Category: Pagine di storia

  • Ebrei salvati negli anni dell’orrore

    Ebrei salvati negli anni dell’orrore

    Le tragedie vissute dagli ebrei durante la Seconda Guerra Mondiale toccarono profondamente i contemporanei. Nonostante la sua apparente onnipotenza, al male nazista si opposero brave persone che fecero tutto il possibile affinché le persone perseguitate per motivi razziali irrazionali non soffrissero più. Alcuni di questi erano romeni, che aiutarono gli ebrei nonostante le conseguenze. Uno di loro fu Emil Tomescu, colonnello della riserva e veterano della Seconda Guerra Mondiale, con il grado di capitano nel 1942. Intervistato dal Centro di Storia Orale della Radiodiffusione Romena nel 1997, Tomescu ha raccontato ciò che aveva trovato oltre Odessa, nel palazzo di un proprietario francese fuggito.”Ho trovato le porte e le finestre inchiodate. Chiedendo quale fosse il motivo, i soldati mi dissero che dentro cerano degli ebrei e che ogni settimana veniva un pretore e ne prendeva uno che spariva. Più tardi ho scoperto che sparava loro alla nuca e li gettava in un pozzo abbandonato. Ho staccato le tavole di legno, quello che ho trovato dentro è stato qualcosa di indescrivibile! Erano scheletri viventi, scheletri umani! Affamati, sporchi, era qualcosa di terribile! Usavano una stanza come toillet. Ho subito dato lordine di scaldare lacqua nelle caldaie, li ho portati fuori, li ho fatti lavare, ho dato loro da mangiare e ho preso alcune delle donne più resistenti per aiutarci in cucina. Ma non potevo restare a lungo, mi fu ordinato di tornare al fronte. Probabilmente il pretore o qualcuno lì aveva riferito quello che stavo facendo e allora mi hanno preso e mandato al fronte.”



    Aristina Săileanu era di Târgu Lăpuș, località della Transilvania settentrionale annessa allUngheria dopo larbitrato di Vienna del 30 agosto 1940. Ricordava nel 1997 come suo padre aveva salvato una famiglia di ebrei che aveva nascosto in una capanna, nella foresta. “Avevamo una fattoria a Râoaia, a 14 chilometri dal comune di Lăpusul Românesc. Avevamo tutto ciò di cui avevamo bisogno li. Essendo un posto così isolato, ovviamente mio padre pensò di fare una buona azione perché lo faceva per amore del prossimo. Mio padre allora mi mandò nella notte tra il 15 e il 16 aprile assieme a un ex domestico. Ho portato i bambini fuori di casa e siamo andati a Râoaia a casa nostra dove papà ci aspettava. Lui li prese, li portò nella foresta, fece loro una capanna, li sistemò. Era molto pericoloso perché se i tedeschi ci avessero preso ci avrebbero semplicemente giustiziati.”



    Gheorghe Moldovan di Blaj ha raccontato che nel 1997 insieme ad altri giovani della sua età aveva portato del cibo agli ebrei del campo di concentramento sulla strada Perşani-Lădeni-Braşov. Cosa si proponeva nei confronti degli ebrei lassociazione di cui faceva parte? “Prima di tutto salvarli dalla deportazione. In altre parti del paese furono presi e portati dietro il fronte. Da qui, da Blaj, venivano mandati nei campi di lavoro, non nei campi di sterminio. Ma per tutti gli ebrei della Transilvania settentrionale si poneva già la questione di salvarli dallinvio nei campi di sterminio di Auschwitz e altrove. Si stavano organizzando passaggi di frontiera clandestini, ho incontrato quel cittadino che è stato qui molte volte e che mi ha ringraziato personalmente. Sono orgoglioso che dalle descrizioni che ho letto fosse proprio Raoul Wallenberg. Era un uomo alto, un uomo straordinario e molto coraggioso.”



    Sonia Palty, nel 2001, si è ricordata dellagronomo Vasilescu, un uomo che pagò con la vita dopo essere stato denunciato per aver aiutato gli ebrei. “Questo Vasilescu era, posso dire, lunico uomo. Doveva ricevere il cibo solo chi andava a lavorare e in quelle giornate invernali pochissimi uscivano a lavorare perché la maggior parte di loro era malata: influenza, diarrea, reumatismi. Allora Vasilescu, essendo il mese di dicembre, cioè in prossimità di Natale, decise di dare da mangiare a tutti nel campo, cioè ai bambini, alle donne e agli anziani che non erano andati al lavoro. Il giorno dopo eravamo tutti radunati e ci hanno detto che entro unora avremmo dovuto essere tutti pronti con i bagagli, ci avrebbero portati alla stazione del treno e da lì saremmo partiti sul Bug, verso Bogdanovka. Il tenente Capeleanu è venuto e ha cominciato a colpirci con la frusta a destra e a sinistra. Quando ha alzato la frusta per andare avanti, il direttore della fattoria Vasilescu gli afferrò la mano e gli disse: “Li hai colpiti abbastanza, lasciali allinferno, non ne saprai più nulla!” Capeleanu scrisse una nota informativa in cui disse che Vasilescu era stato favorevole al gruppo di ebrei, che li aveva aiutati e che aveva dato loro del cibo, e lagronomo Vasilescu fu mandato a Cotul Donului da dove non sarebbe mai tornato.”



    Alcuni romeni hanno compiuto atti di vera umanità in tempi estremi per gli ebrei, come la Seconda Guerra Mondiale. E il conferimento del titolo “Giusti fra le nazioni” rappresenta per alcuni di loro latto di gratitudine del popolo ebraico.




  • Re Carlo II e la crisi del 1940

    Re Carlo II e la crisi del 1940

    Durante i due decenni tra il 1920 e il 1940, la Romania dovette affrontare la crescente aggressione revisionista delle due grandi potenze vicine, la Germania nazista e lUnione Sovietica, e dei vicini come lUngheria e la Bulgaria. Nel giugno 1940, dopo loccupazione della Francia da parte della Germania nazista, lUnione Sovietica diede due ultimatum al Governo romeno chiedendo la resa della Bessarabia e della Bucovina settentrionale. Il 30 agosto 1940, con il Trattato di Vienna, Germania e Italia chiesero alla Romania di cedere la Transilvania settentrionale allUngheria. E il 7 settembre 1940, attraverso il Trattato di Craiova, la stessa Germania e lItalia chiesero alla Romania di cedere il Quadrilatero o Dobrugia Meridionale alla Bulgaria. Quella crisi portò al potere un governo formato dalla Guardia di Ferro (lestrema destra romena) e dal generale Ion Antonescu, e il principale responsabile fu considerato il re Carol II che perse il trono.



    Il sovrano aveva una personalità estremamente forte. Intelligente e manipolatore, Carlo II aveva istituito nel 1938 un regime di autorità personale che sopprimeva i partiti politici e la stampa libera. Fu un padre abusante nei confronti di suo figlio, il futuro sovrano Michele I, che depose nel 1930 quando questultimo era minorenne. I posteri hanno legato gli scandali di corruzione al suo nome e a quello della sua camarilla. Nel suo incommensurabile orgoglio, anche dopo la profonda crisi del 1940, rifiutò di abdicare, lasciando semplicemente il trono e la corona. Tuttavia, il periodo più prospero della Romania è associato al nome di Carlo II e ai suoi 10 anni di regno, tra il 1930 e il 1940. La capitale Bucarest fu sistematizzata, iniziò la costruzione dei laghi sul fiume Colentina nel nord della città e la cultura ricevette un notevole sostegno. Non tutti i contemporanei concordano sul fatto che il re fosse una figura nefasta nella storia contemporanea della Romania.



    Gheorghe Barbul era il segretario personale del maresciallo Ion Antonescu. Nel 1984, è stato intervistato dal noto storico Vlad Georgescu a Radio Free Europe, intervista entrata nel patrimonio del Centro di Storia Orale della Radiodiffusione Romena nel 1993. Barbul ha affermato che, nonostante le animosità tra Carlo II e Antonescu, questultimo pensava politicamente in termini di stabilità e sovrapponeva la monarchia alla persona del re. “La monarchia, credeva Antonescu, era indispensabile per un paese giovane come la Romania. Solo la monarchia poteva garantire la continuità dello Stato in un mondo di demagoghi, dove, secondo la sua formula, i possessori di voti avevano sostituito i proprietari di terre, accennando alla differenza che esisteva tra la Romania prima del 1914 e la Romania dopo il 1920. E riteneva che, data la necessità di avere una monarchia, non si dovesse attaccare re Carlo II, non si dovesse buttare fango su Re Carlo, qualunque fossero le sue colpe. Perché uninstabilità sul trono della Romania era un pericolo. Il padre aveva già detronizzato il figlio ed era salito al trono, e, se secondo quello che voleva fare una certa parte dellopposizione, in questo caso il Partito Nazional-Contadino e la Guardia di Ferro, ovvero se il figlio Michele avesse detronizzato il padre Carlo e fosse risalito al trono, quello sarebbe stato un elemento di instabilità.”



    Per il giurista e prigioniero politico Radu Boroș, il re Carol II è stato, come affermò in unintervista del 1995, uno dei più importanti sovrani della Romania che sostennero e incentivarono lo sviluppo dellaviazione, un settore in espansione negli anni 30. “Per me, come romeno, re Carlo è un grande re. E se i romeni lo avessero capito, avremmo fatto molti più progressi. Tutto ciò che è stato fatto dalla fine della Prima Guerra Mondiale fino alla Seconda Guerra Mondiale, tutto ciò che è stato realizzato nel paese, nellindustria, nellamministrazione, ecc., è stato voluto da lui, patrocinato da lui, imposto da lui. Quando è salito al trono, ha scoperto che in Romania, dal punto di vista dellaviazione, non avevamo nulla! Durante la Prima Guerra Mondiale avevamo pochi aviatori e pochi palloni aerostatici. Eravamo più interessati ai palloni aerostatici che allaviazione da caccia o da bombardamento. Noi nella Prima Guerra Mondiale non eravamo quello che saremmo stati nella Seconda Guerra Mondiale. Poi ha deciso di dare una spinta allaviazione e ha incentivato un grande sviluppo dellaviazione militare.. Nellaviazione militare ha imposto la creazione dellI.A.R. Braşov, dove abbiamo costruito anche un aereo da caccia, I.A.R. 14, che a suo tempo, negli anni 37-38, fu uno dei migliori aerei da caccia. Ma oltre allaviazione militare, si rese conto che dovevamo avere anche laviazione civile. Era lungimirante e si rendeva conto che laviazione sarebbe diventata un importante mezzo di trasporto. E poi ha deciso di creare una compagnia di trasporto aereo romena. Fino alla creazione di questa società romena, la Romania ha partecipato con la Francia alla Società franco-romena.”



