Category: La società

  • I nuovi volti della Romania

    I nuovi volti della Romania

    In condizioni di crescita naturale negativa, con un invecchiamento sempre più accentuato della popolazione e un massiccio flusso di emigrazione, il mercato del lavoro in Romania si trova ad affrontare una carenza di lavoratori. Ecco perché negli ultimi anni per il Governo romeno la soluzione del problema legato alla carenza di risorse umane in alcuni settori di attività è stata una priorità. Questo spiega perché le strade della Romania, dai capoluoghi di regione alle piccole città di provincia, hanno un aspetto diverso oggi rispetto a qualche anno fa. Nelle pasticcerie, sulle biciclette che consegnano il cibo, nelle cucine dei ristoranti e nelle fabbriche di ogni tipo, ora lavorano persone provenienti da lontano, con le loro speranze riposte in Romania.

    Questo spiega perché in ciascuno degli ultimi tre anni – 2022, 2023 e 2024 – è stata approvata una quota di 100.000 visti di lavoro per lavoratori provenienti da paesi extraeuropei. Secondo i dati forniti dall’Ispettorato Generale per l’Immigrazione, nel 2023 sono stati rilasciati 101.253 permessi di lavoro a cittadini extra-Unione Europea, la maggior parte provenienti dal Nepal (oltre 23.000), dallo Sri Lanka (22.000), dal Bangladesh (18.000) e dal Pakistan (oltre 8.250). Gli stessi dati rivelano una significativa discrepanza di genere: quasi il 90% dei nuovi arrivati nel 2023 sono uomini. Alcuni dei principali settori di attività in cui sono assunti questi lavoratori sono il turismo e il settore della ristorazione, le fabbriche e i macchinari, l’edilizia, le pulizie.

    Altri dati hanno mostrato che il numero di permessi di lavoro concessi dalla Romania ai cittadini dello Sri Lanka rappresentava, nel 2022, oltre il 50% del numero totale di permessi concessi a questo paese in tutta l’Unione Europea.

    Tuttavia, non si può affrontare il tema dei lavoratori stranieri senza parlare del loro diritto a condizioni di lavoro eque e sicure che li proteggano da possibili abusi da parte dei datori di lavoro. Molti degli articoli di stampa e delle inchieste pubblicate di recente rivelano come le situazioni di vulnerabilità in cui si trovano queste persone – in un Paese di cui non conoscono la lingua e le leggi – le espongono a condizioni di sfruttamento, frode e ingresso illegale, spesso per motivi di cui non sono responsabili. Nella maggior parte dei casi, i cittadini stranieri pagano somme esorbitanti alle agenzie di collocamento intermediarie, che li lasciano con prestiti tra i 4.000 e i 10.000 euro, che intendono rimborsare a rate con lo stipendio riscosso in Romania. Quando viene loro chiesto come hanno ottenuto i prestiti, gli stranieri dicono di aver dato in pegno i gioielli di famiglia, di aver venduto terreni, di essersi rivolti alle banche o di aver dato in pegno documenti delle case e dei terreni in cui vivono le loro famiglie.

    Queste circostanze li pongono in rapporti di dipendenza nei confronti dei datori di lavoro romeni, che potrebbero violare i loro diritti fondamentali. Anatolie Coșciug, ricercatore e vicedirettore del Centro per lo studio comparativo delle migrazioni, parla dei casi di abuso, emersi da varie indagini : «Abbiamo provato a vedere se quei casi di abuso di cui abbiamo sentito parlare – anche in altre indagini, in altri rapporti – sono un’eccezione, sono casi isolati o una cosa sistematica; e se è una cosa sistematica, perché succede? E qui ci sono fattori legati alle politiche migratorie, alle politiche sociali in generale, quindi non solo alla migrazione, a come siamo organizzati come società. E questo rende gli immigrati e le persone che arrivano per lavoro ancora più vulnerabili. E per questo proponiamo un approccio centrato sui diritti umani. Questo è surreale, in qualche modo nessuno parla di loro, come di persone che hanno diritti, che sono vulnerabili, che devono essere protette in una certa misura. Ciò mi è sembrato assolutamente eccezionale – e nelle interviste con loro, nelle interviste con le ONG e nelle interviste con altre parti interessate – nessuno ha questa prospettiva sui diritti umani.”

    Alla domanda su quali siano i principali casi di abuso che ha scoperto, Anatolie Coșciug ha risposto: “Abbiamo provato a prendere tutti i diritti umani, le principali forme di diritti umani, vedere un po’ qual è la situazione per ciascuno di essi ed evidenziare casi specifici per ciascuno di essi. Ad esempio, abbiamo esaminato il diritto a un lavoro dignitoso, abbiamo esaminato il diritto alla casa, i diritti alla famiglia, tutto ciò che riguarda il diritto all’istruzione. Abbiamo quindi provato ad esaminarli tutti e, sorprendentemente o no, per ciascuno di questi diritti abbiamo trovato diversi casi che mostrano l’esistenza di qualche forma di violazione degli stessi. Alcuni più seri, come quello immobiliare, mi sembra una situazione piuttosto seria. La maggior parte afferma di vivere in condizioni di sovraffollamento, casi estremi di persone che non hanno accesso all’acqua, al cibo, che non corrisponde allo sforzo compiuto, ma anche casi in cui la frequenza o la gravità non è così grande, ma comunque i diritti vengono violati in una forma meno visibile. Ad esempio i diritti al ricongiungimento familiare. Non sono necessariamente vietati, ma è un processo molto, molto complicato e scoraggiato dal datore di lavoro, scoraggiato dal governo del paese da cui proviene l’immigrato, dal Governo romeno.”

    Molti credono, tuttavia, che i cambiamenti tarderanno ad arrivare; che tutte le parti coinvolte, dalle istituzioni all’ambiente privato e compresa la mentalità collettiva, abbiamo tutti molta strada da fare per imparare a relazionarci in modo sano con i nuovi arrivati.

  • Perché lavoriamo?

    Perché lavoriamo?

    Il Centro per la strategia, la leadership e lo sviluppo intelligente della Facoltà di scienze politiche, amministrative e della comunicazione (FSPAC) dell’Università Babeș-Bolyai di Cluj-Napoca ha realizzato lo studio “Perché lavoriamo?”. I risultati sono notevoli in quanto sono stati individuati, soprattutto nella nuova generazione di dipendenti, la Generazione Z, chiari cambiamenti di comportamento nei confronti delle responsabilità professionali, ma anche nei confronti delle aspettative che hanno gli uni dagli altri, dipendenti e datori di lavoro, nella loro dinamica professionale. Il denaro non è un criterio essenziale nella scelta di un lavoro, ma l’equilibrio tra vita personale e vita professionale. Interessante è anche il cambiamento nell’atteggiamento del datore di lavoro nei confronti dell’autorità, come anche il modo in cui le organizzazioni reinterpretano il modo di leadership.

    Non si può più parlare di quel leader autoritario, che dà ordini, perché le generazioni più giovani non sono né convinte, né impressionate da una simile narrazione. Un argomento di cui abbiamo parlato con Tudor Țiclău, docente universitario presso il Dipartimento di Amministrazione e Gestione Pubblica della Facoltà di scienze politiche, amministrative e della comunicazione : «Dal punto di vista dei criteri di selezione per trovare un lavoro, abbiamo testato 9 tipologie di fattori, in ordine di importanza per i dipendenti. Al primo posto la sicurezza del lavoro, l’87% considera la sicurezza un criterio importante o molto importante, al 2° posto nella gerarchia il tipo di lavoro svolto, al 3° le opportunità di sviluppo e avanzamento di carriera, al 4° equilibrio tra lavoro e vita privata. Cosa molto interessante, gli stessi criteri valgono anche per gli studenti (abbiamo testato queste proiezioni anche tra gli studenti, notando che, per gli studenti, la sicurezza del lavoro è al 4° posto e l’equilibrio tra lavoro e vita privata è il criterio più importante). Le opportunità e la tipologia di lavoro svolto vengono mantenute rispettivamente al 2° e 3° posto Inoltre, elemento importante e interessante, lo stipendio e i benefici si collocano rispettivamente al 5° e 6° posto, in altre parole notiamo che non sono fattori di selezione. Diventano importanti quando sono sottodimensionati. Agli ultimi posti troviamo il lavoro da casa o da remoto, i valori dell’organizzazione e, cosa meno importante (solo la metà degli intervistati lo considera un criterio da considerare), lavorare con tecnologie all’avanguardia. La stessa cosa vale per gli studenti».

    Lo studio ha inoltre evidenziato la capacità e la volontà delle organizzazioni di connettersi con le persone in modo molto più aperto rispetto a prima. Il professor Tudor Ticlau: «In effetti, l’elemento del work-life balance o del benessere organizzativo, se si vuole, della qualità della vita nell’organizzazione, è un elemento sempre più importante. Non direi che i manager e gli alti dirigenti non siano entusiasti, anzi, da quello che abbiamo osservato, le aziende sono estremamente ben collegate a questa trasformazione che sta avvenendo tra i dipendenti. Infatti, il benessere e l’equilibrio tra lavoro e vita privata sono criteri più importanti per la nuova generazione, la Generazione Z, e infatti crediamo che debbano essere integrati in un paradigma più ampio di comprensione del rapporto tra organizzazione e dipendente, vale a dire una trasformazione dell’identità professionale che, al momento, occupa in qualche modo uno spazio minore nell’identità personale rispetto alle altre generazioni. In altre parole, l’uomo non si identifica più con il lavoro. Inoltre, il posto di lavoro deve essere adattato alle esigenze dei dipendenti. Ciò che è evidente è questa demarcazione tra vita personale e vita professionale, con una forte enfasi da parte delle generazioni più giovani sulla non trasgressione o, se si vuole, sul rispetto dei confini. Per fare un semplice esempio, una volta terminato l’orario di lavoro, l’aspettativa è che tutto venga risolto il secondo giorno di lavoro, e nella vita personale non devono entrare elementi della vita professionale».

    Stiamo quindi assistendo a un cambiamento senza precedenti nella dinamica dipendente-datore di lavoro, e per questo dobbiamo ringraziare la giovane generazione di dipendenti, pensa Tudor Țiclău: «Un cambiamento si osserva anche a livello dello stile di leadership preferito, quello che è evidente è che l’approccio tradizionale alla leadership, che si basa sull’autorità formale del leader, il leader direttivo, che dà ordini, che spiega come le cose dovrebbero essere fatte, non funziona più in quasi tutte le situazioni. Oggi l’equazione della leadership è molto più complessa. Innanzitutto, affinché un leader abbia successo, indipendentemente dall’azienda, indipendentemente dalla posizione, deve possedere alcune qualità umane speciali, principalmente l’empatia, la capacità di comunicare, la capacità di comprendere le esigenze individuali del dipendente, e poi su questa base si costruiscono le altre competenze di leadership: competenze tecniche, capacità di sviluppare una visione, di comunicare quella visione, quindi competenze legate alle specificità del lavoro. Innanzitutto, ciò che i nuovi assunti cercano nei leader con cui interagiscono è la loro capacità di comprenderli come individui, la loro capacità di comprendere i loro bisogni e di trattarli da pari a pari. Fondamentalmente, abbiamo una reazione di resistenza a qualsiasi forma di uso dell’autorità formale, e questo è specifico della Generazione Z, non solo sul posto di lavoro. È una negazione dei valori tradizionali».

