshop dal titolo “L’empatia dello sciacallo”, spiegando che si lavora con due persone, lo sciacallo e la giraffa, in cui si presuppone che la giraffa sia il personaggio empatico, mentre lo sciacallo sia quel personaggio che attacca sempre. Sembra che quando attacchiamo qualcuno, una nostra necessità è il più delle volte incompiuta, se abbiamo un dialogo non produttivo con una persona che è all’attacco, possiamo essere empatici, cercare di capire qual è il bisogno che sta dietro quell’atteggiamento e, se noi veniamo a sostegno di quel “caso”, anche la rispettiva persona si può trasformare in giraffa, dopo aver notato che è stata presa in considerazione. “L’empatia dello sciacallo” presuppone vedere un po’ quello che sta dietro quell’atteggiamento, ovviamente, osservando anche i propri limiti personali.

    Da Petronela Radu, facilitatrice di comunicazione non-violenta e trainer presso un’organizzazione multinazionale, abbiamo saputo quale è stato il suo ruolo nei laboratori organizzati: “Il primo passo nella comunicazione non-violenta sarebbe quello di osservare quali sono i miei sentimenti, pensieri, bisogni, dopo di che mi rendo conto qual è la mia necessità e faccio la domanda all’altra persona, tenendo conto sia dei miei sentimenti che di quelli dell’altra persona. Quanto al modo di rapportarci all’altro, sembra essere facile, a prima vista, ma c’è bisogno di pratica e di attenzione. Con pratica, attenzione, volontà e intenzione, è possibile. È un esercizio che non fa da medicinale, lo abbiamo preso una volta e il dolore è passato. È un esercizio che dura tanto. Praticamente è un esercizio con noi stessi. E credo che una delle sfide della vita sia il lavoro con noi stessi. Allora, partendo proprio dal messaggio di Gandhi, “sii tu il cambiamento che desideri nel mondo”, è facile capire che il cambiamento inizia con noi, con noi inizia la comunicazione non-violenta e sempre con noi inizia l’armonia.”

    Per una vita piena di armonia, cerchiamo di essere più attenti al modo in cui comunichiamo!

  • Colore e creatività di tipo Bauhaus a Bucarest

    Colore e creatività di tipo Bauhaus a Bucarest

    La Germania degli anni 1919 diede la corrente Bauhaus, che deriva dall’associazione delle parole tedesche bau – costruire e Haus – casa. Molto influente nell’architettura, nelle belle arti, nella scultura, nel design d’interni e industriale, nella fotografia, nella tipografia, negli oggetti domestici, negli ornamenti, nei mobili e nella decorazione d’interni del XX secolo, questa scuola e movimento artistico generato dall’architetto e pedagogo tedesco Walter Gropius, nella città di Weimar, operò al suo apice, tra il 1919 e il 1933, in tre città tedesche: Weimar, Dessau e Berlino, divenendo nel tempo, nonostante fosse bandita dai nazisti (nel 1933), una delle correnti artistiche più importanti e stimolanti dell’architettura moderna. Con l’emigrazione del fondatore del movimento artistico Bauhaus, Walter Gropius, negli Stati Uniti d’America, questo movimento artistico conoscerà una rinascita conosciuta genericamente come “Nuovo Bauhaus”, o “Nuovo Stile Bauhaus”.

    Dopo più di un secolo, il Bauhaus diventa un fattore educativo, stimolando i giovani di Bucarest a scoprire nuove possibilità espressive. “Bauhaus 2024” è la mostra ospitata in questi giorni dal Museo Nazionale della Letteratura Romena della capitale, un’esposizione che riunisce opere di ragazzi di diverse scuole superiori. Nicolae Stoian, artista visivo ci ha raccomandato la mostra: “Una mostra straordinaria che riporta negli spazi espositivi i concetti del Bauhaus, questa scuola del periodo tra le due guerre, che ancora oggi ci colpisce per i principi che promuoveva, legati all’arte, al design, al concetto moderno, idee che vengono abbracciate anche dai giovani, puntiamo sui giovani dei licei.”