    Il re Carlo II è uno di quegli uomini controversi della storia. Senza il quale, forse, lesistenza sarebbe più tranquilla, ma più banale.




  • L’igiene razziale e la sua condanna simbolica in Romania

    L’igiene razziale e la sua condanna simbolica in Romania

    Latteggiamento degli uomini nei confronti dei loro simili nel corso del tempo è un argomento di discussione molto delicato nella storiografia odierna. Molte voci chiedono giustizia per i crimini e gli abusi del passato, anche se latto di giustizia è tardivo per le vittime e privo di effetti per il colpevole. Latteggiamento violento dei forti verso i deboli, dello stato verso il cittadino, dei sani verso i malati, delle maggioranze verso le minoranze ha fatto discutere per gli effetti che ha prodotto, e i più orribili sono stati i genocidi, lOlocausto, luccisione o la persecuzione di un gran numero di persone in base a criteri diversi.



    Il nazismo e il comunismo hanno portato allapice del male il pensiero e il trattamento a cui luomo sottopone i suoi simili. Entrambi di natura fortemente repressiva e genocida, ma distinti in termini di gruppi target a cui miravano, il nazismo e il comunismo spesso presero in prestito le loro idee e i loro metodi per fare del male. Sono stati ispirati allemergere e dlla circolazione sconsiderata, allinterno delle società democratiche, di idee e pratiche criminali come la rimozione, attraverso la sterilizzazione, della possibilità di dare alla luce persone con disabilità, come è avvenuto con le politiche sistematiche, o attraverso la liquidazione fisica, come è avvenuto nei campi di concentramento. In molti paesi europei e nordamericani sono state proposte e perfino applicate politiche per sterilizzare i disabili, e la Romania non ha fatto eccezione alla regola. Ma le politiche di sterilizzazione non si sono limitate solo ai disabili, sono diventate proposte anche per altre categorie di persone, come ebrei, rrom, persone con orientamento omosessuale. E scienziati, come i medici, biologi, gli antropologi e attivisti politici, furono ugualmente responsabili di queste idee e politiche. Leugenetica era la scienza che promuoveva leliminazione dei “difettosi” in nome della guarigione della specie umana.



    Al Palazzo del Parlamento di Bucarest fu organizzato un finto processo per uno dei più importanti eugenetisti durante il regime nazista in Germania. Si è trattato della messa in scena del processo che ha avuto luogo presso la sede dellOrganizzazione delle Nazioni Unite il 31 gennaio 2023, organizzato dal Social Excellence Forum per un gruppo di giovani leader di età compresa tra i 15 e i 22 anni provenienti da diversi paesi, tra cui la Romania. Si è trattato del processo contro Ernst Rüdin, psichiatra, genetista ed eugenetista svizzero di lingua tedesca vissuto tra il 1874 e il 1952, considerato il padre delligiene razziale nazista, sottoposto a unindagine sulle sue azioni e responsabilità. E stato un processo simbolico ed educativo sulle idee che hanno portato agli omicidi, al quale hanno partecipato studenti di diverse scuole superiori della Romania. Marius Turda, professore di storia della medicina allUniversità “Brooks” di Oxford, in Gran Bretagna, uno dei più stimati storici delleugenetica, ha risposto alla domanda se la Germania nazista sia stata il primo e unico paese ad attuare una politica di sterilizzazione di quelli considerati “difettosi”. “Le leggi sulla sterilizzazione esistevano in molti paesi allepoca. Gli Stati Uniti sono stati il ​​Paese con il maggior numero di sterilizzazioni obbligatorie, prima della Germania di Adolf Hitler. Certamente, la differenza è che negli Stati Uniti non esisteva una legge federale. Ogni stato ha applicato la legge come voleva. Nel 1933 erano 30 gli stati che avevano introdotto la sterilizzazione obbligatoria. Si stima che tra il 1910 e il 1980 negli Stati Uniti sono state sterilizzate quasi 80.000 persone”.



    A Marius Turda è stato chiesto se i medici romeni abbiano avuto un ruolo nel movimento eugenetico mondiale e quale sia stato il loro contributo alle politiche di sterilizzazione. “Sì, ce lhanno avuto. Nel 1935, la Società romena di eugenetica e studio dellereditarietà, fondata e guidata dal famoso scienziato Gheorghe Marinescu, fu uno dei membri fondatori della Federazione internazionale di eugenetica delle società latine. Anche loro hanno promosso la sterilizzazione. Già nel 1912, il ginecologo Constantin Andronescu suggerì lintroduzione di certificati prematrimoniali e la sterilizzazione dei malati di mente. Nel 1921, Ioan Manliu, un altro medico, fortemente influenzato dal modello tedesco e americano di sterilizzazione eugenetica, suggerì la sterilizzazione di tutti i degenerati in Romania. Nel 1931, lo stesso uomo, lo stesso medico, proponeva la sterilizzazzione di cinque o sei milioni di romeni perché il miglioramento della razza avesse effetto. Nel 1931, il Congresso Neurologico, Psicologico, Psichiatrico ed Endocrinologico, presieduto dal Dott. Constantin Parhon, propose al Ministro della Sanità di introdurre una legge sulla sterilizzazione volontaria. Alla fine, allinizio del 1940, la minoranza rrom fu attaccata e fu proposta la sua sterilizzazione.”



    La Corte plenaria del Parlamento romeno ha simbolicamente condannato allergastolo Ernst Rüdin, riconosciuto colpevole di tre dei quattro capi dimputazione. Insieme a lui furono condannate le idee che causarono tanta sofferenza a molte centinaia di migliaia di disabili.




  • Romania e gli aiuti umanitari concessi ai Paesi emergenti

    Romania e gli aiuti umanitari concessi ai Paesi emergenti

    Uno dei grandi processi avviati dopo la Seconda Guerra Mondiale fu la decolonizzazione del mondo. Le metropoli dovettero riconoscere lindipendenza alle ex colonie e le relazioni tra di esse si riassestarono. Ma anche dai Paesi socialisti cominciò a manifestarsi la volontà di sostenere i Paesi di quello che oggi viene chiamato il “Sud Globale”, America Latina, Africa, Asia e Oceania, in nome del nuovo umanesimo. Nei rapporti tra i vecchi stati e i nuovi stati formati dalle ex colonie, laiuto umanitario si annoverò tra le forme di sostegno più estese. Ma non era meno vero che laiuto e il sostegno rappresentavano tacitamente gli interessi di chi li offriva.



    Anche la Romania socialista è penetrata nel “Terzo Mondo”, come veniva chiamato il Sud Globale, a partire dagli anni 70. La politica di apertura del dittatore Nicolae Ceaușescu al continente africano, ai paesi socialisti o simpatizzanti del socialismo in Asia, e ai movimenti comunisti dallAmerica Latina. La storica Mia Jinga dellIstituto per le indagini sui crimini del comunismo e sullesilio romeno partecipa a un progetto più ampio che studia la politica globale della Romania dagli anni 60 agli anni 80. “In cosa consistevano gli aiuti umanitari offerti dalla Romania? Abbiamo utilizzato un metodo per stabilire tutti i possibili livelli di aiuto umanitario a partire da quello classico, laiuto umanitario di emergenza. In origine si trattava di questo, aiuti durgenza in caso di calamità naturali: siccità, alluvioni, terremoti e altro. Solo che non solo la Romania, ma anche gli altri stati del blocco orientale e gli stati occidentali hanno applicato anche altre forme di aiuto: quello per la popolazione nelle zone di conflitto o nei campi profughi, aiuti materiali e militari offerti a vari movimenti di liberazione e ad alcuni partiti comunisti. La maggior parte dei soldi qui è andata, in realtà. Concessione di borse di studio per la formazione preuniversitaria, tirocini universitari e di specializzazione, concessione di perizia e attrezzature specialistiche, sostegno a progetti di sviluppo.”



    Nel 1979, la Romania ha aiutato i paesi emergenti di tre continenti: Perù, Martinica, Repubblica Dominicana, Nicaragua, Messico del Nord, Centro e Sud America; Benin, Etiopia, Sudan, Burundi, Mozambico, Senegal, Repubblica Centrafricana, Mauritania, Repubblica di Capo Verde, Namibia, Guinea-Bissau dallAfrica; Yemen e Libano in Asia. Mia Jinga ha osservato che gli aiuti umanitari e il sostegno che perseguono interessi politici spesso si sono combinati. Ad esempio, la Romania ha sostenuto attivamente il gruppo marxista-leninista lUnione Popolare Africana dello Zimbabwe (ZAPU) che ha preso parte alla guerra civile in Rhodesia tra il 1964 e il 1979. “A ciascuno di questi livelli, se guardiamo attentamente, ci sono altri specifici tipi di azioni. Ad esempio, per le calamità naturali, laiuto consiste principalmente in alimenti di base, vestiti, medicine e assistenza medica. Dopodiché, a seconda delle esigenze, si diversifica per gli altri. Dalla moltitudine di azioni, io ho scelto gli attivisti ZAPU che mi sembravano i più interessanti. Circa 9,5 milioni di lei andarono a questa organizzazione nel 1979, mentre limporto medio per unaltra azione fu di 250.000 lei. La discrepanza era molto grande”.