    Molti di voi si saranno chiesti perché le organizzazioni preferiscono i giovani rispetto agli anziani. Il professor Tudor Ticlau spiega: «Non si tratta necessariamente di una preferenza per i dipendenti più giovani, ma piuttosto di una preferenza per una tipologia di dipendenti associata a un’età più giovane. Più precisamente, da un lato, i manager si aspettano dipendenti disposti ad apprendere continuamente, e questo è in qualche modo spiegato dalle dinamiche e dai cambiamenti che si verificano nel mercato, una mentalità aperta all’apprendimento significa un dipendente che si esibirà in una gamma più ampia di situazioni. Due, un altro elemento atteso, l’atteggiamento proattivo e la capacità di mostrare autonomia nella risoluzione dei problemi. Nello specifico, i manager si aspettano che i dipendenti cerchino di risolvere i problemi che devono affrontare e solo quando le risorse e la posizione che occupano non consentono loro di risolvere il problema, allora si rivolgono all’autorità formale. Tre, i manager si aspettano che i dipendenti siano motivati a svilupparsi e crescere all’interno dell’azienda, e ovviamente le aziende, si sa, hanno molti strumenti e programmi in atto per cercare di incoraggiare questo tipo di atteggiamento e comportamento da parte dei dipendenti. Alla fine, entrambi traggono vantaggio se c’è una relazione a lungo termine e non ci sono interruzioni che possano ridurre la produttività.»

  • Il secondo sesso

    Il secondo sesso

    Tra tutti gli stati europei, la Romania ha il tasso di occupazione femminile più basso sul mercato del lavoro. Il 45,4% delle donne romene ha un lavoro, rispetto agli uomini – il 62,7%. Ad esempio, secondo i dati Eurostat del 2022, i Paesi Bassi hanno un tasso di occupazione femminile del 68,1%, l’Estonia del 67%, la Svezia del 65,9%, la Danimarca del 65%.

    Perche’ questa differenza? Secondo l’Istituto europeo per la parità di genere la causa risiede nella tradizionale divisione dei compiti all’interno della famiglia. In altre parole, la donna si occupa della casa. Ne abbiamo parlato con Octavian Moldovan, docente universitario presso il Dipartimento di Amministrazione e Management Pubblico della Facoltà di Scienze Politiche, Amministrative e della Comunicazione dell’Università Babeș Bolyai ed esperto di risorse umane e discriminazione di genere. Ecco come Octavian Moldovan spiega questa enorme discrepanza sociale, nel contesto del modello romeno: “Penso che ci siano diverse ragioni per cui, in Romania, il tasso di occupazione delle donne sul mercato del lavoro è molto inferiore a quello degli uomini, con una differenza di circa il 20%. Innanzitutto vorrei menzionare quello che viene chiamato lavoro domestico. Il fatto che le donne siano molto più coinvolte nei lavori domestici, rispetto agli uomini. Sia che ci riferiamo ai lavori domestici (cucinare, lavare i panni, lavare i piatti, pulire) o alla cura degli anziani in casa o dei bambini, di norma le donne tendono ad essere molto più coinvolte in tali attività. Per quanto riguarda quello che viene chiamato lavoro domestico, possiamo anche fare un collegamento con la mancanza di alternative assistenziali per i bambini, gli anziani, il fatto che, molto spesso, non si ha altra opportunità che prendersi cura di quelle persone vulnerabili. Potremmo menzionare qui un trasferimento di responsabilità dallo Stato ai membri della famiglia per la cura degli anziani e, il più delle volte, alle donne. Penso anche che ci siano problemi relativi al mercato del lavoro. Vorrei menzionare qui l’ubicazione dei posti di lavoro o il loro posizionamento geografico.

    I posti di lavoro tendono a essere trovati nelle grandi città, nelle città di medie dimensioni, nei piccoli centri e meno nelle zone rurali. Ciò significa che se desideri un lavoro ben retribuito o se desideri un lavoro in generale, la maggior parte delle volte devi trovarti in una città grande, media o piccola o essere in grado di spostarti in una città. E per le donne, impegnate nei lavori domestici, ci sono molte meno possibilità di riuscire a fare la spola. Sempre in relazione al mercato del lavoro, possiamo menzionare il fallimento o la mancanza di politiche pubbliche di reinserimento nel mercato del lavoro dopo il congedo di maternità, dopo il congedo per l’educazione dei figli o altre situazioni. Anche in questo caso, le donne tendono ad essere più colpite degli uomini. Un altro elemento che può portare a questa differenza tra donne e uomini è legato ai lavori flessibili. Sono pochissime le situazioni in Romania in cui il lavoro part-time o il lavoro da casa è accettato, ben visto e ci sono tipologie di lavoro che sarebbero più favorevoli alle donne che agli uomini”.

    Impariamo la discriminazione fin dall’infanzia. Accettiamo passivamente modelli di comportamento e li portiamo avanti nella nostra età adulta. Octavian Moldovan spiega: “L’accesso delle donne al mercato del lavoro è influenzato da varie norme culturali e sociali che insieme portano a molteplici forme di discriminazione sul mercato del lavoro. Possiamo discutere qui di quella che viene chiamata discriminazione orizzontale: il fatto che certi campi, certi tipi di attività sono dominati da un certo genere. Ad esempio, nei settori dell’Istruzione, della Sanità e dell’Assistenza Sociale, alla base delle organizzazioni, la maggior parte dei dipendenti sono donne. D’altro canto, nella polizia, nell’esercito e in alcuni settori del settore privato, la maggior parte dei dipendenti è di sesso maschile. Possiamo anche parlare di quella che viene chiamata discriminazione verticale, il fatto che l’accesso alle posizioni di leadership o decisionali è ristretto o limitato per le donne nella maggior parte dei settori, anche dove rappresentano la maggioranza dei dipendenti di base”.

    Tutto parte dall’infanzia, dalle tipologie di gioco e di ruolo, aggiunge il nostro interlocutore: “Sia la discriminazione verticale che quella orizzontale sono legate ai tipi di gioco, ai tipi di ruoli che assegniamo ai ragazzi e alle ragazze, fin dai primi anni di vita. I ragazzi giocano con le macchine, sono poliziotti, devono essere assertivi, devono imporsi, mentre le ragazze devono essere più morbide, più delicate, più tranquillizzanti, giocano con le bambole, si prendono cura dei bambini, cucinano o si lasciano coinvolgere, in una forma o nell’altra di più, anche nel gioco, in cosa significa prendersi cura degli altri. Da ciò deriva quanto dicevo sul lavoro domestico e sul diverso coinvolgimento di uomini e donne nel lavoro domestico e, poi, nelle carriere. Ci aspettiamo che l’uomo si occupi della sua carriera, mentre la donna deve essere più propensa a prendersi cura della casa e degli altri”.

    Abbiamo leggi e politiche pubbliche per ridurre la disuguaglianza di genere, ma, secondo Octavian Moldovan, non sono molto efficaci: “A prima vista, la Romania si trova in una situazione molto buona in termini di politiche pubbliche e misure legislative per ridurre la disuguaglianza di genere sul mercato del lavoro. Abbiamo, innanzitutto, organizzazioni impegnate a fermare questo fenomeno, abbiamo un Ministro della Famiglia, della Gioventù e delle Pari Opportunità, nonché un’Agenzia nazionale per le pari opportunità tra donne e uomini. Disponiamo inoltre di normative europee e nazionali in materia di parità di genere o pari opportunità nel mercato del lavoro, nonché riferimenti indiretti, sia nel Codice del lavoro che nella Costituzione o in altre leggi, alla parità tra donne e uomini nel campo del lavoro. Tuttavia, l’efficacia della legislazione e l’efficacia delle istituzioni dedicate rimangono alquanto discutibili. Se ci riferiamo alle differenze salariali tra donne e uomini, la Romania ha una buona situazione. Non esistono differenze di questo tipo né divari retributivi significativi tra donne e uomini. D’altro canto, però, esiste una diversa occupazione nel mercato del lavoro tra donne e uomini, così come un accesso limitato delle donne alle posizioni di leadership. Perché abbiamo queste differenze? Perché abbiamo ancora questi problemi riguardo alla parità di accesso al mercato del lavoro?

    Possiamo pensare che la legislazione specifica sia attuata, come altri tipi di legislazione, in modo carente. Abbiamo le leggi necessarie, ma non abbiamo ancora istituzioni abbastanza forti per attuarle adeguatamente. Inoltre, la discriminazione di genere nel mercato del lavoro continua ad esistere anche perché si tratta, nella maggior parte dei casi, di un fenomeno informale, un fenomeno che non può essere catturato direttamente. È qualcosa che accade a porte chiuse, dietro le norme, le regole organizzative”.

  • La società civile sostiene l’istruzione nelle zone rurali

    La società civile sostiene l’istruzione nelle zone rurali

    Allora e laddove l’intervento istituzionale e ufficiale delle autorità si lascia attendere, i romeni riescono a fornire questo aiuto che arriva in ritardo. Hanno imparato di recente a farlo attraverso le organizzazioni non governative che, a loro volta, riescono a mobilitare diversi sponsor. Un esempio è l’associazione Bookland, che è riuscita a migliorare una situazione deplorata da molti anni dai romeni: le scuole rurali in pessime condizioni, senza attrezzature moderne e ospitate da edifici inadeguati. In soli quattro anni Bookland ha ristrutturato e attrezzato 80 scuole e asili nido. L’impulso è stato dato dalle statistiche sull’abbandono scolastico massiccio nelle zone rurali. E le ragioni dell’abbandono scolastico si uniscono a quelle dell’abbandono degli edifici scolastici, ritiene Mihaela Petrovan, presidente dell’associazione Bookland.

    “Dal punto di vista educativo, nelle zone rurali la situazione è grave. Ad esempio, uno studente su due non frequenta più la scuola superiore dopo la terza media. E comunque, in Romania, uno studente su quattro delle zone rurali non si presenta più all’esame di maturità. Quindi è dura, ma nonostante tutto non ci arrendiamo. Nello spirito di ogni attivista civico, come siamo, continuiamo a lottare e ad andare avanti, ad avere un sogno, ad essere forse un po’ ingenui, un po’ pazzi, coraggiosi e credere che sia possibile, anche se non è facile. Ed è per questo che stiamo iniziando, dopo quattro anni di ristrutturazione delle scuole in tutte le province del paese, meno in Ilfov, dove, tra l’altro, stiamo cercando una scuola da molto tempo, ma sembra che assolutamente tutte, incoraggiate dall’Ispettorato scolastico provinciale, abbiano chiesto fondi europei. Benissimo! Ma noi di Bookland abbiamo una formula speciale. E se siamo riusciti a fare ciò che abbiamo fatto con i soldi romeni donati da aziende locali, internazionali o multinazionali, penso che ce la faremo.”

    Ma il più grande successo dell’associazione Bookland è stato il coagularsi delle comunità locali, spesso colpite dal letargo, afferma Mihaela Petrovan, presidente dell’associazione Bookland, che specifica come è stato svolto il lavoro in ciascuna zona. “Abbiamo tra 1 e 6 scuole ristrutturate in ogni provincia. La media è di due per provincia, ma ci sono province come Vrancea con sei scuole e asili ristrutturati da noi. Siamo contenti che lì abbiamo avuto un cambiamento che si perpetua. Cioè, se al momento del nostro arrivo, l’intera comunità era in uno stato di letargia, stufa di bugie e promesse, rassegnata, noi siamo riusciti a coinvolgere proprio tutti. I genitori hanno cucinato un pasto caldo per gli operai, gli studenti si sono messi in gioco e hanno dipinto loro stessi sui cancelli e sui muri vari modellini. Ci siamo fatti coinvolgere dai piu’ piccoli ai piu’ grandi, i preti, il medico del paesino, il fornaio. Tutti ci hanno contribuito.”

