Category: Incontro con la Romania

  • Zig-Zag alla scoperta della Romania

    Zig-Zag alla scoperta della Romania

    Sono giovani e adorano il proprio Paese. Per meglio conoscere la Romania, hanno fatto delle gite uno vero e proprio stile di vita. Le esperienze raccolte sono diventate materiali per la promozione turistica delle varie regioni attraversate. I promotori del progetto sono Cosmina Carmen e Marian Oancea, responsabile del progetto e presidente dell’Associazione Zig Zag attraverso la Romania. Marian ha raccontato la storia del progetto a Radio Romania Internazionale.

    Zig Zag attraverso la Romania è un progetto lanciato nel 2014, che vuole promuovere il nostro Paese. Siamo partiti come una squadra di giovani entusiasti e coraggiosi. Praticamente, visitiamo ogni provincia per poi mettere in evidenza tutto il suo patrimonio e le sue bellezze. Ci soffermiamo per una quarantina di giorni, mediamente, in ogni singola provincia, dove realizziamo anche i contenuti promozionali – foto, articoli, video di presentazione – che poi distribuiamo online, per renderlo facile da usare anche dagli altri. Quindi, uno stile di vita diverso, abbiamo conosciuto la gente del posto con le proprie storie ed esperienze, il che ci ha fatto innamorare ancora di più di questo bellissimo paese, spiega Marian.

    Da parte sua, Cosmina ci ha descritto concretamente come si svolge una tappa del progetto. Passiamo quasi 40 giorni in ogni singola provincia. Prima di arrivarci, contattiamo i centri informazione turistica e altre persone o strutture attive in questo campo, che gentilmente ci presentano un’immagine complessiva degli aspetti più interessanti da mettere in evidenza. Puntiamo in particolare sugli obiettivi turistici meno conosciuti e visitati, che presentiamo poi sul nostro blog. Ci fermiamo per 3-4 giorni in ogni area della provincia, a seconda del potenziale turistico, dice Cosmina.

    E così hanno già visitato 36 province, già raccontate online. Naturalmente, il contenuto va sempre aggiornato, per cui il progetto non arriva mai alla fine, come ci ha detto Marian. Oltre all’ambiente online, che ora stiamo cercando di aggiornare e arricchire il più possibile, di modo che sia accessibile a tutti i tipi di utenti, cercheremo di creare anche una piattaforma in grado di personalizzare tutti i nostri consigli di viaggio, su gruppi target molto specifici. In questo modo, i visitatori del nostro blog non perderanno tempo e sapranno esattamente cosa scegliere da visitare. Finora abbiamo visitato più di 2-3.000 attrattive turistiche. Veramente, non ti basta una vita per visitarle, quindi sarebbe utile che qualcuno ti aiutasse a selezionarle prima di metterti in cammino, aggiunge Cosmin.

    I giovani dell’Associazione Zig Zag adorano davvero la Romania. Prima di tutto, non hai nemmeno bisogno di una mappa per vedere le cose belle della Romania. L’unica cosa che devi fare è aprire gli occhi e goderti ciò che c’è intorno e persino metterti al posto degli abitanti del posto, parlare con loro, rilassarti e iniziare ad apprezzare tutte le cose belle che ti circondano. Perchè la più grande sfida per noi e per la gente, in generale, è mantenere questa vibrazione positiva e vedere queste cose meravigliose. La massima soddisfazione è che siamo riusciti a fare questo viaggio con i nostri amici e ci siamo sentiti a nostro agio in tutte le province, aggiunge Cosmin. Quindi, una spinta a conoscere meglio la Romania e andare a scoprirla con entusiasmo!

  • Il Cenacolo PLANETAR

    Il Cenacolo PLANETAR

    Creato nel 1992 a Bucarest, il Cenacolo PLANETAR (Planetario) si è articolato come un autentico vivaio di importanti scrittori romeni di fantascienza. Per più di dieci anni, lo scrittore Constantin Pavel incontrava ogni settimana appassionati di fantascienza e scienza, tra cui Traian Bădulescu, Codru Păun, Răzvan Vârlan, Andrei Ionescu, Cătălin Ştefan, Liviu Surugiu e tanti altri. Il Cenacolo PLANETAR fu, quindi, un’autentica scuola di formazione e aggiornamento per molti scrittori, scienziati, giornalisti e artisti grafici riconosciuti a livello nazionale e internazionale.

    Dopo aver funzionato per oltre dieci anni presso l’Osservatorio Astronomico Ammiraglio Vasile Urseanu di Bucarest, il Cenacolo PLANETAR è stato rilanciato di recente, alla presenza di Constantin Pavel, Traian Badulescu e Liviu Surugiu. Lo scrittore Constantin Pavel ha spiegato come gli è venuto in mente il nome del cenacolo.

    L’idea è nata giocando con i mattoncini Lego regalati da un mio zio aviatore. In quel gioco, alcuni astronauti avevano una bandiera sulla quale erano raffigurati il pianeta e una freccia che rappresenta la traiettoria di una nave che lascia la terra. Così è nata l’idea di aprire un Cenacolo Planetario che ha generato persone veramente fantastiche, per cui sono molto felice. Invece, quello che vogliamo fare d’ora in avanti sarà un po’ diverso da quanto facevamo allora, mantenendo, però, la stessa linea. Sarà un centro in cui creeremo letteratura, in cui cresceremo imparando gli uni dagli altri, e dove avremo l’opportunità di incontrare scrittori. Inoltre, visto che siamo una struttura centrale, ognuno di noi si prenderà cura anche di satelliti che intendiamo diramare in alcune scuole. La gente è aperta e ci aspetta, spiega Constantin Pavel.