    Mia Jinga ha spiegato anche il meccanismo con cui la Romania concedeva aiuti ai paesi emergenti. “Ho guardato come stava andando questo progetto di aiuto umanitario, dove è iniziato e dove è finito. È stata uniniziativa dello stato romeno o, al contrario, è stato il beneficiario a chiedere laiuto? In tutti i casi, almeno in quelli che ho riscontrato finora, laiuto è stato concesso a seguito di una formale richiesta inviata ad alto livello. La richiesta è arrivata da un noto leader del rispettivo partito o movimento, forse a seguito di un incontro con Nicolae Ceaușescu, a seguito di una visita o di un incontro allestero. Dopo aver ricevuto tale richiesta, la Sezione Relazioni Esterne del Comitato Centrale del PCR redigeva una nota in cui giustificava lapprovazione o il rifiuto di tale richiesta. La giustificazione comprendeva anche una breve storia delle relazioni di aiuto umanitario con il rispettivo beneficiario, gli importi per ciascun anno, se vi erano stati aiuti precedenti, quanto bene o male laiuto era stato utilizzato e qualsiasi problema diplomatico che sarebbe sorto a seguito del concessione dei detti aiuti. Cerano molte situazioni in cui la Romania avrebbe aiutato, ma il contesto politico internazionale in quel momento era tale che la risposta era no. In tutti i casi, Nicolae Ceaușescu aveva lultima parola. Cerano casi che, come il Vietnam, ricevevano il via libera. Indipendentemente dallimporto richiesto, esso veniva concesso. Ad un certo punto Nicolae Ceaușescu disse che era ormai da 10 anni che la Romania aiutava il Vietnam e che era lora che i vietnamiti si mettessero al lavoro”.



    La Romania socialista, come gli altri stati socialisti, aveva una politica di aiuti differenziata per i paesi emergenti. Gli archivi rivelano successi e fallimenti di vari progetti, lAfrica essendo il continente privilegiato nella visione politica globale della Romania di Ceaușescu, che il dittatore visitò numerose volte.




  • Centenario della Costituzione del 1923

    Centenario della Costituzione del 1923

    La vittoria dellIntesa nella Prima Guerra Mondiale, coalizione alla quale la Romania aveva aderito sin dal 1916, portò allunione dei territori a maggioranza romena della Russia zarista e dellAustria-Ungheria con il Regno di Romania. Nel marzo 1918, la Bessarabia o Moldavia orientale tra i fiumi Prut e Dniester annessa dalla Russia nel 1812 si unì alla Romania, e in novembre e dicembre lo fecero anche Banato, Bucovina e Transilvania. Il Regno della Grande Romania, così formato, era una nuova costruzione e molto più diversificata di quanto non fosse stata in precedenza.



    Dal 1866, con lascesa al trono di Carlo de Hohenzollern-Sigmaringen e ladozione del primo atto costitutivo dello stato romeno, iniziarono i 125 anni di storia costituzionale della Romania. Ci sono state ben sette Costituzioni nella storia della Romania, ciascuna espressione di un diverso tipo di regime politico. La costituzione del 1866 fu la costituzione fondatrice, quella del 1923 dellunificazione e quella del 1938 del regime di autorità personale del re Carlo II. Le successive tre costituzioni furono del regime comunista, quelle del 1948, 1952 e 1965. Lultima e quella ancora oggi in vigore fu votata dai romeni nel 1991 e ripristinò i valori della democrazia dopo il crollo del regime comunista nel 1989.



    La Costituzione del 1923, pubblicata il 29 marzo 1923 nella Gazzetta Ufficiale, rappresentava la più alta forma di diritto costituzionale romeno. Il suo centenario riporta alla memoria collettiva il più grande stato democratico romeno, creato alla fine della Prima Guerra Mondiale, per il quale si sacrificarono circa 500.000 romeni. LAccademia romena e lAmbasciata dItalia a Bucarest hanno festeggiato insieme i 100 anni trascorsi da allora. Il presidente dellAccademia romena, lo storico Ioan-Aurel Pop, ha evidenziato i momenti principali di una storia costituzionale della Romania tramite osservazioni sulla storia del diritto del XIXesimo secolo, attraverso cui furono gettate le basi del futuro stato romeno. Track: “La Romania aveva già una costituzione dal 1866, ma questa, secondo lopinione generale dellepoca, non corrispondeva più alle realtà dopo il 1918. E su questo documento chiamato costituzione, in Romania furono emessi giudizi che divennero pregiudizi. Alcuni hanno sostenuto che i romeni sono arrivati ​​molto tardi ad avere una costituzione. In effetti, i romeni ebbero una costituzione al momento giusto, insieme alla maggior parte degli stati europei moderni. LItalia ebbe una propria costituzione nel 1861 allunificazione, subentrata alla costituzione del 1848 dopo la rivoluzione siciliana”.



    La preistoria costituzionale della Romania del XIXesimo secolo è affascinante in quanto osserva come le antiche usanze scompaiono e altri valori moderni prendono il loro posto. Uno era limportanza del voto popolare. Ioan-Aurel Pop. Track: “Come insegnato a scuola, la Costituzione è la legge fondamentale degli stati. Aggiungerei degli stati moderni, nel Medioevo non cerano costituzioni, per quanto alcuni vorrebbero spingere le cose nel passato. Nello spazio romeno, i Regolamenti organici del 1831-1832 per la Valacchia e la Moldavia o il Diploma leopoldino del 1691 per la Transilvania furono imposti sotto il dominio straniero e hanno solo valore costituzionale, furono espressioni democratiche degli eletti del popolo romeno. La costituzione del 1866 fu la prima vera costituzione secondo il modello europeo avanzato, il modello belga, e adattata alle realtà romene in uno stato che era appena diventato una monarchia costituzionale».



    Il XIXesimo secolo finì effettivamente negli anni 20 del XXesimo secolo, dopo il grande conflitto mondiale del 1914-1918. Tutto stava cambiando di nuovo e le nuove circostanze dellemergere della Grande Romania portarono alla nascita di una nuova Costituzione. Track: “Nel 1918, la popolazione della Romania era raddoppiata e il suo territorio era aumentato, per essere ottimisti, non due volte, ma quasi tre volte. Quindi, cera bisogno di unificazione e standardizzazione, principalmente legislativa. E solo la Costituzione poteva farlo. La nostra Costituzione del 1923, adottata dal Parlamento, era democratica al livello della democrazia di allora, e aggiungerei al livello della democrazia negli stati dellEuropa sudorientale. Il documento dichiarava la Romania uno stato nazionale, unitario, indivisibile con territorio inalienabile. Fu soprannominata la “Costituzione dellunificazione” e non ebbe un destino molto lungo”.



    Sfortunatamente, la Costituzione del 1923 sarebbe caduta vittima di entrambi i regimi totalitari criminali, fascismo e comunismo. Nel 1938 crollò sotto i colpi delle idee fasciste, e nel 1948, appena reinstaurata, fu abolita dal regime del partito comunista. Ioan-Aurel Pop. Track: “Dopo nemmeno due decenni, nel 1938, la Romania aveva unaltra costituzione. Poi, dopo la Seconda Guerra Mondiale, fu riufficializzata quella del 1923 e funzionò fino allinstaurazione ufficiale del regime comunista nel 1947. Seguirono circa quattro decenni di regime comunista e lattuale Costituzione della Romania adottata dopo il 1989, con tutti i suoi cambiamenti, deve molto al contenuto della vecchia Costituzione del 1923. Era un documento redatto dopo una lunga deliberazione, simboleggiava la costituzione dal punto di vista legislativo interno della Romania riunificata e ha dimostrava la sua longevità”.



    La Costituzione del 1923 riemerse nel 1989 come documento di rifondazione della democrazia. E il suo centenario dimostra che rimane nel patrimonio del pensiero giuridico romeno come punto di riferimento.




  • Gli americani in Romania nella seconda metà degli anni ’40

    Gli americani in Romania nella seconda metà degli anni ’40

    Le relazioni romeno-americane subirono un rapido deterioramento durante la Seconda Guerra Mondiale. Trovandosi in campi opposti, la Romania e gli Stati Uniti erano avversari per ragioni congiunturali, non perché avevano un pomo della discordia da condividere. La Romania si era unita alla Germania per proteggersi dallaggressione dellURSS, mentre gli Stati Uniti erano alleati dellURSS mentre combattevano insieme contro la Germania.



    Tuttavia, la Romania e gli Stati Uniti hanno mantenuto contatti minimi che li hanno aiutati ad avvicinarsi. Un esempio è stato il campo di prigionia per gli americani caduti in Romania, di cui parlò nel 2004 Gheorghe M. Ionescu, americanofilo e membro del Partito nazional-contadino, intervistato dal Centro di storia orale della Radio Pubblica romena. Vicino al comune di Geamăna, nella provincia di Argeș (centro-sud), cera un aeroporto militare tedesco dove gli aerei tedeschi intercettarono laviazione americana quando iniziò a bombardare larea.



    “Cè stata una battaglia aerea sopra la comune. Gli americani sono caduti, otto paracadutisti sono usciti dalle nuvole perché un bombardiere B-26 aveva otto persone a bordo. Di loro, quattro sono caduti morti con i paracadute e quattro feriti. Il vento li ha portati verso un foresta, verso Cireșu. La protezione civile, il municipio, le truppe militari furono mobilitate, suonò il clacson perché andassimo a prenderli. Io non andai, ho pensato che fosse meglio che andassero coloro che dicevano che i paracadutisti stavano facendo del male, che per questo si erano buttati. Si erano buttati, poverini gente, perché il loro aereo era stato distrutto. Gli americani sono usciti dalla foresta e si sono arresi. Li hanno fatti salire su due carri e li hanno portati a Pitesti, allospedale, dove sono stati molto ben trattati e curati”.



    Con spirito di fair play, gli avversari della Romania hanno ringraziato per lumanità con cui erano stati trattati i prigionieri americani. Gheorghe M. Ionescu. “Dopo circa un mese, a Radio Londra si disse: “Grazie al dottor Nelecu”, chirurgo e capo dellospedale, “per lattenzione e la cura che ha prestato ai soldati americani e per averli curati”. Certo che dopo che sono guariti, sono stati portati nel campo di prigionia a Predeal, dove si deve sapere che i romeni si comportavano molto bene con i soldati americani. Facevano conferenze, giocavano a tennis, era una specie di stazione di riposo, non come un campo di prigionia come lo fecero i russi. I quattro morti Ii seppellirono al cimitero di Lăceni, della chiesa di Badea Cârstei. Ciascuno con il suo medaglione, il suo nome, il reggimento, letà, tutti i dati civili. Gli americani avevano i loro record esatti e forse una settimana o 10 giorni dopo il 23 agosto 1944 vennero, li riesumarono e li portarono in Oklahoma, dove avevano la loro casa e la loro famiglia”.