    Alexandru Cristian Ghezea del Collegio Tecnico di Lavori Pubblici e Architettura Ion N. Socolescu di Bucarest, che ha esposto due opere, ci ha detto: “Ci troviamo oggi in una giornata davvero speciale al Museo della Letteratura Romena dove è stata organizzata una sontuosa inaugurazione del Bauhaus, importantissima scuola tedesca fondata nel 1919. Qui abbiamo in mostra tantissime opere, realizzate da alunni dalla nona alla dodicesima classe, provenienti da diversi licei, da licei di architettura, come è il mio caso, oppure di matematica, informatica, oppure scienze naturali. C’è tanta varietà!”

    Alexandru Cristian Ghezea ha intitolato le sue opere “Composizione Bauhaus nella visione di un romeno” e ha spiegato il motivo: “Sono stato in Germania, ho visitato Berlino. Il Bauhaus ha la sede (cioè l’origine) in una città della Germania occidentale, non esattamente a Berlino, ma per esempio a Berlino trovavo, in molte pasticcerie o nei caffè, quella teiera Bauhaus, che credo fosse stata disegnata da Marcel Breuer, non lo so con certezza. Marcel Breuer è colui che ha progettato la sedia che ho disegnato, che ho trovato anche molto spesso in diversi locali di Berlino ed era molto bella.”

    In effetti, in seguito abbiamo fatto delle ricerche e abbiamo scoperto che l’artista tedesca Marianne Brandt ha progettato la teiera Bauhaus, prendendo il design di una teiera convenzionale e spogliandola di ogni ornamento per creare il suo infusore e colino per il tè geometrico nel 1924.

    Ma le creazioni del nostro interlocutore più giovane meritano davvero attenzione! Così come quelle di Francesca Vlădaraş, allieva presso il Collegio Nazionale Ion Creangă, che ci ha raccontato del suo lavoro in mostra e di quanto sia rimasta colpita dalla presenza delle opere di così tanti ragazzi talentuosi: “Io ho esposto una sedia rappresentativa dello stile Bauhaus, realizzata l’anno scorso, insieme ad un’altra tavola che ha altre composizioni sempre in stile Bauhaus, come la tazza di cui parlava prima il collega e due lampade rappresentative. Mi piacciono molto tutte le opere, soprattutto perché sono molto diverse, provengono da diversi luoghi e sono state realizzate da alunni dalla nona alla dodicesima classe. Mi sembra che siano ragazzi molto talentuosi! E mi sarebbe piaciuto davvero aver frequentato anch’io il liceo Socolescu, è un liceo molto bello, e avrei voluto poter dedicare più tempo al disegno, come fa il mio collega.”

    La professoressa Grațiela Stoian, artista visiva, è colei che incoraggia gli alunni del Collegio Nazionale di Informatica Tudor Vianu a scoprire il proprio lato artistico: “Ho il piacere di selezionare allievi che, a loro volta, hanno questo desiderio di dedicarsi all’arte. A volte non ci credono, perché mi dicono: “signora, ma non ho talento” e io spiego loro che non devono avere talento, ma idee-concetti, devono potersi documentare in primo luogo. E l’arte è straordinaria. Si collega a tutte le materie, non solo alla scultura, alla pittura, alla grafica, ecc., ma anche alla fisica, alla matematica, e alla biologia. E continuo a spiegare loro che solo se guardiamo al microscopio vediamo delle meraviglie, per non parlare di Fibonacci, in matematica, o in fisica dello spettro della luce e dell’arcobaleno, e così via. E quando raccontiamo storie su queste cose, anche i ragazzi che non studiano belle arti riescono a fare cose straordinariamente belle.”

    Rosso, blu e giallo, cerchi, quadrati e triangoli, astratto e concreto, tutto abbinato in maniera molto bella, le opere della mostra Bauhaus 2024 esprimono la giovinezza in azione!

     

  • L’acqua del Danubio, acqua potabile

    L’acqua del Danubio, acqua potabile

    Nel 1897, la Regina Guglielmina dell’Olanda finanziò la costruzione di una torre idrica a Sulina, e ciò dopo che, accostando con la nave sulla riva del Danubio, nella città portuale sul Mar Nero, aveva notato che, quando ha chiesto acqua da bere, le è stata offerta acqua dal Danubio. Più tardi, dopo 126 anni, un’ecologista olandese, Li An Phoa, la fondatrice del movimento Drinkable Rivers e il suo partner, Maarten van der Schaaf, sono arrivati nel Delta del Danubio dopo aver percorso tre parti diverse del fiume, analizzando la qualità dell’acqua, come acqua da bere.

