Category: La società

  • Della violenza e di altri demoni

    Della violenza e di altri demoni

    Che si tratti di violenza fisica, sessuale, culturale, spirituale o cibernetica, parliamo sempre di potere, di controllo. La violenza è un processo ripetitivo. Molte volte, essa degenera e si arriva persino allomicidio. Questo gioco malato di controllo e potere lascia profondi traumi nel cuore della vittima. Cosè la violenza domestica dal punto di vista psicologico? Quali le tappe di questo processo? “Dal punto di vista psicologico, la violenza in famiglia, nota pure come violenza domestica, presuppone un comportamento o unazione deliberata, che utilizza il costringimento fisico o emotivo su un altro membro della famiglia, al fine di imporre il proprio potere e controllo nei suoi confronti. Quindi un abuso. La violenza in famiglia appare come un processo ripetitivo. È come una successione di comportamenti abusivi che, una volta apparsi, diventano prevedibili. Questo loop ha 4 fasi che si ritrovano sia nel comportamento dellaggressore, che in quello della vittima. Nella prima fase appare la tensione. La vittima si sente ansiosa, cerca di migliorare latmosfera ed è attenta ai propri gesti e comportamenti. Nella seconda fase, di aggressione, la vittima si sente umiliata, triste e ha il sentimento che la situaziuone è ingiusta, che laltro ottiene sempre ciò che si propone. La terza fase, di giustificazione, quando la vittima cerca di capire le spiegazioni e di aiutare laggressore a cambiare. Dubita delle proprie percezioni e si sente responsabile della situazione. Nella quarta fase, la conciliazione ( o la luna di miele), la vittima dà una chance allaggressore. Lo aiuta, nota i suoi sforzi e crede che laggressore cambierà le proprie abitudini. La Romania, purtroppo, è in testa alla classifica sulla violenza domestica nellUe. Ogni 30 secondi, una donna è vittima della violenza fisica, e 3 su 10 donne sono state aggredite fisicamente o psichicamente, a partire dai 15 anni. Unaltra statistica Ue rileva che, in Romania, ogni ora, due bambini sono vittime della violenza domestica e l86% dei casi segnalati, di abuso sui bambini, avviene in famiglia. Solo uno su nove genitori non colpirebbe mai il proprio figlio, e il 50% afferma di farlo per il bene dei figli. Il 63% dei figli afferma di essere stati colpiti dai genitori almeno una volta”, ci ha spiegato la psicoterapeuta esistenzialista Cristina Năstase.



    Può sembrare paradossale, ma la vittima, anche se sottoposta ripetutamente ad abusi, non lascia laggressore. Ingannata dal suo comportamento, dalle sue promesse, la vittima accetta di dargli unaltra chance. E poi unaltra. “Nel processo di violenza domestica cè la fase della luna di miele, quando labusatore cambia il comportamento verso la vittima proprio per impedirle/gli di uscire dalla relazione. Laggressore può far finta di pentirsi, di cercare aiuto professionale e persino di comportarsi da persona affettuosa e premurosa, per riconquistare la fiducia della vittima. Non dimentichiamo che la vittima è nella fase post-aggressione ed è in uno stato din reale confusione. La finta bontà e le finte promesse di non essere più aggressivo possono determinare la vittima a credere che la relazione può essere salvata. È molto importante che le vittime capiscano che non sono loro la causa del maltrattamento cui sono sottoposte, per non avere il senso di colpa nei confronti dellabusatore, che le tine in questo circolo vizioso”, ci ha spiegato sempre Cristina Năstase.



    Labuso può assumere varie forme, ammonisce Cristina Năstase. “Ci sono più forme di violenza domestica. La violenza fisica è la più ovvia e vuol dire lesioni corporali. La violenza sessuale vuole dire pratiche sessuali senza laccordo della vittima, nei confronti dei membri della famiglia o dei figli. La violenza psichica include minacce gravi, costrizioni, privazioni di libertà, vessazioni, ricatti emotivi, umiliazioni, ridicolizzazioni, uso dei figli per fare pressioni. La violenza sociale comporta lisolamento della vittima, tramite il divieto o la limitazione del contatto con la famiglia o gli amici. La violenza economica è il divieto di lavorare, la limitazione dellaccesso della vittima ai soldi, alle cose personali, al cibo, al telefono, tutto ciò che renderebbero la vittima autonoma. La violenza spirituale comporta il divieto di parlare nella lingua materna o lobbligo di pratiche religiose innaccettabili per la vittima. È apparso un altro tipo di violenza domestica, la violenza cibernetica. È una vessazione online, tramite il monitoraggio e lintercettazione di vari dispositivi, senza laccordo della vittima. Quindi, per assumere una posizione di controllo e potere.”



    Unaltra forma di violenza è il “guilt tripping”, ossia il ricatto emotivo, linduzione del senso di colpa, levocazione ripetitiva degli errori fatti nel passato dalla vittima, la manipolazione, il costringimento. Ma i più esposti e più facili da ferire sono i bambini. Vittime perfette, prive di autodifese, i bambini abusati credono sia questa la normalità. Quali le conseguenze dellaggressione fisica o di altra natura sui bambini ci spiega Cristina Năstase. “I bambini restano spesso leali al genitore che li abusa, perchè temono cosa possa succedere se svelano labuso. Un bambino abusato emotivamente potrebbe credere che i nomingoli offensivi o laffetto negato sia un modo normale di vita. Un bambino crede spesso di essere responsabile dellabuso anche perchè significherebbe che non è amato e che è indesiderato. Solo tramite il paragone con ciò che succede nelle famiglie dei compagni di scuola o degli amici può capire che ciò che sta vivendo a casa è tossico. Le conseguenze di questo abuso sui bambini possono essere gravi e persistere fino alla maturità. Ci possono essere problemi di attacamento, un alto rischio di relazioni difficili con i colleghi, problemi di intimità, di risoluzione dei conflitti, di aggressione nelle relazioni, comportamenti antisociali, persino delinquenza, comportamenti additivi, aggressivi. Senza un adeguato intervento, le persone abusate nellinfanzia hanno un rischio più elevato di abusare, dal loro canto, i propri figli, rispetto alle persone che non hanno subito abusi.”




  • Forme di abuso sui bambini

    Forme di abuso sui bambini

    Nonostante le difficoltà nel raccogliere dati durante la pandemia di Covid-19, long “Salvate i Bambini” è riuscita a portare a termine la sua indagine sugli abusi sui minorenni in Romania. Come cera, forse, daspettarsi, gli adulti e i minorenni interpellati hanno opinioni diverse sui certi aspetti. Ad esempio, dalle risposte ricevute dai bambini, risulta unincidenza molto maggiore dellapplicazione di punizioni corporali in ambito familiare (46%), rispetto a quella ammessa dai genitori (28%). Risultano, inoltre, differenze anche quando vengono paragonati i risultati di questanno a quelli degli studi del 2001 e del 2013.



    “Notiamo che lincidenza dellabuso verbale è in lieve calo, ma che resta, tuttavia, relativamente alta. Per quanto riguarda labuso fisico, notiamo che la punizione tramite percosse senza lasciare tracce sul bambino è stata in continuo calo durante le prime tre ondate della pandemia, arrivando da quasi l85% nel 2001 al 46% nel 2021, ma ancora con unalta incidenza. Queste sono le opinioni o risposte dei bambini. Inoltre è preoccupante che labuso fisico, le punizioni severe tramite percosse con vari oggetti o percosse che lasciano tracce non abbiano registrato un calo, al contrario, nel 2021 si è restati a un livello leggermente maggiore rispetto al 2013. Lo stesso succede con labuso emotivo e le minacce. Cè stato lo stesso andamento, come anche per quanto riguarda la negligenza infantile, lo sfruttamento minorile e labuso sessuale. In calo, secondo i bambini, solo labuso fisico leggero. Ma, il più probabilmente, si tratta del riconoscimento del fenomeno. I genitori sembrano cominciare a diventare consapevoli che non va bene offendere o urlare ai bambini. Se guardiamo al 2013, le percentuali erano di molto inferiori. Dalle risposte dei bambini sul comportamento degli insegnanti vediamo che labuso fisico è in costante calo, registrando un chiaro trend decrescente dal 30 % del 2001 al 5% del 2021. Labuso emotivo, invece, o le sgridate ai bambini restano ad alti livelli, senza registrare lo stesso trend decrescente”, ha spiegato il sociologo Ciprian Grădinaru.



    Cosa vuol dire, più esattamente, abuso emotivo e quali sono le sue sottocategorie? “Labuso emotivo classico – al bambino vengono dette parolacce oppure viene offeso – si attesta al 12%. Quasi il 90% dei bambini affermano che vengono sgridati dai genitori. Metà dei bambini affermano di assistere ripetutamente a liti tra genitori e ciò può essere unaltra forma di abuso emotivo. Quasi due su dieci bambini affermano che i genitori non li lasciano incontrarsi con altri bambini per giocare. Altrettanti bambini affermano che uno dei genitori beve troppo. Una forma ancora più grave di abuso è il rifiuto di dare da mangiare al bambino. Se continuiamo ad analizzare le forme di negligenza, notiamo che uno su tre bambini afferma di non avere niente da mangiare o di mangiare raramente cibo cucinato in casa. Più di due su dieci bambini affermano che non sono sempre visti dal dottore quando sono malati, che sono lasciati a casa da soli durante la notte per accudire a fratelli o sorelle minori o che sono lasciati per giorni chiusi in casa. Qui parliamo piuttoso di fattori socio-economici che comportamentali oppure di opzioni educative dei genitori”, ha spiegato sempre il sociologo Ciprian Grădinaru.



    Inoltre, le percentuali riguardanti labuso sessuale restano preoccupanti: circa il 3% dei genitori affermano che, nellultimo anno, il loro figlio è stato vittima di abusi sessuali, in circa due terzi dei casi laggressore essendo uno sconosciuto, mentre il 2,9% degli adolescenti hanno dichiarato di essere stati costretti ad avere rapporti sessuali contro la propria volontà. Gli esperti considerano, però, che in questo caso si potrebbe trattare di un minore numero di casi segnalati. Quindi si tratterebbe solo della punta delliceberg.



    Cosa fa la scuola affinchè il numero di abusi sia ridotto o che gli abusi, in generale, siano prevenuti? Una risposta ce la danno anche i consulenti scolastici che sono, purtroppo, pochi e devono gestire un grandissimo numero di casi. Ma anche in un simile contesto si può fare qualcosa, spiega la psicologa Aura Stănculescu. “Ci interessa prevenire comportamenti che più tardi faremo fatica a combattere per costruire quelli buoni. Perciò, in aula, con gli allievi facciamo molte attività di comunicazione, insegniamo loro a comunicare e a comunicare in modo selettivo, a identificare le situazioni in cui provano disagio e cercare di apprendere la causa e, soprattutto, di verbalizzarlo e rivolgersi alle persone che possono risolvere la situazione. Un bambino che dice cosa gli fa male è un bambino che ha appreso a difendersi e a noi interessa che questi bambini non restino nel ruolo di vittima perchè i traumi si acutizzano e più tardi avremo adulti infelici che, forse, dal canto loro, diventeranno abusatori. Ci interessa avere un ambiente scolastico sano.”