    Gheorghe Barbul, segretario personale del maresciallo Ion Antonescu, in un dialogo con lo storico Vlad Georgescu del 1984 su Radio Free Europe, ha affermato che, sebbene nemici, la Romania e gli Stati Uniti stavano negoziando. “Il primo contatto diretto con gli americani è stato stabilito a Stoccolma da Radulescu, capo di gabinetto di Mihai Antonescu. Il suo interlocutore era un osservatore personale di Roosevelt in Europa, ma non in veste ufficiale. Il presidente degli Stati Uniti ha utilizzato questo sistema per non utilizzare il normale canale diplomatico e quindi per non attirarsi i rimproveri dei suoi alleati che avrebbe negoziato separatamente da loro. Il risultato di questo incontro è stato riassunto da Mihai Antonescu nel modo seguente: il presidente Roosevelt si chiedeva con ansia quale sarebbe stata la linea di giunzione in Europa tra lesercito americano e quello sovietico. Questa comunicazione fatta da Rădulescu produsse un profondo effetto a Bucarest. Il maresciallo Antonescu si sentì confermato nella sua analisi, secondo la quale resistendo militarmente ai russi e impedendo loro di penetrare la linea europea, stava facendo un servizio non solo alla Romania, ma anche agli angloamericani”.



    Dopo la sconfitta della Germania nel 1945, occupata dallesercito sovietico, la Romania poteva solo sperare che la diplomazia americana potesse salvarla dalla prospettiva della comunistizzazione. In quel contesto apparve lattesa dello sbarco degli americani nei Balcani, che però si rivelerà unillusione. Tuttavia, il leader liberale Radu Câmpeanu ha testimoniato nel 2000 che emissari americani avevano detto ai politici romeni che gli Stati Uniti avevano uninfluenza molto debole in Romania.



    “Nicolae Penescu mi raccontò la seguente scena accaduta alla fine del 1944. Il PNȚ conservava i propri fascicoli con certi rapporti segreti o situazioni segrete presso un signor Melbourne. Era un ufficiale della missione americana che aveva rapporti con i partiti politici. Questa Melbourne aveva lappartamento vicino allIcon Garden. E i contadini avevano bisogno di un documento che era in archivio a Melbourne. Dopo aver visto larchivio si sedettero per un caffè o una marmellata, e Melbourne disse loro così: Devo dirvi che abbiamo nessun potere qui, il potere appartiene a Mosca. Cerca di andare daccordo con loro e cerca di parlare con loro. Tornano da Maniu e gli dicono quello che Melbourne aveva detto loro. E Maniu risponde, mettendo la mano sulla mano, che lo faremo andare avanti con ciò in cui crediamo.”



    Sebbene la storia li abbia separati dal 1945 al 1989, le affinità tra la Romania e gli Stati Uniti permasero. E dopo il 1989, le relazioni bilaterali tornarono alla normalità, come auspicato.




  • Invalidi, orfani e vedove di guerra nella Grande Romania

    Invalidi, orfani e vedove di guerra nella Grande Romania

    Dalla Prima Guerra Mondiale la Romania uscì vittoriosa raddoppiando il suo territorio e la sua popolazione. Ma il suo trionfo fu pagato caro, sia durante, che dopo la guerra. Una delle realtà più impegnative del dopoguerra è stata quella degli invalidi, degli orfani e delle vedove di guerra. Loro formarono la popolazione chiamata IOVR, stimata a circa il 12% della popolazione totale della Grande Romania. Per loro, le istituzioni statali lavorarono alla legislazione riparativa e, anche se ci sono state disfunzioni, la nuova Romania è riuscita a risarcire quelle persone, per quanto possibile, delle perdite irreparabili.



    Maria Bucur è professoressa allUniversità dellIndiana, Bloomington negli Stati Uniti, dove insegna storia e studi di genere. Lei ha scritto sulla storia delleugenetica, della memoria e della guerra, del genere, della modernizzazione e della cittadinanza. Maria Bucur ci ha raccontato che la popolazione IOVR ha formato nuovi atteggiamenti e ha cambiato il concetto di cittadinanza nella Grande Romania. “Lo stato romeno è stato radicalmente trasformato dalle decisioni prese in relazione al trattamento dei veterani, delle vedove e degli orfani, sia a livello macro, da nuove istituzioni o istituzioni con nuove attribuzioni, sia a livello locale tramite lintroduzione di nuove attribuzioni e politiche. Ma anche attraverso i diritti acquisiti da gran parte della popolazione romena dopo il 1919. Queste forze, lavorando insieme, hanno generato un nuovo discorso pubblico sulla cittadinanza, nuove aspettative da parte dei cittadini romeni e nuove responsabilità assunte dallo stato. I successi e i fallimenti delle politiche hanno generato nuove dinamiche nello spazio politico e civico”.



    Sfortunatamente, lesatta popolazione IOVR non è nota nemmeno oggi. Maria Bucur ha dato una spiegazione per questo. “Poiché il Paese è quasi raddoppiato a causa della guerra, i veterani dei territori che la Romania ha conquistato dopo i trattati di pace sono diventati i veterani dello stato romeno. Il loro numero per categorie non è noto neanche oggi perché le statistiche degli stati che esistevano in quei territori non hanno contato necessariamente i veterani come lo stato romeno, né si sono assunti una statistica sugli invalidi, sulle vedove e sugli orfani. I numeri che abbiamo oggi sono stime dei primi anni 1920. A metà degli anni 1930, quando fu finalmente istituita una commissione centrale di verifica, la sua conclusione fu che queste statistiche non erano complete. La mia stima è che la Romania aveva circa 1,5 milioni di veterani, di cui oltre 200.000 disabili, secondo la definizione di disabilità dellepoca, oltre a 700.000 vedove e orfani”.



    In che modo la Grande Romania ha trattato la sua popolazione IOVR? Maria Bucur ritiene che si possa fare una valutazione generale positiva della politica riparativa. “Va sottolineato che la Romania ha superato in generosità tutti gli stati combattenti della Prima Guerra Mondiale. Oltre alle pensioni, la normativa ha stabilito il diritto allistruzione gratuita nelle istituzioni statali, il diritto allassistenza medica gratuita, il diritto alla libera circolazione in treno, il diritto alla legna da ardere gratuita e il diritto prioritario a proprieta terriere dopo la riforma agraria. Oltre a questi, i veterani hanno ricevuto laccesso prioritario a determinati monopoli statali, come ad esempio i chioschi nelle stazioni ferroviarie, nonché laccesso prioritario a determinati incarichi statali. Ad esempio, il personale degli uffici IOVR era prevalentemente composto da veterani e orfani. Tutti questi vantaggi messi insieme erano molto più generosi di quelli offerti dallo stato francese, ad esempio, che è stato un modello importante per la Romania”.



    La “Legge della gratitudine” era il nome della legge che riguardava la popolazione IOVR. E lo stato romeno non ha discriminato tra i suoi cittadini, vecchi e nuovi. Maria Bucur. “Prima di tutto, fin dallinizio, la gratitudine della nazione era rivolta non solo ai soldati che avevano combattuto a fianco della Romania sui fronti del paese. Coloro che avevano combattuto contro la Romania avevano accesso esattamente agli stessi diritti, a condizione che assumessero esplicitamente la cittadinanza romena, il che significava lealtà allo stato romeno. Voglio sottolineare che non troviamo tali politiche in Jugoslavia, ad esempio, dove i croati non hanno gli stessi diritti dei serbi.”



    Maria Bucur ritiene che ci siano altre spiegazioni per la buona volontà dello stato romeno nei confronti degli ex nemici. “Questa generosità dello stato romeno può essere intesa sia pragmaticamente, che aspirazionalmente. Da un lato, molti etnici romeni avevano combattuto nellesercito austro-ungarico per necessità. La mancata integrazione di questa popolazione veterana nelle politiche IOVR avrebbe creato una separazione radicale tra i nuovi territori e il Vecchio Regno, un problema che tutti i politici capivano e non volevano affrontare. Un altro aspetto pragmatico riguardava il trattato sulle minoranze, che la Romania ha capito di dover rispettare. Aspirazionalmente parlando, vedo la legge IOVR anche come un quadro attraverso il quale il Parlamento romeno ha cercato di delineare un tipo di cittadinanza impegnata, molto più strettamente legata alle istituzioni statali attraverso i molteplici benefici a cui la popolazione IOVR ha avuto accesso”.



    Il modello romeno delle riparazioni nei confronti dei reduci della Prima Guerra Mondiale intendeva risarcire le perdite e pacificare. Si può dire che sia stato un ambizioso tentativo riuscito, senza dimenticare di alcuni falliti.




  • Il quartiere Uranus di Bucarest

    Il quartiere Uranus di Bucarest

    Lattuale area nel centro di Bucarest, dove si trovano il Palazzo del Parlamento, la vasta Piazza della Costituzione e i grandi edifici che ospitano le istituzioni dello stato romeno, apparve allinizio degli anni 80. Circa 40 anni fa, larea era ancora collinare e vi si trovavano lArsenale dellEsercito, lo “Stadio della Repubblica”, chiese e monasteri, case private, parchi, monumenti pubblici. Era nota ai bucarestini come il “quartiere Uranus”, una delle zone più pittoresche della capitale. Circa il 90% del quartiere Uranus cadde sotto le lame delle ruspe in seguito alla politica di sistematizzazione introdotta da Nicolae Ceaușescu nel 1977.



    Lo storico Speranța Diaconescu lavora dal 1975 presso lUfficio per i Beni Culturali Nazionali del Comune di Bucarest. In tale veste, ha assistito allapplicazione della sistematizzazione e alla scomparsa di numerosi monumenti del patrimonio e del quartiere Uranus. Intervistata nel 1997 dal Centro di storia orale della Radiodiffusione Romena, Speranța Diaconescu ha raccontato che ad alcune istituzioni statali era rimasto solo di fare linventario di ciò che sarebbe stato raso al suolo.



