Category: Terra Verde

  • Linee elettriche sicure per l’avifauna in Dobrugia

    Linee elettriche sicure per l’avifauna in Dobrugia

    La mortalità per folgorazione degli uccelli è un grave problema di conservazione, che colpisce in particolare i rapaci. Le linee elettriche a media tensione non isolate, che spesso vengono utilizzate da questi uccelli come luogo di sosta durante la caccia o il riposo, rappresentano uno dei rischi maggiori per queste specie. La Società Ornitologica Romena ha montato 1.000 guaine isolanti elettriche su pali di media tensione, situati nei territori di nidificazione del Falco del Danubio (Falco cherrug – lat.)

    Ciprian Fântână è responsabile della conservazione presso la Società Ornitologica Romena e coordinatore dell’attività in Romania per il progetto internazionale “LIFE for Falcons”, svolto in Bulgaria e Romania. “È un progetto iniziato nel 2021. Proseguirà fino al 2026 e mira a preservare la popolazione del falco del Danubio nel sud della Romania e in Bulgaria. Il falco del Danubio è una specie di falco in via di estinzione, tipica delle terre steppiche, che in Romania incontriamo in due popolazioni distinte. Abbiamo la popolazione pontica della Dobrugia e la popolazione pannonica, nella Pianura occidentale, continuazione della popolazione in Ungheria. La popolazione con cui lavoriamo, quella pontica, fa parte di una popolazione che comprende anche la Moldavia meridionale, l’Ucraina e si estende fino alla Russia meridionale. In Romania le due popolazioni hanno dinamiche diverse. La popolazione pannonica, nell’ovest del paese, sembra stare bene perché ha beneficiato di diversi programmi di conservazione, e la popolazione pontica ha una tendenza completamente diversa. È in declino. Abbiamo solo sette, nove coppie di falchi nella popolazione pontica e per questo motivo in questo progetto ci occupiamo solo della popolazione pontica.”

    Fino all’effettiva realizzazione del progetto è stato effettuato uno studio i cui risultati sono essenziali per la conservazione della biodiversità. I risultati sono la base per lo sviluppo di misure di protezione efficaci, volte a ridurre i rischi sulla popolazione del falco del Danubio in Romania, una specie dichiarata a rischio di estinzione e inclusa nella Lista Rossa, sia in Romania che in Bulgaria. Da Ciprian Fântână, responsabile della conservazione, abbiamo appreso che la zona centrale della Dobrugia è stata identificata come la regione con il maggior numero di vittime, e che i pali elettrici qui sono stati designati come prioritari per l’isolamento nell’ambito del progetto internazionale “LIFE for Falcons”, attuato in Romania dalla Società Ornitologica Romena. “Lo studio ha preso di mira i territori conosciuti dei falchi del Danubio della popolazione pontica, cioè entro un raggio di 10 chilometri attorno al nido, abbiamo studiato ogni linea elettrica per vedere il rischio di elettrocuzione. A tale scopo abbiamo analizzato circa 3.700 pali e studiato quali specie vengono fulminate e quanti esemplari. C’erano diverse migliaia di uccelli. Circa il 13% dei tralicci indagati ha avuto almeno una vittima folgorata. Sulla base di questo studio, abbiamo individuato le aree critiche in cui è necessario intervenire attraverso un’attività di conservazione mirata a isolare i pali pericolosi. Per l’isolamento si usano manicotti in gomma che riducono notevolmente il rischio di scosse elettriche. Abbiamo individuato le aree critiche, dopodiché siamo riusciti, attraverso una partnership con Reti Elettriche Romania, a completare l’attività. Abbiamo identificato i pali pericolosi, acquistato le guaine isolanti elettriche e, inoltre, Reti Elettriche Romania ha contribuito con i propri fondi all’installazione di queste guaine isolanti sui pali. Quest’anno inizieremo a monitorare gli effetti di questa attività di conservazione. Riteniamo che ridurrà significativamente il rischio di folgorazione, ma ciò deve essere dimostrato con i dati. Non abbiamo dubbi che ciò accadrà, poiché la tecnica ha già dimostrato la sua efficacia in numerosi progetti di conservazione. Controlleremo i pali per vedere se ci sono vittime folgorate.”

    La Società Ornitologica Romena ha collaborato con Reti Elettirche Romania, l’operatore della distribuzione elettrica in quest’area, che ha coinvolto un numero significativo di specialisti, sia per lo sviluppo dello studio di fattibilità e del progetto tecnico, sia per il lavoro sul campo. In totale sono intervenuti sul campo 30 specialisti, raggruppati in 10 squadre, con altrettante macchine speciali per l’esecuzione di lavori in quota. Inoltre sono state svolte altre attività, spiega Ciprian Fântână, responsabile della conservazione presso la Società Ornitologica Romena e coordinatore delle attività in Romania per il progetto internazionale “LIFE for Falcons”. “Per la specie sono stati installati 60 nidi artificiali. Alcuni sono monitorati tramite video per ridurre il rischio che i pulcini scompaiano. Questi falchi sono di particolare importanza nelle attività di falconeria. A volte ci sono casi, soprattutto in Bulgaria, ma anche in Ucraina, in cui i pulcini vengono prelevati dal nido per queste attività. Per proteggere queste popolazioni che abbiamo nel sud-est della Romania, abbiamo anche installato delle telecamere di sorveglianza per monitorare l’attività intorno al nido. Un aspetto interessante, dietro le quinte del monitoraggio, è che la probabilità di trovare un falco del Danubio fulminato è estremamente bassa. È estremamente bassa perché sono pochissimi e una volta fulminati, i loro cadaveri di solito scompaiono rapidamente da sotto il palo perché vengono mangiati dai mammiferi macrofagi: volpi, sciacalli. Quando uno monitora, può scoprire cosa è morto negli ultimi giorni. A volte anche scheletri, ma quando ci sono cespugli o vegetazione più fitta alla base del palo, che non permettono ai macrofagi di consumare il cadavere. Noi, in base a quanto troviamo, abbiamo individuato i pali pericolosi. Su questi pali è più probabile che un falco del Danubio venga fulminato. Si trovano vicino al nido o nel loro territorio e lì gli uccelli vengono costantemente fulminati. In qualche modo, vengono usati dagli uccelli come osservatori. Delle diverse migliaia di uccelli rinvenuti, la maggior parte erano corvidi, seguiti da cicogne e poi specie di rapaci. Come specie, in particolare, la poiana comune, il gheppio comune, ma c’era anche il biancone. Anche quest’ultima è una specie protetta che utilizza molto i pali durante il periodo migratorio, perché ci dorme sopra. Migra durante il giorno e la sera cerca un posto dove riposare. Molto spesso gli unici punti di sosta, dove non verranno disturbati, sono i pali di media tensione. Si siedono sopra e spesso si fulminano. Hanno anche un’apertura alare maggiore, quindi, in termini percentuali, la maggior parte erano corvidi, seguiti dalle cicogne.”

    Ridurre le cause che portano alla scomparsa del Falco del Danubio, come la mortalità per folgorazione, la mancanza di siti di nidificazione e di habitat favorevoli per l’alimentazione e la persecuzione che gli uccelli subiscono nelle loro aree di riproduzione, è uno dei pilastri su cui si fonda la strategia di questo progetto cofinanziato dal programma “LIFE” dell’Unione Europea.

  • Verso un’economia circolare

    Verso un’economia circolare

    Ogni anno l’Unione Europea produce circa 2,2 miliardi di tonnellate di rifiuti. Pertanto, la legislazione sulla gestione dei rifiuti è attualmente in costante aggiornamento per promuovere un radicale cambio di rotta verso un modello più sostenibile noto come economia circolare. Di norma, quando si parla di economia circolare si pensa ai rifiuti, ma questo significa molto di più, spiega Liliana Nechita, direttrice della Federazione delle associazioni di sviluppo intercomunitario per la gestione dei rifiuti. “È vero che i rifiuti sono visibili e sono quelli che possono essere maggiormente gestiti per inserirsi in questa economia circolare, ma economia circolare significa che le risorse restano nel circuito il più a lungo possibile. Parliamo di risorse solide, e poi pensiamo ai rifiuti, ma qui parliamo anche di acqua, di terra. Nel modello lineare di gestione economica, la consuetudine è stata quella di estrarre risorse, produrre beni, poi consumarli e poi buttare via ciò che non ci è più utile. In sostanza, abbiamo sottratto risorse alla natura che, poi, hanno finito per occupare il territorio e allo stesso tempo creare problemi ambientali, inquinamento in primis.”