    Tempo fa, all’età di 15 anni, Traian Bădulescu ha trovato al cenacolo un ambiente adatto alla sua formazione. Sono davvero contento che il Cenacolo PLANETAR sia rilanciato. Quando ci siamo incontrati per la prima volta nel 1992, non penso fossimo stati più di una ventina di persone. Era un momento in cui era più facile stare in compagnia, la gente non aveva Internet o telefonini. Quindi, una grande effervescenza di cui all’inizio non ce ne siamo nemmeno resi conto. Il Cenacolo PLANETAR ha cambiato completamente la mia vita. Non si siamo limitati solamente alla fantascienza. In fin dei conti, era un cenacolo culturale, un cenacolo d’avanguardia. E ci ha aiutato molto nella vita. Ricordo che nel 1991, attraverso un compagno di classe del liceo, venni a Sala Dalles, dove Mihai Bădescu e Alexandru Mironov presentavano ogni domenica un film di fantascienza e poi se ne discuteva a lungo. L’ho trovato molto interessante. Prima stavo ancora flirtando con la scrittura, ma poi ho iniziato a scrivere davvero, ricorda Traian Bădulescu.

    Un altro riferimento del cenacolo è Liviu Surugiu, che ha debuttato come scrittore di fantascienza nel 1994. Ha vinto molti premi e Pulsar, il suo più recente volume, ha raggiunto già 6.000 lettori. Sempre Liviu Surugiu ha recato un importante contributo alla prima collana di fantascienza. Guardo al futuro con coraggio, vivremo a lungo e bene. Dovremmo identificare i bisogni di coloro che verranno a trovarci o che non sanno se verranno o meno, cercando di attirarli. Per esempio, se sento la lettera A, mi viene in mente la parola arici (porcospino in romeno), in quanto nei quadrati del nostro abbecedario accanto alla lettera A era raffigurato un riccio. La lettera B era associata al pallone. Per me, il cenacolo Planetar non va associato ad un’editrice, anche se è da lì che viene la sua forza. Per me, la cosa più importante è creare dei satelliti attorno a questo pianeta chiamato PLANETAR, ha concluso Liviu Surugiu.

    Il Cenacolo beneficia ugualmente di una biblioteca di libri rari, intitolata al suo donatore Ion Hobana, il grande scrittore romeno di fantascienza.

  • Il Museo d’Arte Popolare di Costanza

    Il Museo d’Arte Popolare di Costanza

    Un soggiorno sul litorale romeno del Mar Nero può diventare anche un affascinante viaggio alla scoperta delle tradizioni e delle usanze del Paese, con una visita al Museo d’Arte Popolare di Costanza. La mostra permanente a carattere nazionale presenta tutte le zone etnografiche della Romania: Transilvania, Moldavia, Valacchia, Oltenia, Dobrugea, nonchè i principali mestieri che definiscono la civiltà romena, spiega la museografa Ioana Tompe.

    Il Museo venne aperto nel 1971 con una prima mostra dedicata all’arte della Dobrugea. Siamo riusciti a raccogliere una collezione di reperti tipici di questa regione, della sua popolazione vissuta in riva al Danubio, a partire dai paesi vicini a Ostrov fino a Harsova, rispecchiando la multiculturalità della zona. Dopo la Dobrugea, l’attenzione è puntata anche sulle altre zone etnografiche del Paese, per cui abbiamo una collezione di vestiti popolari tipici per tutte le regioni. Vi si aggiungono arredi e tessuti provenienti da tutte queste aree, con le specificità di ciascuna presentate nella mostra permanente: tessuti di cotone, filo di seta, diversi panni, tovaglie o lenzuola. Il visitatore scopre ugualmente anche i gioielli e gli ornamenti che i romeni si mettevano una volta. Il pianoterra è dedicato alla mostra di icone contadine dipinte su vetro. Una collezione pregevolissima, proveniente dai grandi centri artigianali attivi dai tempi più remoti in Transilvania. Nel nostro museo, questo mestiere viene presentato attraverso la sua evoluzione cronologica e stilistica. Una sala è dedicata agli oggetti di culto, alle icone dipinte su legno dagli abitanti della Dobrugea, con le influenze arrivate dalla prossimità dal gruppo etnico dei lipovani, nel nord della regione, ma anche dalle icone greche, spiega Ioana Tompe.

    Anche l’edificio che custodisce il Museo d’Arte Popolare di Costanza vanta un notevole passato. Fu la prima sede del Comune di Costanza, eretta nel 1826 secondo i piani dell’architetto Ioan Socolescu, che ha progettato parecchi palazzi storici in stile neoromeno nell’intero Paese. Successivamente, diventò la sede del Palazzo delle Poste. Attualmente, il Museo d’Arte Popolare di Costanza organizza diversi eventi ogni anno, ad esempio la Fiera del Martisor, che segna l’inizio della primavera, o la Giornata della camicia tradizionale romena (la ie).

    Ioana Tompe ci svela i prossimi appuntamenti. Un fiera dedicata all’arte del vasaio a luglio, mentre ad agosto invitiamo il pubblico a scoprire la lavorazione artistica del legno e delle icone. Infine, a settembre avremo una fiera dedicata ai tessuti. Oltre ad acquistare tutti questi oggetti, i visitatori scoprono dal vivo come vengono prodotti. Tutti i dettagli sul nostro museo sono disponibili anche in un catalogo in romeno, inglese e francese. Abbiamo anche un negozio di oggetti tradizionali romeni, da noi ritenuti come particolarmente pregevoli. I turisti stranieri gradiscono le visite al nostro museo in quanto offre un’immagine complessiva sull’intera civiltà tradizionale romena. La Romania conserva ancora le testimonianze di una civiltà tradizionale in numerosi musei di alta tenuta. E i turisti che ci vengono a trovare sono contenti di scoprire oggetti ottimamente conservati, ampiamente presentati, conclude la rappresentante del Museo d’Arte Popolare di Costanza.