    “Larea Uranus in particolare, dove sono avvenute massicce demolizioni, era unantica area storica. Il Museo di Storia di Bucarest, in quanto museo di storia della città, voleva fare una mappatura. Aveva il diritto e lobbligo di fare una mappatura di questa vecchia area per sapere in futuro cosa è andato perduto e per lasciare il più possibile delle tracce. Dopodiché, questa mappatura dellarea si è espansa, non è stata fatta solo sullarea Uranus, ma su tutte le aree che sono state demolite. Il Museo di Storia di Bucarest ha le schede delle case demolite, casupole o palazzi. Non ha solo le schede delle case, ma anche della situazione socio-professionale di coloro che vi abitavano. Alcuni dati, forse non molto dettagliati, ma che mostrano una situazione, uno stato di cose in un certo momento.”



    Gli specialisti, consapevoli di cosa significasse effettivamente sistematizzazione, hanno compiuto sforzi sovrumani per salvare ciò che poteva essere salvato da ciò che sarebbe scomparso. “Nel momento in cui queste demolizioni sono state effettuate nelle rispettive aree, stavamo facendo liste di proposte secondo il decreto 120/1981. Si proponeva cosa recuperare, da quale casa, ecc. Ad esempio, cerano maniglie o porte o vetrate o varie parti componenti della casa che erano di particolare pregio. Solo che abbiamo visto scene prive di senso. Ci veniva detto: in questa strada inizia la demolizione, andate a fare un inventario di ciò che deve essere preservato. Avremmo voluto andarci e lavremmo fatto, ma la demolizione iniziava il secondo o il terzo giorno e non avevamo nemmeno il tempo di avviare le pratiche per chiedere il via libera per andare nel cantiere di demolizione. Non avevamo nemmeno una settimana a disposizione per dire cosa poteva essere recuperato”, ha raccontato Speranza Diaconescu.



    In realtà, la fretta delle demolizioni significò la distruzione di ciò che gli specialisti raccomandavano di salvare, fatto notato anche da Speranța Diaconescu. “Mi è capitato di passare per case che avevano componenti molto belle, finestre, porte con vetri di cristallo, porte con vetri smerigliati o con specchi. Passando per la stessa zona il giorno dopo, perché il giorno prima mi ero fermata al numero civico 15 e dovevo proseguire, vidi che ai civici 1, 3, 5, per cui avevo fatto le proposte per salvare le splendide porte, ebbene quelle splendide porte venivano gettate dai piani superiori nella strada. La demolizione era iniziata, i demolitori si affrettavano e tutto quel cristallo, tutte le porte, tutte le finestre che avevo proposto per il recupero stavano cadendo con successo a terra in strada, andando in frantumi. Abbiamo avuto anche episodi di questo tipo che hanno rafforzato la mia convinzione che molte procedure erano solo formali.”



    Dopo il 1989, il colpevole della distruzione del quartiere Uranus di Bucarest fu considerato il dittatore romeno Nicolae Ceaușescu, e lui rimarrà il grande colpevole. Ma non fu lunico, crede Speranța Diaconescu. “Mi dispiace doverlo dire, la grande colpa in tutto quello stato di cose, secondo me, non fu solo del capo dello stato che, per quanto fosse primitivo, come lo consideravamo, fu abbastanza furbo che firmò le decisioni di demolizione solo dopo la loro esecuzione. I decreti di demolizione venivano dati per aree molto vaste e poi si tornava a rimuovere i monumenti in base a un decreto speciale, che veniva firmato dal presidente dello stato una volta avvenuta la demolizione. Quindi, tutto ciò che è stato fatto è stato fatto da intermediari che avevano paura di qualcosa o che volevano farsi avanti e noi conosciamo simili casi.”



    Ai nostri giorni è ancora visibile una piccola parte di quello che era il quartiere Uranus, uno dei quartieri più belli di Bucarest. Esso è rimasto in album fotografici, mostre, articoli di stampa, sequenze di film documentari, nel film artistico “Angela va avanti” del 1982 e sulle pagine dei social media.




  • La Grande Guerra dalla prospettiva dei perdenti

    La Grande Guerra dalla prospettiva dei perdenti

    Molto è stato scritto e continuerà a essere scritto sulla Prima Guerra Mondiale, ossia la “Grande Guerra”, come fu essa chiamata allora, perché era qualcosa che il mondo non aveva mai visto prima. Fu unenorme mobilitazione di risorse e persone fatta per le idee del tempo, per le convinzioni e per le utopie. Perché le idee più eccentriche, prima di concretizzarsi, sono stranezze che le persone trattano con entusiasmo, ma anche con cautela, inserendole nella categoria delle utopie. Tutto ciò che seguì alla fine del primo conflitto mondiale sarebbe stato considerato irrealizzabile prima del 1914, anno di inizio della guerra.



    La Romania entrò nella Grande Guerra nel 1916 a fianco della Triplice Intesa anglo-franco-russa. Lesercito romeno combatté da solo nel 1916 sul fronte più lungo della Prima Guerra Mondiale, dal nord della catena dei Carpazi fino a sud, al Danubio, e alla costa del Mar Nero, essendo sconfitto. Sostenuto dallesercito russo e dalla missione militare francese guidata dal generale Berthelot, nel 1917 lesercito romeno resistette con successo allavanzata degli eserciti tedesco e austro-ungarico. Nel 1918, dopo la vittoria dellIntesa, lunione del Vecchio Regno di Romania con i territori degli imperi confinanti abitati principalmente da romeni, divenne possibile. Lanno 1918 fu, per i posteri, un anno di trionfo, di celebrazione e commemorazione dei sacrifici di tutti i romeni per la Grande Romania.



    Il gusto della vittoria del 1918 non lasciava spazio alla pietà per i vinti che avevano perso quasi tutto. LAustria-Ungheria fu sciolta e ridotta ai territori in cui le popolazioni etniche dei due stati successori, Austria e Ungheria, erano maggioritarie. Ma i veri vincitori sono coloro che trovano il tempo e la volontà di guardare alla sofferenza dei perdenti, di vedere i propri sacrifici per la vittoria anche attraverso gli occhi dei perdenti. E ciò che propone il volume curato dagli storici ungheresi Nándor Bárdi e Judit Pál, intitolato “Oltre le trincee. Come i magiari in Transilvania vissero la Grande Guerra e il Trianon”, una raccolta di documenti dellepoca. Lo storico Daniel Cain affermava che linizio della guerra per i romeni è stato troppo ottimista, con pochissimi dubbi. “Mi riferisco a un articolo che fu una voce singolare sulla stampa del Vecchio Regno tra la fine del 1914 e linizio del 1915. È un articolo pubblicato su una rivista economica che risponde a coloro che insistevano per lingresso in guerra: ebbene, entriamo in Transilvania, faremo la Grande Romania. Qual è il modello amministrativo che proporremo a chi è in Transilvania? Abbiamo lesperienza amministrativa necessaria per sostituire, ad esempio, lélite nelle città della Transilvania? Fu un articolo singolare sulla stampa di quel periodo perché erano stati pubblicati articoli estremamente burrascosi sulla necessità e sulleffettiva facilità della decisione che lesercito romeno attraversasse i Carpazi”.



    La facilità con cui le persone producono vere e proprie tragedie è tipica della mente umana e motivata da buone intenzioni. Una delle illusioni di cui si nutrono le persone è che una guerra finisca in fretta, senza troppi sforzi. Era un modo di pensare di quella generazione e, come la storia ha dimostrato, le generazioni successive fecero lo stesso. Daniel Cain: “Per illustrare la facilità con cui fu vista la guerra nellestate del 1916 a Bucarest vanno ricordati due gravi incidenti, prima dellentrata in guerra della Romania: unesplosione allArsenale dellesercito e unesplosione alla fabbrica di polvere da sparo nel quartiere Dudesti. La stampa del giorno dopo, in questo caso Adevărul, scrisse che bisognava prendere delle misure perché le spie avevano fatto questo e 300 persone erano state sacrificate, cioè esattamente quante dovevano sacrificarsi per la realizzazione dellideale nazionale dopo la traversata dei Carpazi. Così, nel 1916, gran parte del pubblico del Vecchio Regno era convinto che questo ingresso della Romania in guerra sarebbe stato, praticamente, un gioco da ragazzi”.



    Daniel Cain ci ha parlato delle qualità di un volume provocatorio, in cui ritroviamo le stesse esperienze vissute durante la guerra, solo che dal lato opposto della prospettiva: “In fondo, esso ci dà risposte ad alcune domande, ci dà una visione estremamente varia su ciò che lesperienza della guerra significa principalmente per luomo comune, per quello colto dai tempi. Qui abbiamo testimonianze di esperienze che si riducono, prima di tutto, allincertezza, allincertezza del domani, alla paura. Mettiamoci nella situazione di chi viveva nelle località di confine, e che, allimprovviso, il giorno dopo, ha visto un altro esercito entrare nella località. Vede un cambiamento, un ritiro dellamministrazione locale, una sostituzione dellamministrazione locale, e tra qualche giorno o qualche settimana si torna al vecchio stato di cose”.



    Il volume “Oltre le trincee” è più di un invito alla lettura. È unesortazione a guardare a un anno glorioso, come fu per i romeni il 1918, dalla prospettiva di chi ha perso, e a condividere le sofferenze sia dei vincitori, che dei vinti.




  • Cenni storici sulla stampa in Romania

    Cenni storici sulla stampa in Romania

    La stampa è così importante per qualsiasi società che discuterne da qualsiasi punto di vista è il più legittimo possibile. La stampa quotidiana in Romania ha una storia di quasi 200 anni, con i primi giornali apparsi alla fine del 1820. Ma la prima pubblicazione romena è considerata Courier de la Moldavie, che apparve in francese a Iasi, nel 1790, e che pubblicava notizie interne dalla Moldavia e notizie dall’estero. Fu allora che cominciò la storia della stampa in Romania e la mostra aperta presso la Biblioteca dell’Accademia Romena La stampa romena tra tradizione e modernità illustra al pubblico questi inizi. L’istituzione possiede la più importante collezione di giornali e periodici pubblicati in Romania e ricevuti dall’estero. Su un totale di 14 milioni di oggetti del valore di 3 miliardi di euro, che attualmente custodisce la Biblioteca dell’Accademia Romena, 8,5 milioni sono giornali e periodici, quindi più della metà.