    L’economia circolare si è ispirata alla natura, continua Liliana Nechita, direttrice della Federazione delle Associazioni di Sviluppo Intercomunitario per la Gestione dei Rifiuti. TR “In fondo la cultura delle civiltà antiche significava questo. Vivevano in armonia con la natura, e nella nostra società, molto più tardi, negli anni ’60 e ’70, sono apparse le prime preoccupazioni riguardanti l’ambiente, l’esaurimento delle risorse, così negli anni ’60-’70 sono apparse le prime normative dell’Unione Europea nel campo dei rifiuti. Solo più tardi, intorno al 2000, è stato introdotto il principio della concentrazione sulla progettazione del prodotto, in modo che già dalla fase di progettazione e prototipazione nascano beni riutilizzabili e riciclabili. Dieci anni dopo, la Fondazione Ellen MacArthur definisce l’economia circolare un sistema basato su tre principi. In sostanza quindi, in qualche modo, nasce questo concetto di economia circolare che viene promosso da questa signora e dalla fondazione da lei creata. Essendo una navigatrice, probabilmente nei viaggi che ha fatto sui mari e sugli oceani, ha sentito più fortemente l’impatto che i rifiuti, probabilmente prevalentemente la plastica, ma anche altri rifiuti, hanno sulla biodiversità e sulla natura in generale.”

    La Fondazione Ellen MacArthur definisce l’economia circolare come un sistema in cui i beni non diventano mai rifiuti e la natura sostanzialmente si rigenera da sola. Molto importanti sono i principi di cui si tiene conto fin dalla fase di progettazione. TRACK “Si tratta di ecodesign, del fatto che introduciamo prodotti e materiali in un ciclo, sia che si parli di un ciclo tecnico o di un ciclo biologico, quando si parla di rifiuti organici o biorisorse, e fondamentalmente manteniamo questo valore intrinseco. Cosa significa concretamente questo piano d’azione per l’economia circolare? Innanzitutto, garantire la transizione del contesto imprenditoriale europeo, ovviamente, e dei cittadini dell’Unione Europea, verso un’economia in cui le risorse vengono utilizzate in modo sostenibile. Non tutte le risorse che utilizziamo oggi in Europa provengono dall’Europa. Alcune provengono da paesi molto lontani, altre non sono accessibili per vari motivi, oppure alcune risorse non sono sufficienti. Pertanto, una delle soluzioni per garantire la nostra indipendenza e, in ultima analisi, la continuità, è molto importante che manteniamo queste risorse qui, le gestiamo qui e le utilizziamo qui. In pratica, i piani accessori a questo piano d’azione mirano a sfruttare al massimo le materie prime e a favorire il risparmio energetico e, allo stesso tempo, la riduzione dei gas serra con impatto sul cambiamento climatico.”

    Parliamo, quindi, di un approccio che si differenzia radicalmente dal modello economico tradizionale, basato sul principio “usa-produci-consuma-getta”. Questo modello tradizionale si basa su grandi quantità di materiali ed energia economici e facilmente accessibili. Per quanto riguarda l’economia energetica, ora ci sono tutti i tipi di azioni riguardanti il risparmio energetico e anche un crescente interesse è dato all’energia verde, l’energia da fonti rinnovabili, spiega Liliana Nechita, direttrice della Federazione delle associazioni di sviluppo intercomunitario per la gestione dei rifiuti. „Il Piano d’Azione per l’Economia Circolare mira a sostenere la trasformazione dell’economia utilizzando tutti gli strumenti a cui può accedere per sviluppare nuove opportunità di business e allo stesso tempo aumentare la competitività. Ovviamente, quando si mira a integrare i costi ambientali nella propria produzione o nel prezzo dei prodotti, essi hanno un impatto sulla competitività, soprattutto se ci confrontiamo con altre economie che non lo fanno. Ma l’economia circolare crea nuovi posti di lavoro nei settori che si stanno sviluppando, in nuovi settori, nell’energia verde, nelle energie rinnovabili. Conserva anche quelle risorse preziose, molto lontane dall’Europa o di difficile accesso, soprattutto perché sono in quantità molto piccole. Fondamentalmente in questo momento nello spazio pubblico si parla sempre più di materie prime critiche. E proprio queste materie prime critiche sono quelle a cui prestiamo particolare attenzione, perché entrano nel processo di produzione di beni, ad alcuni dei quali non possiamo rinunciare o faremmo molto fatica a rinunciare. Ciò richiede in definitiva una gestione più corretta e organizzata di queste materie prime che provengono da fonti preziose e rare. Ovviamente ridurre l’impatto sull’ambiente potrebbe sembrare un effetto collaterale, ma in realtà è uno degli obiettivi di questa economia circolare”.

    Il provvedimento più recente della Commissione Europea è stato quello di proporre nuove regole a livello di Unione Europea in materia di imballaggi. Le proposte mirano a migliorare la progettazione degli imballaggi e un’etichettatura chiara per promuovere il riutilizzo e il riciclaggio. Inoltre, è stato richiesto il passaggio alle plastiche di origine biologica, biodegradabili e compostabili.

  • I cambiamenti climatici e il loro impatto sulla Romania

    I cambiamenti climatici e il loro impatto sulla Romania

    Nel contesto dell’accelerazione del cambiamento climatico, l’estate del 2024 ha portato una nuova serie di dati allarmanti a livello globale e regionale, rilevando l’impatto significativo che il riscaldamento globale sta avendo sull’ambiente e sulla società. Inoltre, in Romania si è verificata un’intensificazione negli ultimi settant’anni ed è apparso il fenomeno delle “isole di calore urbano”. Dopo uno sforzo scientifico collettivo da parte di un gruppo di 11 autori, è stato pubblicato un rapporto che analizza in dettaglio tutti i cambiamenti climatici e i loro effetti in Romania.

    Secondo il rapporto “Lo stato del clima. Romania, 2024″, tra il 1950 e il 2023, la durata e la frequenza delle ondate di caldo sono aumentate in modo significativo, con la maggior parte delle regioni che hanno registrato estensioni di 10-15 giorni, e il sud-ovest e l’est del paese di oltre 25-30 giorni. Le proiezioni indicano che questa tendenza continuerà fino alla fine del secolo, con ripercussioni sulla salute pubblica e sull’economia. Oltre alle ondate di caldo, un’altra grande sfida per la Romania è la siccità. Sono aumentate le aree colpite da siccità moderata, grave ed estrema, con picchi nel 2018-2020 e nel 2021-2023. La siccità del 2018-2021 è la più lunga mai registrata, con effetti devastanti sull’agricoltura e sulla sicurezza alimentare. La tendenza all’aridificazione continua, influenzando profondamente gli ecosistemi e la produzione agricola. Anche altri fenomeni meteorologici estremi, come le forti tempeste, sono diventati più frequenti. Tra il 1940 e il 2023 si è osservato un aumento delle condizioni favorevoli a tali fenomeni, soprattutto nell’est e nel nord del Paese. Le proiezioni per il 2025-2050 e la fine del secolo indicano un’intensificazione di questi fenomeni, con un impatto negativo sull’agricoltura e sulle infrastrutture.

    Bogdan Antonescu, uno degli autori del rapporto, è un ricercatore nel campo della meteorologia e della climatologia, docente presso la Facoltà di Fisica dell’Università di Bucarest e ricercatore presso l’Istituto Nazionale di Ricerca e Sviluppo per la Fisica della Terra, con esperienza nello studio delle forti tempeste e dei fenomeni meteorologici estremi nel contesto dei cambiamenti climatici. Tra i suoi contributi figurano lo sviluppo della prima climatologia dei tornado in Romania e una climatologia dettagliata dei tornado in Europa.

     “Purtroppo il rapporto ci mostra che ci sarà un impatto sempre più grande. Questo perché la temperatura media globale continua ad aumentare. L’Europa si sta riscaldando più di altre regioni e quindi sentiremo sempre più spesso l’impatto di questi cambiamenti climatici. Avremo più ondate di caldo, con una durata più lunga e intensa. Un buon esempio è quello che è successo quest’anno in Romania, quando abbiamo avuto un’ondata di caldo molto estesa. Allora, l’impatto sarà direttamente sulla popolazione della città. Questo perché nelle città esiste la cosiddetta “isola di calore urbana”. A causa della presenza di superfici in cemento e asfalto, nelle aree urbane si verifica un riscaldamento maggiore rispetto alle zone rurali vicine. Quindi qualsiasi ondata di caldo che colpisce una città viene amplificata dalla città stessa. Da qui le implicazioni sulla salute, sull’economia, ma, in generale, le ondate di caldo avranno implicazioni ancora maggiori, perché parliamo dell’ondata di caldo che si sovrapporrà a periodi di siccità, e, da qui, l’impatto sull’agricoltura. Quindi, per i prossimi anni, le cose continueranno ad evolversi in questa direzione. Sfortunatamente, ci saranno più ondate di caldo, più periodi di siccità e più tempeste in Romania di quanto abbiamo visto finora.”

    Anche in passato ci sono stati periodi di grave siccità e caldo eccessivo. A questi si aggiungono oggi sempre più gas serra presenti nell’atmosfera, il che significa un aumento della temperatura media globale. Pertanto, la variabilità naturale, i fenomeni che si sono verificati naturalmente, sono ora amplificati. Cambia la frequenza con cui si verificano i fenomeni, la loro durata e soprattutto l’intensità, spiega il ricercatore Bogdan Antonescu.