    E i frutti del loro lavoro sono stati notati soprattutto dagli abitanti, come ad esempio una madre della provincia di Neamț, di cui si ricorda Mihaela Petrovan.
    “Una mamma ha detto una cosa così bella: “Che bello! Vedere una Romania unita per i nostri figli.” – quando ha visto la targa con i nomi di tutti i sostenitori che hanno contribuito direttamente alla ristrutturazione di quella scuola, circa 40-50 nomi. È una madre di Păstrăveni, provincia di Neamț. Mi ha impressionato e ho capito che sì, ha ragione, perché abbiamo portato a scuola 150-200 pacchi con merce proveniente non solo da tutte le parti della provincia di Neamt, ma anche da quelle di Arad e Bihor. Le merci sono arrivate e siamo riusciti a mobilitare le aziende per reindirizzare prodotti o denaro in modo da poter pagare la manodopera. Abbiamo mobilitato i municipi affinche’ contribuissero. E sappiate che la stragrande maggioranza ha contribuito con i soldi raccolti dalle tasse locali, quindi nemmeno soldi dal bilancio dello stato, ma e’ stata sempre la gente a pagare per la scuola, il contributo dell’ufficio del sindaco è stata in definitiva il contributo dei membri della comunità. Siamo orgogliosi che questo trio di successo – aziende, comuni e comunità – funzioni senza fondi europei.”

    Il prossimo passo che l’associazione Bookland sta preparando riguarda il sostegno alla formazione professionale duale, cioè quei corsi che formano professionisti in diversi ambiti richiesti da aziende o operatori economici disposti a investire nella formazione di questi studenti. Secondo Mihaela Petrovan, questo sarebbe il primo campus preuniversitario in sistema duale e potrebbe essere costruito nella provincia di Argeș, nel comune di Vulturești. Spazi del genere sono necessari nel nostro Paese. Secondo l’ultimo rapporto dell’OCSE, l’istruzione professionale e tecnica è più popolare in Romania che in altri paesi: il 32% degli studenti romeni di età compresa tra i 15 e i 19 anni sono iscritti a questo tipo di istruzione secondaria.

  • Il girotondo del riciclo in Romania

    Il girotondo del riciclo in Romania

    La Romania è fanalino di coda in Europa per quanto riguarda il riciclo. Siccome l’Unione Europea ha chiesto a tutti gli Stati membri di raggiungere un tasso del 55% entro il 2025, nella speranza di sanare almeno in parte la situazione, in Romania, verso la fine dello scorso anno, è stato lanciato il Sistema di deposito cauzionale (DRS – Deposit Refund o Return Systems) il più grande progetto nazionale di economia circolare attualmente in corso.

    Gli “ingranaggi” del meccanismo sono i 19 milioni di romeni: ogni cittadino paga una garanzia di 50 bani (circa 10 eurocentesimi) quando acquista una bevanda in confezioni di vetro, plastica o metallo fino a 3 litri. Dopo aver svuotato l’imballaggio contrassegnato dal logo della DRS, lo stesso può essere portato presso qualsiasi punto di restituzione predisposto dagli esercenti. In cambio dell’imballaggio vuoto, il consumatore riceve il valore della garanzia originariamente pagata in contanti o sotto forma di voucher. L’ambizione delle autorità è quella di ritirare dal mercato, ogni anno, circa 7 miliardi di confezioni di questo tipo che, dopo essere state contate, selezionate e compattate, saranno vendute ai riciclatori.

    Gestito da RetuRo, il Sistema di deposito cauzionale è quindi considerato una delle leve importanti per raggiungere gli obiettivi di raccolta e riciclo imposti dall’Unione Europea. La sua attuazione avrebbe anche un ruolo benefico significativo sul comportamento di riciclaggio dei romeni, che non sono esattamente disciplinati a questo riguardo. Mihaela Frasineanu, consigliera di Stato presso la Cancelleria del Primo Ministro, parla degli altri vantaggi del sistema DRS. “Il girotondo è una danza tradizionale moldava, ma è anche il simbolo del cerchio, simbolo che si ritrova anche sul logo RetuRo, portiamolo oltre! È il simbolo del più grande progetto di economia circolare in Romania! È il simbolo di un progetto che coinvolge più di 19 milioni di persone, ed è innanzitutto il simbolo della responsabilità ambientale. Se pensiamo solo al fatto che stiamo rendendo la Romania più pulita, si tratta comunque di un passo avanti estremamente importante! Ma oltre a ciò, ci sono cose che non vediamo sin dal primo momento. Non vediamo che stiamo parlando di efficienza delle risorse, non vediamo che stiamo parlando di riduzione dell’impronta di carbonio. Non vediamo che stiamo parlando anche di efficienza delle risorse umane. Non vediamo che stiamo parlando anche delle risorse finanziarie coinvolte e della responsabilità finanziaria. Stiamo parlando di responsabilità sociale e anche di responsabilità economica. ”

    Il 13 maggio ha aperto nei pressi di Bucarest, a Otopeni, RetuRO, il quarto centro regionale per il conteggio e lo smistamento degli imballaggi con deposito cauzionale, dopo quelli delle province di Cluj, Brașov e Timiș. Con una superficie di 10.000 mq e dotato di attrezzature all’avanguardia, il nuovo centro ha una capacità annua di contare circa 900 milioni di imballaggi e una capacità di smistamento e trattamento per tipologia di materiale (PET, metallo, vetro) due volte superiore – 1,8 miliardi di imballaggi.

    “Il sistema di deposito cauzionale è in una dinamica permanente, i romeni restituiscono sempre più imballaggi e l’evoluzione che registriamo da un momento all’altro riflette un coinvolgimento sempre maggiore da parte dei consumatori. Nei prossimi tre mesi prevediamo di aprire altri centri di conteggio e smistamento nelle province di Dolj, Bacău e Prahova.” – afferma Gemma Webb, CEO e presidente del consiglio di amministrazione di RetuRO.

    E Alice Nichita, dell’Associazione Produttori Bibite per la Sostenibilità, aggiunge: “Sono pochissimi i sistemi di deposito cauzionale già operanti che abbiano inaugurato il 4° centro, e noi lo abbiamo inaugurato in meno di sei mesi dall’avvio del Sistema. Non credo che esista un altro sistema che abbia 10 centri di raccolta e smistamento come si prrefigge RetuRo nel primo anno di attività. È un progetto molto ambizioso e che ha tutte le possibilità di rivelarsi vincente. Ci sono stati molti passi, in realtà, perché tali progetti non sono sprint o test, sono cose che devi costruire in modo efficiente fin dal primo giorno e senza rinunciare ad alcuni principi. E questi principi vogliamo vederli implementati e vogliamo vederli portare risultati. E vi confesso con orgoglio che quando riceviamo richieste da colleghi di altri paesi, soprattutto dall’Europa occidentale, di imparare da noi, di venire qui in visita di lavoro, per vedere quali sono i passi e le lezioni che abbiamo imparato durante questo progetto, questo ci rende molto orgogliosi e ci onora.”

    La Repubblica di Moldova è uno degli stati interessati ad adottare questa buona pratica romena. Sergiu Lazarenco, ministro dell’Ambiente di Chisinau: “Ci proponiamo che, entro il 2027, il sistema di deposito cauzionale sia operativo anche nella Repubblica di Moldova. Siamo consapevoli che l’attuazione di questo Sistema comporta sfide e responsabilità non indifferenti, ma è certo che attuando questo Sistema i cittadini diventeranno più responsabili, l’ambiente diventerà più pulito, svilupperemo l’economia circolare, creeremo nuove opportunità di sviluppo economico e, soprattutto, creeremo anche nuovi posti di lavoro. Sono molto felice di vedere che i cittadini di entrambe le sponde del Prut sono sempre più consapevoli e preoccupati per le questioni ambientali. Questo ci porta a proseguire con maggiore determinazione, ad intraprendere politiche e azioni complicate, ma tanto necessarie per l’ambiente. Non possiamo più rinviare l’attuazione delle riforme ambientali. Investendo in progetti ambientali, investiamo nel futuro!”

    Per il momento in Romania non tutti i commercianti si sono registrati nel Sistema di deposito cauzionale, oppure alcuni di quelli registrati vogliono già uscire dal “girotondo del riciclo”, lamentando una transizione difficoltosa. A volte le macchine per il riciclaggio poste nei locali commerciali non funzionano, sono piene o non leggono i codici a barre degli imballaggi che devono essere restituiti. I piccoli negozi di quartiere non dispongono di spazi adeguati per immagazzinare PET, lattine o bottiglie vuote in attesa che le macchine li raccolgano. Per quanto riguarda i clienti, alcuni sono scontenti di non poter utilizzare i voucher ricevuti in qualsiasi negozio, ma solo in quello in cui li hanno riciclati. Ma nonostante gli intoppi tipici di ogni inizio, il sistema è cresciuto costantemente dal suo lancio nel novembre 2023. Solo nel mese di aprile sono stati raccolti 160 milioni di imballaggi, e l’ambizione delle autorità è che, in un solo mese, si superi la barriera dei 200 milioni. Ciò significa che, con la partecipazione dei 19 milioni di romeni, altrettanti imballaggi di bevande in meno finiranno nelle discariche, nei letti dei fiumi o nelle foreste.

  • Ospedale “Regala vita”, aperto a Bucarest

    Ospedale “Regala vita”, aperto a Bucarest

    L’ospedale “Regala vita”, di Bucarest, ha iniziato a funzionare di fatto a metà aprile. Sono già 50 i bambini trasferiti dai vecchi reparti di oncologia, neurochirurgia e chirurgia dell’ospedale per bambini “Marie Curie”, in un processo gestito con attenzione, con particolare attenzione al comfort mentale e fisico dei piccoli pazienti. Il 15 aprile e’ gia’ stato operato il primo bambino. L’associazione “Regala vita”, l’ONG che ha costruito l’ospedale dal nulla, grazie alle donazioni di 350.000 persone e 8.000 aziende, ha annunciato, attraverso le fondatrici Carmen Uscatu e Oana Gheorghiu, di non avere l’intenzione di fermarsi qui e di voler iniziare la costruzione di un nuovo edificio dove si trasferiranno anche gli altri reparti dell’ospedale “Marie Curie”.

    Si è trattato di un lungo iter burocratico, ingiustamente lungo per i piccoli beneficiari di questo progetto unico in Romania. Carmen Uscatu racconta cosa ha significato dal punto di vista umano: “È importante precisare che noi non stiamo lottando con le istituzioni statali, anzi, crediamo che sia necessaria la collaborazione con esse affinché questo progetto raggiunga davvero il suo potenziale. Questo progetto è un ospedale del futuro e qui i bambini saranno curati secondo gli standard più elevati, se continueremo a collaborare con la direzione dell’ospedale “Marie Curie”, con il Ministero della Salute, con il Governo della Romania. Certo, i bambini sono stati trasferiti e la gioia che ho letto sui loro volti non credo che potrò mai dimenticarla. Infatti, quello è stato il momento in cui ho capito che in tutti questi anni in cui, a volte, è stato molto difficile per noi, tutte le battaglie che abbiamo combattuto con le mentalità sono valse la pena, perché il loro sorriso e la speranza dei genitori sono ciò che ci rende capaci di andare avanti”.