    La curatrice della mostra Daniela Stanciu ha raccontato al pubblico presente all’inaugurazione che la stampa è una delle migliori fonti per avere un’immagine di ciò che hanno vissuto i nostri predecessori.



    La nascita e lo sviluppo della stampa sono legati all’evoluzione della tecnologia. E non potrebbe essere altrimenti perché la tecnologia rende tutto più semplice intorno all’uomo. Per la stampa, l’apparizione della tipografia è stata decisiva per l’emergere e la rapidità della diffusione delle informazioni. Daniela Stanciu: La comparsa della tipografia ha reso possibile la comparsa della stampa scritta e la rapida diffusione delle informazioni attraverso i giornali. Fino a quel momento i volantini erano l’unica fonte di informazione per la popolazione. Nella nostra mostra si possono vedere, insieme ai giornali e alle riviste stampate nello spazio romeno nel XIXesimo secolo, anche alcuni volantini come il volantino che annunciava la comparsa del giornale Curierul Bucurestilor – Il Corriere di Bucarest, poi Curierul Românesc- Il Corriere romeno, il volantino su cui è stampata la Proclamazione di Islaz, programma del movimento risorgimentale romeno, considerato di fatto la prima costituzione moderna. Questo volantino fu letto in pubblico da Ioan Heliade Rădulescu il 9 giugno 1848 nella città di Islaz, un piccolo porto sul Danubio, scelto perchè non era sotto il controllo dei Turchi. Abbiamo poi un volantino che informa della fondazione della tipografia della Metropolia nel 1859, così come il volantino con il discorso di Alexandru Ioan Cuza pronunciato nell’Assemblea Elettiva del 1860, ma anche quello con l’esortazione di Carlo I ai romeni ad attraversare il Danubio.



    Cosa si può vedere nell’ambito della mostra ci ha raccontato sempre Daniela Stanciu: I giornali esposti fanno parte della cosiddetta stampa di Sărindar, titoli come Adevărul – La Verità – e Dimineata – Il Mattino – sono già ben noti. Tuttavia, ci sono anche dettagli inediti su giornali e riviste. Ad esempio, sulla rivista Il Museo Nazionale. Giornale letterario e industriale del 1836, compare per la prima volta la rubrica con le previsioni del tempo, nell’ultima pagina di ogni numero. Sempre su questo giornale furono pubblicate le lettere tra Constantin Negruzzi e Ion Heliade Rădulescu, con il titolo generico Corrispondenza tra due romeni, uno dalla Valacchia e l’altro dalla Moldavia. Abbiamo esposto anche la rivista Il Cappone. Foglio divertente e popolare, curato interamente da Ion Luca Caragiale, di cui uscirono solo sei numeri nel 1877, ma che contiene rubriche come Fritelle e Le ultime fritelle calde. Riflettono in modo umoristico e definitorio per Caragiale la politica del suo tempo. Abbiamo esposto il giornale Adevărul apparso a Iași nel 1871, trasferito a Bucarest nel 1872, che contiene diverse anteprime più o meno note al grande pubblico. È il primo quotidiano romeno a introdurre la caricatura nelle sue pagine. È anche il primo a pubblicare telegrammi dall’estero, ad avere una redazione, una propria biblioteca, una casa editrice e un proprio archivio. Come attestano i documenti dell’epoca, è il primo giornale i cui giornalisti avevano stipendi alti e sicuri».



    La stampa romena ha una storia bicentenaria e la sua storia continuerà sicuramente. Con le nuove tecnologie, con le nuove trasformazioni, la stampa e l’informazione si adatteranno alle esigenze del pubblico.




  • 30 anni di storia orale a Radio Romania

    30 anni di storia orale a Radio Romania

    La storia degli ultimi cento anni può essere conosciuta anche attraverso la storia orale. Essa si basa sui ricordi e sulle memorie dei testimoni intervistati e registrati su nastro o su supporti digitali. Tra il 1945 e il 1989, la pratica della storia orale in Romania è stata profondamente compromessa dalla pressione ideologica del regime comunista, come del resto la scienza storica nel suo insieme. Dopo il 1989, Radio Romania si è prefissa come obiettivo il recupero della memoria recente, assunto dal primo direttore generale dellistituzione, Eugen Preda. Così, nel marzo 1993, venivano gettate le basi dellarchivio di storia orale di Radio Romania.



    La storica e giornalista Mariana Conovici fu quella che formò il gruppo di storici che si occuparono della costituzione dellarchivio. Cerano interviste su guerre, comunismo e fascismo, sulla vita quotidiana, sulla storia della scienza. In unintervista di storia orale, lei si è ricordata degli inizi della storia orale alla radio pubblica. “Il signor Eugen Preda, lallora direttore della Radio, era uno storico di professione, aveva un dottorato in storia, era una persona molto informata e sapeva cosa stava succedendo nel mondo, nella storiografia. Aveva partecipato al Congresso internazionale degli storici del 1980 tenutosi a Bucarest, dove si era discusso di storia orale. Quindi aveva unidea, oserei dire abbastanza chiara, di cosa significasse la storia orale e del suo valore. Nel 1992 ci fu a Sinaia un convegno internazionale, al quale fu presente e ci fu una sorta di sfida in relazione agli archivi e alla patrimonializzazione della registrazione di alcune voci.”



    Il volume firmato dallo storico e sociologo britannico Paul Thompson “The Voice of the Past” è stato la guida in base alla quale fu costruita la bibliografia. Mariana Conovici ci ha raccontato che dopo il 1989, anno di crollo del comunismo, una volta liberato questo modo di conoscere il passato, ha capito meglio il mondo, ha capito meglio il suo lavoro e ha capito meglio se stessa. “Per me questa libertà significava entrare in una storia diversa rispetto al discorso conservatore che avevo imparato e letto. Stavo scoprendo che la storia è molto più piena di sfumature, stavo scoprendo che avevo imparato e a volte avevo preso voti alti per cose che non erano vere. È stata unimmersione nella storia vera, camminando vicino alle persone, alle loro storie. Per me è stato bellissimo anche perché, entrando nella vita delle persone che intervistavo, capivo meglio il mio mondo, capivo me stessa nel senso che capivo più precisamente il mio posto. Più precisamente, facevo un confronto tra me e loro, non sempre a mio favore”.



    Mariana Conovici e il suo team composto da Octavian Silivestru, Silvia Iliescu, Virginia Călin e Lavinia Ivașcu sono riusciti a combinare la storia orale con il giornalismo radiofonico. Loro hanno offerto al pubblico romeno la memoria restaurata in onda. “Attraverso lintervista orale sulla storia, viene intrapresa unindagine storica. Lobiettivo sarebbe uno studio, una ricerca, ma questa è una direzione che non abbiamo seguito. Non avevo tempo, forse neanche voglia. Abbiamo fatto, invece, unaltra cosa che ritengo molto importante: abbiamo condiviso con gli ascoltatori, abbiamo avuto costantemente dei programmi radiofonici settimanali dove abbiamo portato, abbiamo dato agli ascoltatori quello che abbiamo ricevuto dai nostri intervistati. Tuttavia, la storia orale, ovunque, ha un lato civico. Così lo abbiamo realizzato, in questo modo, attraverso i programmi radiofonici. Io ci ho sempre tenuto e oserei dire che ho lottato molte volte per avere questo programma radiofonico. Era molto importante. Ad un certo punto mi sono chiesta: la società romena è pronta a ricevere tutte queste cose? Non so se fosse preparata o meno, ma comunque, se 10 persone ascoltavano chi parlava con il cuore della sua vita era già una vittoria”.



    “La storia vissuta” era ciò che gli ascoltatori romeni e stranieri chiedevano ai giornalisti nelle loro lettere. E loro si adoperarono a offrirla. “Le interviste di storia orale non portano necessariamente informazioni storiche estremamente ricche, portano dettagli, portano atmosfera, portano anima. Non ti rendi conto di quanto possa essere potente il messaggio di un intervistato. Ricordo unintervista di 20 minuti con una donna che, nemmeno quattordicenne, era stata presa e portata via alla fine della guerra. Un folto gruppo di giovani fu preso dai tedeschi e portato in Austria e Germania per lavorare. Era una bambina, ci ha raccontato come è arrivata a Vienna, quanto era spaventata a quelletà, come è stata colta da un bombardamento sul campo e si è nascosta dalle bombe sotto un albero. Tutta la paura, tutto il dramma di questa bambina di 14 anni davano unimmagine degli orrori della guerra. Perché portare lontano dai genitori un figlio di 14 anni è un dramma”.



    La storia orale a Radio Romania ha compiuto tre decenni. E larchivio del Centro di storia orale diventa sempre più prezioso con il passare del tempo.




  • Il limes dacicus

    Il limes dacicus

    Le frontiere sono limiti fisici e mentali che gli esseri umani si sono posti o che la natura ha eretto sulla via delle loro espansioni. La più antica frontiera nello spazio romeno è chiamata dagli archeologi “limes dacicus” e si trova nella metà occidentale della Romania, su una distanza di oltre 1000 chilometri. È la frontiera che disegnò e materializzò la conquistatrice della Dacia, Roma, e che perdura fino ai giorni nostri.