  • Implicazione civica nella creazione di Geoparchi UNESCO

    Implicazione civica nella creazione di Geoparchi UNESCO

    Paese con molti paesaggi naturali stupendi, svariatissimi dal punto di vista del rilievo, della flora e fauna, dove vivono comunità tradizionali, soprattutto nelle zone montane e collinari, la Romania ha tanto da offrire anche dal punto di vista dell’armonia tra uomo e natura. È ciò che contraddistingue un Geoparco UNESCO, una struttura che abbina lo sviluppo sostenibile all’ecologia e per cui si candidano anche due progetti romeni: l’Oltenia alle falde delle montagne e la Contrada di Buzău. Le candidature a Geoparchi UNESCO sono iniziative della società civile, che puntano sull’importanza delle comunità locali nella tutela dell’ambiente e nella valorizzazione sostenibile della natura. Florin Stoican, rappresentante dell’Associazione Kogayon, è stato uno di quelli che hanno militato per la creazione, diversi anni fa, del Parco Nazionale Buila Vânturarița nella Provincia di Vâlcea (centro-ovest della Romania). E a giugno 2020 ha inviato all’UNESCO la lettera d’intenti per la candidatura della regione l’Oltenia alle falde delle montagne, candidatura sostenuta dalla Commissione Nazionale della Romania per l’UNESCO e dai 60 partner del progetto. Quali i pregi della regione l’Oltenia alle falde delle montagne e dove ricade il Parco Buila Vânturarița ci ha spiegato Florin Stoican.



    Il Parco Nazionale Buila Vânturarița è il gioiello della corona intorno al quale è nato il geoparco. Il parco ha 4.500 ettari e il geoparco è 15 volte maggiore e include sei località della Provincia di Vâlcea, da Vaideeni alle Terme Olănești. Include due piccole stazioni turistiche – Horezu e le Terme Olănești — e 4 località rurali. Ma l’Oltenia alle falde delle montagne è, praticamente, molto maggiore. Si stende dal fiume Olt fino al Danubio, ma il nostro progetto si concentra su Vâlcea perchè l’ong che dirigo è una piccola, con risorse limitate, e non ha la forza di occuparsi dell’intera regione. Abbiamo scelto questo nome proprio per lasciare la porta aperta all’ulteriore estensione del progetto. È una zona piccola dove, su un territorio ristretto, c’è una grandissima concentrazione e una grande diversità di attrattive naturali e culturali. Il geoparco significa geo-diversità e biodiversità, quindi patrimonio naturale: grotte, paesaggi, gole, siti fossiliferi, l’argilla di Horezu con cui si fa la ceramica e poi diversità culturale. È una zona con una grande concentrazione di monumenti storici, di musei, di tradizioni, di artigianato e il geoparco cerca di metterli tutte insieme in un’offerta destinata a promuovere la zona come destinazione turistica.



    Dopo l’inoltro della lettera d’intenti, il secondo passo per ottenere lo status di geoparco UNESCO è di inoltrare un dossier con i progetti per la zona, seguito da una valutazione degli esperti internazionali UNESCO che passeranno una settimana nella zona. L’intero processo affinchè l’Oltenia alle falde delle montagne diventi geoparco UNESCO durerà fino al 2024, stima Florin Stoican, e considera che merita l’attesa. I vantaggi sono tanti. Innanzittutto, a differenza delle aree protette, dove lo stato impone restrizioni e viene con risorse per poter imporre queste restrizioni, il geoparco è un territorio dove si promuove moltissimo lo sviluppo sostenibile basato sul patrimonio naturale. Si lavora moltissimo a livello locale con i partner della zona con cui vengono sviluppati servizi e prodotti che, messi sul mercato, hanno un ritorno di valore grazie al turismo. Ma non solo, perchè nel tempo le comunità capiscono il vero valore del patrimonio che hanno e automaticamente appare anche la protezione organica da parte delle comunità locali che giungono ad apprezzare il patrimonio naturale e culturale.”



    Un altro progetto che aspira allo status di geoparco UNESCO è la Contrada di Buzău, promosso dall’omonima ong. In quali zone nell’est della Romania ricade la Contrada di Buzău ci racconta Răzvan Popa, il suo presidente. La Contrada include 18 comuni, a nord e a est del fiume Buzău. È un territorio che inizia proprio dal fiume Buzău e include siti celebri come i Vulcanetti di fango. Là ci sono, infatti, 4 siti. Di solito, la gente visita Puțurile Mari, i più famosi, ma non i più belli. Ci sono anche Pâclele Mici, Fierbăturile de la Berca e Fierbăturile de la Beciu. La Contrada di Buzău include anche Focurile Vii e gli insediamenti rupestri di Colți e Bozioru, e anche la zona con giacimenti di sale e le grotte di sale di Mânzălești.”



    Quali sono state le tappe percorse finora dalla Contrada di Buzău? È un progetto iniziato nel 2007, quindi più di 14 anni fa. È durato molto, in quanto un progetto di costruzione, dall’infrastruttura turistica fino alla ricerca, promozione e creazione di partenariati. Abbiamo dovuto creare una massa di sostegno locale e non parlo solo del fattore politico, che è molto importante, ma anche degli imprenditori e della gente della zona. Quando siamo riusciti a riunire i criteri UNESCO — vanno riuniti 99 su 101 — e abbiamo messo a punto il dossier di candidatura nel 2020. Poi è iniziata la valutazione effettiva del dossier da una commissione UNESCO, poi da una commissione dell’Unione Internazionale delle Scienze Biologiche. Essi hanno fatto una valutazione della parte geologica per vedere se abbiamo un territorio con valori naturali geologici d’interesse internazionale. L’UNESCO ha valutato il progetto soprattutto in base a criteri di sostenibilità. Poi abbiamo ricevuto due valutazioni positive e l’UNESCO ha inviato due esperti nella zona che sono venuti lo scorso settembre. Essi hanno fatto un rapporto che hanno inviato all’UNESCO, e il 10 dicembre il Segretariato UNESCO ha votato la raccomandazione anche per la Contrada di Buzău, approvata all’unanimità”, ci ha raccontato Răzvan Popa.



    Quindi, la Contrada di Buzău si prepara a diventare Geoparco UNESCO, e la nomina ufficiale avverrà probabilmente a marzo 2022, in occasione della riunione del Consiglio UNESCO.

  • La combustione illecita di rifiuti – un grave problema di inquinamento

    La combustione illecita di rifiuti – un grave problema di inquinamento

    A causa delle restrizioni di circolazione imposte nel contesto della pandemia, linquinamento nelle grandi città sembrava essersi ridotto, soprattutto durante lo stato demergenza nella prima parte del 2020. Allora, in Romania, il traffico auto e implicitamente, le emissioni di CO2 generate dalle auto si sono ridotte sostanzialmente, soprattutto nella capitale Bucarest, al secondo posto come livello di inquinamento tra le capitali europee. Tuttavia, in quella occasione, è emerso ancora di più un fenomeno prima in gran misura trascurato: la combustione illecita di rifiuti nelle zone rurali intorno a Bucarest. Il fumo denso e lodore soffocante specifico agli incendi sono stati e continuano a essere risentiti dai bucarestini che abitano nelle zone di periferia. Come anche in altri casi il segnale dallarme è stato tirato dalla società civile. Oana Neneciu, coordinatrice della rete di sensori per il monitoraggio ambientale Aerlive e membro dellassociazione ambientalista Ecopolis, ci ha descritto la situazione.



    “Purtroppo, ufficialmente, non abbiamo dati dalle autorità pubbliche che dovrebbero occuparsi del fenomeno. Non abbiamo dati convincenti. Abbiamo solo informazioni da chi è andato sul posto o che abbiamo raccolto noi sul posto. Si tratta di materiali provenienti daauto demolite, in gran parte pneumatici, e, in generale, materiali che non possono essere rivalorizzati. Essi sono portati sui campi o in spazi appartenenti ai comuni intorno a Bucarest e intorno alla provincia di Dâmbovița. ad esempio. Sono portati li e, perchè ce ne sono tanti, a volte vengono bruciati. Gli abitanti delle zone rurali semplicemente li bruciano, e da quello che abbiamo capito sempre loro si occupano della demolizione di autoveicoli. Ma non possiamo dire molto perchè non ci sono dati ufficiali in questo senso. Perciò, noi, come long Ecopolis e lAerlive abbiamo iniziato questo autunno una campagna intitolata “Aria bruciata”.Cerchiamo di documentare il fenomeno per vedere da dove provengono i rispettivi materiali, cosa succese con essi, perchè finisono collessere bruciati sui campi e perchè i rispettivi comuni non reagiscono fermamente. Ad esempio, vogliamo sapere perchè non vengono raccolti dai servizi di raccolta rifiuti che funzionano nelle rispettive zone per evitare la loro combustione. »



    Quanto sia dannosa la loro combustione apprendiamo da un recente studio di Aerlive realizzato con il sostegno dellIstituto di Fisica Atomica di Măgurele. Lo studio rileva che, in seguito alla combustione dei rifiuti nelle stufe per uso domestico, viene rilasciata nellaria una quantità di particelle tipo PM10, contenenti sostanze chimiche cacerogene, molto maggiore di quella rilasciata dalla legna bruciata per il riscaldamento. Si è, inoltre, constatato che, in seguito alla combustione dei rifiuti di plastica (PET, schiuma poliuretanica, vestiti) nellaria vengono rilasciate fino a 700 volte di più idrocarburi, migliaia di volte più tossiche rispetto alle emissioni generate dalla combustione del legno. Allo stesso tempo, ultimamente, il fenomeno si è amplificato tanto da attirare lattenzione delle autorità. Ad esempio, lIspettorato per Situazioni dEmergenza ha dichiarato per il 2020, nella zona Bucarest-Ilfov, oltre 130 interventi effettivi contro la combustione dei rifiuti. Si è trattato di una quantità totale di oltre 870 tonnellate di rifiuti. « LIspettorato segnala gli interventi che fa su proprietà private dove avvengono queste combustioni illecite, ossia intorno alle proprietà e persino sulle proprietà. Ma i fuochi accesi sui campi, abbastanza spesso, sono spenti prima dellarrivo dei rappresentanti dellIspettorato propria da chi li accende. La Guardia Ambientale ha fatto una serie di controlli la scorsa primavera ed è riuscita a documentare un pò questo problema nel paesino Sintești. Ma, in realtà, i dati disponibili su questo tema sono pochissimi e ciò ci sembra preoccupante. Perciò, cerchiamo di mettere pressione sulle autorità al fine di trovare una soluzione», ha spiegato Oana Neneciu.