    Oana Gheorghiu parla di cosa significa credere nel proprio progetto, nei propri sogni, nonostante tutti gli ostacoli. “Ci sono state molte persone che, forse, all’inizio non credevano nel nostro progetto, non credevano, forse, che avremmo potuto raccogliere tutti i soldi, o forse non credevano che saremmo riusciti a costruire un ospedale agli standard che volevamo. Per fortuna, però, queste cose sono accadute e speriamo che, chi era riluttante all’inizio, abbia visto che un progetto del genere è possibile, con coinvolgimento, con determinazione, con perseveranza. Ero in un programma radiofonico e gli ascoltatori chiamavano e facevano domande o davano la loro opinione, e una delle persone che hanno chiamato ha detto che non si fidava e non aveva donato, gli dispiaceva di non averlo fatto, ma ha promesso che d’ora in poi sosterrà tutti i progetti dell’associazione, perché è più che evidente che abbiamo fatto quello che avevamo promesso e che abbiamo mantenuto la parola data. Penso che il fatto che questo progetto sia giunto al termine e che i pazienti siano già in cura in ospedale e che stiano beneficiando di queste condizioni sia la prova migliore che insieme, se ci riuniamo, se siamo solidali, possiamo fare cose straordinarie, e come lezione di vita si vede quanto conta il lavoro di squadra, che impatto abbiamo insieme, solidali e con la voglia di fare cose buone per gli altri”.

    Parliamo un po’ dei diritti dei pazienti in Romania. Oana Gheorghiu : “Purtroppo in Romania spesso i pazienti sono messi nella condizione di lottare per i propri diritti. Il più delle volte parliamo di pazienti affetti da patologie oncologiche, pazienti in situazioni difficili e per i quali la battaglia è difficile da combattere. Ecco perché spesso le famiglie si rivolgono alle associazioni. A volte capita che siamo noi quell’associazione che sostiene la lotta delle famiglie e dei pazienti. Non di rado abbiamo potuto assistere con avvocati pro bono pazienti che necessitavano di determinate cure che non potevano ottenere, o perché lo Stato non le pagava, o perché non erano disponibili sul mercato e, fortunatamente, i tribunali sono abbastanza comprensivi e abbastanza saggi, direi, da concedere rapidamente il diritto alle cure ai pazienti tramite ordini presidenziali, fino a quando il processo viene portato a termine e la Cassa Assicurazioni Sanitarie e’ in qualche modo in grado di trovare una soluzione a lungo termine. Il sistema sanitario in Romania non è tra i più favorevoli ai pazienti, lo sappiamo tutti, tutti affrontiamo ostacoli nel trovare soluzioni terapeutiche, soprattutto in situazioni difficili. Proprio per questo notiamo che spesso i nostri politici, i nostri ministri, i nostri medici, i professori universitari scelgono di farsi curare all’estero quando hanno malattie gravi. Questo è qualcosa che la dice lunga sulla qualità dell’atto medico in Romania e forse questo dovrebbe essere un motivo di riflessione per i politici, soprattutto in questo anno elettorale”.

    Alle infrastrutture talvolta precarie si aggiunge la crisi sanitaria. Carmen Uscatu su come possiamo ridurre questo handicap : “Credo che le soluzioni alla crisi delle medicine possano essere trovate solo se mettiamo insieme, allo stesso tavolo, autorità, ONG e pazienti. Purtroppo questo dialogo non è ancora stato avviato. “Regala vita” ha presentato molti anni fa una relazione sulla mancanza di citostatici e alcune soluzioni, ma a quel tempo esse non sono state implementate. Il dialogo, però, è quello che genererà soluzioni, che possano poi essere applicate”.

  • Obesità in Romania

    Obesità in Romania

    L’obesità – caratterizzata da un aumento del peso corporeo dovuto al tessuto adiposo – non è solo una questione di aspetto fisico o di controllo del peso, ma rappresenta una condizione medica che può avere molteplici ripercussioni sulla salute. Può generare o aggravare problemi cardiovascolari, problemi endocrini, malattie articolari e persino alcune forme di cancro. Inoltre, l’obesità ha un impatto significativo sulla qualità della vita, essendo in grado di causare una diminuzione della fiducia in se stessi o una stigmatizzazione sociale.

    Secondo i dati esistenti, nel 2020 a livello globale quasi 1 miliardo di persone, ovvero 1 persona su 7, soffriva di obesità. E le stime mostrano che, entro il 2035, il loro numero potrebbe raggiungere 1,9 miliardi. Per quanto riguarda i bambini, quelli che tendono ad ingrassare fin dalla scuola dell’infanzia, in modo incontrollato – dicono gli specialisti – tendono a diventare obesi prima di finire la scuola secondaria. Si prevede che tra i bambini l’obesità aumenterà del 100% tra il 2020 e il 2035.

    Qual è la situazione in Romania? Secondo l’Istituto Nazionale di Sanità Pubblica, nel 2022 a 2 persone su 100 è stata diagnosticata l’obesità nella cartella clinica. Per quanto riguarda i nuovi casi sempre dal 2022, la maggior parte si sono registrati tra le donne e nell’ambiente urbano. Tuttavia adottare uno stile di vita sano non è facile, è vero, ma nemmeno impossibile! A livello individuale, le raccomandazioni sono quelle di limitare l’assunzione di grassi e zuccheri, di aumentare il consumo di frutta, verdura, legumi, cereali integrali e frutta secca, nonché di praticare regolarmente un’attività fisica di moderata intensità. Sono inoltre necessari un programma di riposo e uno stile di vita adeguati all’età, al sesso e allo stato emotivo. Insomma, un programma personalizzato, come ha spiegato a Radio Romania, la docente universitaria Lygia Alexandrescu, specialista in nutrizione. “Il termine è apparso nell’antica Grecia, quando lo stile di vita chiamato era definito come un insieme di nozioni che coinvolgevano il sonno, quindi riposo, idratazione, cibo, movimento, benessere… tutte queste formano la . Quando diciamo, in questo momento, , intendiamo il cibo, ma non COSA mangiamo, bensì ciò che NON mangiamo. Quando parliamo di parliamo di restrizione, il che è totalmente falso. Se parliamo di cibo, dobbiamo parlare di ciò di cui abbiamo bisogno, di ciò che mantiene sana la nostra cellula, e quindi la personalizzazione è molto importante. La stessa dieta non funziona per tutti, quindi tutto ciò che vediamo su Internet – la dieta ricca di proteine o quella ricca di carboidrati o la dieta del riso o la dieta delle mele, sono tutte sciocchezze in questo momento – tutte queste diete sono totalmente squilibrate. Oppure una dieta che funziona per una persona non funziona per un’altra. Quali sono i criteri? Sono molti i criteri di cui teniamo conto quando si tratta di elaborare un piano alimentare. Non la definirei nemmeno una dieta, che è una cosa restrittiva, è qualcosa che fai abbastanza a lungo da poter indossare un vestito, abbastanza a lungo da allacciare più facilmente la camicia o la cintura. Ciò che è legato al cibo è legato allo stile di vita! E poi torniamo alla personalizzazione. Età, sesso, tipo di sforzo che facciamo, tipo di stato emotivo, genetica, esami del sangue aggiornati. Il confronto con il medico curante, il confronto con il nutrizionista, il confronto con l’allenatore sportivo, tutto questo porta alla formazione di un programma alimentare personalizzato. Non esistono due diete uguali. Proprio come i farmaci, devono essere personalizzati.”

    Qualche consiglio preciso? Mangiare cibi non trasformati, 100 passi dopo il pasto, una buona idratazione, ritorno alla cucina tradizionale…. “Quando mangiamo cibi, soprattutto nella seconda parte della giornata, in grandi quantità e in abbinamenti sbagliati, praticamente, stiamo invecchiando”, ammonisce Lygia Alexandrescu. “Non dobbiamo conoscere la scienza della nutrizione, la scienza della biochimica alimentare! Dobbiamo sapere che abbiamo energia da consumare e dobbiamo dare al corpo carburante, benzina di buona qualità. E questo può essere fatto con alimenti molto vicini alla natura, il meno elaborati possibile. Acquistare cibo già pronto comporterà ovviamente un aumento di peso, perché contiene anche molto sale, grassi, non ha la qualità originale dell’alimento. Ci sono molti dettagli. Si tratta alla fine dell’educazione. Come dicono i cinesi, se vuoi avere una generazione sana, educa la popolazione per 30-40 anni e poi avrai una generazione sana. La cultura del riso si ottiene di anno in anno, le persone sane, equilibrate e complete si ottengono attraverso l’educazione di varie generazioni.”

    Poiché a livello collettivo è essenziale l’educazione alle migliori scelte che le persone fanno in termini di vita sana, l’Università di Medicina e Farmacia “Carol Davila” di Bucarest ha lanciato, ad esempio, la campagna “Controllare l’obesità”, che insegna alla popolazione a mangiare sano e a fare esercizio fisico. Si concretizzerà, quest’anno, in 8 edizioni di informazione, sensibilizzazione ed educazione medica che si terranno in 8 città della Romania. Ogni azione in ciascuna città avrà due componenti: una rivolta al grande pubblico, alle autorità e ai media, un’altra di formazione scientifica e medica, indirizzata ai professionisti medici coinvolti nella gestione delle persone con obesità. “Il nostro obiettivo è evidenziare il fatto che l’obesità è un problema di salute pubblica che richiede interventi immediati e coordinati”, spiega la docente Cătălina Poiană, promotrice della campagna “Controlla l’obesità”.

    Senza un’azione importante e coordinata, i tassi di obesità continueranno ad aumentare e sempre più persone moriranno prematuramente a causa dell’obesità o di una delle malattie ad essa attribuibili. Inoltre, le malattie croniche non trasmissibili associate all’obesità, che una volta venivano riscontrate solo negli adulti, stanno diventando più comuni in età molto più giovani. Tuttavia, per il momento, nessun Paese al mondo è sulla buona strada per raggiungere l’obiettivo di fermare l’aumento della prevalenza dell’obesità entro il 2030, come prefisso nel 2013 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. In altre parole, c’è l’urgenza di agire subito!

  • Come pensano i giovani in un anno elettorale

    Come pensano i giovani in un anno elettorale

    In un anno elettorale estremamente importante – segnato dalle elezioni presidenziali, europee, amministrative e politiche-, il gruppo civico „I giovani votano” ha commissionato un sondaggio demoscopico per verificare quale sia lo stato d’animo degli elettori tra i 18 e i 35 anni. Condotta tra il 9 e il 14 marzo su un campione di 800 intervistati, la ricerca non porta risultati incoraggianti: la stragrande maggioranza dei giovani crede che il Paese stia andando nella direzione sbagliata e non si fida della democrazia in Romania, e il 23% voterebbe per un partito estremista. Răzvan Petri, coordinatore del gruppo civico „I giovani votano”, analizza l’atteggiamento dei suoi coetanei nei confronti della politica. „La cosa più importante è tenere conto del fatto che i giovani pensano che la Romania stia andando nella direzione sbagliata. Ne è convinta la stragrande maggioranza, il 68%. Di più: il 79% ritiene che non ci si possa fidare della democrazia nel nostro Paese. Quindi c’è un grosso problema quando si tratta di fiducia nelle basi democratiche in Romania, e soprattutto, c’è una fiducia molto bassa nelle istituzioni politiche e nei partiti politici, cioè nel Parlamento, nel Governo e nei partiti. Non abbiamo fiducia negli strumenti con cui dovremmo lavorare per prendere buone decisioni nel futuro. E questo è molto pericoloso, perché la tendenza è che, senza fiducia negli strumenti democratici, ci si rivolga ad altri strumenti che escono da questa sfera del gioco democratico.”