    “Il Danubio, acqua potabile” è parte del progetto europeo “Il restauro del bacino idrologico del Danubio per ecosistemi e persone, dalla montagna al mare. Il Danubio per tutti!” (in originale: „Restoration of the Danube River Basin for ecosystems and people from mountains to coast – Danube4all”). Con la missione di rendere i fiumi del mondo così sani dal punto di vista ecologico (e, di conseguenza, abbastanza puliti) da poter bere la loro acqua, Li An Phoa è partita quest’anno, nel periodo 18 settembre – 11 ottobre, in un viaggio a piedi per il Delta del Danubio, ha incontrato farmer, alunni, pescatori, imprenditori, politici e decidenti e ha discusso con loro della prospettiva di un Danubio con acqua potabile.

    Li An Phoa: “E’ stato importante per il progetto Danube4ALL scegliere uno dei siti demo e quando ho visto che uno dei siti dimostrativi si trovava in Romania, la mia scelta è stata di percorrere i tratti romeni del Danubio. Se avessi deciso di andare sull’intero fiume dalla sorgente al mare, il che ovviamente mi piacerebbe di più, ci avrei messo più di un anno. Cosicché abbiamo deciso di non fare questo. Siamo venuti altre tre volte in Romania, in Transilvania, e mi è piaciuto così tanto che aspettavo con ansia di concentrarmi sulla Romania. Dunque, la prima motivazione è stata questa. Inoltre, ho fatto questa scelta perché un terzo del Danubio si trova in Romania, quindi la rilevanza di un Danubio sano per la Romania è molto grande.”

    La nostra interlocutrice ci ha confessato che venendo dall’Olanda, Paese che ha un delta, ha potuto apprezzare ancora di più il Delta del Danubio, associandosi nel progetto con WWF e GeoEcoMar (l’Istituto Nazionale di Ricerca – Sviluppo per la Geologia e la Geoecologia Marina) e scegliendo insieme i luoghi rilevanti da esplorare.

    Li An Phoa, la fondatrice del movimento Drinkable Rivers: “Abbiamo scelto tre luoghi del Delta del Danubio, praticamente abbiamo camminato lungo la laguna e poi verso le zone umide vicino di Mahmudia e Carasuhat. Poi nella seconda settimana il paesaggio è stato diverso. Abbiamo passeggiato un po’ lungo il Danubio, ma soprattutto nelle zone inondabili fino alla confluenza col fiume Jiu. E poi abbiamo camminato due giorni a monte del fiume Jiu. Cosicché abbiamo visto la zona di pianura, quella del Jiu e la zona di confluenza. Nella terza settimana abbiamo esplorato Drobeta Turnu-Severin e l’argine delle Porte di Ferro. E abbiamo camminato a valle dell’argine verso la città. Quindi, il secondo passo dopo la scelta della Romania è stato quello di individuare i tratti. E poi ho espresso i miei desideri sul posto, come faccio sempre quando mi trovo vicino a un corso d’acqua: stare con gli abitanti della zona, essere loro ospite, non un semplice turista. Comincio la giornata misurando il grado di conoscenza dei bambini, perciò ci siamo rivolti alle scuole e ad altri club o associazioni invitando la gente ad affiancarsi a noi nella passeggiata e farci vedere, fare una gita in un determinato posto ed è stato quello che abbiamo fatto successivamente.”

    I due ricercatori hanno fatto test di qualità dell’acqua del Danubio, hanno parlato con gli abitanti del loro rapporto con l’acqua e hanno raccolto anche rifiuti insieme agli alunni mobilitati tramite il programma Pattuglia Zero Plastica attraverso la quale WWF-Romania si è proposta di eliminare la plastica dalla natura entro il 2030. La componente educativa del programma Pattuglia Zero Plastica si è sovrapposta all’attività di citizen science tramite la quale Phoa e Van der Schaaf, insieme agli alunni delle località che attraversano, effettuano misurazioni giornaliere del Danubio a scopi scientifici. Questa esperienza educativa coinvolge i giovani nello studio del fiume vicino al quale vivono. La ricerca fa parte del programma di citizen science Drinkable Rivers, che permette alle persone di sapere di più sulla salute dei loro fiumi. I partner locali di Romania continueranno a utilizzare questo strumento anche adesso, dopo la fine del viaggio e seguiranno l’evolversi dello stato di salute del Danubio.