    Una spiegazione per le ingenti quantità di riufiuti non raccolti e non depositati secondo la legge ci viene offerta dalla Commissione Europe ache invia la Romania di nuovo davanti alla Corte Europea di Giustizia per il mancato rispetto della Direttiva sui depositi di rifiuti. La Romania semplicemente non ha provveduto al riutilizzo di un sufficiente numero di discariche affinchè i rifiuti fossero depositati in tal modo da non danneggiare alla salute e da non inquinare lambiente. Della situazione delle discariche intorno alla capitale Bucarest si occupa da diversi anni anche lAssociazione per la Natura e la Tutela Ambientale, diretta dallambientalista Bogdan Tucmeanu. «Attualmente nel nord-ovestdella Capitale ci sono moltissimi operatori di raccolta e deposito rifiuti. Ci sono tra 6-7 società che offrono simili servizi, oltre al più importante: la gestione del deposito di rifiuti della Capitale, ossia del Comune di Bucarest, nei pressi di Rudeni, ricadente nel territorio del primo rione. Da un anno allaltro linquinamento è diventato sempre maggiore. Ci sono moltissimi stabilimenti industriali o semi-industriali che, dal canto loro, contribuiscono in modo significativo al classico inquinamento dovuto al traffico e al riscaldamento residenziale. »



    Le discariche non conformi rilasciano odori pesanti, ma anche sostanze chimiche dannose, mentre i rifiuti generati da questi stabilimenti non modernizzati finiscono collessere bruciati. Inoltre, la combustione sembra avere anche cause economiche. Gli pneumatici e i cavi elettrici, ad esempio, vengono bruciati al fine di valorizzare il metallo che cè dentro, una volta sciolto il caucciù. « Purtroppo è unusanza e una modalità estremamente tossica scelta da una categoria di persone per guadagnarsi il pane. Il problema è che gli ingenti danni fatti dalla combustione di questi rifiuti per la valorizzazione di certi materiali non possono essere misurati, soprattutto dei materiali rari. Cimbattiamo nella stessa mancanza di coerenza e di azione da parte delle istituzioni. Di recente, un disegno di legge è stato, tuttavia, inoltrato al Senato, con la proposta che la combustione illecita di rifiuti sia considerata reato e punita con la reclusione da 6 mesi a 3 anni o con multe », ha raccontato Bogdan Tucmeanu.




  • Le assistenti domiciliari romene nell’Ue

    Le assistenti domiciliari romene nell’Ue

    Sin dallinizio degli anni 2000, quando londata migratoria dalla Romania verso lUe si è intensificata, le donne dalle zone disagiate che cercavano lavoro allestero trovavano un impiego, nella maggioranza dei casi, come assistenti domiciliari. Il loro numero è aumentato lungo gli anni come anche il numero di coloro che hanno sviluppato una serie di disturbi psichici noti come “La sindrome Italia”. Perchè Italia? Perchè molti casi si verificavano tra le assistenti domiciliari straniere, non solo romene, in Italia, che ospita la più numerosa comunità romena in un Paese dellUe. Molte di queste donne finiscono allIstituto Psichiatrico “Socola”, di Iasi, dove lavora anche la psichiatra Petronela Nechita. “Io ho cominciato a lavorare a Socola a gennaio 2008 come medico tirocinante. Sin da allora ho cominciato a sentire di questi casi di pazienti che tornavano dallestero con vari disturbi pshichici, sia depressione, sia psicosi. Sappiamo benissimo che Italia è un Paese con unaltissima percentuale di popolazione anziana, dove moltissime donne romene sono andate a fare le badanti. Loro hanno più responsabilità oltre alla cura degli anziani. Devono somministrare i farmaci o effettuare certe procedure mediche che non sono di loro competenza, il che rappresenta un fattore di stress. Un anziano ha bisogno di cure 24 ore su 24, soprattutto se parliamo di uno con disabilità neuropsichica. Normalmente un simile anziano avrebbe bisogno di tre persone che lo accudiscano nelle 24 ore perchè ciacuno di noi ha bisogno di 8 ore di sonno, otto di lavoro e otto di riposo attivo. Molte donne che fanno le badanti allestero lavorano moltissimo nelle 24 ore e durante la settimana pocchissime hanno ore libere o un giorno di ferie. Chi va a lavorare allestero dovrebbe assicurarsi di avere un contratto molto chiaro per quanto riguarda lorario di lavoro e le ore di pausa”.



    Del resto, un contratto di lavoro legale di questo tipo in Italia prevede, ovviamente, un numero limitato di ore di lavoro. Il problema è che molte badanti sia lavorano in nero, sia si trovano nella situazione in cui il contratto non viene rispettato, come ha constatato lattivista Silvia Dumitrache, presidente dellAssociazione Donne Romene in Italia. “In generale, i contratti di lavoro per le assistenti domiciliari prevedono 40 ore di lavoro settimanali. In realtà, queste donne lavorano e abitano nella casa in cui lavorano e non escono quasi mai, il che non è per niente normale. Sono a disposizione di chi le ha assunte, ma non direttamente, bensì indirettamente, perchè nemmeno conoscono queste persone. Ho visto che anche nel caso della Romania, come di altri Paesi, non viene specificato chi è veramente la persona che fa firmare allassistente domiciliare il contratto di lavoro e chi è responsabile per il modo in cui viene applicato. Le ambiguità sono tante è probabilmente lasciate apposta come tale. Queste assistenti domiciliari non hanno la chance di socializzare, e molte nemmeno riescono a dormire, perchè neanche la persona che devono accudire ha un sonno ininterrotto e ha delle esigenze speciali. E i membri delle famiglie per cui lavorano vengono anche loro con certe esigenze supplementari rispetto al contratto. Le famiglie per cui lavorano qeste donne non sono preparate per avere in casa unassistente che abbia anche diritti, non solo obblighi.”



    Ma nonostante la stanchezza, la limitazione della libertà di movimento e dello spazio intimo, queste donne confessano che è lassenza della propria famiglia il prezzo più alto che devono pagare. Il medico Petronela Nechita ci racconta cosa le turba di più. “È la nostalgia della propria famiglia, del coniuge, dei figli, genitori, fratelli, delle sorelle. Molte di queste donne vanno via a causa delle difficoltà finanziarie, per permettersi di inviare soldi al coniuge per lallevamento dei figli. Molte dicono di andare via per qualche mese e di tornare, ma i mesi diventano anni. E questa distanza tra loro e i coniugi e i figli ha moltissime conseguenze negative. Molte giungono alla separazione dal partner e col tempo si verifica anche un distacco tra il genitore che lavora lontano e i figli. E, quando tornano dopo qualche anno a casa, non ritrovano più lo stesso comfort emotivo di prima. I figli fanno rimproveri ai genitori andati via a lavorare allestero perchè loro hanno bisogno della presenza emotiva del genitore, non solo di sicurezza finanziaria.”



    Tutto ciò lascia, ovviamente, unimpronta sulla psiche di una persona già vulnerabilizzata dalla situazione anomala e spesso illegale in cui si trova. Dopo anni di campagnie di sensibilizzazione, Silvia Dumitrache considera che le autorità allestero e quelle in Romania conoscano benissimo la situazione delle donne affette dalla “sindrome Italia”. Per ora, si aspetta lapplicazione integrale della legge e un più attento monitoraggio di quelli che non la rispettano. Le campagnie svolte da attiviste come Silvia Dumitrache hanno anche altre finalità. “Io milito anche per aumentare la consapevolezza delle assistenti domiciliari affinchè si rendano conto in che situazione di vulnerabilità stanno per entrare. Si può portare un simile fardello per un mese, due, tre o un anno, ma dopo si è colpiti da una depressione insuperabile. Ciascuno può decidere cosa vuole. Non tutti i casi sono disperati. Ci sono situazioni in cui le assistenti domiciliari si adattano benissimo nelle rispettive famiglie. Ma la situazione non è proprio legale, perchè chi lavora esclusivamente come assistente domiciliare non ha un contratto che rispetti la legislazione italiana, ad esempio.”



    Non tutte le assistenti domiciliari in Italia sono romene, ma la loro situazione è, forse, molto più grave, in quanto la Romania è uno dei più poveri Paesi nellUe. Perciò la loro scelta può essere influita anche da cause esterne. Molte delle pazienti guarite della psichiatra Petronela Nechita scelgono di tornare al lavoro. “Ci sono moltissime che tornano al lavoro allestero perchè in Romania non riescono a trovarlo. Molte dicono che resterebbero a casa accanto alla famiglia, ma devono guadagnarsi il pane per poter allevare i figli e tornano al lavoro allestero, molte volte nelle stesse condizioni lavorative.”



    Perciò, attiviste sociali come Silvia Dumitrache militano per una migliore tutela delle famiglie transnazionali, a livello europeo, perchè la situazione delle badanti e il dilagare o il contrasto della “sindrome Italia” dipende anche dalla situazione delle famiglie rimaste a casa.




  • Quando si passa più tempo on line che in classe

    Quando si passa più tempo on line che in classe

    Lavanzo tecnologico ha avuto un profondo impatto sulla società moderna e ha portato a cambiamenti inimmaginabili (fino a due decenni fa) nelle nostre vite. È diventato una parte insostituibile della nostra esistenza. Ma lutilizzo intenso della tecnologia moderna non ha portato solo benefici e comfort, ma anche nuovi problemi sociali e psicologici, tra cui la dipendenza cronica dalla tecnologia.



    La dipendenza dalla tecnologia è una classe speciale di dipendenza comportamentale (non-chimica), che implica uninterazione eccessiva tra uomo e macchina e che include principalmente i fenomeni di dipendenza da Internet, di dipendenza dagli smartphone e dai videogiochi. Si è constatato che la dipendenza dalla tecnologia ha uninfluenza negativa su molti aspetti della vita, come il benessere e la salute degli adolescenti e il loro andamento a scuola. I bambini e gli adolescenti sono i più vulnerabili davanti al digitale. Ma da dove è tutto partito? Come spiegare, scientificamente e senza restarci male, le ore infinite passate dai piccoli davanti agli schermi? Maria Elena Dumitrescu è psicologa-specialista in terapie cognitivo-comportamentali e ci dice come è tutto iniziato.



    “La prima emozione che proviamo quando veniamo al mondo è la paura. Il bambino lascia il grembo e comincia a confrontarsi con un ambiente totalmente sconosicuto, pieno di incertezze, provando il bisogno di sicurezza. Piange, cercando la madre, cerca di farsi vedere, sentire, notare. Il primo bisogno emotivo in vista della creazione di questo sentimento di sicurezza è quello di attenzione. La madre offre cibo, protezione, amore e cosi il bambino sente lamore che viene a sostituire la paura e a soddisfare il suo bisogno di sicurezza che associa alla sensazione di piacere. Cosi, il nostro cervello, provando questa sensazione, diventa dipendente dal piacere, che, più tardi, impariamo a sviluppare adoperando la nostra capacità ricreativa. Lattività on line, soprattutto quella che avviene tramite i social, può soddisfare parte delle nostre esigenze di base, ossia il bisogno di attenzione. Là possiamo essere visti, notati, sentiti, ci sono i like, cuoricini, commenti che possono soddisfare il nostro bisogno di apprezzamento.”



    E siamo giunti anche al modello di genitore. Certo, ha le migliori intenzioni, ma, quando il genitore gli dice ripetutamente al bambino che non può niente senza di lui (cioè senza il genitore), il piccolo evaderà nel mondo virtuale, dove tutto, ma tutto è possibile. “Ho già menzionato due dei bisogni elementari del bambino. Ovviamente, ce ne sono altri e vorrei sottolineare che il genitore, con le migliori intenzioni e con tutto lamore, trasmette al bambino, quando è piccolo e interamente dipendente da lui, che non ce la può fare da solo ed è cosi, però, man mano che il bambino attraversa varie tappe di sviluppo, è bene ridargli questo potere. Affinchè abbia il sentimento di farcela da solo, fino a quando diventerà adulto e potrà fare le cose da solo. Molte volte, ladulto crede che leta biologica abbia risolto il suo bisogno di sentire di avere il controllo e di avere potere su di lui, solo che le cose non stanno proprio cosi, perchè si tratta di maturità emotiva che non ha a che fare con letà biologica. Abbiamo bisogno di ridare questo potere ai nostri figli. I giochi online possono rappresentare una manifestazione del potere. Là hanno il sentimento di poter fare tutto ciò che non possono fare nella vita reale », ha spiegato Maria Elena Dumitrescu.