     “Ad esempio, un aumento dei temporali, come abbiamo avuto la tempesta Boris, che ha causato precipitazioni sull’Europa centrale. Questa tempesta è stata analizzata in dettaglio e la quantità di precipitazioni sarebbe stata inferiore del 20%, se non fosse stato per questi cambiamenti climatici. Anche i ghiacciai sono un punto critico nel sistema climatico. Una volta sciolti, non si formeranno di nuovo. Parliamo sostanzialmente della scomparsa del ghiacciaio, il che significa un aumento del livello degli oceani e l’inondazione di alcune zone costiere. Per la prima volta ci saranno effetti sugli ecosistemi acquatici, ma anche sulle costruzioni nelle aree costiere. Purtroppo questa è la direzione, ma i ghiacciai si scioglieranno per molto tempo. Anche se raggiungono un punto critico, ad esempio i ghiacciai della Groenlandia, il processo di scioglimento durerà per un lungo periodo di tempo, non stiamo parlando di solo qualche anno. Un altro punto critico è rappresentato dai coralli. I coralli sono fortemente influenzati dal fatto che negli oceani c’è una temperatura più elevata. E raggiungono rapidamente un punto critico. Ma degli altri fenomeni si parla da decenni, se non addirittura da centinaia di anni. Purtroppo le soluzioni tecnologiche sono in fase di sviluppo. Ad esempio, estrarre l’anidride carbonica dall’atmosfera. Ma quello che possiamo fare è agire sulla causa, ovvero cercare di ridurre i gas serra in modo da non continuare ad alterare il sistema climatico. Il cambiamento è avvenuto e da qui non ci sono che soluzioni per adattarsi alle ondate di caldo, ai periodi di siccità. Ad esempio, in agricoltura, dove si trovano altre specie vegetali che si adattano più facilmente ai periodi di siccità, bisogna agire per ridurre le emissioni di gas serra su larga scala, anzichè a livello regionale.”

    Gli autori del rapporto “Lo stato del clima. Romania, 2024″ mostra che a livello nazionale sono state attuate misure riguardanti l’efficienza energetica e la promozione delle energie rinnovabili, ma la mancanza di una legge nazionale sul clima e la scarsa attuazione sottolineano la necessità di una visione integrata. Il settore energetico è centrale in questa transizione. Sebbene i combustibili fossili prevalgano, ci sono piani per aumentare le capacità rinnovabili e nucleari entro il 2050. Inoltre, l’elettrificazione dell’economia e lo sviluppo delle infrastrutture di stoccaggio dell’energia sono essenziali per raggiungere la neutralità climatica. D’altra parte, le percezioni del pubblico sono contrastanti. Sebbene il cambiamento climatico sia riconosciuto come un problema, solo il 4% dei romeni lo considera una priorità nazionale, essendo dominanti le preoccupazioni economiche. La consapevolezza degli impatti sull’agricoltura, sull’acqua, sull’economia e sulla salute non si traduce ancora in una forte domanda di azione per il clima.

  • Via Danubiana

    Via Danubiana

    Il progetto è sviluppato dall’Associazione „Più verde”, di cui abbiamo appreso da Alexandra Damian, direttrice della comunicazione. “Portiamo avanti progetti in diversi ambiti dal 2008, anno della nostra fondazione. Vogliamo costruire una cultura della responsabilità e del volontariato per le persone e la natura in Romania. Piantiamo alberi, ci impegniamo nella lotta all’inquinamento con plastica del Danubio, abbiamo un grande programma, “Con le acque pulite”, in cui realizziamo azioni di risanamento delle sponde del Danubio e dei suoi affluenti. Abbiamo installato una serie di barriere galleggianti sugli affluenti del Danubio per impedire ai rifiuti di spostarsi lungo il fiume e i suoi affluenti, e stiamo sostanzialmente promuovendo le aree naturali in Romania, per avvicinarci in qualche modo alla natura in un modo che ultimamente abbiamo dimenticato. ”

    Grazie alla creazione di un ampio percorso di ecoturismo lungo il Danubio – la Via Danubiana -, i turisti che amano le aree naturali scopriranno l’enorme potenziale che la zona offre. Allo stesso tempo, la comunità locale potrà beneficiare di uno sviluppo economico sostenibile, afferma Alexandra Damian, direttrice della comunicazione dell’Associazione „Più verde”. Ma come è nata l’idea del progetto La Via Danubiana? “L’idea del progetto c’era in cassetto da diversi anni. Volevamo davvero creare questo percorso di ecoturismo, perché sappiamo tutti che il Danubio offre esperienze uniche. Dall’ingresso in Romania fino allo sbocco nel Mar Nero, incontriamo molti posti molto affascinanti, un patrimonio naturale e culturale, paesaggi unici in Europa, motivo per cui abbiamo voluto evidenziare questa zona meno promossa della Romania.”

    Nella zona sono state individuate numerose aree protette e siti Natura 2000 e il percorso attraversa aree di foreste costiere, isole, canali e isolotti. Attualmente non sono accessibili al grande pubblico a causa della mancanza di infrastrutture e promozione. Successivamente verranno mappati gli oltre mille chilometri che il Danubio percorre in Romania. “Stiamo parlando di mappare le attrattive naturali, culturali e storiche, la gastronomia locale, tutto ciò che troviamo lungo il fiume. Nella prima tappa abbiamo segnalato il tratto che attraversa la provincia di Giurgiu per un percorso di circa 100 km, un’area ricca di aree protette, di siti natura 2000, di attrattive storico-culturali molto importanti e poco valorizzate. Il percorso che abbiamo tracciato attraversa anche zone forestali costiere, isole, canali, isolotti che gli amanti della natura vorranno sicuramente scoprire. A settembre abbiamo installato il primo segnale di progressiva chilometrica nel comune di Găujani, in provincia di Giurgiu, presso il Centro educativo giovanile. È una delle estremità di questo percorso. Collocheremo altri due segnali di progressiva chilometrica in altri due punti strategici del percorso.”

    Il percorso offre una moltitudine di opzioni per trascorrere il tempo libero, a solo un’ora da Bucarest. Per gli amanti della natura, la zona vanta varie specie e può diventare un luogo per il birdwatching e l’osservazione della fauna e della flora specifiche del Danubio. Lungo il percorso si trovano diverse aree naturali protette con oltre 300 specie di flora e una fauna particolarmente ricca, con specie molto importanti di invertebrati, uccelli, rettili, anfibi e mammiferi.

    Dal punto di vista storico-culturale sono diversi i punti di interesse, sconosciuti al grande pubblico e non segnalati, come i ruderi della fortezza di Mircea il Vecchio di Giurgiu, una casupola storica o il complesso delle casematte di Slobozia. Inoltre, per gli amanti della gastronomia locale, saranno rivitalizzate diverse tradizioni culinarie, come le torte tipiche dello spazio culturale romeno-bulgaro lungo il Danubio, le insalate di peperoni o melanzane cotte sulla brace o la zuppa d’oca. Tutti i dettagli necessari per il viaggio sul Danubio sono già pubblicati nella Guida del viaggiatore, che troverete sul sito viadanubiana.ro. “Il sito l’abbiamo già lanciato. Su viadanubiana.ro ci sono le coordinate GPS per chi vuole seguire il percorso. Abbiamo pubblicato anche una guida turistica della provincia di Giurgiu. Vogliamo davvero che gli amanti della natura, delle passeggiate all’aria aperta, ovviamente gli amanti del Danubio e del Delta vengano con noi. Dato che ora stiamo mappando solo una parte, 100 km su 1000, possono essere coinvolti in diversi modi in modo da poter espandere questo percorso, mapparlo come abbiamo mappato la provincia di Giurgiu e le altre regioni lungo il Danubio. Si possono fare anche donazioni, si possono acquistare prodotti nel negozio creato appositamente per la Via Danubiana. I turisti possono ovviamente impegnarsi come volontari nelle azioni che organizzeranno e diventare ambasciatori del nuovo percorso.”

    Dal sito viadanubiana.ro gli amanti della natura possono apprendere tutte le possibilità di mettersi in gioco per sostenere il progetto. Finora gli appelli dei volontari hanno avuto successo, afferma Alexandra Damian, direttrice della comunicazione dell’Associazione „Più verde”. Si sono iscritti anche volontari provenienti dall’estero. Track “Abbiamo avuto, siamo aperti e certamente continueremo ad avere volontari provenienti da molti paesi, soprattutto da quelli lungo il fiume. Abbiamo avuto volontari provenienti da Germania, Austria, Ucraina che ci hanno aiutato nelle azioni che abbiamo organizzato finora. Non vediamo l’ora di averli con noi anche in futuro”.

    Chiunque abbia percorso almeno una volta un tratto del Danubio conserverà sicuramente ricordi indimenticabili, legati sia allo spettacolo offerto dal fiume su certi tratti, sia alle vestigia storiche incontrate lungo il percorso o ai piatti tradizionali preparati con cura dalla gente del posto. A questi si aggiungono le specie di uccelli e animali tipici della zona che trovano sulle rive dell’acqua un luogo per nutrirsi, riposarsi o nidificare. Inoltre, il tratto romeno del Danubio attraversa 11 delle 28 principali aree protette esistenti in Romania.