    Ma la preferenza per gli strumenti che escono dal quadro democratico può essere spiegata dalla delusione per il modo in cui funzionano le istituzioni democratiche in Romania. In altre parole, se le nostre pratiche democratiche sono carenti, i giovani capiscono che, da un punto di vista teorico, la democrazia stessa è disfunzionale. Tuttavia, l’Unione Europea gode di maggiore fiducia tra i giovani rispetto alle istituzioni nazionali, ma il modo complesso in cui funziona l’UE non è abbastanza conosciuto. Alla fine tutto dipende dall’istruzione, ritiene Răzvan Petri. „I giovani, purtroppo, non sanno veramente come funzionano le istituzioni e questo in qualche modo contribuisce alla confusione che hanno su come funzionano i meccanismi politici in Romania. Purtroppo l’educazione civica si fa solo fino al liceo, e questo si avverte perché, quando i giovani si avvicinano all’età per votare, non hanno più alcun tipo di preparazione per questo importante passo. Allo stesso modo, per quanto riguarda la situazione a livello europeo, le cose sono ancora più confuse, perché l’Unione Europea è molto complessa e molto complicata. Anche tra i nostri politici, ci sono alcuni che a volte preferiscono mantenere la confusione sul funzionamento dell’Unione Europea in modo da poter incolpare quelli di Bruxelles quando qualcosa va storto o non riescono a mantenere le promesse.”

    Anche la delusione o addirittura la disperazione per il cattivo funzionamento delle istituzioni romene, che porta a profondi problemi socioeconomici, spiegano la preferenza dei giovani per un regime autoritario, continua Răzvan Petri. „Non vogliono più i partiti in Romania, non vogliono quello che esiste adesso e per questo vediamo anche la preferenza per la mano forte per risolvere i problemi, perché i giovani sono anche impazienti. Vogliono un cambiamento molto più veloce delle persone con esperienza, che capiscono che le cose accadono più lentamente, e poi vogliono il pugno di ferro per risolvere i problemi e dicono: “Basta, qui interveniamo noi, non lasciamo più che tutti questi gargarismi politici occupino il nostro tempo”. Ed è qui che entrano in gioco i partiti antisistema, che dicono che se andranno al governo, risolveranno tutti i problemi della Romania. Molti giovani della categoria di coloro che votano per partiti di estrema destra non necessariamente sono in risonanza con messaggi estremisti o che vanno un po’ oltre il quadro democratico. Ma votano con questi partiti perché promettono un cambiamento. Promettono che faranno vedere loro ai politici che non sono riusciti a dare un’opzione ai giovani.”

    Questo fallimento è implicitamente riconosciuto anche dai giovani che già stanno progettando di emigrare dalla Romania per cause socio-economiche irrisolte da molti anni. Razvan Petri: „Nelle prime quattro opzioni relative ai loro problemi, ne troviamo due di natura economica: la mancanza di opzioni sul mercato del lavoro e la scarsa qualità dell’istruzione. I giovani romeni sono tra i più poveri d’Europa, addirittura i più poveri, se guardiamo le statistiche Eurostat, secondo le quali la Romania è il paese con il maggior numero di giovani a rischio povertà ed esclusione sociale. Un giovane su tre è a rischio di esclusione sociale e povertà. Queste cose si vedono e ne sono consapevoli. Si tratta di problemi che non sono stati risolti in tempo e che sono diventati più acuti, tanto che la Romania è diventata un paese profondamente disuguale, il quarto più disuguale nell’Unione Europea. Molti pensano di emigrare permanentemente o temporaneamente. Ed è una tendenza che si è mantenuta per molto tempo perché la Romania non è ancora vista come un paese con opportunità. Anche se sono comparse prima, non hanno ancora raggiunto il livello per cui si possa dire che i giovani possano trovare qui uno standard di vita simile a quello occidentale.”

  • Veronica

    Veronica

    Si chiamava Veronica Popa ed era una delle tante madri single senza mezzi finanziari in Romania. Le era stato diagnosticato un cancro in stadio avanzato, ma senza documenti d’identità, né assicurazione medica, non ha potuto beneficiare delle cure. Fino a quando il suo problema con le pratiche burocratiche e’ stato risolto, Veronica si e’ spenta… il 26 febbraio 2021. Ha lasciato dietro cinque figli. È il desiderio del sacerdote Dan Damaschin, che ha fatto del suo meglio per aiutarla: il desiderio di venire in aiuto alle persone in difficoltà che necessitano di cure mediche.

    Parroco della Chiesa dell’Ospedale di Ostetricia e Ginecologia “Cuza Vodă” di Iasi, padre Damaschin ci ha raccontato: “Ho studiato medicina. In passato ho lavorato come assistente medico, mentre studiavo anche teologia, poi nelle parrocchie rurali prive di un minimo di assistenza medica, ho lavorato parallelamente come assistente medico e assistente farmacista, perché la gente veniva alla casa del parroco dove ho anche allestito un punto farmacia. E, arrivando a Iași, in un ospedale ostetrico, ho sfruttato appieno questa esperienza socio-sanitaria, tanto che volevo che tutte le mamme, provate dalla povertà e dal dolore, non solo fossero nutrite e riscaldate, loro e i loro bambini protetti da un tetto sopra la testa, ma potessero anche occuparsi dei loro problemi di salute, perché dal loro benessere dipende tutto il benessere dei bambini e, attraverso loro, dell’intera comunità. Purtroppo, lungo il tempo, sebbene mi mettessi quasi in ginocchio in tutti gli ospedali, nelle cliniche private, negli ambulatori, ho perso anche tante, tante battaglie. E qui mi riferisco alle mamme che sono andate in Paradiso, perché non abbiamo avuto sufficienti risorse, perché non abbiamo avuto abbastanza tempo, arrivando troppo tardi, o non abbiamo avuto persone che ci sostenessero nelle prove che queste persone hanno dovuto affrontare.”

    È così che al sacerdote Dan Damaschin è venuta l’idea di un luogo dove le madri in difficoltà non solo possano essere curate e aiutate, ma anche accolte con grande dignità! E alla trasformazione di un albergo abbandonato nella prima clinica medico-sociale della Romania, destinata esclusivamente ai poveri, è mancato solo un passo. “Veronica è il simbolo di tutte le mamme, direi. È stata lei, infatti, a spingerci ad andare oltre e a passare ad un altro livello, dall’idea all’azione, e allo stesso tempo a identificare il luogo in cui potremmo allestire l”ospedale e, sì, un po’ più di risorse, in modo da poter avviare il progetto in modo chiaro. Abbiamo pensato a quale sarebbe stato il nome di questo progetto, perché vuoi che quel nome rimanga e raccolga intorno a se molto energia. Mi sono rivolto ad amici molto preparati, che mi hanno proposto tanti nomi dall’area delle lingue classiche, dall’area della lingua inglese, che piace molto ai giovani, ma pensando comunque ai figli di Veronica e quello che ha fatto per la famiglia, per la comunità, per la chiesa, alla fine ho detto “non è possibile, Veronica deve rimanere nella nostra memoria, deve ispirarci” e ho scelto il nome di Veronica, ripeto, come simbolo di ogni madre che per i suoi figli rinuncia alla carriera, rinuncia molto, molto spesso alla sua vita personale e vive nella privazione, solo per offrire felicità e vedere crescere i suoi figli. ”

    I lavori, dunque, all’ospedale Veronica – prosegue padre Damaschin – sono iniziati nel 2021. “Sappiamo benissimo che, durante la pandemia, sono stati tanti gli ospedali che hanno preso fuoco e le persone ricoverate con la polmonite sono tornate a casa nelle bare, carbonizzate. Ciò ha portato al cambiamento di molte regole nel rilascio dei permessi antincendio, sul fronte della protezione civile, e ci siamo ritrovati con un progetto che doveva essere approvato secondo le nuove leggi, nella situazione in cui a Bucarest, su 20 ospedali, solo uno è autorizzato dall’Ispettorato per le Situazioni di Emergenza. .Abbiamo dovuto triplicare il budget per questo progetto, così che, al momento, l’edificio che ospita la clinica Veronica è un edificio con i più alti standard di sicurezza, dove abbiamo – a partire dal tetto, dalle coibentazioni, dalle finestre – sensori antincendio e idranti di ogni genere da molte, molte centinaia di migliaia di euro, scala esterna, ascensore e impianti ultra performanti. Che ne sia valsa la pena o meno, Dio lo sa! Ma volevamo che fosse il meglio per le nostre mamme e così siamo andati avanti.”

    Inaugurata quest’anno l’8 marzo, la clinica Veronica si sviluppa su cinque piani distribuiti su una superficie di 250mq ciascuno. Al piano terra c’è una farmacia da dove i pazienti poveri usciranno con medicinali gratuiti, così come il reparto di imaging, con le “perle” delle attrezzature: risonanza magnetica e TC. Al primo piano si trovano i reparti di cardiologia e ginecologia, anch’essi dotati di apparecchiature ad alte prestazioni, e al secondo piano gli studi di medicina di famiglia e specialità come medicina interna, diabetologia, pneumologia o nefrologia. Ma continuiamo la visita assieme al sacerdote Dan Damaschin! “Al terzo piano siamo andati nel reparto delle specialità chirurgiche e qui, sì, siamo contenti di avere anche un reparto odontoiatrico, purtroppo solo con due poltrone, ma con una sala radiologica dentale.,. Disponiamo anche di microchirurgia, otorinolaringoiatria e oftalmologia… E al quarto piano abbiamo allestito la sezione di pediatria, dove abbiamo anche consulti di neuropsichiatria, ma anche la cappella di Santa Veronica, dove i pazienti riceveranno consulenza spirituale. Tutti i nostri pazienti avranno accesso ad un pasto caldo, per il semplice fatto che la maggior parte di queste persone vengono in un centro medico, ma non hanno nemmeno i soldi per una ciambella, e quindi vogliamo non solo rendere la loro permanenza piacevole, ma anche mostrare loro che confortati, nutriti e curati possono riconquistare la fiducia nelle persone, possono ritrovare la salute e la dignità.”

    All’ospedale Veronica lavoreranno sia dipendenti a tempo indeterminato pagati con donazioni, sia personale medico che, su base volontaria, mette le proprie conoscenze ed esperienze professionali a disposizione dei poveri. Bisogna inoltre sapere che i soldi per trasformare l’albergo abbandonato in un ospedale e dotarlo di attrezzature provengono esclusivamente da donazioni e sponsorizzazioni provenienti da Iași, dal Paese, ma anche dall’esterno. Sono già stati spesi oltre 3 milioni di euro, su un totale stimato a 4,5 milioni. “Resta da lottare, da lavorare per ripagarli”, racconta il sacerdote Dan Damaschin, conosciuto in Romania per tante altre azioni di beneficenza. “A nome dei 10.000 bambini sempre aiutati, delle 3mila mamme che hanno bisogno di aiuto, vi ringraziamo per la vostra attenzione e per esserci stati vicini, portando avanti la buona notizia della misericordia cristiana!”