    7 ore e 22 minuti al giorno. È il tempo passato, in media, da un adolescente su internet. E quanto emerso da uno studio realizzato questanno e pubblicato nei “Rapporti pediatrici”. È più che il tempo riservato al sonno o alle ore in classe e alle lezioni. I giovani si rivolgono ai loro compagni di classe come al principale sistema di sostegno sociale, e i cellulari offrono loro una connessione costante con gli amici e accesso ai media popolari che definiscono e modellano spesso la cultura giovanile. “Possiamo vedere gruppi di bambini che si incontrano nella vita reale, ma comunicano virtualmente e ci chiediamo perchè. Ciò succede soprattutto durante ladolescenza, quando il bisogno di immagine, di essere visti in un certo modo è molto forte e allora questo piano virtuale facilita questo aspetto, da una parte, e daltra parte, facilita lesposizione nellinterazione con gli altri. Se cè uno sfondo di insicurezza emotiva, allora, ecco, tutto ciò che rigurda questo piano virtuale rende più facile lesposizione, perchè, in fin dei conti, tutti vogliamo che sia più facile. Ma ciò non aiuta il bambino a svilupparsi e dobbiamo trovare un equilibrio. In fin dei conti, viviamo in questepoca della tecnologia, di internet. Non è utile vietare, perchè cè la tendenza a violare un divieto, è la natura umana. Se gli impediamo di fare certe cose nonostante il bimbo nemmeno abbia la possibilità di violare i divieti, ciò lo può mandare in ansia, perchè rischia lesclusione dal gruppo di cui fa parte nel contesto in cui sente il bisogno di appartenere a un gruppo e non gli vengono soddisfatti neanche i bisogni di accettazione e rispetto. Occorre offrire sostegno al bambino e aiutarlo a provare il piacere delle cose ben fatte nella vita reale, per creare un equilibrio tra ciò che ha da mostrare nella vita reale e ciò che ha da fare nel mondo virtuale, della tecnologia digitale, perchè è questa lepoca che viviamo, e, alla fine, si tratta di soddisfare bisogni atti a mantenere questo equilibrio”, ha precisato Maria Elena Dumitrescu.




  • Influsso della pandemia sui bambini

    Influsso della pandemia sui bambini

    Più di un anno di pandemia, tante restrizioni, lezioni on line, lezioni in presenza, ma con un alto rischio per la salute… tutto ciò ha influenzato, certamente, il benessere emotivo dei bambini. Lo rileva anche unindagine dellAssociazione Salvate i Bambini che, in questo periodo, ha concesso consulenza psicologica gratuita agli allievi di diverse città. Le conclusioni: uno su tre giovani si è confrontato con stati ansiosi e ha avuto bisogno di consulenza e sostegno psicoemotivo, con una maggiore percentuale tra gli adolescenti, sfiorando il 50%. Inoltre, il 90% dei bambini che hanno avuto bisogno di consulenza psicologica nellultimo anno hanno sviluppato problemi emotivi legati a questo contesto della pandemia. Purtroppo, unàindagine esaustiva e ufficiale su questo tema non esiste, per ora. Daltra parte, ci sono., però, dati sul modo in cui la scuola ha informato gli allievi sul pericolo della pandemia e ha applicato le misure di sicurezza sanitaria nelle classi, misure che influenzano, ovviamente, il benessere emotivo. Sempre lAssociazione Salvate i Bambini, in collaborazione con il Consiglio degli Allievi, ha realizzato unindagine su questi temi, intitolata “Ti senti in sicurezza nella tua scuola”, nellambito della quale sono stati interpellati quasi 22.000 allievi. Cosa ne è emerso ci racconta Silviu Morcan, il presidente del Consiglio Nazionale degli Allievi.



    “Per quanto riguarda le attività di informazione, notiamo la qualità di quella sulla prevenzione della trasmissione delle malattie nella maggioranza delle unità scolastiche. Oltre l86% degli allievi hanno afermato di aver capito pienamente le informazioni trasmesse dal personale delle scuole. Percentuali molto minori hanno dichiarato che avrebbero avuto bisogno di più chiarimenti sulla limitazione della diffusione del virus SARS-COV-2 o di non aver ricevuto alcuna informazione sullargomento. Le campagne di informazione sulla vaccinazone che si sarebbero dovute organizzare nelle scuole hanno raggiunto meno allievi. Oltre un terzo degli interpellati, intorno al 36%, hanno affermato che nella loro scuola sono state organizzate simili campagne.



    In questo contesto, è la scuola percepita come un luogo sicuro dal punto di vista sanitario? Risponde sempre Silviu Morcan. “Il sentimento di sicurezza dato dalla scuola agli allievi è stato un altro argomento che abbiamo voluto toccare. E, nonostante le numerose situazioni in cui si è passati alla didattica a distanza in seguito al contagio di un compagno di classe, si può notare che permane in gran parte il sentimento di sicurezza nelle scuole, la media a livello di campione essendo di 3,53 punti su 5, dove 1 significa “per niente sicuro” e 5 “pienamente sicuro”. Oltre la metà degli interpellati hanno indicato alti livelli di questo sentimento di sicurezza. Allo stesso tempo, le risposte alla domanda aperta alla fine dellindagine sono diversissime, le opinioni sono ugualmente divise tra quelli che vorrebbero un passaggio totale alla didattica a distanza e quelli che affermano che le lezioni in presenza sono una variante sicura e da preferire. Altrettanto divise anche le opinioni sulle misure preventive, come la mascherina o il distanziamento fisico, perchè una parte vuole la loro applicazione più rigorosa e unaltra labrogazione di queste misure.”



    Ciononostante, siccome lansia e il modo in cui insorge sono insidiosi, è difficile dire cosa la fa comparire questo disturbo e come si manifesta esso. È altrettanto difficile valutare se è esclusivamente la scuola oppure lintero contesto pandemico a provocare lansia. A ogni modo, le autorità ammettono che, attualmente, non cè uno strumento con cui raccogliere dati sullo stato psicoemotivo degli allievi. Esistono, tuttavia, indizi che gli insegnanti possono notare e cercare di risolvere con laiuto degli psicologi nelle scuole, ritiene Radu Szekely, consulente presso il Ministero dellIstruzione.



    “Dalle nostre discussioni, siamo arrivati, con laiuto degli specialisti a una conclusione: lansia si manifesta nei bambini e nei giovani a scuola, solo che non è notata abbastanza. I bambini non verbalizzano questansia. E a livello emotivo essa è segnalata tramite gesti di paura, espressioni di panico, a volte forse anche a livello cognitivo tramite assenza diinteresse. Altre volte, i bambini chiedono di certe cose che, indirettamente, segnalano il fatto che hanno unaltra preoccupazione, mentre noi nel sistema dinsegnamento molte volte rispondiamo direttamente alla domanda fatta senza analizzare ciò che cè dietro. Ma spetta allinsegnante e al genitore e voglio credere che, presto, anche allo psicologo che sarà presente ogni giorno nella scuola notare questi segnali e individuarne le cause e risolvere queste situazioni. Soprattutto visto che, allorquando lansia è grande, alcuni bambini e giovani hanno persino manifestazioni a livello somatico.”



    A casa, i genitori devono essere attenti ai figli e discutere con loro, sebbene “noi siamo una società che tende a reprimere le emozioni e i bambini non hanno loccasione di esprimere ciò che sentono”, ritiene lo psichiatra la Carmen Truțescu. “Qualsiasi cambiamento di routine o di comportamento è un segnale dallarme. Se un bambino dormiva 10-12 ore al giorno, e adesso dorme 18-20 ore o quasi non dorme, se cambia abitudini alimentari, se è irrascibile, perchè lansia è più difficile da esprimere con le parole, lirrascibilità può essere un indizio, e tutto ciò significa che sta succedendo qualcosa. Il genitore può notare i suoi cambiamenti dumore. Ed è lo specialista che vede il bambino a decidere se si tratta di ansia, depressione, difficoltà di adattamento, bullismo o un altra sofferenza. Lideale è consultarsi anche con linsegnante per avere una doppia prospettiva.”



    Grazie a una recente iniziativa legislativa, gli insegnanti e i genitori potrebbero cooperare in questo senso. Si tratta dellapertura di studi di psicologia nelle unità dinsegnamento dove i bambini possano essere sottoposti a test frequentemente e dove possano essere trovate soluzioni per i disturbi psicoemotivi scoperti. Per ora, però, liniziativa è allesame del Parlamento.




  • Le gravidanze precoci

    Le gravidanze precoci

    Povertà, mancanza di educazione, dinteresse, nessuno che parli loro di come funziona il proprio corpo. Questi gli sfortunati ingredienti di unesperienza di vita fallimentare. Questa volta parleremo delle gravidanze precoci, tra le ragazze under 15, delle carenze del sistema e di cosa si può fare per contrastare il fenomeno. La Romania si trova al primo posto nellUe per numero di madri adolescenti.



    “Un quarto delle madri adolescenti nellUe provengono dalla Romania. Come sappiamo, il 23% di queste madri sotto i 19 anni provengono dalla Romania. Noi siamo al primo posto nellUe per quanto riguarda le mamme sotto i 15 anni e al secondo dopo la Bulgaria per quanto riguarda le mamme sotto i 19. In Romania, quasi il 10% dei parti avvengono nel caso delle madri adolescenti. Molte di queste madri provengono da località senza medici generici o senza sufficienti medici generici. Queste ragazze ricorrono allautomedicazione durante la gravidanza, non giungono dal medico per il monitoraggio della gravidanza e aspettano fino a quando la loro situazione peggiora. Salvate i Bambini si è implicata attivamente sul fronte della salute dei bambini in Romania, contribuendo allassicurazione del diritto alla vita tramite 5 tipi di intervento. Uno è la dotazione delle maternità, dei reparti pediatrici e per i neonati con equipaggiamenti sanitari performanti, la seconda – lo sviluppo di reti specializzate di supporto per madri e bambini nelle comunità rurali, la terza – lorganizzazione di corsi di specialità per i professionisti (specialmente equipe mediche), la quarta – lo sviluppo di programmi di educazione alla salute e lo sviluppo di ricerche, di dibattiti con autorità e specialisti per cambiare leggi e politiche sociali, allorquando cè bisogno. Finora, abbiamo lavorato con oltre 56.000 donne incinte (ragazze di 15 anni) e abbiamo visto il cambiamento. Ogni anno lavoriamo con 46 comunità, con equipe miste di specialisti, con infermieri, assistenti sociali, piscologi, che conoscono la realtà locale e si rivolgono alle realtà concrete delle madri e dei bambini”, ha spiegato Gabriela Alexandrescu, presidente esecutiva dellong Salvate i Bambini.