  • Inquinamento acustico in Romania

    Inquinamento acustico in Romania

    Il rumore rappresenta sempre di più una sfida per le società moderne e può creare gravi problemi di salute, come quelli al cuore e al sistema circolatorio, causati da effetti fisiologici ed emotivi a lungo termine, nonché da una riduzione della qualità del sonno. Il rumore, lo sanno tutti, è fastidioso, disturbante e stressante. Poche persone riescono ad adattarsi a un ambiente inquinato dal rumore e nelle grandi città gli alloggi in zone tranquille sono difficili da trovare e spesso più costosi. Ma chi produce questo rumore: principalmente il traffico: stradale, ferroviario e aereo. Nelle automobili, l’inquinamento acustico deriva dall’interazione degli pneumatici con la strada durante l’accelerazione o la decelerazione. Abbiamo anche i rumori del motore e il suono prodotto dall’attrito dell’aria, a seconda di quanto è aerodinamica l’auto. La situazione è simile per i treni, mentre per gli aerei il problema principale si registra durante il decollo e l’atterraggio. Altre fonti di rumore sono quelle industriali, che provengono principalmente da impianti diversi. E il settore edile è un’importante, seppure temporanea, fonte di inquinamento acustico. A loro volta, la velocità e la direzione del vento, nonché la temperatura dell’aria, possono modificare la traiettoria delle onde sonore, di conseguenza possono influenzarne la propagazione molto più lontano dalla sorgente iniziale.

    Dopo i trasporti e l’industria, anche le singole attività umane hanno un forte impatto sonoro, afferma Alex Luchiian, Community Lead presso (pulse.eco), una piattaforma di monitoraggio del rumore. Da questa posizione gestisce e sviluppa la piattaforma informativa per la Romania, coinvolgendo i membri nella raccolta e condivisione di dati sull’ambiente. Quasi ogni azione della società moderna produce inquinamento acustico, a cominciare dalla falciatura, dall’irrigazione automatica dei fiori, dal lavaggio dell’auto. Così come tutto ciò che significa azioni per creare comfort – compressori per l’aria condizionata, riscaldamento centralizzato. O attraverso gli elettrodomestici: lavatrici, asciugatrici, aspirapolvere, frigoriferi. Oppure attraverso attività ricreative: i motori delle imbarcazioni, le moto d’acqua e altri simili veicoli possono produrre rumore negli ambienti acquatici, colpendo la fauna acquatica e le comunità costiere. Oltre a questi, c’è inquinamento acustico anche attraverso l’intrattenimento – concerti, festival, locali notturni e altri eventi sociali. Oppure attraverso eventi sportivi: stadi e arene possono emettere forti rumori durante le partite, disturbando le comunità circostanti. In Romania, Alex Luchiian evidenzia in un materiale pubblicato online, quasi 4 milioni di persone sono esposte a un elevato livello di rumore prodotto dal traffico stradale durante il giorno e quasi 3 milioni durante la notte. Quasi 150.000 persone sono esposte di giorno a un elevato livello di rumore dovuto al traffico ferroviario e 133.000 di notte. Circa 20.000 romeni sono colpiti dall’esposizione ai forti rumori prodotti dal traffico aereo, sia di giorno che di notte.

    La Romania è il paese peggiore in Europa per quanto riguarda l’inquinamento acustico industriale, con tutto il calo registrato da questo settore economico. Tuttavia, i livelli di rumore stanno aumentando in tutto il mondo e questo ha un impatto sulla nostra salute. Il rumore può essere definito come una combinazione disordinata di suoni con frequenze e intensità diverse, trasmessi attraverso le vibrazioni meccaniche dell’ambiente, che crea una sensazione fastidiosa, faticosa e sgradevole. Si misura in decibel e il valore 80 rappresenta una soglia oltre la quale l’intensità del suono diventa dannosa. L’eccessiva esposizione a rumori intensi, soprattutto per lunghi periodi di tempo, può causare danni al timpano o addirittura sordità. Si stima che l’esposizione a lungo termine al rumore ambientale causi 12.000 morti premature e contribuisca a 48.000 nuovi casi di cardiopatia ischemica ogni anno in Europa. Più di 22 milioni di persone soffrono di elevati livelli di stress cronico e 6,5 milioni di persone soffrono di forti disturbi cronici del sonno. Tuttavia, è probabile che questi effetti sulla salute siano sottostimati e la realtà sia molto peggiore. L’inquinamento acustico non colpisce solo noi ma anche la fauna selvatica. Il rumore antropogenico provoca una serie di risposte fisiologiche e comportamentali negli animali terrestri e marini, che possono portare a un ridotto successo riproduttivo, a un aumento del rischio di mortalità e di migrazione, con conseguente declino della popolazione. Alcune soluzioni per ridurre il livello sonoro nelle città: asfalti fonoassorbenti, strade pedonali, piste ciclabili, veicoli elettrici. In ambito ferroviario: l’uso di treni merci silenziosi, il divieto totale dell’uso di vagoni non conformi alle normative europee, l’installazione di freni silenziosi sui treni passeggeri. Nel traffico aereo: modifica degli orari e delle rotte dei voli. In conclusione: la riduzione del rumore è una componente importante della “transizione verde”, verso uno stile di vita più sostenibile.

  • Città sostenibili “a 15 minuti”

    Città sostenibili “a 15 minuti”

    Viviamo sempre di più nelle città e questo dev’essere preso seriamente in considerazione quando vengono progettate e gestite. Le grandi metropoli si trovano ad affrontare grandi problemi economici, sociali, sanitari, ambientali, alimentari, di trasporti. Attualmente torna alla ribalta un concetto più antico, ovvero: “la città dei 15 minuti”. Il suo scopo finale è, in estrema sintesi, che le persone abbiano a portata di mano quasi tutto ciò di cui hanno bisogno, con uno sforzo di viaggio di un quarto d’ora al massimo.

    Vlad Zamfira – specialista in cambiamenti climatici e politiche sostenibili – ci descrive il contesto.”Le città in cui viviamo occupano solo il 2% della superficie terrestre, pur ospitando metà della popolazione mondiale. Sono responsabili del 75% del consumo energetico globale, dell’80% delle emissioni di carbonio e detengono l’80% del PIL. Le stime mostrano che entro il 2050, quasi il 70% della popolazione vivrà in queste città. Allo stesso tempo, le città hanno un forte impatto sulla vita dei loro abitanti, ma anche sugli ecosistemi naturali, quindi è importante che il loro sviluppo sia sostenibile: cioè essere in grado di soddisfare i nostri bisogni attuali senza mettere a repentaglio i bisogni delle generazioni future. Le “città dei 15 minuti” sono un’opzione valida? E cosa sono ? È un concetto semplice e facile da ricordare, che rappresenta un insieme di principi in base ai quali le città dovrebbero essere costruite.

    In sintesi, questo modello significa poter accedere a tutti i servizi di base e non solo, come negozi, parchi, scuole e asili, in breve tempo, in meno di 15 minuti a piedi o in bicicletta. Quali sono i principi che guidano il fondatore delle città dei 15 minuti, Carlos Moreno? Uno – l’ecologia – per una città verde e sostenibile. Due: la vicinanza: vivere a pochi passi da tutte le altre attività. Tre: la solidarietà, per creare connessioni tra le persone. Quattro: partecipazione: i cittadini dovrebbero essere coinvolti nella pianificazione. In tali località la priorità dei mezzi di trasporto è invertita rispetto a quella attuale. Se al momento l’auto personale è la base dei trasporti e del modo in cui progettiamo e costruiamo le città, nelle “città dei 15 minuti” sarebbe nel dimenticatoio. Pedoni e micromobilità in primo piano. Poi ci sono i trasporti pubblici e poi i veicoli in sharing, che aiutano ad aumentare il numero di utenti per veicolo e a diminuire la dipendenza dal veicolo personale.”

    Ma la parola chiave è “sostenibilità”. Perché ciò esista, guardiamo a 3 categorie principali: Persone – per essere sostenibile, una città deve avere un impatto sociale positivo, considerare la salute dei suoi abitanti e di tutte le classi sociali. Il pianeta: le città sostenibili non solo non hanno un impatto negativo sull’ambiente, anzi hanno un impatto positivo. Profitto – l’aspetto economico non può essere trascurato, a lungo termine le città non possono essere sostenibili se non possono sostenersi finanziariamente.

    Chi vince e chi può perdere dall’applicazione del concetto di “città dei 15 minuti”? Prima di tutto, le persone vincono! Secondo gli studi esiste una correlazione diretta tra il numero di passi giornalieri e l’obesità. Uno di questi mostra anche che le città più pedonali hanno anche un tasso di obesità inferiore. In Romania, secondo diverse fonti, il tasso di obesità oscilla tra il 20 e il 25%, in aumento dal 14% del 1997. Poi c’è meno inquinamento acustico. Molte auto sono molto rumorose. In una città pacifica le persone sono più produttive e mentalmente sane. E le aziende ne traggono vantaggio: è molto più probabile che ti fermi in un negozio mentre stai camminando o andando in bicicletta rispetto a quando stai accelerando. Gli studi mostrano che nelle strade in cui i pedoni hanno avuto la priorità, i ricavi delle imprese locali sono aumentati oltre le aspettative.