    Insieme allo storico e archeologo Ovidiu Țentea del Museo Nazionale di Storia della Romania abbiamo ricreato il percorso di questo antico confine. Track: “Il nome di limes dacicus indica i confini della provincia romana della Dacia, che dal tempo di Traiano fece parte dellImpero Romano per 160 anni. Sarebbero i confini sia fisici, che amministrativi di una provincia che faceva parte dellImpero Romano. Fisico sarebbe ciò che si materializza sul terreno, tracce di confini, più o meno visibili. È una frontiera estremamente varia e complessa, la frontiera più complessa che abbiamo documentato nellImpero Romano che esiste sul territorio di uno stato, e la più lunga. Daltra parte è un confine amministrativo perché, nonostante noi usassimo il termine limes, i romani non credevano che il loro impero avesse fine o limitazione nel territorio. È una materializzazione, diciamo tattica e militare in certe zone, e una frontiera piuttosto mentale alla base degli accordi. Tutti gli accordi che avevano con i vicini dovevano concretizzarsi attraverso un confine, che era come una striscia di aratro.”



    Con la mappa della Romania davanti e procedendo da ovest verso est in senso orario, abbiamo cercato di segnare i punti più importanti del limes. “Ci sono due linee di difesa che hanno funzionato in momenti diversi. Esse includevano i Carpazi Occidentali e le zone aurifere, in cui sarebbero ricaduti più tardi gli accampamenti di legionari romani di Apulum (Alba Iulia) e Potaissa (Turda). Il confine si è materializzato più a ovest, non abbiamo dati molto chiari. Successivamente, avrebbe attraversato le province di Cluj e Sălaj, attraverso larea della Porta Meseșeana, dove è meglio conosciuta, e ci troviamo allinterno dellArco dei Carpazi verso nord. Andiamo verso est, attraversiamo le montagne tramite il passo Rucăr-Bran e arriviamo al corso del Danubio su un percorso più o meno materializzato, sul territorio delle attuali province di Argeș e Teleorman. Ecco la linea transalutana, il cosiddetto limes transalutanus, che funzionò in parallelo o in tempi diversi con la linea del fiume Olt.”



    Come si è materializzata una frontiera terrestre così lunga? Ovidiu Tentea: “Nellantichità, i confini erano più simili a percorsi su cui si muoveva lesercito. A seconda dellavversario o delle condizioni geografiche, diciamo anche politiche, si sono concretizzate o meno sul campo. Ad esempio, in Banato abbiamo due strade che non hanno fortificazioni, ma abbiamo due linee di fortificazioni, che ci mostrano alcuni momenti: ai tempi di Traiano, ai tempi di Adriano, ai tempi di Antonino Pio. Dopo di che abbiamo la fine del II secolo, la crisi del III secolo, quindi la frontiera si sposta ed è più o meno nota. La parte più spettacolare di questa porzione si trova nel nord-ovest della Transilvania, nella zona di Cluj-Sălaj-Bistrița, dove sono presenti molte torri, reti di torri che difendono alcuni tratti, dove le truppe erano di stanza nelle fortificazioni. Sapevano quali erano le regole di segnalazione, i rialzi in terra, i fossati. È un sistema molto complesso che è anche estremamente ben documentato”.



    Losservazione del limes dacicus ci mostra la dinamica di unorganizzazione e ci dice che non era una cosa fissata per sempre. Ovidiu Tentea: “Andando verso nord-est e verso est, le tracce non sono più così ben documentate, ma chiudono lArco dei Carpazi allinterno, e successivamente, attraverso i passi dei Carpazi Meridionali, è stato effettuato il collegamento con la linea alutana, rispettivamente con la linea Transalutana, al fine di chiudere il confine ad est. Naturalmente le truppe erano sufficientemente numerose, almeno nella prima parte del II secolo fino alla crisi durante le guerre marcomaniche quando gli effettivi diminuirono e le operazioni furono piuttosto estese, sappiamo che ci furono guerre abbastanza importanti. Dopodiché, le fonti storiche non le menzionano più, ma sappiamo che gli effettivi diminuirono nel tempo, cosa che accade in tutto limpero, quindi possiamo discutere in modo più episodico. Allinizio del II secolo risale la prima organizzazione, ai tempi di Traiano, quando è una cosa meno amministrativa e più militare, è un distretto militare. Dopo il primo conflitto del 117-118, Adriano è il primo ad organizzare amministrativamente questo spazio, chiamandolo Dacia Superiore, Dacia Inferiore e, successivamente, Dacia Porolisensis. Quindi vi funzionano tre province con tre governatori. E dopo Marco Aurelio si riorganizzarono”.



    Il limes dacicus è stata la prima frontiera di civiltà dello spazio romeno. E ora è diventato parte del patrimonio universale.




  • 90/o degli scioperi dei ferrovieri del febbraio 1933

    90/o degli scioperi dei ferrovieri del febbraio 1933

    Negli anni 1929-1933 il mondo stava attraversando una profonda crisi economica. Conosciuta anche come la Grande Depressione, essa fu violenta e provocò un calo del tenore di vita, scioperi e proteste. Neanche la Romania fu risparmiata dagli effetti della crisi, né dal tumulto sociale. Scioperi e proteste avvennero in tutto il Paese, soprattutto nelle zone industriali, come lo sciopero dei minatori a Lupeni del 1929. Gli operai protestavano contro le cosiddette “curve del sacrificio”, cioè tagli salariali e aumenti dei prezzi. Un altro forte movimento di sciopero durante i quattro anni di crisi fu quello dei Ferrovieri del gennaio-febbraio 1933 delle Officine “Grivița” di Bucarest. Ma fu ugualmente uno sciopero politicizzato durante il regime comunista del 1945 -1989.



    Se guardiamo i documenti dellepoca notiamo due fasi nello svolgimento degli eventi. La prima fase è stata il legittimo sciopero lanciato dai sindacati dei ferrovieri, che hanno negoziato alcune richieste e il datore di lavoro le ha effettivamente soddisfatte. Tra il 31 gennaio e il 2 febbraio 1933, i sindacati Grivița avevano ottenuto aumenti salariali e altri vantaggi per i loro membri. La seconda fase avvenne dopo che i sindacati controllati dai comunisti e dal Comintern, che utilizzavano qualsiasi disturbo sociale per creare instabilità, passarono a rivendicazioni politiche. Dopo alcuni giorni di trattative in stallo, il governo intervenne con la forza la mattina del 16 febbraio 1933 per sgomberare i 4.000 operai che si erano asserragliati allinterno delle Officine Grivița. A seguito dellintervento della gendarmeria, morirono 7 lavoratori, 15 rimasero feriti e 160 furono arrestati.



    Il regime comunista dopo il 1945 utilizzò intensamente quello sciopero per propaganda e per il motivo che il leader comunista Gheorghe Gheorghiu-Dej aveva lavorato a Grivița, era stato uno degli istigatori ed era stato imprigionato. Dopo il 1989, anno di crollo del comunismo, le ricerche darchivio e le interviste ai pochi testimoni hanno rivelato una realtà diversa. Nel 1998, il Centro di storia orale della radiodiffusione romena ha intervistato lingegner Constantin Negrea, giovane impiegato presso le Officine delle Ferrovie Romene dal 1927. Negrea si è ricordato delle proteste del 1931 a cui aveva partecipato insieme a 800 dipendenti e che avevano provocato due morti. “Nel 1931 iniziarono i problemi. Avevamo cominciato a essere minacciati dalla curva del sacrificio. E il 29 gennaio 1931 facemmo uno sciopero di protesta contro lapplicazione delle curve del sacrificio. Avevano cominciato a tagliarci i salari. E, allora, siamo usciti dopo le 16:00 e siamo andati verso il Ponte Grant, verso le officine. Fummo accompagnati da alcuni sergenti. Gridavamo che non volevamo la curva del sacrificio. Quando siamo arrivati ​​al Ponte Grant, ci hanno sparato contro! Due di noi morriono, Crăciun, falegname, e un ebreo, Schwartz, che veniva da Oradea per sposarsi. Quindi ci sono stati due morti!”



    Due anni dopo, gli scioperanti del 1933 iniziarono a marciare, come i loro predecessori, ma cambiarono strategia per far sentire meglio la loro voce. “Invece di andare a gridare per strada che non volevamo la curva del sacrificio, labbiamo sostituita con il suono della sirena ogni mezzora, molte volte. Stavamo sostituendo cosi le manifestazioni di piazza. Cominciammo ad organizzarci in gruppi sindacali e si sapeva che il 15 saremmo dovuti uscire tutti, anche se faceva tanto freddo. Volevamo uscire nel cortile delle officine dove era stato allestito una specie di parco. Per continuare lallestimento erano stati portati diversi camion con sabbia e cera un banco di sabbia. Ebbene, lì sono state portate alcune caldaie, 5-6, dove ci siamo riscaldati accendendo un fuoco. Dopodiché è stata fatta una barricata di assi allingresso posteriore della Direzione Locomotive.”



    Nonostante il radicalismo, ci sono state anche visioni più lucide degli scioperanti, timori che si sarebbero avverati. “Arrivò la sera e sicuramente le persone che erano lì, cera uno Mogoş che lavorava in fabbrica e un altro che si fecero da parte, erano un pò intimoriti, e dissero: “Ci licenzieranno e moriremo di fame!”. Erano più anziani, più saggi, non come noi, i giovani. Lultima uscita fu intorno alle 5:00, alle cinque e qualcosa andai a suonare la sirena, e in dieci minuti ero di nuovo al cancello. Alle 5.45 ci hanno sparato. Hanno aperto il fuoco e sei persone sono morte.”



    Oltre ai morti, lo sciopero del febbraio 1933 finì fece vittime anche tra gli organizzatori comunisti, che furono imprigionati. Gli eventi di Grivița, dai quali sono trascorsi 90 anni, appartennero a una generazione che si opponeva al peggioramento della propria vita, parzialmente dirottata dai radicali comunisti, esponenti di un regime criminale.




  • Centenario di Mircea Carp

    Centenario di Mircea Carp

    Le chance che un uomo festeggi il suo centenario sono scarse se pensiamo alletà media del 21° secolo, e chi gli vuole bene e lo rispetta può ritenersi fortunato. Tanto più quando chi compie il centenario è un nome importante del giornalismo radiofonico, come Mircea Carp, uno di coloro che fecero acquisire grande prestigio al Servizio romeno dellemittente radiofonica “Europa Libera”.