    Oana Motea, Health Specialist presso UNICEF Romania, ammonisce che il fenomeno delle gravidanze precoci si trasmette da una generazione allaltra, nella stessa famiglia. “Le conclusioni del rapporto Unicef – Samas, lanciato allinizio dellanno, rileva che le gravidanze tra le madri di oltre 15 anni potrebbero essere prevenute tramite leducazione e programmi di educazione familiare, adattati al quadro socio-culturale in cui vivono queste adolescenti e i futuri padri. Il fenomeno è ciclico e si ripete nelle stessa famiglia, da una generazione allaltra, assieme alla precarietà economica, sociale e di salute. Non cè una delimitazione del ruolo e una correlazione delle attribuzioni di azione delle autorità, per quanto riguarda la riproduzione nelle giovani generazioni e la prevenzione delle gravidanze precoci. Servono politiche pubbliche integrate che riguardino leducazione alla salute, la sensibilizzazione della comunità e ladattamento degli interventi alla psicologia e alle emozioni degli adolescenti.”



    Madre-bambino o bambino-madre? Difficile da dire. I dati UNICEF sulla Romania sono scioccanti. “Nel 2019 si sono registrate oltre 16.600 gravidanze precoci, in calo del 9% rispetto al 2018. Tuttavia, nel caso degli adolescenti sotto i 15 anni, notiamo una crescita dell11% nelle regioni nord-ovest e nord-est. Queste cifre illustrano la portata del problema e la necessità delle azioni educative, che si rivolgano a tutti i gruppi di adolescenti, su canali di comunicazione specifici, con diverse forme di presentazione dei messaggi, adattate ai loro bisogni”, ha precisato Oana Motea.



    Una soluzione per il miglioramento del fenomeno che tende a diventare un flagello? Gli studi medici delle zone rurali e programmi mirati. Altrimenti, non è possibile, crede Gabriela Alexandrescu, di Salvate i Bambini. “Proprio di recente abbiamo lanciato unanalisi tra le adolescenti delle comunità vulnerabili, in partenariato con le autorità rilevanti, presso il Senato romeno, unanalisi delle madri adolescenti delle zone rurali e disagiate. Labbiamo fatta tra luglio e agosto del 2021, in 46 comunità in Romania e, purtroppo, lanalisi rileva una deficienza allarmante, cronica dei servizi sanitari destinati alle madri adolescenti e mette in evidenza aspetti sociali sfavorevoli, rilevanti in questo contesto. Possiamo dire che 16 anni e tre mesi sia letà media di nascita del primo figlio tra le madri adolescenti delle zone rurali disagiate. Le madri adolescenti con più di un figlio hanno, in media, 18 anni e un mese alla nascita del secondo figlio, 19 anni e 5 mesi alla nascita del terzo. Il 40% delle madri e le adolescenti incinte delle zone rurali hanno dichiarato di non aver mai fatto gli esami medici raccomandati nella gravidanza a causa della mancanza dellaccesso ai servizi sanitari o delle risorse finanziarie necessarie. L87% non hanno mai utilizzato, nè conoscono alcun metodo contraccetivo, il 72% delle giovani donne e delle ragazze affermano di vivere in condizioni molto modeste, in una sola stanza o al massimo due, assieme a persone di unaltra famiglia. Il 55% che i soldi non bastano per le cose elementari, molte si basano sugli assegni familiari e moltissime hanno detto che la pandemia ha seriamente intaccato le chance degli adulti di lavorare per le proprie famiglie. Ci sono madri che, a meno di 25 anni, già mettono al mondo il quinto figlio. Qui si tratta di un fenomeno preoccupante. Perciò, è necessario che noi, Salvate i Bambini, ci implichiamo attivamente per combattere il fenomeno nelle comunità rurali disagiate, lasciate esposte, con risorse materiali e informative. E dobbiamo continuare i programmai di informazione, di intervento concreto, per facilitare laccesso ai servizi socio-sanitari.”




  • Record negativi tra i pensionati

    Record negativi tra i pensionati

    Secondo il Ministero del Lavoro, a fine giugno 2021, in Romania cerano più di 61.000 pensionati in meno rispetto al primo semestre del 2020. Si tratta del maggior calo del numero di pensionati dal 2013 ad oggi. Siccome la pandemia di Covid-19 continua, il decesso è tra le principali cause delle uscite dal sistema, come vengono chiamate nel linguaggio burocratico, come conferma anche dallanalista economico Cătălin Ghinăraru. “Le uscite dal sistema sono sia naturali, sia dovute al fatto che non vengono più riuniti i requisiti legali. E parlo specialmente delle pensioni di inabilità lavorativa. In questo caso, il pensionamento non è definitivo, cioè la persona temporaneamente incapace di lavorare in seguito a un incidente o a una malattia non è pensionata per sempre. Ci sono verifiche periodiche e, periodicamente, la rispettiva persona dovrebbe presentarsi davanti a una commissione per una nuova valutazione. Cè lobbligo legale di presentarsi. Se si constata che la rispettiva persona non riunisce più i requisiti ed è di nuovo capace di lavorare, allora esce dal sistema pensionistico.”



    Se guardiamo, però, limmagine dinsieme del sistema pensionistico, constatiamo anche un calo delle entrate nel sistema, ossia del tasso di pensionamento negli ultimi anni. Delle cause ci parla sempre Cătălin Ghinăraru. “Cè una causalegata al contesto, ma il numero di pensionati è in calo da tempo, e queste modifiche strutturali erano già avvenute nel primo decennio di questo secolo. Innanzittutto hanno cominiciato a farsi sentire gli effetti delle leggi 19 e 263 che riguardano linnalzamento delletà pensionabile standard sin dal 2015. Quindi siamo giunti a 65 anni per gli uomini ed è in crescita per le donne che, secondo i provvedimenti della Legge 260, giungerà a 63 anni entro il 2030. Inoltre, come sapete, secondo una decisione della Corte Costituzionale, le donne possono optare per lavorare fino ai 65 anni per una partità con gli uomini, almeno a livello di opzione. Quindi, cè stato un innalzamento delletà pensionabile standard, il che significa che gli uomini e le donne restano di più sul mercato del lavoro. Sono state, inoltre, inasprite le condizioni di pensionamento per inabilità lavorativa. Oltre al fattore congiunturale, legato alla pandemia, che porta a una sovramortalità tra gli anziani, ci sono cause strutturali legate alla riforma del Sistema pensionistico pubblico i cui effetti si sono fatti sentire in questo periodo.”



    Colpita da una crisi demografica in corso, come molti altri stati sviluppati, la Romania ha, comunque, un rapporto squilibrato tra il numero dei pensionati e quello dei salariati. Perciò, a prima vista, il calo del numero di pensionati può sembrare una buona notizia. “Il rapporto tra le persone attive e quelle inattive o i pensionati non è molto favorevole in Romania. Il fatto che il numero di pensionati sia in lieve calo è, tuttavia, diciamo, incoraggiante. Noi abbiamo un problema legato alla sostenibilità di questo sistema pensionistico, ma va precisata una cosa molto importante: questa tendenza non si manterrà per molto tempo perchè ci stiamo avvicinando man mano al 2030 e poi al 2032. Soprattutto a partire dal 2032, cominceranno ad andare in pensione le generazioni più anziane o molto numerose. Si tratta di quelli nati alla fine degli anni 60, che raggiungeranno allora letà standard di pensionamento, intorno al 2032. E allora avremo un gran numero di pensionati se le condizioni per letà stardard di pensionamento permangono”, ha spiegato Cătălin Ghinăraru.



    Perciò, ultimamente, si discute nuovamente della modifica della legge, nel senso dellallungamento del periodo contributivo e, implicitamente, dellinnalzamento delletà pensionabile standard. Ciononostante, lidea di innalzare gradualmente letà pensionabile fino a circa 70 anni incontra una resistenza abbastanza forte da parte della popolazione. Come vede la situazione lanalista economicoCătălin Ghinăraru? “Questidea non è stata ben accolta neanche in altri Paesi, nè da noi. È comprensibile perchè linnalzamento delletà pensionabile standard significa lallungamento del periodo contributivo fino a 40 anni di lavoro. È un periodo molto lungo nel contesto in cui la situazione sul mercato del lavoro in Romania non è la più fortunata. Certo che molti si chiedono se riusciranno a completare il periodo contributivo. Perciò, anche nella legge attuale e anche nel progetto della prossima legge appare la possibilità di riscatto dei periodi non coperti da contribuzione. È vero che in in fin dei conti anche il comportamento potrebbe modificare nel tempo. È molto psosibile che le generazioni più anziane, nate negli anni 60-70, la pensino diversamente dalle precedenti generazioni, perchè sono giunte sul mercato del lavoro e hanno svolto la loro attività in condizioni di libero mercato.”



    Per ora è, però, difficile da anticipare quali saranno lopzione e il comportamento di queste generazioni una volta giunte vicino al pensionamento. Resta, inoltre, da vedere, quali modifiche legislative saranno adottate e come influiranno sul modo in cui la gente vede il pensionamento.


  • Servizi a sostegno degli anziani in Romania

    Servizi a sostegno degli anziani in Romania

    Per alcuni tesoro, per altri fardello. Molti
    degli anziani in Romania sono abbandonati sia dalla famiglia, che dalla società.
    Alla tristezza e alla solitudine si aggiungono i problemi di salute tipici dell’eta.
    Alcuni hanno bisogno di cure domiciliari, ma non ne beneficiano a casa dei
    redditi modesti. È ciò che si è proposta la Fondazione La Croce Bianco-Gialla
    Romena: ridare la dignità a queste persone anziane che sembrano essere
    diventate invisibili. Periodicamente, i medici, gli infermieri e assistenti
    sociali, i cinesiterapisti, gli psicologi e le badanti della Fondazione bussano
    a porte che altrimenti nessuno aprirebbe. Măriuca Ivan, presidente della Croce Bianco-Gialla
    Romena, ha aperto per noi la porta della Fondazione creata secondo il modello
    belga. I partner belgi sono venuti, 25 anni fa, in Romania. Io ero al
    Ministero della Salute allora e loro ci hanno parlato in un modo molto bello
    del concetto di cura domiciliare. Noi cerchiamo di rifare l’intera fisionomia
    del sistema. Nei primi anni dopo la Rivoluzione, si è discusso moltissimo della
    cura in ospedale, ulteriormente dell’assistenza sanitaria a domicilio, poi
    della medicina di famiglia…. mancava, però, questa fetta della grande torta
    della Salute – la cura domiciliare. Abbiamo accolto i partner belgi e abbiamo
    cercato di accompagnarli per molto tempo nello sviluppo di questo sistema in
    Romania. Ho lasciato il Ministero della Salute, per dimostrare che è possibile,
    perchè la non ci sono riuscita. La Croce è un fornitore di servizi di cure
    domiciliari accreditato e autorizzato dallo stato romeno, e siamo stati sempre
    noi, la Croce Bianco-Gialla, a riuscire a introdurre nella legislazione
    nazionale il concetto di cura domiciliare finanziato tramite la Cassa
    Assicurazioni Sanitarie, ci ha detto Măriuca Ivan.