    Chi perde? Uno degli effetti della transizione verso le “città dei 15 minuti” è la diminuzione della dipendenza dall’auto, cosa che colpisce direttamente un settore che sostiene, in alcune aree, una parte significativa del mercato del lavoro. Tornando a Bucarest, questa è una città di contrasti, e lo stesso vale per i trasporti. Ci sono percorsi in cui hai facile accesso alla metropolitana, al tram o all’autobus, che sono separati dal traffico, il che li rende prevedibili e spesso l’opzione più veloce. Allo stesso tempo, ci sono molti altri percorsi in cui per andare dal punto A al punto B utilizzando i mezzi pubblici è necessario cambiare diverse linee, il che aggiunge ulteriore tempo al viaggio.

    Al momento, nella capitale della Romania, ogni rione sta ricostruendo le strade secondo decisioni interne, senza una strategia a livello dell’intera città. Vediamo questo problema non solo a Bucarest, ma in generale a livello dell’intero apparato amministrativo: mancanza di comunicazione o comunicazione difettosa. La mancanza di infrastrutture adeguate per il trasporto pubblico, la scarsa qualità della maggior parte dei mezzi di trasporto e la mancanza di collegamenti efficienti sono le ragioni principali per cui i romeni preferiscono utilizzare l’auto personale, anche per brevi tragitti. D’altra parte, lo status personale è un altro motivo importante per cui i romeni guidano, perché in Romania il trasporto pubblico è associato a redditi più bassi, a differenza di altri paesi. I dati e le idee presentati provengono da un’indagine online condotta dagli ingegneri romeni Dalia Stoian – specialista in soluzioni solari sostenibili – e Claudiu Butacu – specialista in energie rinnovabili.

  • Il potenziale eolico della Romania

    Il potenziale eolico della Romania

    La capacità eolica terrestre esistente in Romania potrebbe consentire la generazione di una quantità di elettricità doppia rispetto al consumo attuale. Anche con i vincoli spaziali esistenti e avendo un approccio orientato all’ottimizzazione dell’efficienza finanziaria dei progetti, possiamo generare circa 123 TWh semplicemente sfruttando il potenziale di cinque province. I dati sono quelli di un recente studio, analizzato da Ioana Csatlos – Direttore Generale EfdeN – un’ONG specializzata in rigenerazione urbana, efficienza energetica e architettura verde. Il mix energetico per la produzione di elettricità in Romania appare abbastanza equilibrato, con la produzione idroelettrica che fornisce il 32%, seguita dalla produzione basata sull’energia nucleare (20%), sugli idrocarburi (17%), sul carbone (15%), sull’energia eolica (13%), solare (2%) e sulla biomassa (1%). Questi dati forniti dalla società Transelectrica indicano una quota ancora piuttosto elevata della produzione basata su combustibili fossili, con le centrali a carbone e idrocarburi responsabili di un contributo totale pari a circa il 32%. Tuttavia, vediamo anche che una quota abbastanza importante di elettricità proviene da fonti eoliche. Ciò è dovuto alla capacità eolica esistente in Romania e agli obiettivi fissati dalla Romania per il 2030 riguardanti la produzione di elettricità dal vento del 54%. In questo contesto è utile chiedersi quanto possiamo ancora aumentare la produzione eolica e dove sono queste risorse. Uno studio pubblicato dall’Austrian Institute of Technology (l’Istituto austriaco di tecnologia) nell’ottobre 2023 descrive nei dettagli i luoghi esatti in cui l’ubicazione delle turbine eoliche non solo consentirebbe lo sfruttamento di un importante potenziale energetico, ma terrebbe anche conto delle limitazioni spaziali (come le aree naturali protette, le aree urbane, ambienti edificati, punti di accesso alla rete, ecc.).

     

    “La discussione verte su come lo facciamo, su come produciamo senza intaccare l’ambiente naturale. E qui vorrei discutere forse tre aspetti: il primo è il quadro giuridico prevedibile e trasparente, perché la definizione di una legislazione dettagliata e duratura può ovviamente attrarre investimenti internazionali o nazionali, forse anche locali. E questo sarebbe un punto importante nella decisione di investire in Romania in tali progetti. In secondo luogo, ovviamente, questa protezione della biodiversità, che sicuramente non dovrebbe essere trascurata, ma occorre farla con il coinvolgimento di esperti, specialisti, per poter garantire la riduzione al minimo di questo impatto negativo sulla natura, perché stiamo parlando dei corridoi migratori degli uccelli, dei loro habitat, che possono essere colpiti se non lo facciamo con il coinvolgimento di specialisti. E in terzo luogo, quello che ci sembra molto importante sarebbe il coinvolgimento delle comunità locali, perché qui possiamo parlare dell’impronta di questi progetti, forse anche dell’impronta visiva, e penso che la trasmissione dei benefici e, non so, forse lo sviluppo di schemi di co-partecipazione con benefici diretti per la comunità locale – economici, sociali – potrebbero aumentare questa partecipazione. Perché la gente capirebbe meglio di cosa si tratta. E, naturalmente, per prendere decisioni accettate dalla maggioranza, tutti gli attori dovrebbero essere coinvolti e consultati e comprendere sia i vincoli, che i vantaggi. Se ci sediamo insieme allo stesso tavolo, per così dire, penso che possiamo trovare soluzioni che a lungo termine ci permetteranno di utilizzare la tecnologia moderna senza incidere sulle generazioni future. Dopotutto stiamo parlando di sostenibilità”, spiega Ioana Csatlos.

     

    Quando discutiamo del potenziale eolico dobbiamo tenere in considerazione due importanti aspetti tecnici: il potenziale – quanto vento soffia e l’indicatore delle ore di pieno carico (FLH) – il numero totale di ore di lavoro/produzione di energia in un anno. Avendo questi indicatori come base delle analisi effettuate, ma anche molti altri, quelli dell’Istituto austriaco di tecnologia evidenziano cinque province della Romania con un potenziale significativo per lo sviluppo di progetti di questo tipo. Qui, anche nello scenario più pessimistico in termini di potenziale produttivo, si tratta del doppio dell’attuale consumo di elettricità dell’intera Romania. Ma questo indica che si può parlare di una capitalizzazione del potenziale eolico onshore che tiene conto di tutti gli aspetti importanti (rotte migratorie degli uccelli, aree naturali protette, rigenerazione agricola) e consente comunque di aumentare la generazione in modo sostanziale. Inoltre, scrive Ioana Csatlos, le simulazioni dei prezzi mostrano che se si privilegia e si sfrutta il potenziale eolico, l’elettricità così ottenuta sarà più economica. Tutti questi calcoli si riferiscono alle turbine eoliche onshore, senza tener conto del potenziale offshore nel Mar Nero. Lo scorso dicembre, il Governo di Bucarest ha compiuto un passo importante nella direzione della promozione delle energie rinnovabili, approvando il progetto di legge sull’energia eolica offshore, già adottato lo scorso febbraio dal Senato.

     

    “L’adozione di un quadro legislativo per avviare lo sfruttamento delle risorse eoliche offshore della Romania è un passo fondamentale per garantire l’indipendenza energetica e la resilienza del Paese, essendo, allo stesso tempo, un presupposto nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza”, secondo un comunicato stampa del Ministero dell’Energia. Secondo la fonte citata, i dati della Banca Mondiale mostrano che la Romania ha un potenziale eolico offshore di 76 GW di potenza installata, essendo un ambiente favorevole per lo sviluppo di questo tipo di energia rinnovabile. Attraverso questo progetto, la Romania sta facendo progressi nel raggiungimento dell’auspicata transizione e decarbonizzazione del sistema energetico, nonché nel consolidamento del proprio status di leader regionale nel campo energetico. Stiamo parlando di investimenti di miliardi di euro, ha precisato il ministro dell’Energia, Sebastian Burduja. Egli ha precisato che nell’elaborazione di questa legge, gli specialisti romeni si sono consultati inclusivamente con il Dipartimento di Stato americano e paesi europei, tra cui i Paesi Bassi.

  • Ripristino delle connessioni tra le antiche foreste dei Monti Făgăraș

    Ripristino delle connessioni tra le antiche foreste dei Monti Făgăraș

    Nei Monti Făgăraș, nella Romania centrale, la Fondazione Conservation Carpathia cura un’area dimostrativa nell’ambito del progetto europeo conosciuto con l’acronimo SUPERB. L’anno scorso, il team della fondazione ambientale ha deciso di ripristinare le connessioni tra le aree forestali secolari come parte di un processo a lungo termine. In questo contesto sono stati realizzati lavori di completamento delle piantumazioni nelle aree interessate in passato da tagli non conformi, soprattutto per diversificare la composizione delle specie esistenti, e sono continuati i lavori per avviare il ritorno delle tipologie forestali naturali nelle monocolture di abete rosso. Sono risultati particolarmente difficili i lavori di piantumazione di alcune specie di alberi e arbusti che vivono ad oltre 1.700 metri di altitudine, ovvero il pino cembro, il pino mugo e il ginepro comune. Qui l’obiettivo era il ripristino di un habitat raro e rigorosamente protetto (specie rare di abete rosso e pino cembro) e il ripristino dei boschetti subalpini di pino mugo e ginepro comune. Inoltre, con l’aiuto degli specialisti dell’Università di Praga, è stato avviato uno studio per monitorare i punti e le fasi della ricostruzione ecologica. I risultati e le buone pratiche sono stati condivisi in un workshop che ha riunito rappresentanti degli enti forestali e delle autorità.