    Li An Phoa ha descritto la gioia che le ha regalato l’esperienza abitativa con la gente della zona, in Romania: “E’ un’esperienza del tutto speciale perché vieni come una persona sconosciuta, come un ospite, e quando parti li abbracci, come se fossi parte di una famiglia. È quello che ho imparato da queste passeggiate lungo il fiume: il fiume è il nostro legame di sangue. Ci collega effettivamente all’acqua. E poi, per continuare la mia idea, questa è stata una delle mie scoperte. Mi sento profondamente grata per questa generosità e ospitalità e, in secondo luogo, per il fatto che esiste ancora una simile ricchezza di specie, di pesci, libellule e farfalle. Esistono diversi habitat che sono ancora abbastanza sani, come nel Delta del Danubio, che è una zona così importante. Allo stesso tempo, si vede che, come in altre zone dell’Europa, anche il paesaggio ha perso molto della sua vitalità. E i principali motivi sono stati l’urbanizzazione, l’industrializzazione, l’agricoltura.”

    Tramite il suo lavoro, Li An Phoa, la fondatrice del movimento Drinkable Rivers, desidera che i fiumi del mondo diventino così sani dal punto di vista ecologico (e di conseguenza puliti) che la loro acqua possa essere bevuta.

  • Racconti dalla palude

    Racconti dalla palude

    Cartografie, interviste alla gente della zona, scoperte su parole vecchie e nuove del vocabolario locale, facendo attenzione alle varie influenze linguistiche delle minoranze turche, bulgare e ucraine, nonché alla loro coesistenza accanto a neologismi moderni, ma anche lavori artistici, sono tutti i risultati di un progetto pluridisciplinare, svolto nel villaggio di Luncaviţa, in provincia di Tulcea. Il villaggio si trova in una ex zona inondabile del Danubio, al momento terreno coltivabile. E visto che ci ha passato l’infanzia, Dana Pârvulescu, la coordinatrice del progetto “Glossario Residenza. Arte e antropologia”, ha raccontato la storia di questa ricerca che si è svolta per due anni: “E’ lo spazio in cui ho passato l’infanzia e in cui ho voluto tornare per capire cosa è successo negli ultimi 20-30 anni, quando i cambiamenti hanno segnato in un certo modo la vita degli abitanti e negli ultimi anni è avvenuta tutta una serie di trasformazioni. Parliamo di ecologia, di migrazione e così via. Quindi ci riferiamo a uno spazio della Dobrugea del Nord. Luncavița è sita sulla strada che collega Galați e Tulcea, dopo che si attraversa il Danubio a Galați. Questo era uno spazio lacustre, lo chiamiamo la zona inondabile del Danubio perché in primavera l’acqua effettivamente bussava alle porte del villaggio e delle case. Questa zona inondabile è scomparsa a partire dal 1987, in seguito a un processo di modernizzazione e di arginamento del Danubio. Ho passato molto tempo della mia infanzia in questo spazio che era una palude, una foresta di salici con molta acqua, ninfee, giunchi, era effettivamente un universo lacustre.”

    Una realtà difficile da immaginare oggi da coloro che vedono questo spazio di 10 km tra il villaggio e il Danubio, ci ha detto ancora la nostra interlocutrice aggiungendo: “Questi cambiamenti sono stati graduali. Inizialmente, la terra era molto fertile dopo l’arginamento. La gente possedeva dei pezzi di terra nella palude e vi piantava pomodori, peperoni, verdure, girasole, tutte le piante necessarie per la vita e i raccolti erano molto ricchi. Nel frattempo le cose sono leggermente cambiate. Continuiamo ad avere dei canali che assicurano l’irrigazione della zona. Al momento vengono coltivati cereali, grano. Parliamo di uno spazio agricolo controllato dall’uomo, sfruttato per l’agricoltura.”