    La Croce Bianco-Gialla offre un’ampia gamma di
    servizi: somministrazione di farmaci, iniezioni, flebo, misurazione dei
    parametri fisiologici, prelievi di sangue, in una parola, tutto ciò che vuol
    dire cure domiciliari, come alternativa al ricovero in ospedale. È cosi’ che è
    iniziata la nostra Fondazione – col rispondere ai bisogni e alle aspettative
    della gente che non ha la possibilità finanziaria, nè sociale di prendersi cura
    di se stessa. La maggioranza erano anziani senza famiglie, senza figli. La
    situazione è peggiorata soprattutto ultimamente a causa della migrazione: ci
    sono genitori rimasti da soli con nessuno che si prenda cura di loro. Perciò
    noi abbiamo cercato progetti sociali, abbiamo cercato di chiedere alle
    amministrazioni locali e centrali fondi per i pazienti con problemi sociali,
    ulteriormente fondi europei, ma che, ultimamente scarseggiano. Man mano anche i
    municipi hanno smesso di aiutarci e gli anziani sono rimasti senza alcun
    sostegno. In quel momento abbiamo deciso di continuare a fornire servizi a
    pagamento a coloro che hanno la capacità di pagarli e che, ovviamente, non sono
    casi sociali. Siamo stati costretti a prendere da chi poteva pagare i servizi
    offerti da noi per aiutare anche coloro per cui non c’erano fondi, ha spiegato
    Măriuca Ivan.




    Nonostante le difficoltà, la Croce Bianco-Gialla
    Romena, non ha abbandonato nessuno, continuando la missione per cui è stata
    creata. Da 25 anni da quando funziona, ha fornito cure sanitarie a domicilio a
    oltre 24 mila persone. Anche durante la pandemia, quindi con sforzi
    supplementari – come ci ha detto la presidente della Fondazione, Măriuca Ivan -
    40 rappresentati della Croce hanno fornito cure, quasi mensilmente, a circa 700-800
    pazienti. Alcuni beneficiano dei nostri servizi da 5, 6 o 10 anni. Vivono
    grazie al nostro aiuto e al fatto che noi abbiamo aperto le loro porte. Infatti,
    siamo probabilmente gli unici a farlo e dietro le porte che apriamo scopriamo
    storie tristi che ci colpiscono. Ho appena visto una registrazione con alcuni
    dei miei assistenti che raccontano delle nostre nonnine che ci hanno ormai
    lasciato. Noi sapevamo che non avevano nessuno e, proprio nel giorno in cui si
    sono spente, sono subito spuntati tre nipoti, non si sa da dove. È triste che
    questa storia si ripete, loro non hanno in realtà nessuno, ma, appena si
    spengono, appaiono moltissimi che d’un tratto si ricordsano di loro.




    A sostegno degli
    anziani vulnerabili, la Croce Bianco-Gialla ha sviluppato anche il cosiddetto
    Pulsante Rosso, sistema di
    teleassistenza, complementare a quello d’emergenza, che offre la possibilità
    agli anziani di chiedere aiuto all’occorrenza. Grazie a un braccialetto simile
    a un orologio, dotato di un pulsante rosso di panico e connesso wireless a un
    telefonino con tasti grandi, i pazienti possono segnalare un’emergenza. Il
    segnale è trasmesso automaticamente a un Centralino aperto 24h/24, 7 giorni/7 e
    365 giorni all’anno, e, a seconda della gravità della situazione, viene avviato
    un protocollo che indica le azioni da intraprendere, compresa la sollecitazione
    di un’ambulanza.




    Per l’equipe della Fundazione la Croce
    Bianco-Gialla Romena guidata da Măriuca Ivan è essenziale metterci il cuore. Senza
    un investimento emotivo, senza dedizione, senza determinazione non si possono
    offrire servizi di qualità. Ultimamente sono stata delusa dal fatto che ci
    siamo deteriorati come persone, sento che non ci sia più alcuna dedizione,
    nessuna empatia per chi soffre. È estremamente triste per me. Perciò, la mia
    equipe è speciale. Non abbiamo soldi, ma siamo cosi’ ricchi! Appena ci troviamo
    in difficoltà spunta da qualche parte un angelo che si salva, ci toglie dalle
    difficoltà e ci aiuta a portare avanti la nostra missione. Noi non andiamo al
    lavoro, noi andiamo ogni giorno a compiere una missione. Siamo gli angeli di
    coloro che hanno un reale bisogno e non possono chiedere aiuto a nessuno, ha
    detto Măriuca Ivan a RRI.




    Perchè, come esortava Papa Francesco, gli anziani vanno trattati con affetto,
    gratitudine e rispetto, come parte essenziale della società, come radici e memoria
    di un popolo, tesoro indispensabile per poter guardare al futuro con speranza e
    responsabilità.



  • Gli anziani sono veramente d’oro / Old is (really) gold

    Gli anziani sono veramente d’oro / Old is (really) gold

    Nella società romena sono apparsi dei clichés pericolosi. Uno di essi è che, se uno ha più di 45 anni, le chance di trovare un lavoro sono scarse. Motivo per cui molti dei dipendenti over 45 scontenti dellattuale lavoro non si affrettano a cercarsi un altro, partendo dallidea che nessuno li assumerà. Altri, senza lavoro, si sono già confrontati con più volte con un rifiuto e adesso hanno perso la stima di sè e lambizione di continuare a cercare. Si può veramente parlare di unemarginazione degli over 45 sul mercato del lavoro in una società in un rapido cambiamento? Che qualità e competenze deve avere un candidato over 45 per avere più chance di essere assunto? E quali gli ostacoli? “Certamente, sono i candidati over 45 a confrontarsi con le maggiori sfide quando si tratta di trovare lavoro, e ciò si deve innanzittutto dal basso livello di competenze digitali rispetto alle altre generazioni. Daltra parte, parliamo anche di una flessibilità più ridotta da parte loro e di una curiosità per le novità e per luscita dalla zona di comfort più ridotta. Non dobbiamo trascurare, invece, il fatto che questi candidati devono anche con una serie di punti di forza. Innanzittutto una vasta esperienza sul lavoro e che possono tramandare ai colleghi più giovani delle loro equipe. E la resilienza e puntualità», ha spiegatoRaluca Dumitra, Head of Marketing presso eJobs Group.



    Prima si chiamava “rubare il mestiere”. Adesso si chiama “job shadowing”. Practicamente, parliamo della stessa coaa – il più anziano insegna il mestiere al più giovane ed è molto possibile che, durante questo processo, anche il giovane insegni qualcosa al collega più anziano. Un dipendente over 45 può aumentare le sue chance di mantenere il posto di lavoro (o di trovare uno nuovo) se è disposto a condividere la sua esperienza. In fine dei conti, anche lui ha rubato il mestiere nel passato. Ossia, con il termine attuale, ha fatto job shadowing. “Certamente cè una grande differenza di cognizioni ed esperienza tra i candidati over 45 e quelli giovani. Ma ciò può essere un vantaggio. Si possono fare programmi con cui le generazioni più giovani facciano job shadowing, praticamente rubino il mestiere dalle generazioni più anziane, e ciò potrebbe risultare benefico per tutti. Gli over 45 possono insegnare le loro cognizioni ai giovani e sentirsi importanti per la compagna”, ha precisato Raluca Dumitra.



    I candidati over 45 hanno anche degli svantaggi – sono più rigidi, alcuni non sono disposti a fare nessuna concessione salariale per un posto di lavoro nuovo. Sentiamo, però, i vantaggi. “Il più delle volte, i datori di lavoro prediligono i giovani privi di esperienza per ragioni molto semplici. Da una parte, li possono formare come vogliono, il che, se siamo completamente onesti, è molto difficile nel caso degli over 45, perchè man mano che avanziamo negli anni cala anche la nostra flessibilità e, daltra parte, si tratta anche dellaspetto finanziario. I candidati over 45, in maggioranza, hanno raggiunto un livello salariale che intendono mantenere e, spesso, è unopzione molto più conveniente per un datore formare un dipendente junior, per meno soldi, e con il vantaggio di poterlo formare come vuole. Certo che, se un datore forma un giovane, non significa che quel giovane resterà nella compagnia. È un rischio che il datore si assume e che nel caso dei candidati over 45 è minore, perchè loro sono preferiscono la stabilità », ha spiegato Raluca Dumitra.



    Il più recente studio eJobs ha rilevato alcune qualità della generazione over 45. “Non credo sia giusto dire che i candidati over 45 abbiano unindole difficile. È vero, però, che la maggioranza di questi candidati riscontrano problemi quando si tratta della loro integrazione nelle equipe più giovani e lo ammettono loro stessi, perchè è ovvio che ci sono conflitti tra le generazioni, da una parte, differenze di mentalità che generano problemi di comunicazione. Circa il 42% di loro ci hanno detto, nellambito della più recente indagine, che non sentono di avere temi comuni di discussione con i colleghi più giovani e che sentono questa differenza di mentalità dovuta alletà. È rallegrante vedere che abbiamo questi candidati over 45 e che loro sono disposti a fare concessioni per ottenere un posto di lavoro migliore. Oltre il 45% di loro ammettono che farebbero una riconversione professionale se fosse necessaria per un migliore posto di lavoro. Il 16,5% accetterebbe persino un salario più basso dellattuale se trovassero unopportunità professionale più ricca di prospettive, l8,4% si trasferirebbe in un altro Paese e il 7% in un altra città della Romania. Sempre il 7% degli interpellati ci hanno detto che sarebbero disposti a migliorare le loro competenze digitali. Daltra parte, non è da trascurare il fatto che quasi il 16% non farebbe nessun compromesso per un posto di lavoro migliore”, ha raccontato Raluca Dumitra, Head of Marketing presso eJobs Group a RRI.