     

    Ai margini della fascia alpina sono stati piantati 2.900 alberelli di pino cembro, pino mugo e ginepro comune, una sfida vinta con successo dai braccianti e dai ranger della Fondazione. Ogni giorno camminavano quasi 3 ore per raggiungere la zona della semina e per svolgere il lavoro venivano utilizzati anche gli asini, che aiutavano a trasportare gli alberelli, la zona essendo inaccessibile ai mezzi meccanizzati. Il pino cembro è stato piantato per la prima volta da Conservation Carpathia, poiché è un albero che svolge un ruolo importante nelle zone di alta montagna perché protegge il suolo dall’erosione e contribuisce alla formazione del terreno su massi e rocce. Il pino cembro (Pinus cembra) è l’unica conifera d’Europa che conserva la sua forma arborea anche ad alta quota e può vivere fino a 3 secoli. Ecco cosa ci ha raccontato Mihai Zota, direttore della conservazione all’interno della fondazione, sul programma SUPERB. “È un progetto europeo di una linea di finanziamento Orizzonte 2000 ed è un progetto a cui partecipano 36 organizzazioni partner, sia pubbliche, che private, provenienti da 16 paesi dell’Unione Europea e tre paesi extra comunitari. È un progetto interessante, dove insieme ad altri 13 partner di diversi paesi costituiamo una sorta di area dimostrativa. In queste aree dimostrative vengono testate nella pratica diverse idee di ricostruzione ecologica, che generalmente hanno lo stesso principio, anche come modello pilota per ripristinare la funzionalità di ecosistemi forestali che in passato sono stati influenzati dalle attività umane, quindi da una gestione forestale più orientata al profitto e ad alcune opportunità che esistevano in passato nell’economia forestale, e non ad una gestione più orientata alla natura. Dalle esperienze che esistono già da oltre 150 anni in Europa, dove pensavamo di essere più intelligenti della natura, abbiamo fallito ovunque, perché le foreste naturali sono il risultato dell’evoluzione di forse centinaia di migliaia, milioni di anni, nella forma in cui esistono adesso, e non saremo mai in grado di essere ingegneri migliori. Furono queste monocolture di abete rosso e pino in tutta Europa che dopo una certa età iniziarono a essere colpite dai venti e attaccati dagli insetti. In Europa è già riconosciuto, più o meno tacitamente, che dobbiamo concentrarci su una selvicoltura più vicina al corso della natura. E poi, in queste aree dimostrative, le idee di ricostruzione ecologica vengono implementate il più vicino possibile al corso naturale.”

     

    Altri lavori sono consistiti in aggiunte nelle aree in cui sono avvenuti abbattimenti senza rispettare le norme forestali, tra il 2005 e il 2010. In primavera nell’alta valle di Dâmboviţa sono stati piantati più di 15mila alberelli di abete rosso, faggio, abete e acero di monte e nel periodo autunnale si è tornati in campo per il loro mantenimento. Sempre nell’ambito del progetto SUPERB, la Fondazione Conservation Carpathia ha realizzato azioni di conversione delle monocolture di abete rosso su un’area di oltre 77 ettari nella valle di Tămaș. La conversione è un processo a lungo termine, in più fasi successive, che può durare fino a vent’anni, e che mira a ripristinare gradualmente le foreste miste che esistevano nella zona fino agli anni ’50. Queste azioni di ricostruzione ecologica sono necessarie perché le monocolture artificiali di abete rosso presentano una ridotta diversità di specie vegetali e animali, sono più fragili di fronte a tempeste, nevicate e calamità causate da insetti e influenzano negativamente la struttura e l’acidità del suolo. SUPERB è un progetto sostenuto dall’Unione Europea e coordinato dall’Istituto Europeo delle Foreste e si svolge tra il 2021-2025. È il più grande progetto transfrontaliero di ripristino dei paesaggi forestali del Vecchio Continente. L’area dimostrativa in Romania ha una superficie di circa 2.300 ettari.

     

  • Calendario degli eventi climatici internazionali in un anno politicamente difficile

    Calendario degli eventi climatici internazionali in un anno politicamente difficile

    Lumanità, o almeno una parte di essa, sembra sempre più consapevole dellassoluta necessità e urgenza per quanto riguarda lapplicazione di politiche climatiche che, prima di tutto, mirino a ridurre le emissioni di gas serra. Il riscaldamento globale difficilmente può essere ancora negato, i suoi effetti stanno diventando visibili ad occhio nudo quasi ovunque. Secondo i dati del Servizio Nazionale di Meteorologia del Regno Unito, la Terra ha recentemente superato 1,5°C di riscaldamento globale rispetto ai livelli preindustriali. Si tratta di una soglia critica che gli scienziati ammoniscono da tempo potrebbe causare effetti irreversibili: ondate di caldo (comprese quelle marine), nonché siccità e inondazioni più intense; innalzamento accelerato del livello del mare (negli ultimi 3 decenni, i dati della NASA mostrano un aumento di circa 10 cm dellOceano Planetario); maggiore estinzione delle specie; peggioramento della carenza di cibo e acqua; aumento della diffusione delle malattie; destabilizzazione delle calotte glaciali della Groenlandia e dellAntartide occidentale. Per prevenire o almeno limitare tutto ciò, le emissioni globali di gas serra devono diminuire di circa il 45% rispetto ai livelli del 2010 entro il 2030 e raggiungere lo zero netto entro il 2050. Le diverse combinazioni di azioni che potrebbero servire al raggiungimento di questo obiettivo sono, secondo il sito specializzato “Infoclima”:



    – Eliminare gradualmente i combustibili fossili – carbone, petrolio e gas naturale – il più rapidamente possibile e sostituirli con fonti di energia pulita come lenergia eolica, solare, geotermica e nucleare avanzata.


    – Aumentare drasticamente lefficienza energetica negli edifici, nei trasporti e nellindustria per ridurre la domanda di energia. Intensificare gli sforzi per rimuovere il carbonio migliorando la gestione del territorio per il sequestro del carbonio e attraverso tecnologie come la cattura diretta.


    – Ridurre la deforestazione e ripristinare le foreste e altri pozzi naturali di carbonio.


    – Passare ai veicoli elettrici e a più spostamenti a piedi, in bicicletta e con i trasporti pubblici.


    – Ridurre lo spreco di materiali, la perdita di cibo e cambiare la dieta verso alimenti a base vegetale.


    – La transizione dei processi industriali verso alternative a basse emissioni di carbonio. Investire nella cattura del carbonio presso i grandi emettitori come fabbriche e centrali elettriche.



    Non esiste una soluzione valida per tutti e gli approcci statali o regionali possono avere solo risultati parziali. In quanto tale, lo sforzo deve essere globale, e il 2024 si preannuncia molto ricco di incontri internazionali sui temi ambientali, nel tentativo di concordare i diversi approcci e interessi. Ecco alcuni dei momenti salienti: lanno è iniziato con la conferenza virtuale IRENA, a cui seguirà ad aprile quella fisica ad Abu Dhabi, in parallelo con il World Future Energy Summit. IRENA – lAgenzia Internazionale per le Energie Rinnovabili – è unorganizzazione intergovernativa incaricata di facilitare la cooperazione, far avanzare la conoscenza e promuovere ladozione e luso sostenibile delle energie rinnovabili. Lanno scorso essa ha riunito i leader mondiali e i decisori energetici in una conferenza per fare il punto sui piani operativi e sulle politiche ed evidenziare le azioni intraprese per attuare la transizione energetica in tutto il mondo. Lottava Conferenza internazionale sui cambiamenti climatici si terrà il mese prossimo a Colombo, nello Sri Lanka, e il tema principale sarà trovare soluzioni efficaci e innovative per raggiungere lo zero netto globale. Altri temi riguarderanno: la valutazione dellimpatto sui vari ecosistemi, risposte tecniche, economiche e sociali al cambiamento climatico, il cambiamento climatico e la salute, lagricoltura e la sicurezza alimentare, ecc. Seguirà a marzo, a Bali, in Indonesia, la decima edizione del Forum Mondiale sullAcqua, un importante evento organizzato dallONU e volto a trovare soluzioni concrete per rispondere alle sfide nel settore, soprattutto nel continente africano e nella regione del Medio Oriente.