    Un villaggio che ha tenuto in qualche modo il passo con la modernità, il che ha facilitato l’interazione tra artisti, antropologi e gente della zona. Dana Pârvulescu: “C’è stato un esperimento l’anno scorso, hanno girato molto insieme nella zona, da una parte gli artisti cercando di documentare quello che fanno gli antropologi e gli antropologi prendendo appunti sul terreno, che successivamente hanno dovuto mettere insieme. Sono stati anche pubblicati due articoli in merito sulla piattaforma Iscoada. È un’esercitazione di lavoro interdisciplinare tra artisti e antropologi. Si influiscono a vicenda. Se a prima vista potrebbe sembrare che il loro lavoro non interferisca molto, quest’anno potrei dire che le cose sono cambiate. È vero che alcuni di loro si conoscevano già da prima e ciò aiuta, ovviamente. Altri conoscevano già lo spazio in cui dovevano andare a fare ricerche. E allora abbiamo saltato questi passi di adattamento a uno spazio nuovo e a persone nuove. Io credo molto nell’interdisciplinarità e i risultati di un lavoro di squadra si fanno notare in maniera diversa. Infatti, ciò si vede nella mostra di quest’anno: «Glossario Residenza».”

    E poiché l’anno scorso il risultato della residenza di Luncaviţa è stata la mostra “Qui una volta c’era dell’acqua”, che si è svolta sotto la forma di un laboratorio, per il quale le persone coinvolte continuavano a raccogliere i materiali riuniti nella mostra e allestirli, Dana Pârvulescu ha precisato: “Praticamente nello spazio che ci ha ospitato, abbiamo montato una cartina che indicava l’ex zona inondabile in cui gli antropologi hanno inserito testi delle interviste avute con gli abitanti. Noi abbiamo cartografato e messo sulla carta i luoghi che avevano un certo aspetto 30-40 anni fa. Ad esempio, qui c’era la casa in cui si raccoglieva il pesce pescato e da dove veniva mandato altrove. Una persona della zona diceva l’anno scorso che “laddove adesso passa la macchina, allora passava la carrozza” e una delle artiste presenti nella mostra dell’anno scorso ha disegnato le tracce di alcuni cavalli che evocavano i cavalli che andavano sulla diga prima e adesso non se ne vedono più. Quest’anno, uno degli antropologi nota la scomparsa degli animali da peso e la loro sostituzione con tricicli elettrici per lo spostamento, oppure con impianti agricoli. C’è questo pendolare tra quello che è avvenuto l’anno scorso e quello che sta accadendo quest’anno. Se l’anno scorso abbiamo tracciato questa cartina, che è stata l’elemento centrale della mostra e che quest’anno, con l’aiuto della scuola del villaggio, siamo riusciti a montare nella scuola, affinché servisse da materiale didattico per i bambini della zona, quest’anno il Glossario è un po’ più specifico. L’anno scorso abbiamo organizzato una serie di laboratori con i bambini in residenza e loro usavano questa parola, palude. E poi quando ho chiesto loro se sapevano che qui c’era prima un’acqua, perché pensavano che si chiamasse palude, non hanno saputo cosa rispondere. Si riferivano a quella terra arida quando parlavano di palude.

    La mostra può essere visitata fino al 22 ottobre, al Museo Nazionale del Contadino Romeno di Bucarest, nella Sala Acquario, ma la ricerca continua e chi sa che cos’altro emergerà ancora.

  • Mestieri tradizionali della provincia di Gorj

    Mestieri tradizionali della provincia di Gorj

    Nel 2008 è stata creata ufficialmente la lista del Patrimonio culturale immateriale dell’umanità UNESCO, in conformità ai provvedimenti della “Convenzione per la Salvaguardia del Patrimonio Culturale Immateriale”, adottata a Parigi, nel 2003. Da allora, nove usanze romene sono state registrate su questa lista.

    Sulla lista rappresentativa UNESCO del Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità, la Romania è presente con: il Rituale del Căluș (2008), lo stile musicale Doina (2009), le Ceramiche di Horezu (2012), il Colindat, un rituale natalizio (2013), in Romania e nella Repubblica di Moldova, la danza dei ragazzi (dal 2015), l’Artigianato tradizionale dei tappeti murali in Romania e nella Repubblica della Moldova, le Pratiche culturali associate al 1º marzo (2017) – il Mărțișor, in Romania, Repubblica Moldova, Bulgaria e nell’ex Repubblica Jugoslava della Macedonia, l’arte della camicetta tradizionale con ricamo sulla spalla (altiţă), un elemento di identità culturale in Romania e Moldova (2022), nonché le tradizioni di allevamento del lipizzano, in Romania, Austria, Bosnia ed Erzegovina, Croazia, Italia, Slovacchia, Slovenia e Ungheria.