  • Shock pandemico e crisi della manodopera

    Shock pandemico e crisi della manodopera

    Tra i fenomeni causati dalla pandemia, caratterizati da problemi economici e traumi psicologici, si annovera anche il cosiddetto fenomeno « delle persone scoraggiate ». Si tratta di persone senza lavoro e che nemmeno sono alla ricerca di un lavoro, in quanto non registrate presso i centri per limpiego. E, nelle statistiche ufficiali, questa categoria di persone è separata da quella dei disoccupati, spiega lanalista economico Cătălin Ghinăraru. « Il disoccupato non è scoraggiato. Egli non ha un lavoro, ma lo cerca, mentre luomo scoraggiato nemmeno cerca un lavoro perchè considera di non avere più, almeno per ora, alcuna opportunità di lavorare oppure che le opportunità cui si aspettava non ci siano più. Quindi, questa è una persona scoraggiata. Con la pandemia sono apparsi diversi fenomeni. Allinizio le cose sono state meno chiare perchè si è pensato fosse uno shock di breve durata. Eccoci, però, già alla fine del 2021 e le cose non stanno andando molto bene. Certi posti di lavoro sono scomparsi dalleconomia e non sono riapparsi più, ci sono moltissimi operatori economici che hanno chiuso definitivamente i battenti, soprattutto in settori in cui venivano assunte moltissime persone, anche se non si tratta di alte qualifiche. Come il commercio al dettaglio, il settore HoReCa e persino i trasporti. È evidente che certi posti di lavoro scomparsi non sono riapparsi più e cosi ci sono persone che non cercano più lavoro perchè sanno che questi posti di lavoro non esistono più. »



    Secondo lInstituto Nazionale di Statistica (INS), il numero delle persone scoraggiate è triplicato in Romania, questanno. Da circa 30.000 persoane scoraggiate dallentrare sul mercato del lavoro nel primo trimestre del 2020 si è giunti attualmente ad oltre 144.000. Ancora più grave è il fatto che letà media di queste persone varia tra i 35 e i 49 anni, quindi una fascia di popolazione che dovrebbe essere in piena forma e attiva. Tuttavia, le statistiche, che registrano solo dati concreti, sono interpretabili a seconda delle situazioni e dei motivi individuali. Quali sono questi ci spiega lo specialista di risorse umane, Petru Păcuraru.« Cè unintera seriedi motivi.Da una parte, ci sono le aspettative dei datoriche si dirigono verso dipendenti tipici, ossia dipendenti giovani con certe competenze, non necessariamente dipendenti meno giovani che acquisiscano nel tempo le competenze necessarie. Il fatto che i datori cerchino un certo modello è qualcosa che scoraggia le persone e crea questa categoria degli scoraggiati. Daltra parte, credo ci siano sufficienti professioni liberali che non hanno necessariamente bisogno di dipendenti o persone assunte da unazienda. Se volete, è una zona grigia tra lessere assunto e il non essere assunto, come sono le varie forme di freelancing. Ho incontrato, però, anche dipendenti o ex dipendenti che effettivamente non vogliono più lavorare o hanno questo stato di demoralizzazione. Sono persone che si sentono isolate e questa categoria si sta ingrandendo. »



    Inoltre, ci sono anche persone che, lavorando per più tempo per unorganizzazione rigida, non vogliono più tornare a un lavoro che vuol dire troppa pressione sul dipendente. Queste restano in aspettativa, poco desiderose di riconvertirsi professionalmente. Del resto, la situazione economica e sociale incerta creata dalla pandemia non incoraggia la riconversione professionale, ritiene Cătălin Ghinăraru. « Se una persona è demoralizzata significa che non cerca più niente perchè sa di non poter più lavorare, di non trovare più il lavoro adatto, non riesce più neanche ad acquisire unaltra qualifica. E la questione della riconversione professionale ha, tuttavia, dei limiti. Ad esempio, le persone hanno una certa percezione sul mercato del lavoro a volte di molto superiore alla percezione degli analisti economici. Gli specialisti percepiscono lincertezza nelleconomia e penso che, se si riconvertissero professionalmente, non saprebbero per ora in quale settore e perciò è difficile dire cosa fare, dove andare e in quale direzione muoversi. Le cose sono abbastanza incerte. I programmi di formazione professioale o di riconversione dovrebbero guardare al futuro, non al passato. Ma quando il futuro è incerto, è molto difficile sapere cosa fare. »



    Come potrebbero essere sostenute queste persone dalle autorità? Gli specialisti di risorse umane invocano lesperienza di altri Paesi confrontati con lo stesso fenomeno che non è per niente uno locale. “Ci sono molti Paesi in cui sono stati aperti centri di supporto per queste persone, sono stati create numeri di telefono speciali, ci sono molti servizi sociali che potrebbero servire come modello per la Romania. Immaginate un unico centro di supporto locale in cui tutte queste persone potranno incontrare altre persone come loro e diventare cosi più fiduciose per compiere piccolo passi nella direzione desiderata. Ma attualmente ciò non esiste. Di queste persone non si occupa nessuno, purtroppo”, ha spiegato Petru Păcuraru.



    Ma, oltre a questo sostegno piuttosto emotivo o sociale, una strategia meramente economica è, per ora, difficile da elaborare, precisa lanalista Cătălin Ghinăraru. « Per ora è abbastanza difficile sapere cosa fare. Dobbiamo sapere molto chiaramente che certe attività scompariranno del tutto. Nessuno deve credere che torneremo esattamente a ciò che è stato. Il mondo è cambiato e continuerà a cambiare. Lo shock pandemico ha portato un cambiamento sistemico. Se vogliamo formare o riconvertire la forza lavoro, dobbiamo tenere conto che tutto cambierà e che molte delle attività che erano potenzialmente generatrici di posti di lavoro sono state seriamente colpite dalle misure restrittive, dalla quarantena e dal lockdown. Come sarà il mondo post-pandemia? È difficile saperlo e cè da presupporre che il problema delle persone demoralizzate persisterà per un certo periodo. Quindi ci saranno dei problemi abbastanza importanti. »




  • “Arrivederci, Romania!”

    “Arrivederci, Romania!”

    Gli emigrati romeni rappresentano la quinta più numerosa comunità di stranieri nel mondo e la sesta nei Paesi dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCDE), e il calo visibile della popolazione del nostro Paese è dovuto all’emigrazione. Sono le conclusioni di un rapporto dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCDE). La maggior parte degli emigrati romeni hanno mestieri a bassa qualifica professionale e tra quelli laureati molti sono sovraqualificati. Quasi la metà dei romeni in possesso di una laurea emigrati nei Paesi OCDE ocupanno posti di lavoro che richedono una bassa qualifica. Gli uomini lavorano, di solito, nel settore edile, mentre le donne in quello delle attività domestiche. Ciononostante, i medici romeni emigrati rappresentano una folta comunità. Noi, romeni, sentiamo sulla propria pelle la scarsezza di medici e personale sanitario. Perchè emigrano i medici romeni? Cosa possiamo fare per fermarli? Qual è il modello di relazione medico-paziente in Romania e in altri Paesi? Ci ha risposto il sociologo Vladimir Ionaș.



    La maggior parte della migrazione dei medici possiamo dire sia avvenuta prima delle crescite salariali che sappiamo tutti che sono scattate solo qualche anno fa. Purtroppo, questo è il principale problema con cui si confronta il sistema sanitario romeno. Inclusivamente oggi possiamo parlare di un’emigrazione dei medici. Qui non si tratta solo del livello salariale, bensi’ delle condizioni negli ospedali, delle mancanze negli ospedali romeni, del sottofinanziamento del sistema sanitario romeno. Possiamo parlare del rispetto di cui godono i medici in Romania, del modo in cui è costruita la relazione tra medico e paziente nei Paesi occidentali rispetto a quella in Romania. Purtroppo, in Romania, la relazione tra medico e paziente è una basata solo sul bisogno, mentre nei Paesi occidentali è una basata su rispetto e fiducia da parte del paziente. I romeni non hanno una fiducia totale nei medici, anzi, considerano che il medico sia quella persona dalla quale vanno allorquando hanno un bisogno acuto, immediato. Ciò si vede chiaramente nei risultati della campagna vaccinale contro il Covid-19 in Romania.



    Il documento di cui parliamo rileva, inoltre, che il 25% degli abitanti della Romania (in maggioranza giovani) hanno espresso il desiderio di stabilirsi definitivamente all’estero. È una delle maggiori percentuali registrate nella regione. Quasi la metà delle persone tra i 15 e i 24 anni hanno dichiarato l’intento di emigrare. Le implicazioni per la forzalavoro sono colossali. I giovani, afferma Vladimir Ionaș, non vanno via solo per più soldi, ma anche per un altro stile di vita.



    Anche nel caso dei giovani possiamo parlare innanzittutto del modo di vita. Non dobbiamo credere che la maggioranza di quelli che sono andati via siano rimasti all’estero per un reddito molto più alto che possono ottenere là. Molte volte, per chi non ha un’ottima preparazione professionale, il livello salariale non è di molto superiore a quello che potrebbe avere in Romania. Si tratta del tenore di vita, dello stile di vita, dei servizi di cui beneficiano allorquando interagiscono con le istituzioni dello stato, con il sistema sanitario, dell’educazione di cui possono godere i loro figli. Parliamo di un insieme di fattori che portano a questo desiderio dei romeni di poter andare via e stabilirsi all’estero. Ovviamente che, di nuovo, come anche nel caso dei medici, è un grande problema per la forzalavoro il fatto che una percentuale importante di chi va via è rappresentata dai laureati. Ma non dovrebbe essere una sorpresa perchè, ripeto, lo stile di vita che hanno all’estero li fa desiderare di restarci per sempre, specialmente per se stessi, ma anche per offrire ai propri figli un futuro molto più sicuro, ha precisato Vladimir Ionaș.



    Negli ultimi anni il tasso di natalità in Romania è calato visibilmente, ma Vladimir Ionaș afferma che nel 2021, in modo inaspettato, le cose sono cambiate per il meglio. Il problema della natalità è uno stringente per la Romania perchè da moltissimi anni c’è un trend discendente. Il 2021 è un anno in cui la natalità ha registrato una lieve crescita, dovuta piuttosto all’attuale pandemia. È difficile dire se la tendenza possa essere invertita. Servirebbero dure misure da parte dello stato. Possiamo guardare, ad esempio, a Paesi come Ungheria e Francia, dai quali possiamo copiare misure atte a far crescere il tasso di natalità. L’Ungheria è il Paese con una delle più dure politiche per l’aumento della natalità, perchè anche loro si confrontano con un grande problema di calo delle nascite. La classe politica dovrebbe capire quali sono le priorità del Paese, capire che la situazione demografica è una estremamente preoccupante e promuovere politiche pubbliche di incentivazione della natalità. Esse sono abbastanza facili da implementare. La Romania non è un Paese povero, è un Paese ricco, che ha risorse per creare simili programmi. Occorre, prima di tutto, volontà politica, ha ricordato Vladimir Ionaș.



    Occorrono politiche pubbliche ben mirate e applicate in modo efficiente. Ma, in un Paese in cui la percentuale di pensionati è superiore a quella dei dipendenti, il futuro non sembra roseo. È difficile credere che, in questo senso, la tendenza possa essere invertita. Circa il 20% delle persone oltre i 18 anni desidererebbero, a medio termine, lasciare la Romania e intorno al 50% degli studenti universitari del primo o del secondo anno desiderano di emigrare, a studi ultimati, per avere più opportunità di sviluppo ed essere meglio retribuiti. Non lo so se le istituzioni dello stato abbiano pensato a una soluzione a questo problema, ma dobbiamo capire tutti che una simile tendenza porterà al crollo di molti sistemi, innanzittutto del sistema pensionistico. Lo stato non credo che potrà più pagare le pensioni se il 30% dei cittadini lavorano e il 70% sono pensionati o con sussidio di disoccupazione. Allo stesso tempo, il sistema sanitario sarà sottofinanziato e crollerà, quindi abbiamo un grave problema. Questo dovrebbe essere il principale tema di dibattito nella società romena e per tutte le istituzioni dello stato, per individuare soluzioni atte a fermare questo esodo e per evitare di avere due volte più pensionati che lavoratori, ha spiegato sempre Vladimir Ionaș.




  • Cambiare lavoro a fine pandemia, studio

    Cambiare lavoro a fine pandemia, studio

    Com’è, a più di un anno di pandemia, il mercato del lavoro in Romania? Quanto è forte la motivazione dei romeni quando si tratta dell’attività professionale? Sembra che ci stiamo riprendendo, almeno dal punto di vista della dinamica sul mercato del lavoro. Queste le conclusioni del più recente studio realizzato dal sito e-jobs. I romeni intendono cambiare lavoro a fine pandemia, più precisamente il settore di attività. Vorrebbero persino cercare di metter su un affare. Raluca Dumitra, Head of Marketing del sito e-jobs e una delle più autorevoli specialiste nel mercato del lavoro, racconta quali sono le intenzioni dei romeni una volta superata la pandemia.