    Purtroppo, i centri artigianali sono scomparsi dalla Dobrugea, per cui, negli ultimi due anni, il Museo ha tentato di creare un piccolo gruppo di artigiani della regione – greci, turchi, tartari – impegnati nella conservazione dell’arte dei tessuti, spiega sempre Ioana Tompe.
    Rubrica realizzata con il sostegno del Dipartimento per le Relazioni Interetniche del Governo di Romania, attraverso il programma Diversità e patrimonio culturale rispecchiati nei media.

  • Ioana Corduneanu, fondatrice dell’Associazione “Simboli ricamati”

    Ioana Corduneanu, fondatrice dell’Associazione “Simboli ricamati”

    Camicie dritte, col collo arricciato e ricamate con motivi bellissimi. Questa la passione della signora Ioana Corduneanu, che si è ispirata a una simile tendenza del dopoguerra, quando le elite romene davano il tono e diventavano un modello ispiratore per gli sforzi di salvaguardia del costume tradizionale romeno, il cui fiore all’occhiello è la camicia tradizionale, ricamatissima, chiamata « ie ». Ioana Corduneanu ha fondato l’Associazione « Simboli ricamati », impegnata a illustrare e promuovere la cultura tradizionale e intangibile tramite esempi di camicie tradizionali e ricami tradizionali romeni, un linguaggio visivo universale, adoperato dalle donne per rispristinare l’ordine naturale del mondo e il loro posto in esso.



    È una fonte di saggezza che abbiamo ereditato di generazione in generazione ed è importante che la tramandiamo alle prossime generazioni, che la facciamo conoscere agli stranieri, perchè è un nostro contributo importante alla bellezza e alla ricchezza del mondo. Concretamente, cerchiamo di capire le vecchie camicie tradizionali romene e riprodurle, spiegandole, cosicchè un numero quanto maggiore di donne imparino l’arte del cucire e meditino al significato dei simboli sulle nostre camicie tradizionali», raccontaIoana Corduneanu.




    Abbiamo chiesto a Ioana Corduneanu se c’è ancora l’usanza di ricamare camicie tradizionali in Romania. Si’, se si sa come promuovere quest’arte, diventa forse il più bello e sano passatempo possibile, per una donna romena ai nostri giorni. Nel nostro gruppo dove si impara a ricamare le camicette tradizionali romene sono iscritte quasi 30 mila donne e il loro numero cresce ogni giorno. Si tratta anche di romene dall’estero. E molte, sono convinta, entrano sul nostro blog Simboli cuciti per imparare», ha dettoIoana Corduneanu a RRI.



    Abbiamo appreso che, a seconda della manualità della donna che cucisce e della complessità del modello, ricamare una camicetta tradizionale romena può durare tra un mese e un anno. Ioana Corduneanu ci ha raccontato come nasce una camicia tradizionale romena.



    Prima si innamorano di un modello, credo io, poi cercano di capire cosa rappresenti e se sia adatto per ciò che desiderano esprimere. Poi studiano le caratteristiche della zona e l’anzianità del modello, cercano i materiali adatti, fanno delle prove, dopodiche cominciano a creare la camicia, cominciano a ricamarla con vari motivi. Alla fine fanno il collo arricciato e la indossano belle e felici», ha spiegatoIoana Corduneanu.



    Dallo scorso giugno, l’Associazione « Simboli ricamati» è presente su Google Arts and Culture con la mostra « Indossare storie », con cui esplora l’arte della camicia tradizionale romena e racconta le storie ricamate su tela, decodificando ciascun colore e ciascun simbolo, nell’ambito di un viaggio al confine tra arte e tradizione.




  • Teatro radiofonico a scuola

    Teatro radiofonico a scuola

    Il teatro radiofonico romeno vanta una tradizione che va di pari passo con quella di Radio Romania. Poco dopo la prima trasmissione della radio pubblica, il 1 novembre 1928, il 18 febbraio dell’anno successivo veniva mandata in onda anche la prima pièce al microfono: Che ne sapeva il villaggio di V.Al.Jean, pseudonimo di Ion Alexandru Vasilescu, i cui protagonisti erano gli attori Maria Filotti e Romald Bulfinski del Teatro Nazionale di Bucarest. Fino all’introduzione del nastro, nel 1948, il teatro radiofonico andava in diretta. Nel quarto e nel quinto decennio, alcuni spettacoli venivano registrati sui dischi parallelamente alla diretta, una consuetudine anche per altri programmi, soprattutto culturali. Purtroppo, pochissimi dischi incisi di teatro radiofonico si sono conservati fino ai nostri giorni. Il più vecchio simile spettacolo registrato sul nastro – Hagi Tudose, tratto dall’omonima novella di Barbu Stefanescu Delavrancea, con la regia di Ion Sahighian e con Nicolae Baltateanu nei panni del protagonista, risale al 25 marzo 1951.

    Eppure, il teatro radiofonico è sempre giovane e si sta avvicinando sempre di più ai giovani tramite varie iniziative. Abbiamo lanciato l’Ora di teatro radiofonico a scuola, proprio per attirare il pubblico giovane, dopo Radio Fiction Desk nei licei di Bucarest. Questa volta, portiamo un’audizione nelle scuole elementari. Abbiamo pensaro a Miti e leggende. Gli dei dell’Olimpo, con la sceneggiatura di Sanda Socoliuc e la regia di Vasile Manta. Praticamente, raccontiamo agli alunni come si fa una produzione di teatro radiofonico, accanto ad un attore-ospite. Il primo è stato Mircea Constantinescu, seguito ad aprile da Anne Marie Ziegler. Hanno raccontato ai ragazzi cosa significa fare l’attore ed entrare nei panni di un personaggio ogni volta diverso, come si fa il teatro radiofonico e quanto lo amano, poichè questi attori dedicano tanto del loro cuore e delle proprie vite agli studi di Radio Romania, spiega la responsabile del progetto, Manuella Popescu, aggiungendo che l’idea di teatro radiofonico non era troppo conosciuta dai ragazzi.