    Mircea Carp ha compiuto 100 anni il 28 gennaio 2023, e la sua biografia attraversa un secolo estremamente problematico nella storia dellumanità, implicitamente anche della Romania. È il secolo delle due Guerre Mondiali, del fascismo e del comunismo. Carp, come tutti i romeni, ha attraversato i suoi vortici ed è riuscito a raccontare alla generazione di oggi quali forme ha assunto il Male, cosa significano i principi, cosa significa professionalità, sfide che ogni uomo affronta nella sua esistenza. Dopo aver combattuto sul fronte della Seconda Guerra Mondiale, dopo essere stato ferito e decorato al valor militare, al termine della guerra Mircea Carp andò in esilio in Occidente. Abbracciò la professione di giornalista radiofonico, diventando una delle migliori voci del giornalismo romeno e lavorò presso le più importanti istituzioni di stampa libera in lingua romena dopo il 1945, Voce dellAmerica ed Europa Libera. Insieme ai suoi colleghi fu vicino ai romeni in tutti i momenti problematici della storia che attraversarono fino al 1989, anno di crollo del comunismo in Romania, e dopo. Non si può dimenticare il segnale di apertura della trasmissione di Europa Libera, la Rapsodia Romena nr. 1 di George Enescu, sulla quale si sentiva la voce di Mircea Carp annunciare quattro volte “Qui Europa Libera!”



    Nel 1997, il Centro di Storia Orale della Radiodiffusione Romena ha registrato lesperienza di Mircea Carp presso lemittente La Voce dellAmerica. Nel frammento scelto, Carp ha risposto alla domanda se La Voce dellAmerica fosse a conoscenza della tragedia dei prigionieri politici in Romania e come ne avesse informato il pubblico romeno. “Certo che ne abbiamo parlato alla radio, ma dovevamo stare molto attenti alle informazioni che trasmettevamo. Del resto, tutte le notizie che La Voce dellAmerica trasmetteva e trasmette, allora come oggi, dovevano provenire da due fonti per avere conferma. Potete immaginare che stavamo ricevendo notizie dalla Romania che ci facevano chiederci se fosse davvero reali. Conoscevamo molto bene gli orrori nelle carceri romene, e connessi al lavoro forzato nel campo di lavoro per la costruzione del Canale Danubio-Mar Nero e tutte queste cose, ma dovevamo stare molto attenti quando davamo nomi di persone, data e luogo perché naturalmente potevano esserci delle esagerazioni o alcune persone dimenticavano quando levento era successo esattamente o quando si era trovato accanto a una persona. Quindi a questo proposito siamo stati molto, molto attenti a non commettere errori. Naturalmente, dopo aver ricevuto le rispettive conferme, trasmettevamo informazioni e interviste a varie persone. Nella maggior parte dei casi, devo dire che queste persone volevano rimanere anonime, avevano ancora le loro famiglie nel Paese e non volevano esporle a situazioni spiacevoli”.



    Carp ha lavorato presso Europa Libera dal 1951, dopodiché si è trasferito alla Voce dellAmerica dove si è fatto conoscere agli ascoltatori di lingua romena grazie alla qualità delle trasmissioni realizzate. È tornato nel 1978 alla radio Europa Libera, dove ha dinamizzato i programmi del servizio romeno, il suo programma sulla politica estera “Programma politico” avendo alti indici di ascolto. “Prima che fossi arrivato io a Europa Libera, i programmi erano più piatti, meno dinamici. Per favore perdonate la mia mancanza di modestia, ma io ho portato una dinamica americana ai programmi, storie molto più brevi, storie con le voci di personalità provenienti da diversi angoli del mondo, comprese personalità romene, a quel tempo solo dallesilio, dal mondo libero. Altrettanto importante come quello che ho portato a queste trasmissioni è stato il fatto che la stessa Europa Libera, forse sentendo in qualche modo che il crollo della cortina di ferro era vicino, ha intensificato la sua offensiva, per così dire. Certo, anche il dipartimento romeno, mettendo sempre più laccento su programmi in cui la situazione in Romania è stata criticata, in cui quella situazione intollerabile veniva esposta. Mi riferisco a tutto ciò che non era visibile in superficie, che forse era noto a molte persone in Romania, ma, comunque, non a tutti. Il fatto che una stazione radio dallestero arrivasse con questi dettagli della vita politica, economica, culturale, militare reale in Romania emozionava molti dei nostri ascoltatori, che non potevano parlare, che non potevano dire cosa stavano pensando o cosa sentivano, ma ritrovavano questi loro sentimenti, queste informazioni nelle trasmissioni di Europa Libera”.



    Il giornalista radiofonico romeno Mircea Carp ha compiuto 100 anni. La storia dei media audiovisivi romeni liberi non si può scrivere senza il suo nome, così come non si può scrivere senza i nomi di Noel Bernard, Monica Lovinescu, Virgil Ierunca, Vlad Georgescu o Neculai Constantin Munteanu.




  • Tricentenario di Dimitrie Cantemir

    Tricentenario di Dimitrie Cantemir

    Il modello del leader politico intellettuale nella storia europea è apparso nellantichità romana. Il primo esempio è stato limperatore Marco Aurelio nel secondo secolo dellera cristiana. Niccolò Machiavelli, nel suo famoso libro sul buon governo “Il principe”, afferma che un principe intellettuale troverà sempre buone soluzioni per la leadership politica. Nella storia della Romania, un principe intellettuale fu quello della Valacchia, Neagoe Bessarabo, allinizio del XVIesimo secolo. Ma il più famoso fu il principe della Moldavia Dimitrie Cantemir, che lasciò una vasta opera in diversi campi come la storia, la geografia, la morale, le scienze politiche, la musica.



    Dimitrie Cantemir nacque nel 1673 come figlio del principe moldavo Costantino Cantemir e ricevette uneducazione tipica per il figlio di un principe del suo tempo. Da 14 ai 37 anni visse e studiò nella capitale dellImpero Ottomano. Il suo lavoro include gli scritti classici “Il divano o la Lite del saggio con il mondo”, “Descrizione della Moldavia”, “La storia della scrittura geroglifica” e “Storia dellascesa e caduta dellImpero ottomano”. Altri libri non meno importanti sono “Cronaca degli antichi Romano-Moldo-Valacchi”, “La collezione orientale”, “Breve presentazione del sistema di logica generale”, “Ricerca sulla natura delle monarchie”, “La vita di Costantino Cantemir soprannominato il Vecchio, principe della Moldavia”, “Il sistema della religione maomettana”, “Il libro della scienza della musica”. Come riconoscimento dei suoi meriti speciali portati alla scienza del suo tempo, nel 1714, alletà di 41 anni, Cantemir fu eletto membro dellAccademia Reale di Berlino. Il suo nome fu citato dal celebre storico inglese Edward Gibbon (1737-1794) nel libro “Storia del declino e della caduta dellImpero Romano” e dallo storico americano della scienza Allen G. Debus (1926-2009) in un libro sul chimico fiammingo del XVIesimo secolo Jan Baptist van Helmont.



    Come leader politico, la carriera di Dimitrie Cantemir fu impressionante come quella di un intellettuale. Divenne principe della Moldavia nel 1693, alletà di 20 anni, alla morte del padre. Dopo 17 anni, nel 1710, divenne principe per la seconda volta, ma solo per un anno. Si affiancò a Pietro il Grande nella guerra russo-turca, ma la sconfitta dei russi a Stănileşti, nel 1711, gli fece perdere il trono. Andò in esilio alla corte di Pietro il Grande come suo consigliere e si spense nel 1723, alletà di 50 anni.



    Il 2023 è stato proclamato LAnno Cantemir perché segna il 350° anniversario della sua nascita e il tricentenario della morte. In questa occasione, la mostra di manoscritti e libri presso la Biblioteca dellAccademia romena a lui dedicata era un evento atteso. Laccademico Răzvan Theodorescu ha voluto ripetere una verità su Cantemir, ovvero che era una tipica personalità europea del suo tempo che ha unito due mondi culturali, lOccidente e lOriente. “Su Cantemir si sanno tante cose e altre ancora restano da scoprire. Ricordo che qualche anno fa allAccademia Nazionale di Bruxelles, lAccademia Belga, fu organizzato un convegno sulleuropeità di Cantemir. In questo caso, abbiamo dato un grande europeo. Non va mai dimenticato che la “Descriptio Moldaviae” era stata commissionata dallAccademia di Berlino, che commissionava varie “descriptiones”- descrizioni – di alcuni territori levantini. Questo interesse, soprattutto della Prussia, per il il Levante era molto forte ed è da qui che nacque anche la richiesta a Cantemir. Le circostanze politiche non devono influenzarci troppo in alcune situazioni e ora è una situazione del genere, quando dobbiamo ricordare che Dimitrie Cantemir divenne membro dellAccademia di Berlino in qualità di principe russo. Nel momento in cui i reali prussiani vollero onorare Pietro il Grande, fu scelto luomo più colto dellImpero russo, e fu lui, lex principe della Moldavia, quello che proposero. Cantemir uni la cultura tradizionale di questo spazio, la cultura ottomana con la cultura russa. Da questo punto di vista è una pedina delleuropeità allalba di una nuova Europa, lEuropa premoderna”.



    Constantin Barbu, curatore dellopera di Dimitrie Cantemir, ci ha parlato dei manoscritti che fanno parte della mostra dedicata a questa personalità culturale. “Da Cantemir ci rimangono circa 200 volumi, di cui abbiamo finora stampato 104. Sono riuscito a completare due manoscritti di Cantemir, ora ci sono manoscritti completi di Cantemir sia a Mosca, che qui a Bucarest. Ho anche portato molti manoscritti inediti di Cantemir il cui titolo non era nemmeno conosciuto. La mostra include diversi manoscritti, inclusivamente due capitoli della “Descriptio Moldaviae”, la scrittura è del sinologo tedesco Gottlieb Siegfried Bayer, professore allUniversità di Pietroburgo. Ma i suoi manoscritti non si trovano solo in Russia, si trovano anche allAccademia di Berlino. Ho portato anche i 15 manoscritti dallAccademia di Berlino”.



    Il Tricentenario di Cantemir nel 2023 riporta allattenzione del pubblico romeno una personalità culturale rimarchievole, che fu in ugual misura una personalità europea.