    Certamente, i romeni aspettano la fine della pandemia per fare cambiamenti professionali che, a causa dell’incertezza dell’anno scorso, hanno rinviato ripetutamente. Secondo il nostro più recente sondaggio, il 45% degli interpellati affermano che la prima cosa che intendono fare dopo la pandemia è trovare un nuovo lavoro. L’11% afferma di voler cambiare settore di attività, mentre il 9% intende lasciare il Paese. Inoltre, la pandemia sembra aver dato coraggio ai romeni affinchè tentassero di mettersi in proprio, perchè il 6,5% afferma di voler metter su un affare appena l’economia si riprenderà. Solo il 5% vuole chiedere un aumento salariale all’attuale datore di lavoro, mentre il 14,5% non intende fare alcun cambiamento professionale, ha spiegato Raluca Dumitra.



    Il passaggio molte volte esclusivamente al lavoro da remoto ha creato oppure confermato categorie professionali chiamiamole …. viziate della crisi sanitaria. Gli specialisti IT non solo non sono stati colpiti dalla pandemia, ma hanno persino conosciuto una crescita professionale favolosa.: Attualmente, gli specialisti IT trovano lavoro quasi altrettanto facilmente come prima della pandemia, se non ancora più facilmente. Il bisogno di simili specialisti sul mercato resta altissimo. L’IT resta il serttore che non solo non è stato colpito dalla pandemia, ma ha anche registrato una crescita in questo periodo. Le cose non sono rosee per i freelancer e per i candidati over 45, queste due categorie sono state e restano le più colpite categorie professionali nel contesto della pandemia. E, in qualche misura, per questa ragione, anche la competizione per trovare un lavoro resta forte, ha precisato Raluca Dumitra.



    La rimozione delle restrizioni ha rimesso le industrie più colpite sui binari. Di che industrie si tratta ci racconta sempre Raluca Dumitra. Il mercato del lavoro dà sempre più segni di stabilizzazione e ripresa. E lo dico perchè il livello dell’offerta di lavoro attuale è simile a quello dello stesso periodo del 2019. Con le misure di allentamento, anche le industrie fortemente colpite dalla pandemia preannunciano la loro ripresa, quindi si assiste a una ripresa impressionante dei posti di lavoro anche in settori come l’HORECA, gli eventi o i trasporti. E, con la stabilizzazione del mercato, sarà sempre più facile anche per i candidati trovare un lavoro.



    Perchè lascerebbero i romeni l’attuale posto di lavoro? Qual è la motivazione di una persona allorquando decide di attraversare lo stress inerente al cambiamento del lavoro? Il salario resta un fattore decisionale importante quando si tratta di cambiare lavoro nel caso dei romeni e lo dico perchè il principale motivo per cui la maggior parte dei candidati vorrebbero cambiare lavoro è proprio il desiderio di un salario maggiore, motivo menzionato dal 31% degli interpellati nel più recente studio realizzato da noi. Al secondo e terzo posto tra le motivazioni dei romeni che vorrebbero cambiare lavoro, con rispettivamente il 17 e il 12%, sono le opportunità di crescita e una compagnia più stabile. Anche in questo caso viene menzionata la riconversione professionale, perchè l’11% dei romeni lascerebbe l’attuale posto di lavoro se trovasse un lavoro in un altro settore. La possibilità di lasciare il Paese per lavorare all’estero (il 6%) e un migliore pacchetto di benefici extrasalariali (sempre il 6%) sono altri motivi per cui i romeni cambierebbeo lavoro, ha spiegato sempre Raluca Dumitra.



    La conclusione: se abbiamo imparato qualcosa da questa crisi sanitaria è che, per quanto fossero duri i colpi della vita, non posiamo fare altro che rialzarci e guardare avanti.




  • Gli orsi di Romania

    Gli orsi di Romania

    Le foreste sono, da secoli, casa degli orsi bruni. Secondo World Wild Fund Romania, quasi 8 mila dei circa 18 mila esemplari nell’intera Europa vivono nei Monti Carpazi e oltre 6 mila sul territorio della Romania. È la maggiore popolazione di orsi bruni sul Vecchio Continente. ʺL’orso è una ricchezza naturale della Romania. Non possiamo ignorare questo aspetto e credo che tutti siamo d’accordo che queste ricchezze naturali vanno protette, perchè vanno perdendosi e dobbiamo assumerci la responsabilità per il fatto che le nostre azioni, ciò che consumiamo oppure facciamo, leda il benessere e la validità di queste risorse naturali, ha spiegato Livia Cimpoeru, specialista in comunicazione per i progetti sui grandi carnivori presso l’ong World Wild Fund Romania.



    Solo che lo sviluppo dell’infrastruttura di trasporto, di quella urbana o rurale, i talgi legali o illegali di foreste o lo sfruttamento eccessivo delle risorse naturali, ad esempio dei funghi o dei frutti di bosco, hanno portato, nel tempo, gli orsi, onnivori, a essere attratti dalle zone con accesso facile alle fonti di cibo nelle abitate dagli uomini. Di conseguenza, alcuni orsi diventano una minaccia e molti considerano che debbano essere abbattuti. Niente di più falso nella visione dell’ong WWF Romania, spiega Livia Cimpoeru, in quanto l’equilibrio uomo-animale è perfettamente possibile. ʺQuesto equilibrio potrà essere assicurato solo nel momento in cui noi capiremo, come nazione, come popolo che vive in questo spazio benedetto con una straordinaria biodiversità, che siamo gli unici, ripeto, gli unici, a poter proteggere queste ricchezze. Finchè noi daremo la colpa all’orso o al lupo oppure ad altri animali per questi conflitti tra uomo e fauna selvatica, non giungeremo da nessuna parte. L’orso è un animale selvatico, non ha la nozione di bene o male, quindi non può prendere decisioni o elaborare politiche ecc. Siamo noi la specie pensante che può affrontare in modo intelligente questi, chiamiamoli, dispiaceri o conflitti, e trovarci delle soluzioni. Le nostre attività hanno un evidente impatto sugli orsi e la stragrande maggioranza dei conflitti tra uomo e orso sono provocati dall’uomo.



    Nell’Ue, gli orsi sono protetti dalla Direttiva Habitat che li include nella lista di specie protette che non si possono uccidere per diletto ossia come trofei di caccia. In alcuni Paesi, compresa la Romania, i cacciatori si avvalgono spesso dell’articolo 16 della Direttiva che consente deroghe, cioè la caccia di un numero limitato di esemplari, specialmente quelli pericolosi per l’uomo.



    Il recente abbattimento di Arturo, considerato re degli orsi in Romania grazie alle sue dimensioni, ha fatto il giro del pianeta. In Romania, l’incidente ha riportato alla ribalta il modo, secondo molti, difettoso, in cui le autorità nazionali proteggono questi mammiferi in cima alla catena alimentare. In realtà, Arturo sarebbe stato ucciso nell’ambito di una battuta di caccia al trofeo, in base a una deroga rilasciata per l’uccisione di un altro esemplare che aveva provocato danni nelle masserie degli abitanti. Cosa andrebbe fatto affinchè simili cose non avvengano più?



    ʺNoi, sin dal 2009 e negli anni successivi, abbiamo chiesto il miglioramento della legislazione tramite cui vengono concesse queste deroghe per la relocalizzazione o l’abbattimento, perchè, da quando sono state emanate queste deroghe, a partire dal 2017, se non mi sbaglio, esse non hanno precisato chiaramente cosa succede con le carcasse di orso, chi è implicato nel processo di abbattimento o relocalizzazione, qual è la loro destinazione e chi è il beneficiario finale degli animali uccisi. Nel 2019, abbiamo chiesto che nelle azioni di abbattimento non fossero più implicate persone diverse dal personale tecnico delle associazioni venatorie per allontanare, così, questi sospetti che il processo di abbattimento, la cosiddetta raccolta, fosse, in realtà, una caccia al trofeo camuffata. Inoltre, abbiamo chiesto che gli animali-problema fossero segnati e monitorati attivamente per allontanare qualsiasi sospetto sull’estrazione dell’esemplare che provocava problemi. E il caso dell’orso Arturo è eloquente in questo contesto. Non capiamo perchè, da anni, non vengono create equipe di pronto intervento per simili situazioni. Cioè, prima di uccidere quell’orso, dovremmo prendere in calcolo altre varianti che potrebbero rivelarsi efficienti. Queste equipe ci dovrebbero essere dapperttutto dove, ovviamente, c’è un’importante popolazione di orsi. Noi, attualmente, non solo non abbiamo un monitoraggio reale, su basi scientifiche, della popolazione di orsi in Romania, ma nemmeno uno della popolazione di orsi che, a causa della non curanza dell’uomo, sono giunti, nel tempo, ad associare l’uomo alla loro fonte di cibo e a farsi strada verso le zone abitate, ha spiegato Livia Cimpoeru, di WWF Romania.



    Nel frattempo, nel contesto dello scandalo intorno all’uccisione di Arturo, il Ministero dell’Ambiente di Bucarest ha annunciato che la legislazione sull’abbattimento degli orsi pericolosi per la comunità è stata cambiata. Se prima c’era un termine di 60 giorni dal rilascio del permesso fino alla sua applicazione e la legislazione non prevedeva chiaramente chi poteva abbattere l’animale, adesso gli esemplari pericolosi possono essere estratti in al massimo 15 giorni e solo dal personale tecnico dell’associazione che gode della deroga. Decisione benvenuta, ma insufficiente, ammonisce Livia Cimpoeru.



    ʺOltre a queste misure in un certo senso pompieristiche, per calmare l’opinione pubblica, vanno prese anche altre, cosicchè, a lungo termine, giungiamo a una coesistenza armoniosa con l’orso. Parlo anche del sostengo finanziario ai farmer o alle masserie delle zone popolate dagli orsi, cosicchè quelle persone possano comprarsi recinti elettrici, cani da guardia, che difendano i loro animali, le masserie ecc. Queste misure sono state annunciate, l’anno scorso, dall’ex ministro Alexe, noi siamo stati molto contenti quando ha annunicato che il dicastero avrebbe lanciato un programma di finanziamento di queste misure preventive. Ma ciò non è mai successo e non capiamo perchè.



    World Wild Fund Romania afferma, inoltre, che, attualmente, il Ministero dell’Ambiente dispone di sufficienti dati da cui partire per elaborare mappe delle zone a rischio, da mettere a disposizione degli specialisti, delle amministrazioni locali e del pubblico largo, affinchè questi sappiano chiaramente dove ci sono i maggiori problemi. Allo stesso tempo, l’ong è parte di un progetto internazionale finanziato con fondi europei – ʹEuro Large Carnivoresʹ – volto a migliorare la coesistenza tra uomini e animali tramite cooperazione transfrontaliera e comunicazione. Anche se non tutte le misure prese da altri Paesi sono applicabili anche in Romania, sicuramente esse potrebbero essere adattate alle realtà romene. In altre parole, le idee ci sono e non sono poche. Serve, però, la volontà politica per metterle in pratica.