  • I romeni e la lettura

    I romeni e la lettura

    “L’unica cosa che devi sapere è dov’è la biblioteca” – queste parole, attribuite ad Albert Einstein, erano un vero incoraggiamento alla lettura, ma le persone hanno smesso di leggere così tanto da quando la tecnologia è diventata così accessibile. Fare scrolling sul cellulare, a volte per ore senza interruzione, ormai sottrae alle persone tempo prezioso per se stesse, tempo che non può essere restituito. Il telefono sta prosciugando le nostre vite della cosa più preziosa: il tempo. Il tempo di qualità trascorso con i propri cari, il tempo che dovremmo usare per imparare, per crescere come esseri umani dotati, di un’intelligenza superiore…

    C’è stato un tempo in cui i libri, banditi dal sistema comunista, riuscivano a ingannare il sistema e raggiungere le persone che li leggevano avidamente. Ora che tutti i libri ci sono consentiti e l’accesso è così facile, preferiamo fare scrolling invece di leggere. Forse questo è uno dei paradossi dell’uomo moderno: negagli qualcosa e farà di tutto per ottenerlo, dagli libero accesso e perderà interesse. In un mondo che legge sempre meno, i romeni sono tra coloro che leggono abbastanza poco. Anche se lo scorso anno le vendite di libri hanno raggiunto i 6 milioni di euro, una cifra che può sembrare elevata, in confronto, in Germania sono stati venduti libri per un valore di 9 miliardi di euro. Inoltre, se compri un libro non significa che lo leggi, ma almeno c’è un piccolo interesse per la lettura.

    In Romania, chi legge…legge molto e costantemente, e chi non…non legge affatto. Ci sono persone che possono vivere felici e contente senza leggere una sola riga! Alina Ilioi Mureșan, PR di Bookzone, la casa editrice che può vantarsi di suscitare l’interesse di tanti romeni appassionati di lettura, ci dice che i romeni, però, comprano molti libri. “Il mercato del libro in Romania è in costante crescita, e i generi letti dai romeni sono sempre più diversi. Naturalmente, sono molto felice di vedere i romeni che ordinano libri, che leggono la stampa e sono affascinati dall’avere una propria biblioteca. Penso che quest’ultimo anno sia stato un anno molto buono, sotto tutti gli aspetti, in termini di vendite ma anche in termini di piano editoriale. I romeni leggonomolto sullo sviluppo personale e libri da cui imparano come possono migliorare la loro vita. Sono interessati alla salute del cervello, all’alimentazione sana, all’equilibrio emotivo e mentale.Inoltre, i libri di geopolitica sono molto richiesti, tenendo conto del contesto e dei tempi in cui viviamo. I meno acquistati sono stati, dal nostro punto di vista, i libri fantasy, anche se ‘Quando fioriscono i limoni’, ad esempio, ha avuto ungrande successo. In generale, però, i romeni non sono più così interessati alla narrativa. Almeno non i nostri lettori”.

    Sembra, tuttavia, che la preferenza per alcuni generi differisca nettamente da una generazione all’altra: la Generazione silenziosa (i nati tra il 1928 e il 1945) preferisce la letteratura classica, i Baby Boomer (i nati tra il 1946 e il 1964) scelgono i gialli e i thriller, la Generazione X (1965-1980) preferisce i classici contemporanei, le biografie, ma anche la letteratura di fantascienza (è del resto la generazione che legge di più e in modo più vario), la Generazione Y o i Millenial (1981 – 1996) preferisce la letteratura contemporanea, la Generazione Z (1997 – 2012) preferisce i libri fantasy, sullo sviluppo personale e sull’imprenditorialità. Per quanto riguarda l’interesse per la lettura, Alina Ilioi Mureșan ritiene che sia in crescita, se guardiamo alle vendite di libri. “Il mercato dei libri di quest’anno è in costante crescita. Naturalmente, però, è difficile da prevedere. Per esperienza, ho visto che spesso possiamo essere colti di sorpresa da certe situazioni”.

    Guardando i numeri, sembra che, però, i romeni non siano proprio tra gli ultimi a toccare un libro. Non siamo davvero così indietro nella lettura? Alina Ilioi Muresan ci dà ragioni per essere ottimisti. “Non ci credo, perché vedo quanti ordini di libri fanno ogni giorno i romeni, e non credo che in Europa leggano meno. Certamente i romeni ordinano i libri per leggerli, non per dimenticarli nella biblioteca. E’, tuttavia, un investimento finanziario e uno sforzo che fanno. Sì, i romeni leggono e leggono molto”.

  • I romeni e l’addestramento militare volontario

    I romeni e l’addestramento militare volontario

    “Paese, paese, vogliamo soldati!” No, non è il leitmotiv di uno dei giochi preferiti di tanti bambini nella Romania comunista! Potrebbe essere associato, al contrario, in questo momento, piuttosto all’appello che lo stato romeno rivolge ai giovani affinché optino, nel prossimo futuro, per un tirocinio volontario retribuito di addestramento militare proposto dal Ministero della Difesa.

    Le autorità stanno attualmente lavorando all’aggiornamento della legislazione sulla preparazione della popolazione alla difesa. È nel circuito di approvazione interministeriale un disegno di legge avviato nel 2019 dallo Stato Maggiore della Difesa e sottoposto a un processo decisionale trasparente nel 2022. Esso propone che le persone di età compresa tra 18 e 35 anni, indipendentemente dal sesso, con residenza permanente in Romania, possano partecipare volontariamente ad un programma di addestramento militare di base della durata massima di quattro mesi – per imparare come gestire diversi tipi di armi, per partecipare a corsi di orientamento sul campo, di decontaminazione o di primo soccorso. Durante questo periodo beneficeranno di alloggio, attrezzature e cibo gratuiti e riceveranno un’indennità mensile simile a quella dei militari con il grado di soldati, di circa 3.000 lei (600 euro). Al termine del programma è previsto un bonus pari a tre retribuzioni medie lorde. Gli studenti potranno anche loro svolgere, su richiesta, tirocini per acquisire conoscenze di base in campo militare, durante le vacanze universitarie. Tutti coloro che seguiranno un programma di formazione militare volontaria completeranno la riserva militare dell’Esercito romeno oppure potranno partecipare alla selezione per diventare militari professionisti con un contratto di impiego nell’Esercito.

    Gli esponenti militari insistono e il primo ministro Marcel Ciolacu ribadisce: non si tratta né di tornare al servizio di leva obbligatorio, né, nonostante il contesto geopolitico teso, di preparare il Paese per una guerra. Ma – aggiungono gli specialisti – bisogna prepararsi alla difesa! Marcel Ciolacu: “Ogni paese deve prepararsi al peggio, ma non bisogna prendere il contesto della guerra in Ucraina e pensare che, Dio mio, c’è un pericolo che dalla Russia verrà versola Romania! Da lì non arriva nessuno pericolo, ma abbiamo davvero bisogno di un Paese normale, e poi bisogna prevedere alcune cose, come questo sistema di volontariato retribuito, dove le persone si formano e imparano le basi dell’arte della difesa. È l’approccio giusto, ma non si deve capire, nel contesto di una guerra al confine, che, ahimè, sta arrivando la guerra! Nessuna guerra sta arrivando!”

    La scadenza per l’adozione in Parlamento della legge sul servizio militare volontarioè il mese di giugno. La Romania attualmente ha un deficit sia di personale militare attivo, che di riservisti. Farebbe affidamento, se necessario, su circa 70.000 militari attivi, rispetto agli oltre 300.000 degli anni ’90, e su una riserva in un processo naturale di invecchiamento composta principalmente da coloro che hanno prestato il servizio di leva obbligatorio fino al 2007, anno della sua sospensione.

    In un’intervista per Radio Romania, il tenente generale di riserva Virgil Bălăceanu, presidente dell’Associazione degli ufficiali di riserva romeni, spiega perché si è arrivati qui: “Stati come la Polonia hanno avvertito, fin dalla sospensione del servizio militare obbligatorio, la necessità di una riserva fresca, giovane e permanentemente addestrata. D’altra parte, in Romania, con la sospensione del servizio militare obbligatorio, la riserva non ha più importanza. Le misure politiche tardano in questa fase e vi faccio un esempio eloquente: la Polonia adotta la legge sul riservista volontario nel 2009, quando sospende il servizio militare obbligatorio, la Romania attua tale legge dieci anni dopo la sospensione del servizio militare obbligatorio. E adesso assistiamo ad un ritardo di due anni nell’arrivo della legge sulla preparazione della popolazione alla difesa con un ritardo della disposizione riguardante il servizio militare volontario retribuito che va definito come irresponsabilità. Ciò è dovuto all’impressione sbagliata dei dirigenti politici, anche dei leader militari dell’esercito romeno, dopo la sospensione del servizio militare obbligatorio, che la riserva non sia più necessaria, che i riservisti non siano più così importanti. Siamo ormai sugli ultimi 100 metri e solo la posizione dignitosa e responsabile del generale Vlad, capo della Difesa, ha innescato un processo che avrebbe dovuto innescarsi due anni fa.”

    Le opinioni dei giovani sono divise. Ecco cosa rispondono alla domanda se, se necessario, andrebbero in battaglia: “-: È il mio paese e probabilmente ci andrei, ma solo per questo. -: Vado, perché è il mio paese, sono i miei antenati, non posso non andarci. -: Se mi chiamassero, sì. -: No, non andrei, troverei soluzioni per “saltare il processo”. Principalmente, ho paura della guerra, tutto qui. -: Onestamente non vorrei, ma adesso devo. -: Farei qualsiasi cosa per aiutare l’umanità! -: Sono cittadino romeno, non è normale che tutti noi partecipiamo? -: Non voglio necessariamente che accada, se necessario, sì, ma personalmente preferirei qualcosa di più pacifista.”

    Secondo un recente sondaggio condotto da Avangarde, la maggioranza dei romeni, il 71%, afferma che l’esercito romeno non farebbe fronte alla guerra se il paese venisse attaccato. Alla domanda se sono disposti a intraprendere un addestramento militare, il 37% della popolazione generale è d’accordo, il 57% no. Sulla stessa questione il 14% dei giovani tra i 18 e i 35 anni è favorevole, mentre il 77% è contrario. D’altro canto, 69 romeni su 100 credono che la Nato correrebbe in aiuto, sapendo che l’adesione alla NATO offre alla Romania le più forti garanzie di sicurezza della storia. Specialisti in campo militare richiamano, però, l’attenzione sul fatto che, nonostante la Romania faccia parte dell’Alleanza, quest’ultima non risponde, in caso di pericolo, al numero telefonico di emergenza 112, per intervenire in pochi minuti.

  • Imprenditoria femminile sostenibile

    Imprenditoria femminile sostenibile

    In Romania si stanno creando sempre più imprese sostenibili, basate sul ricondizionamento di vecchi prodotti che possono acquisire una nuova vita riutilizzando i materiali. Molte di queste sono gestite da donne, per questo l’impresa sociale ALTRNTV, avviata a sua volta da due imprenditrici, ha ideato un programma per promuoverle, intitolato “Le voci dell’imprenditoria femminile” (“VOICES OF WOM(EN)TREPRENEURS”. Si tratta di un  negozio di prodotti ottenuti tramite upcycling o utilizzando materiali quanto più ecologici possibile. ALTRNTV, fa parte,a sua volta, dell’associazione Mercy Charity, proprietaria di un laboratorio sociale per il riciclo di vecchi vestiti.