    Proprio per questo motivo abbiamo pensato di rivolgerci alle classe elementari, al fine di attirarli come pubblico nel futuro. E’ questa l’idea. In tanti vanno al teatro, il che è un fatto estremamente positivo. Noi portiamo un teatro in cui, per mezz’ora, ogni alunno immagina Giove, Atene o Prometeo e si affonda nella loro storia, insieme a noi. L’audizione si conclude con un miniconcorso, al quale – finora – tutti volevano rispondere, dice Manuella Popescu. Organizzato in partenariato con l’Ispettorato Scolastico di Bucarest, il progetto si propone, per ora, di arrivare in sette scuole. Noi, come radio, andiamo lì, e, insieme all’attore invitato, lanciamo un dibattito sulla storia del teatro radiofonico, sullo spettacolo che ascolteranno per mezz’oretta, non di più, poichè i bambini sono impazienti. E l’incontro si conclude con il miniconcorso, quindi tutto si fa nel giro di un’ora, aggiunge Manuella Popescu. Un’iniziativa ottimamente accolta dagli alunni, che hanno modo di scoprire la specificità del teatro radiofonico, conclude la responsabile del progetto.

  • UAT’s next?

    UAT’s next?

    L’Università di Belle Arti di Targu Mures (UAT), capoluogo della provincia di Mures, sta svolgendo un progetto volto a offrire ai suoi laureati maggiori chance di integrarsi sul mercato del lavoro. UAT’s next? facilita le attività di insegnamento nell’ambiente lavorativo nazionale ed europeo. Abbiamo voluto organizzare degli stage per gli studenti, facilitando a 100 studenti delle Facoltà di Belle Arti in lingua romena e ungherese l’opportunità di fare pratica in varie istituzioni, in teatri, radio, televisioni e mettersi in contatto con la gente che lavora lì, al fine di meglio prepararsi per il mercato del lavoro. Mica siamo una fabbrica di lauree, siamo un’università che si prende cura del percorso professionale dei suoi studenti. Perciò, era importante metterli in contatto con l’ambiente lavorativo nazionale ed europeo, spiega il manager del progetto, Eugen Pasareanu.

    Gli stage proposti dal progetto UAT’s next? hanno interessato soprattutto i laureandi e i masterandi delle 15 specializzazioni dell’università, accolti dal Teatro Nottara di Bucarest, partner del progetto, il Teatro Nazionale di Targu Mures, il Palazzo dei Bambini della città, nonche le sedi regionali di Radio Romania e della tv pubblica (TVR) di Targu Mures.

    Molte di queste istituzioni sono partner tradizionali dell’UAT. Grazie a questo progetto, abbiamo individuato il contesto favorevole a questo rapporto tra i nostri studenti e i professionisti che lavorano nelle rispettive istituzioni. Anche nel passato abbiamo organizzato degli stage, ma non di questa portata. Ora sono più strutturati proprio perchè abbiamo preso lo spunto dall’idea che, al termine di questi stage, una parte dei nostri studenti andrà a lavorare in queste istituzioni, aggiunge il nostro interlocutore.

    I partecipanti al progetto hanno presentato il lavoro svolto lungo un mese ai colleghi, al pubblico, ma anche a una giuria di 35 professionisti delle arti dello spettacolo – direttori di teatri, registi, attori, giornalisti, durante un festival svoltosi a fine marzo. La giuria, di cui hanno fatto parte anche l’attrice Coca Bloos e il direttore di scena Victor Ioan Frunza, ha selezionato 15 studenti e masterandi che parteciperanno a stage di sei mesi nell’UE, precisamente in Ungheria e Italia.

    I nostri partner in questi Paesi sono il Teatro Orkeny di Budapest, l’Accademia di Romania in Roma e il Centro Diego Fabbri di Forlì. Con i colleghi di Forlì, abbiamo lavorato in precedenza al nostro progetto Popdrama, uno dei primi finanziati dall’UE per l’UAT. Cosicchè ora abbiamo proposto un nuovo tipo di collaborazione, grazie alla quale i nostri studenti andranno a vedere come si lavora in un teatro italiano. Per la Festa dell’Europa, parteciperanno ad un evento di portata a Forlì, in cui ogni Paese invitato nell’ambito del progetto del Centro Diego Fabbri avrà il proprio stand e materiali promozionali sull’università e lo Stato di provenienza, conclude il manager del progetto, Eugen Pasareanu.

    UAT’s next? è un progetto cofinanziato dal Fondo Sociale Europeo attraverso il Programma Operativo Capitale Umano 2014-2020.

  • Planetario a Brasov

    Planetario a Brasov

    A partire dal mese di aprile, l’inaugurazione del Planetario allo Zoo della città romena di Brasov, aiuterà il pubblico ad arricchire le conoscenze di geografia, meteorologia, astronomia o biologia. Lo scorso anno ha portato nella città della Romania centrale tante novità sotto questo profilo: una piccola Antartide, con pinguini e foche, l’avvio dei lavori ai ripari per zebre e uccelli esotici, e persino a una casa degli insetti. Ora tutti gli occhi sono puntati sul più grande planetario di Romania, spiega il direttore dello Zoo di Brasov, Alin Pinzaru. L’idea è nata qualche anno fa, con la modernizzazione dello zoo, nel 2012. L’attività del planetario potrà andare molto bene insieme a quella del planetario, dato che organizzeremo degli spettacoli per i bambini, che avranno come tema le piante e gli animali, cosicchè potremo sviluppare alla meglio questo tipo di attività educativa, dice il direttore.