    Un mese dopo, nella città francese di Pau, verrà organizzata la “Conferenza internazionale sui cambiamenti climatici: impatto e risposte”. È la sedicesima edizione, dominata da una preoccupazione condivisa per la scienza e le risposte sociali al cambiamento climatico. Più tardi in autunno, ad ottobre, si terrà la terza Conferenza mondiale sui cambiamenti climatici e la sostenibilità, questa volta a Barcellona, ​​in Spagna. Parteciperanno climatologi, biologi, agronomi, esperti di energia, ma anche personaggi importanti di diverse industrie e organizzazioni governative, scrive il sito romeno Infoclima. Infine, il grande evento sul clima del 2024 si svolgerà a Baku, in Azerbaigian, un paese membro dellOPEC Plus. La città ospiterà la COP 29 che dovrà trovare soluzioni alla serie di politiche e misure proposte alla COP 28 di Dubai, che sono state rinviate, e dove i negoziati sono stati estremamente difficili e con pochi risultati concreti. Tutto si svolge in un contesto politico internazionale altamente instabile, con due gravi crisi – Ucraina e Gaza – che possono incidere seriamente sugli sforzi ambientali di tutti.




  • L’energia solare in Romania

    L’energia solare in Romania

    Secondo un nuovo rapporto Global Market Outlook For Solar Power 2023 – 2027, il 2022 rimarrà nella storia economica recente come lanno in cui lenergia solare ha visto la maggiore aggiunta di capacità energetica, determinata dallaumento dei prezzi dellenergia, dalla stabilizzazione dellapprovvigionamento della filiera e dai programmi di ripresa post-pandemia. Nel 2022, 239 GW di nuova capacità solare sono stati registrati a livello globale, segnando un altro massimo storico e registrando un impressionante tasso di crescita annuale del 45%, il più alto dal 2016. Di conseguenza, la capacità solare totale installata in tutto il mondo ha superato la soglia di 1 Terawatt. allinizio del 2022 ed è salito a quasi 1,2 TW a fine anno. Ogni ora la Terra riceve una quantità di energia sufficiente a sostenere il consumo planetario per un periodo di un anno, afferma Mădălina Nechifor – dottoranda presso la “Facoltà di Ingegneria Elettrica, Energetica e Informatica Applicata” dellUniversità Tecnica “Gheorghe Asachi” di Iasi (nord-est della Romania), in un materiale pubblicato sul sito “Infoclima”.



    Anche se attualmente riusciamo a convertire solo una piccola frazione dellenergia solare disponibile in energia elettrica, in futuro potremo ottimizzare e utilizzare sempre di più questa risorsa, con costi nettamente inferiori rispetto allenergia convenzionale. La chiave per garantire prosperità economica, sostenibilità e salute ambientale, creando al contempo nuovi posti di lavoro locali e garantendo una maggiore autonomia energetica, oltre a ridurre la povertà energetica, risiede nellimplementazione di un sistema efficiente basato su fonti rinnovabili e gratuite, come lenergia solare. Anche se i prezzi di impianti di questo tipo sono aumentati parecchio negli ultimi anni, lenergia solare rimane significativamente più economica di qualsiasi combustibile fossile o nucleare, tenendo conto della tendenza generale allaumento dei prezzi delle tecnologie energetiche. In effetti, i prezzi hanno già iniziato a scendere per certi impianti.



    Vlad Zamfira, del sito specializzato “Infoclima. “Linvestimento in impianti fotovoltaici è un “must-do”, soprattutto nel contesto dellaumento dei prezzi dellenergia dallinizio del 2023. ESMAP, un indicatore che riflette il potenziale energetico fotovoltaico di ciascun paese, indica per la Romania un valore di quasi 3,6 kilowattora per metro quadrato al giorno, e questo ci colloca al 182° posto a livello mondiale. Nel complesso, le prospettive per lenergia solare in Romania sono positive. Nonostante le numerose sfide e gli ostacoli ad unulteriore espansione legati alle infrastrutture, alla regolamentazione, ai finanziamenti e alla sensibilizzazione dellopinione pubblica, il settore è in costante crescita: 20.000 prosumatori nel settembre 2022, ad esempio. Numerosi parchi solari e impianti fotovoltaici sono stati costruiti in diverse regioni del Paese, nelle condizioni in cui un ettaro di terreno dotato di pannelli solari può generare in media in Romania 1.252 megawattora di elettricità allanno. Va notato che utilizzando solo lo 0,22% della superficie non popolata del nostro paese, con laiuto di impianti fotovoltaici, teoricamente si potrebbe coprire lintero fabbisogno elettrico nazionale fornito. LAgenzia internazionale per lenergia stima che nel 2023 verranno investiti circa 380 miliardi di dollari nellenergia solare, superando per la prima volta gli investimenti nellindustria petrolifera. Ogni crisi ha le sue caratteristiche uniche e, sebbene la pandemia di COVID-19 abbia creato difficoltà nella lotta al cambiamento climatico, la recente crisi energetica ha avuto leffetto opposto, concentrando lattenzione sulle fonti energetiche rinnovabili, e lenergia solare è diventata un pilastro nel settore nel ridurre la dipendenza delle fonti energetiche derivate dai combustibili fossili”.



    Per la fine dellanno in corso si stima che il numero dei prosumatori supererà i centomila. “Abbiamo lobiettivo nazionale di eliminare gradualmente luso dellenergia basata sul carbone entro il 2032, il che dovrebbe aumentare ladozione di energia sostenibile, in particolare turbine eoliche e impianti solari fotovoltaici. Secondo le previsioni della società di dati e analisi” Global Data “, la capacità fotovoltaica stimata della Romania registrerà un aumento significativo tra il 2021 e il 2030, da 1,39 GW nel 2020 a 4,25 GW nel 2030”, afferma Mădălina Nechifor, che ha anche sviluppato un proprio progetto – “Il tuo tetto solare” – per sensibilizzare lopinione pubblica sugli effetti benefici derivanti dallutilizzo dei pannelli solari e delle energie rinnovabili in generale. Va inoltre sottolineato che negli ultimi anni il Governo romeno ha adottato politiche e misure per promuovere le energie rinnovabili, compresa lenergia solare, attraverso regimi di sostegno e incentivi. Il potenziale solare della Romania è considerevole, date le condizioni climatiche favorevoli e gli alti livelli di radiazione solare. È fondamentale capire che con laumento del numero dei prosumatori non solo avremo una quota maggiore di energia prodotta da fonti rinnovabili, ma contribuiremo anche a ridurre la dipendenza dalle importazioni di energia, ad aumentare il benessere dei consumatori e ad aumentare la resilienza sia a livello nazionale che a livello individuale.




  • L’erosione dei Carpazi

    L’erosione dei Carpazi

    Lerosione del suolo sta diventando un problema ambientale urgente nei Monti Carpazi, che sta già compromettendo la biodiversità e gli habitat naturali, sottolinea Aritina Haliuc, ricercatrice post-dottorato presso lUniversità di Bordeaux, in Francia. Lei fa riferimento a due studi recentemente pubblicati che hanno analizzato lerosione del suolo in due bacini montuosi dei Carpazi: Il Lago Rosso e il Lago Ighiel. Concretamente, è stato misurato quanto sedimento raggiunge il fondo di questi laghi nellarco di un secolo e qual è il legame con il clima e la presenza umana. Entrambe le ricerche hanno dimostrato che lerosione accelera con lintensificarsi delle attività umane. Oltre agli effetti a livello di ecosistema, soprattutto per il Lago Rosso, laumento dellapporto di sedimenti ha portato anche ad un accelerato intasamento del lago, un processo che incide sulla sua durata dI vita. Vlad Zamfira, del sito Infoclima, che ha pubblicato il materiale a cui ci riferiamo, ci racconta cosè esattamente lerosione.



    “Negli ultimi 100 anni abbiamo notato, allinterno dei bacini montani, che lerosione accelera con lintensificarsi delle attività umane, cioè il taglio degli alberi e il pascolo eccessivo. Nei Carpazi, la conversione degli ecosistemi naturali in pascoli significa meno piante, quindi terreno instabile e suscettibile allerosione, con conseguente degrado del paesaggio. Nellattuale contesto di cambiamento climatico, cui contribuiscono le fluttuazioni della temperatura, ma anche la siccità e le inondazioni, lerosione del suolo sta accelerando. Le proiezioni mostrano che il processo aumenterà del 13% fino a oltre il 22% nellUnione Europea entro il 2050. Ma cosè lerosione? Le forme di rilievo: montagne, colline, pianure, valli – che osserviamo oggi – sono il risultato dei processi di erosione che nel tempo hanno levigato il terreno. Lerosione è il processo geologico mediante il quale il suolo viene disgregato, staccato e trasportato dalle forze della natura, come lacqua, il ghiaccio o il vento. Esistono due tipi principali di erosione: chimica e fisica. Lerosione chimica si verifica quando la composizione chimica di una roccia cambia, mentre lerosione fisica è ciò che distrugge le rocce ma la loro composizione chimica rimane la stessa. Ad esempio, le frane o le colate di fango sono causate dallerosione fisica. Le alte regioni dei Carpazi sono soggette allerosione del suolo a causa sia del rilievo accidentato che delle forti piogge. La deforestazione, il pascolo eccessivo e gli incendi portano al degrado del suolo, alla perdita di biodiversità e fertilità e ad un aumento del rischio di frane e inondazioni a valle nelle aree più basse”.