     

    Grazie a “Le voci dell’imprenditoria femminile”, più di 2000 allievi e studenti hanno scoperto chi c’è dietro le imprese sostenibili, cos’è un’impresa sostenibile e, soprattutto, come ottenere un articolo del genere, come ci ha raccontato Daniela Staicu, una delle fondatrici del progetto. “Attraverso il progetto, volevamo e penso che siamo riuscite a portare i designer romeni che realizzano prodotti sostenibili, cioè prodotti con materiali riciclati, davanti agli alunni, agli studenti e agli insegnanti. E cito come esempio un’azienda di Sibiu che raccoglie e ricicla magliette, che poi diventano materia prima per tappeti che poi rivendono nei negozi e sul sito web. In questo modo in un tappeto del genere entrano 30-40 magliette e non finiscono più nella spazzatura. Un altro designer lavora solo con materiali naturali, con plastica riciclata o fondi di caffè, che anche in questo caso non finiscono tra i rifiuti, ma vengono incorporati, ad esempio, negli occhiali da sole. Esatto. La montatura di questi occhiali contiene anche fondi di caffè. Gli esempi sono tanti e noi abbiamo voluto far conoscere le donne che propongono tali prodotti e che solitamente non conosciamo, non le vediamo perché la maggior parte del tempo sono in laboratorio e lavorano.”

     

    Nella prima fase del progetto, portata avanti dal luglio dello scorso anno, sono stati inclusi circa 15 designer sui 140 ospitati dal social store aperto da Daniela Staicu e dalla sua socia Alina Țiplea. Daniela Staicu ci racconta come sono state promosse le imprenditrici. “Sono andata con la troupe cinematografica nei loro laboratori, li abbiamo filmati, ho chiesto loro di raccontare la loro storia, come sono arrivate ​​a realizzare simili prodotti e a diventare imprenditrici. Questi video sono arrivati ​​​​agli studenti delle scuole superiori e delle università che li analizzano a scuola, insieme agli insegnanti, nelle lezioni di imprenditorialità, di ecologia. Ora a scuola c’è  La Settimana delle Attività Extracurricolari o la Settimana Verde, quindi ci sono molteplici possibilità di discutere e analizzare questi esempi.”

     

    E tali esempi appaiono sempre più spesso negli ultimi anni, poiché è aumentato il numero di giovani che avviano imprese sociali e sostenibili. Daniela Staicu.”Sono molti di più i giovani che scelgono di creare prodotti con materiali riciclati. Molti materiali possono essere riciclati, a parte quelli menzionati prima. Ci sono designer che lavorano con la plastica riciclata, sostanzialmente raccolgono bottiglie di plastica di varie bevande, fondono quella plastica e la modellano in accessori, cioè orecchini, collane molto belli, attraenti. È possibile utilizzare anche i tasti della tastiera del computer o i floppy disk. Ci sono prodotti realizzati con floppy disk, tra cui borse o spille. Inoltre, le schede madri dei computer vengono riciclate in orecchini, ciondoli e così via. Quindi ci sono molti prodotti che si possono riciclare per usarli come materia prima per nuovi prodotti.”

     

    Daniela Staicu e Alina Țiplea però non si fermano qui e intendono continuare quest’anno il progetto “Voci dell’imprenditoria femminile” includendo il resto dei designer con cui collaborano. Daniela Staicu: “La maggior parte sono donne, ma abbiamo voluto iniziare con questa serie di 15 materiali video sulle donne imprenditrici perché possono essere motivazionali o fornire ispirazione alle madri che vorrebbero cambiare carriera, ad esempio, e intraprendere questa strada di imprenditorialità o alle donne che sono semplicemente in pensione e vogliono fare qualcosa con il tempo che hanno. Abbiamo voluto mostrare che esistono tante modalità per diventare un imprenditore. Abbiamo pensato che se mostriamo come vengono fatte queste cose, forse sarà una fonte di ispirazione per le persone che vogliono cambiare ciò che fanno ed entrare in quest’area del riciclaggio e dell’imprenditorialità creativa.”

     

    Il progetto “Voci delle donne imprenditrici” è stato sostenuto finanziariamente da un grant offerto dal Dipartimento di Stato americano.

  • Il mercato del lavoro all’inizio dell’anno

    Il mercato del lavoro all’inizio dell’anno

    La più grande piattaforma di reclutamento online, e-jobs, ha fornito all’inizio di gennaio nuovi dati e statistiche sul mercato del lavoro. Secondo e-jobs, quasi il 40% delle offerte di lavoro pubblicate lo scorso anno erano rivolte a candidati entry-level (ovvero tra 0 e 2 anni di esperienza), mentre oltre il 28% si rivolgeva a candidati con un livello medio di esperienza. Solo l’8,4% delle offerte di lavoro era rivolto a senior, cioè persone con più di 5 anni di esperienza, e il 2,6% a manager, mentre nel 2023 sulla piattaforma sono state pubblicate 370.000 offerte di lavoro.

     

    I candidati entry-level non sono stati solo i più ricercati, ma anche quelli con il maggior numero di candidature. Più della metà delle quasi 12 milioni di domande dello scorso anno sono state fatte da quelli che gli esperti chiamano candidati entry-level. Per il quarto anno consecutivo la categoria 18-24 anni resta la seconda fascia d’età più attiva, non lontana dal primo posto, occupato da chi ha tra i 25 e i 35 anni. È anche il segmento che ha avuto un trend in crescita nella seconda metà del 2023 rispetto alla prima, mentre le candidature della fascia d’età 25-35 anni hanno avuto un leggero calo negli altri mesi rispetto all’inizio dello scorso anno. La maggior parte delle candidature entry-level hanno riguardato la vendita al dettaglio, i call center, i servizi e l’IT o le telecomunicazioni, le banche, il turismo, la pubblicità/ il marketing/il PR e l’industria alimentare.

     

    Ana Călugăru, responsabile della comunicazione presso e-jobs Group, ci ha descritto il mercato del lavoro dello scorso anno. “Nel 2023 abbiamo avuto un temperamento del mercato del lavoro, in termini di posti di lavoro. Parliamo di un calo di circa il 12% rispetto al 2022, parliamo di 370mila nuovi posti di lavoro inseriti nella piattaforma per i quali sono state raccolte quasi 12 milioni di domande. Da questo punto di vista abbiamo avuto un aumento delle candidature di oltre il 10% rispetto al 2022. Abbiamo visto che il maggior numero di assunzioni si è registrato nel commercio al dettaglio, nei servizi, nei servizi in outsourcing, nell’edilizia, nel turismo. È stato un anno che, verso la fine, ha esercitato molta pressione sui datori di lavoro dei settori IT, dell’industria alimentare, dell’agricoltura e dell’edilizia, perché sono state abolite le agevolazioni fiscali per i datori di lavoro e questo ovviamente comporterà un onere finanziario per i datori di lavoro che non taglieranno il reddito netto dei dipendenti. Non abbiamo visto gli stessi aumenti del 2022, aumenti salariali, tuttavia, per le posizioni chiave, le aziende hanno dovuto aumentare gli stipendi per trattenere quei dipendenti”.

     

    In un’economia tumultuosa come quella attuale, le previsioni per il 2024 si basano fortemente sulla cautela. I dipendenti senior non hanno fretta di cambiare lavoro, mentre i datori di lavoro ci pensano due volte prima di immettere un lavoro sul mercato. A ciò si aggiunge la loro scarsa disponibilità a consentire il lavoro da remoto. Ana Călugăru ha spiegato: “Il 2024 è iniziato più o meno nello stesso modo del 2023. C’è molta cautela nel mercato da parte dei datori di lavoro e probabilmente così andranno le cose fino alla metà dell’anno; tutti guardano i segnali economici per vedere esattamente quali mosse possono fare. Nessuno vuole rischiare, però continuano a fare assunzioni, nella prima parte di gennaio abbiamo pubblicato più di 20.000 posti di lavoro, quindi ci sono opportunità sul mercato. Se guardiamo ai lavori da remoto, vediamo il loro livello più basso, pubblicato negli ultimi anni. (…) Quindi i datori di lavoro non sono più così disposti ad assumere lavoratori a distanza. I candidati però sono disposti a impegnarsi in questo modo, solo che la tendenza del mercato è comunque quella di tornare al lavoro d’ufficio”.

     

    Per i candidati over 40 questa volta potrebbe essere necessario più tempo affinchè trovino un nuovo lavoro. Le offerte per loro non sono molte, e se pensano a una riconversione professionale, il consiglio dei professionisti del settore è di stare molto attenti alle decisioni che prendono. Inoltre, è possibile che, nel nuovo settore, partano da una posizione junior. Ecco cosa ha precisato a riguardo Ana Călugăru, responsabile della comunicazione del gruppo e-jobs. “Chi vuole trovare lavoro e ha più di 40 anni dovrebbe sapere che quest’anno potrebbe essere necessario un po’ più tempo rispetto agli anni precedenti per trovare un lavoro, perché non ci sono così tante offerte sul mercato. Può durare anche sei mesi per trovare il lavoro giusto. Se si tratta di riconversione professionale, anche qui servirà molta pazienza, per orientarsi abbastanza bene nel settore che si vorrà scegliere e per capire che è possibile partire da una posizione junior. Naturalmente, dovrebbero sempre tenersi aggiornati sui nuovi posti di lavoro che appaiono sul mercato”.

     

  • Cane abbandonato, cerca un brav’uomo

    Cane abbandonato, cerca un brav’uomo

    Anche se in Romania la sterilizzazione e il microchip sono obbligatori per i cani, la legge non viene rispettata da tutti i proprietari, e i rifugi per cani – gestiti dai comuni o da privati ​​- si riempiono velocemente di animali abbandonati al loro destino. Negli ultimi tempi sono sempre più numerose le informazioni relative al loro abbandono, sebbene tale atto sia punibile per legge. Molti dei cani abbandonati si riproducono e possono diventare aggressivi.



    Nessuno vuole rivivere i momenti dei primi anni 2000, quando la Romania era sulla prima pagina della stampa internazionale a causa delle azioni violente contro i cani randagi! Allora, ad esempio, fu creato il Rifugio Speranza, vicino a Bucarest, proprio per venire in aiuto agli animali non desiderati.