    Al planetario saranno proiettati dei filmati di varie categoria – geografia, meteorologia, astronomia o biologia. Tramite spettacoli dalla durata di 30-40 minuti, il pubblico potrà viaggiare negli angoli più remoti del mondo, su tutti i pianeti del sistema solare. Ci proponiamo di acquistare parecchi tipi di spettacoli dedicati sia ai bambini in età tra i 4 e i 6 anni, ma anche più grandi. Certamente, pensiamo anche a lezioni interattive di astronomia, che consentiranno ai piccoli di scoprire tante cose interessanti. Lo spazio potrà anche essere affittato dalle compagnie interessate a lanciare vario prodotti, quindi c’è grande potenziale, conclude Alin Pinzaru.

  • Alpin Film Festival – rassegna di cinema di montagna

    Alpin Film Festival – rassegna di cinema di montagna

    Il film Free Solo di Jimmy Chin ed Elizabeth Chai Vasarhelyi che documenta la salita senza corda del climber Alex Honnold sulla parete El Capitan a Yosemite, negli USA, sembra aver ispirato anche la recente Rassegna di cinema di montagna, svoltasi tra fine febbraio e i primi di marzo in Romania. Brasov, Predeal e Busteni hanno ospitato la quarta edizione dell’unico festival di cultura e educazione montana in Romania. Alpin Film Festival si propone di promuovere la civiltà montana, con tutti i suoi valori turistici, ecologici, economici, educativi e sportivi.

    Credo che, alla luce del suo fascino, la montagna abbia bisogno di un simile evento culturale ed educativo. Ogni fine settimana, la gente che la ama ci va sempre. C’è un detto che a me piace tanto: andare in montagna è come andare a casa. Ed è proprio da qui che abbiamo preso lo spunto quando abbiamo deciso di dare il via a questo festival, che non significa solo cinema, ma anche libri, fotografie, gare sportive, insomma cultura ed educazione montana in tutta la sua complessità, spiega il direttore artistico del Festival, Dan Burlacu, ricordando che la rassegna è stata aperta dal documentario Free Solo, che quest’anno si è aggiudicato il premio Oscar di questa categoria e che ha riscosso un enorme successo anche nell’aula magna dell’Università di Brasov.

    Il festival ha portato tante altre attrattive. Una settimana piena di proiezioni particolarmente interessanti romene e straniere. La gara romena è stata seguita da un numeroso pubblico, il che ci ha accontentati tantissimo, in quanto vogliamo sviluppare questo tipo di produzione anche in Romania. Era tutto esaurito alle tre proiezioni della pellicola Parchi americani di Dan Dinu e Cosmin Dumitrache, che ha riscosso un grande successo a Brasov, dove è stata presentata in prima. Inoltre, fino a fine marzo a Piazza del Consiglio (Piata Sfatului) è aperta la mostra fotografica La foresta. Abbiamo inoltre organizzato un dibattito interessante su Cinema e natura, moderato dal critico cinematografico Irina Margareta-Nistor, con ospiti di Spagna, Italia, Francia, che hanno parlato della promozione delle aree di montagna, dei parchi naturali e di altri valori ecologici della natura attraverso le immagini. E’ stato un evento di successo. Nell’ambito del Gran Galà del Cinema Romeno, sono stati conferiti i riconoscimenti all’Atleta dell’Anno, al Maestro dello Sport al miglior alpinista in Romania e, per la prima volta, abbiamo assegnato dei premi anche per corse montane, parapendio e orientamento sportivo, aggiunge Dan Burlacu.

    In tanti gli ospiti dal Paese e dall’estero. Un evento complesso, siamo molto felici che la gente comincia a partecipare in gran numero al nostro festival. Siamo stati onorati dalla presenza di Aldo Audisio, già direttore del Museo Nazionale della Montagna di Torino e membro nel Comitato direttivo dell’Alliance for Mountain Film Festival, il direttore della Cinémathèque francese di montagna, Michel Zalio, guida e ottimo regista, un alpino francese, giunto da Chamonix per spiegare come vanno le cose sul Monte Bianco, insomma tutti eventi che hanno raccolto un numeroso pubblico. Meraviglie anche per i piccoli: il noto esploratore e speleologo romeno Cristian Lascu ha tenuto una conferenza dedicata al famoso scienziato Emil Racovita. Quindi, un’edizione di successo e credo che la rassegna si sia aggiudicata il suo posto sulla mappa degli eventi del genere, ha concluso il direttore artistico del Festival, Dan Burlacu.

    L’agenda del Festival ha incluso anche la Giornata dell’Alpinismo a Busteni, la Coppa delle scuole di sci e tante altre gare. Ovviamente, non potevano mancare gli eventi gastronomici, all’insegna della Cucina della Montagna.

  • L’usanza primaverile del Martisor

    L’usanza primaverile del Martisor

    Una delle più amate tradizioni in Romania, ma anche nello spazio balcanico, è quella del Martisor: un amuleto portafortuna legato da un filo bianco intrecciato a uno rosso, offerto alle donne all’inizio di questa bella stagione. Nel passato, questo simbolo della rinascita e della vitalità era legato anche ad un antico rito della fertilità. Il nome deriva dal diminutivo del mese di marzo, che in romeno si chiama martie. Però, col tempo, questo simbolo ha acquisito una forte dimensione commerciale, soprattutto negli ambienti urbani. La cosa importante è che il Martisor resiste anche nella modernità.