    Anche se il nostro Paese sembra sia messo bene per quanto riguarda la conservazione degli elementi della tradizione popolare, coloro che riescono veramente a tramandare i mestieri tradizionali sono pochi. Presso la Scuola Popolare d’Arte „Constantin Brâncuşi” di Târgu Jiu, due artigiani insegnano a classi specializzate nella lavorazione del legno e della ceramica e hanno condiviso con noi le loro esperienze. Marin Daniel Preduț, formatore presso la Scuola Popolare d’Arte, specializzato nell’Arte del legno, ci ha raccontato: “Questa passione mi è venuta circa 3 anni fa. Sono stato all’estero per 8 anni e, quando sono rientrato nel Paese a causa della pandemia, ho aperto un piccolo atelier di falegnameria. Ho voluto provare a mettere su un piccolo affare durante la crisi. Finora sono soddisfatto dello sviluppo: oltre alle icone scolpite nel legno e ai vassoi, costruisco anche capanne, gazebi e altalene. Sono per lo più acquistati da persone che amano davvero il legno.”

    Il nostro interlocutore ci ha detto che per scolpire un’icona ci vogliono dai 20 minuti a un’ora, ma poi viene dipinta, cosa che richiede molto più tempo, poiché viene applicato uno strato di sostanza tradizionale, “segreta”, dopodiché si applica la lacca. Per quanto riguarda le capanne in legno, ho scoperto che una casa semplice, di un solo piano, può essere realizzata in un massimo di 7 giorni lavorativi. Forse vi chiedete quale sia stato il lavoro più complesso eseguito finora. Marin Daniel Preduț: “Abbiamo costruito un parco da fondi europei, presso un agriturismo, un grande complesso contenente circa cinque piccole chalet, un grande gazebo, forno, sauna, un lavoro che è durato circa sei mesi.”

    Marian Măgureanu, insegnante presso la Scuola Popolare d’Arte “Constantin Brâncuşi”, ha avviato il circolo della ceramica presso il Liceo Tudor Vladimirescu e ci ha raccontato la sua storia: “Ho iniziato con la ceramica, una tecnica neolitica, modellata a mano. Cerco di raccontare loro qualcosa su come vivevano i loro nonni, bisnonni, perché sono molto giovani, molti di loro non hanno nemmeno visto una saliera o una brocca, glieli ho fatti vedere e loro hanno guardato. Molto raramente alcuni che hanno passato un po’ di tempo in campagna sanno qualcosa. Quando vengono lì per piacere e tornano nel giro di un anno, significa che gli è piaciuto, si sono sentiti bene, vengono per rilassarsi, per tornare a casa felici. Io consiglio loro di fare i compiti con più energia, con più piacere. A volte esclamano, come per esempio quando ho fatto vedere loro la brocca con manico e orificio per bere. A loro è sembrata una grandissima innovazione!”

    Marian Măgureanu è andato più nel dettaglio, spiegando dove si procura l’argilla: “Tradizionalmente, la gente scavava per ottenerla in vari luoghi di cui era a conoscenza, manteneva il segreto di quel luogo e la lavorava più volte nel corso di un anno. Doveva stare fuori a congelarsi sotto una tettoia, la portavano in casa, la tagliavano con un coltello, più volte, la calpestavano, aggiungevano dell’acqua. Alla fine preparavano qualcosa come le torte che tenevano avvolte in qualcosa per non disidratarsi. Adesso compriamo da varie fabbriche di refrattari, ci sono diversi commercianti, cerchiamo di trovare la fonte migliore. Dopo la modellazione, rimane ad asciugare per un determinato periodo in uno spazio non esposto al sole, deve asciugare lentamente, altrimenti si disidrata improvvisamente e si spezza. Ma ancora non abbiamo il forno, ora non possiamo più bruciare nel forno tradizionale, che gli artigiani ceramisti di una volta avevano, non avremmo il posto dove costruirlo e alcun modo per usarlo. Ci sarebbe utile avere un forno elettrico di cui sono dotate le officine più grandi, noi ancora non ce l’abbiamo. Attraverso i nostri colleghi cerchiamo di trovare qualcuno che abbia un forno elettrico o un artigiano di una zona vicina che usi il forno e ogni tanto bruciamo lì gli oggetti.”

    Un grande entusiasmo mantiene questi artigiani legati alla loro attività di tramandare alle generazioni più giovani le tecniche acquisite dagli anziani e si auspica una più efficace conservazione di questi mestieri.