    Anca Tomescu, veterinaria, direttrice di comunicazione del rifugio, ricorda:”Ero al canile pubblico Pallady, dove lavoravo come volontaria, insieme a veterinari e altre persone coinvolte nel salvataggio degli animali, quando ci hanno comunicato che si era decisa la loro uccisione. In quel momento nel canile cerano 100-150 cani, che abbiamo deciso di accogliere noi, più precisamente mia madre, Florina Tomescu. Non avevamo un posto dove portare tanti cani, così abbiamo chiamato tutti i nostri amici, ciascuno ne ha tenuto 2-3-5-7-8 in macchina, in casa e via dicendo. Finché non siamo riusciti a improvvisare, diciamo, la prima parte del Rifugio Speranza, nel comune di Berceni, in una fattoria in disuso, una fattoria che abbiamo allestito per tenere i cani randagi. È stato un periodo duro, brutto con molti problemi. Fino a quando ci è stato detto che dovevamo lasciare il posto! Dovevamo semplicemente decidere in una notte dove spostare 500 cani. Perchè a quel punto erano circa 500! Ho ereditato un pezzo di terreno a Popești-Leordeni, su cui non cera nulla, e dallallestimento del terreno fino a quando abbiamo dovuto liberare il terreno a Berceni, siamo rimasti forse anche un anno in un altro posto nel comune di Jilava, dove abbiamo affittato dei capannoni. Un altro brutto, brutto momento! Ci siamo trasferiti a Popești-Leordeni, sul nostro terreno, ci siamo liberati dallaffitto, che era una spesa enorme, e lì il rifugio ha cominciato effettivamente a funzionare. E questanno abbiamo festeggiato i 22 anni del rifugio.”



    Dallinizio degli anni 2000 ad oggi, la situazione dei cani randagi e la loro cura sono cambiate molto in meglio in Romania. E il Rifugio Speranza è la prova vivente che le cose stanno così. Anca Tomescu ci invita a fare una visita: “Inizierei col dire che esiste una regola doro al Rifugio Speranza, cioè che i cani sono la priorità. Chi entra può notare, che, dal primo allultimo, tutti i cani ospitati sono socievoli, hanno un bellaspetto, si vede che sono cani ben curati, cani che non stanno solo chiusi, è molto importante che corrano, giochino, sentano il calore umano e sentano una buona parola, ricevano cibo adeguato. Il rifugio ha attualmente 105 appositi spazi, di cui solo sei sono riscaldati durante linverno. Il 7 sarà presto in arrivo grazie alla donazione della mia buona amica, lattrice romena Carmen Tănase. Ha tre cliniche veterinarie, molto ben attrezzate, perché ci siamo resi conto che con tanti cani bisogna costantemente accertarsi della loro salute, fare esami, vaccinarli. Non aveva senso pagare nelle cliniche private. Sempre con lidea di ​​risparmiare sul budget, rendendo le cose più facili per noi e per i cani, abbiamo anche creato una clinica di fisioterapia, dove curavamo e curiamo cani paraplegici. Alcuni di loro hanno ricominciato a camminare da soli, altri no, ma stanno facendo fisioterapia. Abbiamo anche realizzato tre nuovi parchi giochi per loro. Ne avevamo uno grande prima, ora ne abbiamo fatti altri tre. Abbiamo tre piscine costruite per i cani, proprio perché vogliamo che tutti i cani del Rifugio Speranza, indipendentemente dalla durata del loro soggiorno, si sentano bene e lascino il rifugio come cani normali, con un carattere tranquillo e non si spaventino o abbiano nessun problema comportamentale.”



    Ma, racconta Anca Tomescu, veterinaria, i cani non hanno nulla a che fare con i rifugi, devono essere adottati. Nel corso del tempo, migliaia e migliaia di cani sono stati adottati dal Rifugio Speranza. Da circa due anni essi seguono addirittura un programma di formazione speciale – “i Messaggeri della Speranza”- per essere consegnati in regola alla famiglia adottiva. In Romania, invece, il tasso di adozione è basso, e al polo opposto il tasso di abbandono è molto alto. Perché?”Abbandono significa mancanza di educazione, ovviamente. La gente deve capire che con il cane vivrà situazioni straordinariamente belle, ma anche situazioni in cui probabilmente si arrabbierà, proprio come quando si ha un figlio. Lunica differenza è che il bambino, ad un certo punto, parla ed eventualmente ti può dire qual è il problema, e il cane rosicchia, e il cane fa pipì in casa, e il cane può rubarti il ​​tuo paio di scarpe preferite, e il cane si ammala e ha bisogno del dottore, anche il cane ha bisogno di essere portato a spasso. Cè ancora una cosa che tengo a sottolineare: un cane non è un regalo di Natale! Non regalate animali vivi, perché non è normale regalare un cane a una famiglia che magari non è pronta, non vuole, è felice solo nel momento in cui lo riceve perché è carino, ma il 5 gennaio inizia a lavorare e non ha nessuno con cui lasciarlo. Un altro aspetto: cè il fenomeno voglio un cane grosso, perchè le persone abbiano paura quando mi passano accanto! Ebbene sì, ma tu hai 50 kg, non puoi avere un cane di grossa taglia, devi adottare un cane in base alle tue esigenze e necessità! Se per esempio vivi in ​​un monolocale non puoi adottare un cane di 60 kg, se lavori 12 ore al giorno, allo stesso modo, se tua moglie, tuo marito, tuo figlio, tua nonna non lo vogliono, non puoi non costringerli a prendere un cane in casa, se non hai i soldi per mantenerlo, lo stesso. Ladozione, sì, è meravigliosa! Consiglio a chiunque di adottare un cane. Ti cambia la vita in meglio, tutta la famiglia diventerà più felice, più responsabile, più amichevole. Ma se non puoi adottare e ami, tuttavia, gli animali e vuoi essere coinvolto, puoi fare volontariato in un rifugio oppure donare o fare molte altre cose per gli animali.”



    Per educare lopinione pubblica, cè un Museo dei cani randagi presso il Rifugio Speranza. Gli alunni vengono accolti per visite durante la settimana “A scuola in modo diverso” ed è stata ideata lazione suggestiva “Spezzattino per tutti i cani”, alla quale in ogni edizione è coinvolto un VIP. In costruzione anche un centro destinato a tutti coloro che – dai piccoli ai grandi – sono desiderosi di imparare cosa significa prendersi cura degli animali. “Crediamo davvero che, passando il testimone, si potrà migliorare ancora” – spera Anca Tomescu.




  • Come monitoriamo gli spazi verdi a Bucarest

    Come monitoriamo gli spazi verdi a Bucarest

    Capitale con grossi problemi di inquinamento, Bucarest è carente anche in termini di metri quadrati di spazio verde. E questa situazione rispecchia, di fatto, lo stato attuale della legislazione in materia. Ad esempio, da diversi anni non esiste un registro funzionale degli spazi verdi, sebbene nel 2011 sia stato elaborato un documento del genere. Il Consiglio Generale non lha però votato a causa di numerosi problemi metodologici e del fatto che, in realtà, non offre alcuna tutela agli spazi verdi. Si tratta piuttosto di un documento consultivo, senza valore legale, afferma Victoria Carasava, coordinatrice del progetto Art Fusion, lorganizzazione non governativa che ha avviato una petizione civica per ladozione urgente del Registro degli spazi verdi.



    Victoria Carasava: “Nel mese di ottobre abbiamo avviato una campagna per il ripristino urgente di questo registro, realizzato come previsto dalla legge, affinché possa essere votato dal Consiglio Generale di Bucarest e abbia valore amministrativo. Da ottobre ad oggi più di 5.000 residenti di Bucarest hanno firmato la nostra petizione. Ci auguriamo che in futuroquanti più cittadini possibile di Bucarest firmino questa petizione e dimostrino al Comune che la mancanza di spazi verdi a Bucarest è un vero problema. E parallelamente, oltre a questa petizione, abbiamo presentato una lettera aperta al Comune di Bucarest, attualmente firmata da 29 organizzazioni della società civile e gruppi di iniziativa civica locale. E insieme, attraverso questi due approcci, la lettera aperta e la petizione, entrambe presentate a dicembre al Comune, speriamo di ricevere finalmente una risposta dal municipio e dal sindaco generale per rendere questo processo un po più trasparente e vedere esattamente quali sono le scadenze con cui lavora il Comune per quanto riguarda il ripristino di tale registro.”



    Quali sarebbero i problemi dellattuale registro e cosa spera la società civile che venga risolto da un nuovo documento? Victoria Carasava: “Il registro attuale praticamente non mostra quale sia la reale quantità e qualità degli spazi verdi a Bucarest. Gli alberi apparivano in questo registro in luoghi dove non erano mai esistiti. Sono state indicizzate aree che, per legge, non avrebbero dovuto far parte del registro. Inoltre cera un altro problema molto serio. Al momento della realizzazione di questo primo registro non sono stati previsti fondi per il suo aggiornamento perché la Legge sugli Spazi Verdi ci dice che questo registro è uno strumento dinamico, che inventaria tutto il patrimonio verde di una città e deve assolutamente riflettere ogni cambiamento qualitativo o quantitativo che si verifica su questi spazi verdi.”



    Purtroppo, sembra che la realizzazione di questo registro richiederà più tempo, perché dipende dalla legge sugli spazi verdi e dal codice urbanistico, atti normativi ora allesame parlamentare per ladozione di alcuni emendamenti. Alcuni di questi emendamenti affrontano addirittura la possibilità che alcuni spazi verdi di proprietà privata possano cambiare il loro status e diventare aree residenziali funzionali. In entrambi i casi ciò significherebbe una riduzione dello spazio verde già limitato, credono diverse organizzazioni ambientaliste, come anche il sindaco generale. Fino ad allora, però, anche il Comune resta in attesa. Victoria Carasava: “In questo momento, poiché in Parlamento, da diversi mesi, si discute della modifica della Legge sugli Spazi Verdi, ma anche del Codice Urbanistico, è molto probabile che queste norme cambino e la discussione su cosa rientra in questo registro diventi più complicata. E da quanto ho capito, questo sarebbe uno dei motivi per cui in questo momento il Comune non avvia la procedura di appalto per i servizi di ripristino del registro. Da un certo punto di vista, il municipio non ha la capacità di redigere questo registro da solo. Questo strumento richiede molto lavoro, richiede la raccolta di molte informazioni sul campo, un processo che richiederebbe almeno un anno, perché assolutamente tutti gli alberi, ad esempio, devono essere indicizzati. I dati devono essere raccolti in due periodi distinti dellanno, quando gli alberi sono verdi e anche quando non sono verdi. Si tratta quindi di un processo a lungo termine, motivo per cui il Comune deve subappaltare questo servizio, e speriamo di creare un rapporto un po più trasparente e collaborativo con il Comune, per esplorare insieme lopzione di creare un registro degli spazi verdi per fasi.”




    In realtà, lintero processo dovrebbe essere accelerato, poiché gli spazi verdi sono vitali per la salute della popolazione. Gli abitanti di Bucarest, ad esempio, “godono” di soli sette metri quadrati per abitante, calcolo del resto discutibile, ritiene Victoria Carasava. “Sette metri quadrati è la stima della Commissione Europea. È una stima di qualche anno fa. Attualmente, questa stima probabilmente non riflette più la realtà. È del tutto possibile che ora abbiamo ancora meno spazio verde. Inoltre, lo spazio verde minimo raccomandato dallOrganizzazione Mondiale della Sanità è di 50 metri quadrati per abitante. Al momento, come ho detto, non sappiamo esattamente quale sia la situazione, e questo è molto grave. Noi chiediamo non solo il ripristino di questo registro, ma anche un piano dazione chiaro per lespansione e il completamento della rete verde cittadina, cosa di cui parla anche la Legge sugli spazi verdi, che ci dice che questo registro o audit degli spazi verdi va accompagnato da un piano per espandere la rete degli spazi verdi nelle città romene. Un registro degli spazi verdi ci aiuterebbe molto a individuare effettivamente i terreni degradati che sono spazi pubblici oppure appartengano a istituzioni statali o sono spazi privati, terreni che in futuro potrebbero essere trasformati in parchi.”