    Sabina Ispas, direttrice dell’Istituto di Etnografia e Folclore Constantin Brăiloiu di Bucarest, spiega il suo significato. E’ una delle più vecchie e belle usanze conservate nella cultura popolare romena. Le sue radici risalgono all’antichità. Martisor deriva da Martius, il nome latino del dio Marte. E’, nel contempo, il nome di un cordoncino di due fili intrecciati, rosso e bianco, molto raramente azzurro e bianco o nero e bianco, che porta fortuna. Cordoncino che era fatto dalle donne anziane della casa, per essere legato al polso, alla caviglia, a volte sopra le anche, oppure attorno alla vite. Lo portavano anche i giovani, le ragazze o le giovani spose, ma veniva messo anche al bestiame, soprattutto agli agnelli, ai vitelli, ai cavalli. Più tardi, al martisor si aggiunse una moneta bucata, che poteva essere, a seconda della posizione sociale di chi la portava, di oro, argento o rame. Il martisor, diventato un ciondolo portafortuna, veniva portato un certo numero di giorni: o nove giorni, oppure tutto il mese di marzo, finquando fioriva il primo albero da frutta. Il martisor veniva legato ai rami del rispettivo albero, gesto accompagnato da un incantensimo per la salute e la bellezza, spiega Sabina Ispas.

    Che sia legato a monetine o ad altri piccoli simboli della primavera e della fortuna, il martisor ha sempre richiamato la protezione. In particolare nelle città, la monetina ha assunto varie forme per diventare, nell’ultimo secolo, gli amuleti che vediamo oggi in vendita. Il martisor significa salute, vita, purezza. All’inizio della primavera, quando l’intera natura comincia a risvegliarsi ed è in piena effervescenza, questo cordoncino bianco-rosso era volto a proteggere e ad assicurare la vitalità. La tradizione di per sè, ma soprattutto la sua rappresentazione tramite questo filo intrecciato, è forse la più profonda forma di unità dei regni esistenti. Il martisor unisce, sia che lo porta l’uomo, la pianta, l’animale, o se viene buttato nelle fontane o sui campi coltivati, conclude Sabina Ispas.

    Il martisor si teneva addosso fino all’arrivo di una delle feste di primavera – i 40 Martiri di Sebaste, la Domenica delle Palme o la Pasqua, oppure finchè i primi alberi fiorivano. In certe zone del Paese, i bambini lo tenevano fino al ritorno degli uccelli migratori.

  • SlanaFest: Sagra del lardo a Cluj

    SlanaFest: Sagra del lardo a Cluj

    Anche i prodotti tradizionali romeni hanno le proprie sagre e feste e il mese di febbraio ne ha viste tante dedicate soprattutto al lardo. Oltre alle ricette tipiche, spiccano sempre i prodotti che esprimono la creatività degli chef. Nella prima settimana di febbraio, la città di Cluj, che ha ospitato la quarta edizione di SlanaFest – la Sagra del lardo (chiamato in romeno slana/slanina), ha attirato tanta gente curiosa di assaggiare sfogliata al lardo e mozzarella, éclair alla crema di ciccioli o caramelle al cioccolato, chili e lardo.

    Momento anche per mettere in risalto quanto sia importante l’allevamento dei maiali esclusivamente a base di cereali e foraggi. Tra i 18 concorrenti, Ionut Mangu ha abbinato il lardo a rapano, barbabietola e crema di peperoni, aggiungendo persino un pizzico di oro da 24 carati. Il più saporito lardo è quello che, prima di essere affumicato, viene immerso per qualche giorno nella salamoia in cui viene conservata la verza durante l’inverno.

    Ho preparato lardo alla paprika, alla salsa all’aglio ed erba cipollina, al coriandolo e cumino, ma anche solo affumicato, ha detto a Radio Romania Internazionale chef Radu Garba, una presenza attiva in queste sagre. Ha invitato il pubblico a godersi anche una squisitissima sfogliata al prosciutto, caciocavallo e lardo. Come dolce, ho pensato all’éclair ripieno di crema di ciccioli o di purea di fagioli e pancetta, ma anche caramelle al cioccolato, chili e lardo, aggiunge Radu.

    Un’altra squadra di cuochi ha portato a Cluj una casetta costruita da lardo di Mangalita e prosciutto, che imita l’architettura tradizionale romena. Tra i concorrenti si sono annoverate anche persone che preparano la carne suina nelle proprie case, senza farne un affare, ma solo per tramandare la tradizione alle prossime generazioni. La sagra ha offerto alla gente anche la possibilità di stare insieme e scambiare delle ricette.

    Anche se ora si parla più che mai di alimentazione sana e senza grassi, un pezzetto di lardo non farà mai male a nessuno, assicura chef Radu Garba. Il lardo è un saporitissimo prodotto di base, che tutti mangiano. Sicuramente, un pezzetto che vizia il palato ogni tanto, non farà mai male, conclude il noto chef romeno.

  • Le ceramiche di Horezu

    Le ceramiche di Horezu

    Nella regione centro-occidentale della Romania, nota anche come l’Oltenia del nord, lungo la storia si è sviluppata una civiltà rurale del tutto particolare, in cui spicca il mestiere del vasaio, tramandato fino ai nostri giorni. Il più noto centro di ceramiche artigianali è quello di Horezu, con i villaggio circostanti.

    La fama delle ceramiche di Horezu ha superato i confini della Romania. I piatti, le scodelle, le brocche o le giare su cui è sempre raffigurato il gallo di Horezu – il simbolo tipico – si ritrovano oggi nei ristoranti tipici romeni, nelle case dei collezionisti romeni e stranieri, ma anche nelle cucine normali. Inoltre, le stesse ceramiche hanno trasformato Horezu in una destinazione turistica. I vasai appartengono a un gruppo di famiglie che vivono nel paesino di Olari, una sorta di sobborgo di Horezu.

    E sempre lì vive e lavora anche Viorel Tanasescu, il presidente dell’Associazione degli artigiani ceramisti Il Gallo di Hurez. La sua famiglia ha abbracciato questo mestiere tre generazioni addietro, e Viorel Tananescu l’ha imparato dai nonni. Era normale che l’arte del vasaio fiorisse a Horezu, grazie alla qualità del suolo che contiene tutto quanto è necessario per offrire ottime ceramiche, spiega Viorel Tanasescu.

    Siccome tutte le risorse si trovavano qui, era la cosa migliore per la nostra località. E parlo dell’argilla e dei colori che ci offre sempre la terra. L’80% di queste risorse proviene dal suolo. Il blu e il verde sono gli unici colori che non si trovano da noi. Ma tutti gli altri – il bianco, il nero e quel rosso tipico – provengono dal suolo. Quindi, la zona ci ha consentito di rimanervi e lavorarvi. Il verde proviene dal rame cremato nel forno in cui vengono essicati anche gli oggetti. Dopo la cremazione, il rame diventa una polvere che viene mescolata con acqua e macinata nei mulini speciali, adoperati anche per le vernici. Acquistiamo il colore blu soprattutto da Corund, in provincia di Harghita. Il serpente, il gallo, l’abete, i bucaneve, il foglio, il Sole, la stella, la spiga e la spirale sono simboli comuni. Ma, ovviamente, ogni artigiano ha il proprio stile. Esiste anche uno stile tipico al regno del principe Constantin Brancoveanu, che viene tramandato da una generazione all’altra, spiega Viorel Tanasescu.

    Anche il Gallo di Horezu, il più celebre simbolo, ha la sua storia. Nei primi anni ’70, Victor Vicsoreanu fu il primo artigiano di Horezu a dipingerlo sui piatti. Era stato svegliato in una mattinata presto dal canto del gallo, che gli aveva dato fastidio. E allora, come ci raccontava il signor Vicsoreanu stesso, ha deciso di sistemarlo per bene su un piatto, per tenerlo sempre sotto gli occhi. Cosi è nato il Gallo di Horezu, aggiunge Viorel Tanasescu.

    La celebrità acquisita lungo il tempo dalle ceramiche di Horezu non ha portato, però, solo dei vantaggi. Il centro della località si è riempito non di prodotti autentici lavorati dai vasai della zona, bensì di oggetti contraffatti e senza valore. Cosicchè le ceramiche di Horezu sono ormai in minoranza.

    Portano oggetti dalla Bulgaria e, di recente, ho capito che anche dalla Turchia. Da noi sono rimaste solo sette famiglie che producono esclusivamente ceramiche autentiche di Horezu. Le autorità non fanno nulla per aiutarci e non prendono alcuna misura contro questa invasione. La cosa peggiore è che il nome Horezu appare scritto sulla roba importata. Hanno ordinato dalla Bulgaria delle ceramiche con la scritta Horezu. E alcuni turisti le ritengono autentiche, conclude Viorel Tanasescu, il presidente dell’Associazione degli artigiani ceramisti Il Gallo di Hurez.

    Eppure, la gente che apprezza le ceramiche sa identificare i vasi di Horezu, acquistandoli direttamente dai produttori oppure ordinandoli persino da grandi distanze – ad esempio dalla Germania o dalla Spagna.

  • Un museo del cioccolato a Bucarest

    Un museo del cioccolato a Bucarest

    La raffinatezza del cioccolato e la creatività dei pasticcieri: questi gli ingredienti che stanno alla base di squisitissime opere d’arte, riunite in un museo a Bucarest. Radio Romania Internazionale è andata a scoprirlo ed è stata accolta dal suo direttore, Augustin Plesa.

    L’idea non è originale. Quattro anni fa, sono andato insieme alla moglie in un city-break a Dublino, dove abbiamo scoperto il Museo del cioccolato. Poi, abbiamo visitato anche quello di Vienna, che si trova proprio accanto all’azienda produttrice. Nel nostro museo, i visitatori possono scoprire tutta la storia di questo dolce saporito guardando un filmato di sei minuti: come si beveva il cacao per centinaia di anni nel Sudamerica, con informazioni sugli aztechi e sui maya, per ricordare poi Cortez, che ha portato il cioccolato alla corte del re di Spagna. Abbiamo anche una pianta plastica di albero di cacao, e campioni di semi. Abbiamo scolpito delle statue in cioccolato raffiguranti indigeni del Sudamerica e gli attrezzi che adoperavano nella raccolta. Abbiamo anche delle bilance e una macchina macinacacao. Ci siamo divertiti e abbiamo fatto tante statue, tra cui una raffigurante il sommo poeta Mihai Eminescu, replica della scultura di Jalea. Una volta visto il filmato e imparato come si fanno i cioccolatini, il palato dei visitatori è viziato alla fontana di cioccolato e nell’atelier, dove riceve in regalo una tavoletta e una penna di cioccolato bianco da regalare ai cari, spiega il direttore del museo, svelando che le statue sono, praticamente, delle plastiche rivestite di uno strato di cioccolato, il cui ambiente non deve superare la temperatura massima di 20 gradi, per evitare lo scioglimento.

    Come reagiscono i visitatori? Una visita dolce e gustosa e la reazione è di sorpresa, poichè molti, come me quattro anni fa, non sanno come viene prodotto il cacao in polvere, aggiunge il direttore, svelando anche i segreti che generano il prezioso dolce. Si tratta della giusta proporzione tra il burro di cacao e la polvere e della sua omogeneità. Esiste tutt’una tecnica del temperaggio, che facciamo vedere ai visitatori, che rende ancora più squisito il cioccolato, spiega ancora Augustin Plesa.

    Quello del cioccolato è un museo che vuole veramente diventare una delle attrattive della capitale romena.

  • Speciale WRD 2019: auguri dall’Accademia di Romania in Roma e Italradio

    Speciale WRD 2019: auguri dall’Accademia di Romania in Roma e Italradio

    LUNESCO ha proclamato il 13 febbraio come Giornata Mondiale della Radio, per celebrare questo mezzo di comunicazione e rafforzare la cooperazione internazionale tra le varie emittenti. Tutti i Paesi sono incoraggiati a festeggiare World Radio Day, che questanno celebra il dialogo, la tolleranza e la pace.



    La vicedirettrice responsabile per i programmi di promozione culturale dellAccademia di Romania, prof. associato dr. Oana Boşca-Mălin, ha rivolto un messaggio augurale a Radio Romania e alle emittenti dellintero mondo.



    Ricordando come, nellattuale contesto di enorme mutamento di tecnologie, la radio è un mezzo che resiste, Luigi Cobisi, responsabile Italradio, il portale della radiofonia internazionale in lingua italiana, ha sottolineato che la radio stessa può essere un laboratorio di tolleranza e dialogo.





  • Un teatro da Guinness dei Primati a Bucarest

    Un teatro da Guinness dei Primati a Bucarest

    Alla fine del 2018, il Teatro Excelsior di Bucarest è diventato il primo teatro di Romania inserito nel Guinness dei Primati, grazie alla più grande platea girevole del mondo, allestita per lo spettacolo Vlaicu Vodă, opera di Alexandru Davila. Praticamente, è stato ricostruito un villaggio medioevale, che ha ricreato in dettaglio l’affascinante atmosfera di 600 anni fa. Nove case, otto torri di difesa, quattro botteghe artigianali, un’osteria e una chiesa, centinaia di costumi e maschere popolari, decine di musicisti, accanto a contadini, guardie, cavalieri e artigiani, tutto per rifare l’atmosfera medioevale romena.

    Il direttore del Teatro Excelsior, Adrian Gazdaru, ha spiegato tutto a Radio Romania Internazionale. L’idea ha preso lo spunto dalla mia convinzione di non dover dimenticare, anzi di dover riportare alla contemporaneità le imprese dei nostri antenati. Così è nato lo spettacolo Vlaicu Vodă, messo in scena lo scorso agosto a Piazza della Costituzione. Mentre stavo ideando questo spettacolo, concepito come un villaggio medioevale con le sue tradizioni, mi sono accorto che, su una superficie grande di 4.000 mq, gli spettatori avrebbero dovuto spostarsi tra gli atti, per seguire la trama, il che sarebbe stato abbastanza scomodo, soprattutto per le persone anziane. E’ così è nata questa platea girevole – la più grande al mondo – ecco! – entrata poi nel Guinness dei Primati, ha detto Adrian Gazdaru.

    La platea pesava 45 tonnellate ed è stata trasportata in sei camion a piattaforma. E’ stata costruita in cinque settimane e montata in quattro giorni, aggiunge il direttore del teatro. Penso sia stato per la prima volta che un elemento di decoro venisse applaudito. All’inizio, quando entravano e scoprivano il villaggio medioevale, gli spettatori vedevano qualcosa di nuovo, mai visto nel bel mezzo di Bucarest. Si accomodavano e, passati i 15-20 minuti del primo atto, venivano trasportati alla scena dell’osteria, spiega ancora Adrian Gazdaru.

    I rappresentanti del Guinness dei Primati hanno omologato il record battuto dal Teatro Excelsior diventato, quindi, il primo in Romania a raggiungere una simile performance mondiale. Un riconoscimento tanto più importante in quanto lo spettacolo Vlaicu Vodă è stato dedicato al Centenario della Grande Unione della Romania, coinvolgendo l’impegno e la dedizione di oltre 700 artisti e tecnici. Accanto agli applausi del pubblico, era la massima soddisfazione che il Teatro Excelsior avesse potuto auspicare per un simile anniversario, ha detto ancora il suo direttore, Adrian Gazdaru.

  • Il campo degli iglù

    Il campo degli iglù

    Un sacco a pelo, una coperta termica, un tessuto di neoprene, una paletta, una decina di candele e vestiti caldi: sono gli ingredienti che vi garantiscono l’accesso in un campo di iglù in Romania, per imparare a costruirli, ma anche come sopravvivere a temperature estreme, e per promuovere la vita all’aperto. La prima iniziativa del genere è stata promossa un paio d’anni fa.

    Quest’anno ha raccolto 50 partecipanti, pronti ad affrontare il maltempo a Parang, nel cuore delle omonime montagne. Adi Cîmpeanu, che vive nella vicinissima città di Petrosani, ci ha raccontato come ha cominciato a costruire degli iglù in Romania.

    Nel 1996, sono entrato nella Legione straniera, in cui sono rimasto per cinque anni, fino al 2001. Ho fatto parte delle truppe montane di combattimento, cosicchè ho imparato a costruire un iglù tipo rifugio. Finita questa esperienza, mi son detto che andava replicata anche nella mia terra, a Parang, nell’area della Valle del Jiu. Tutto è cominciato come un gioco condiviso con un gruppo di amici. Mi hanno raggiunto 15 persone in questa impresa, che è stata un successo. Cosicchè quest’anno ho voluto un bis! Sono venuti in tanti, è stata una cosa meravigliosa, un successo totale, assicura Adi.

    Questa bella impresa è stata appoggiata anche dal Comune, che ha ammassato le montagne di neve con gli attrezzi speciali. Una trentina di partecipanti hanno anche dormito negli iglù. Quanti sono stati allestiti?

    Sette iglù con una capienza di quattro persone ciascuno. I letti devono distare 30-40 cm dall’ingresso, per mantenere una temperatura piacevole all’interno, generata dalle candele: 14 gradi dentro, mentre fuori ci si congelava a 24 sotto zero. La cosa importante è avere i sacchi a pelo, in cui ci dobbiamo infilare all’inizio vestiti e poi rimanendo solo in slip e maglietta – gli alpinisti e i soccoritori alpini lo sanno benissimo. Così, la temperatura del corpo rende ambientale anche l’interno del sacco a pelo, spiega Adi Cîmpeanu.

    Tutti i partecipanti sono rimasti affascinati: sono giunti da Cluj-Napoca, Bucarest, Costanza e altre città e regioni del Paese. Un’esperienza che il suo iniziatore vuole ancora ripetere!