    Attraverso lerosione, le rocce diventano più piccole, più lisce e più facili da trasportare. Sia lacqua che il ghiaccio contribuiscono allerosione fisica perché il loro movimento costringe le rocce a staccarsi o a scontrarsi. Inoltre, il vento è un potente agente di erosione, trasporta polvere, sabbia, cenere e altri resti su lunghe distanze, spiega Aritina Haliuc. Lerosione dipende dal clima, dalla topografia, dalla vegetazione, dallattività tettonica e dalle azioni umane. Il clima, attraverso le precipitazioni, il vento e il processo di gelo-disgelo, provoca lerosione del paesaggio. La vegetazione può rallentare limpatto dellerosione. Le radici di alberi, arbusti e altre piante stabilizzano il suolo, impediscono il trasporto di sedimenti e possono limitare limpatto delle frane. Negli altopiani dei Carpazi, dove la copertura vegetale è sottile e discontinua, persino un basso tasso di erosione porta a una perdita irreversibile del suolo, causando il degrado del paesaggio e la perdita dei benefici naturali dellecosistema. Daltro canto, i Carpazi romeni (e non solo) sono soggetti ad incendi. I quali possono avere effetti devastanti sugli ecosistemi montani, soprattutto quelli fragili, e possono portare alla perdita di habitat naturali, alla distruzione della biodiversità e persino minacciare la sicurezza delle comunità vicine alle aree colpite. Inoltre gli incendi, soprattutto nella zone alte, aumentano il rischio di pericoli naturali come frane, alluvioni, smottamenti. Nei Carpazi, come mostrano i modelli climatici, laumento delle precipitazioni in un breve periodo di tempo, ma anche laumento delle temperature, il prolungamento delle stagioni calde a causa dei cambiamenti climatici dovrebbero preoccuparci, conclude la ricercatrice romena dellUniversità di Bordeaux.



    Sia a livello nazionale che internazionale esistono numerose iniziative e strategie volte a limitare e prevenire lerosione del suolo. Ad esempio, la Legge sulla Conservazione del Suolo – che impone una serie di misure per il corretto utilizzo del territorio, la riduzione dellerosione e la prevenzione del degrado. Oppure il Programma nazionale di sviluppo rurale, un programma di sovvenzioni dellUE che sostiene lattuazione di pratiche agricole sostenibili. A livello europeo esiste anche la strategia dellUnione per il suolo, che mira a monitorare e promuovere la loro gestione sostenibile. Infine, a livello regionale, la Convenzione dei Carpazi, un trattato internazionale adottato nel 2003 da Polonia, Slovacchia, Ucraina, Ungheria, Romania e Repubblica Ceca, mira a promuovere lo sviluppo sostenibile e la protezione ambientale nei Carpazi. Inoltre, ci sono fondazioni e organizzazioni locali che lottano per la protezione del fondo naturale limitando la deforestazione, istituendo parchi naturali, monitorando e valutando le aree colpite ed educando la popolazione locale.




  • Le spiagge romene ampliate artificialmente – tra vantaggi e svantaggi

    Le spiagge romene ampliate artificialmente – tra vantaggi e svantaggi

    Sulla costa romena del Mar Nero, negli ultimi dieci anni, sono stati realizzati estesi lavori di ampliamento delle spiagge, che avevano subito un discreto ma continuo processo di erosione. Nellambito di un progetto da 800 milioni di euro, migliaia di tonnellate di sabbia sono state portate dal mare e trasferite nei settori colpiti, in modo che la loro larghezza aumenti fino a 100 metri. Il ripristino ha interessato anche due dighe, con particolari sistemazioni ambientali e con un contributo significativo allo sviluppo della biodiversità marina e alla riduzione del rischio di danneggiamento o perdita di habitat. Oltre ai lavori di ampliamento delle spiagge, sono state realizzate anche strutture idrotecniche con funzione di protezione aggiuntiva, nonché lavori di rafforzamento delle scogliere.



    Un ruolo importante è svolto anche dai lavori di stimolazione e ripristino dellecosistema marino. Gli specialisti intendono piantare erba marina su unarea di quasi 800 mila metri quadrati, al fine di garantire la protezione della biodiversità dellacqua del Mar Nero e laumento della sua qualità, si legge in un comunicato stampa dellEnte romeno di Gestione Risorse Idriche. Lidea appartiene a un gruppo di scienziati britannici ed è promossa in tutto il mondo. Lerba marina è lunica pianta da fiore al mondo che può impollinare sottacqua. Oltre a fornire un habitat per molte specie marine, cattura anche il carbonio 35 volte più velocemente di una foresta tropicale, mostrano gli esperti del settore. Il ricercatore Florin Zăinescu ci spiega perché questi lavori erano necessari. « Più di un terzo delle spiagge del Mar Nero in erosione si trovano in Romania, e in questi progetti per lampliamento delle spiagge sulla costa romena viene maggiormente messo in discussione il fattore climatico, che favorirebbe questa erosione. Ma in realtà, se guardiamo i dati e la dinamica dei sedimenti, vedremo che lerosione è piuttosto amplificata dagli interventi umani. Cosa ha portato a questa situazione? In primo luogo cè la costruzione di grandi porti, come Midia Năvodari, a nord di Mamaia, o il porto di Costanza, che hanno influenzato la dinamica dei sedimenti. Sulla costa romena i sedimenti viaggiano da nord a sud, grazie alle onde provenienti da nord-est, e una grande diga che si estende fino al mare blocca questi sedimenti e non permette più alle spiagge di alimentarsi e di crescere naturalmente. E i sedimenti sono come il cibo per queste spiagge. Un altro intervento umano che porta a questo fenomeno sono le frane, il che significa che si interviene a livello delle scogliere. Queste scogliere sono una fonte naturale di sedimenti per la spiaggia, e se le cementiamo, le stabilizziamo, le arginiamo, automaticamente le spiagge non saranno più alimentate da questi sedimenti naturali.”



    Dopo la realizzazione del progetto, gli abitanti della zona costiera romena saranno più protetti ed i turisti potranno godere di una spiaggia ampia e moderna. Inoltre, il progetto avrà importanti effetti positivi anche in campo socioeconomico e gli operatori della zona costiera potranno sviluppare la loro attività nelle migliori condizioni, spiegano i funzionari dellEnte di Gestione delle Risorse Idriche. Abbiamo chiesto a Florin Zăinescu di raccontarci i vantaggi e gli svantaggi di questi interventi sulla spiaggia. “Il fatto di avere una spiaggia più ampia e con più sedimenti è come una zona cuscinetto in grado di proteggere le costruzioni e le attività umane dal mare. Poi abbiamo vantaggi come lo spazio creato per le persone a scopo ricreativo. Più spiaggia significa che possiamo accogliere più visitatori, abbiamo più attività sulla sabbia ed è per questo che sono preferibili alle spiagge strette. E come svantaggi possiamo parlare dellaspetto meno attraente delle spiagge, perché, ad esempio, sulla spiaggia di Eforie sono state realizzate sia dighe che ampliamenti. Quando sali sulla scogliera di Eforie Nord e guardi a sud, adesso vedi un mare di dighe al posto dellacqua, e non mi piacciono, ma forse alcuni turisti apprezzano una passeggiata sulle dighe. Poi questi ampliamenti sono stati realizzati con una sabbia di qualità, possiamo dire inferiore, perché più grossolana, a volte è anche piena di conchiglie. Sembra che questo intervento, che ha portato sabbia più grossolana, provochi anche un cambiamento nella morfologia della spiaggia. Prima la pendenza era molto più dolce, cioè entravamo in acqua e la profondità dellacqua diminuiva progressivamente. Ora è molto più ripida e molto più profonda se andiamo avanti, e questo sembra aumentare anche il rischio per i nuotatori, favorendo anche la generazione di correnti un po più forti. E non ultimo, questi interventi hanno anche un notevole impatto ecologico, quindi si tratta di un ambiente fortemente disturbato: sia dove viene prelevato il sedimento, ma anche dove si deposita.”



    Oltre alla piantumazione dellerba marina, la parte del progetto dedicata alla biodiversità prevede unaltra componente, vale a dire il mantenimento e lo sviluppo degli habitat per due specie di vongole (Donacilla Cornea e Donax Trunculus). A questo proposito è stato effettuato un test pilota per vedere se le vongole potevano resistere a un processo di ricollocazione e ha avuto una percentuale di successo del 100%. Infine si desidera ampliare larea in cui si sviluppano queste conchiglie. “Abbiamo spiagge che necessitano di un sostegno artificiale, come un malato che è continuamente collegato alle macchine che assicurano le sue funzioni vitali, perché le fonti naturali dei sedimenti sono state disconnesse a causa delle attività umane. Continuiamo a curare gli effetti e non le cause della malattia. Ciò comporta costi aggiuntivi enormi ed effetti che possono essere indesiderabili per i turisti, nonché una vulnerabilità ai cambiamenti climatici”, conclude il ricercatore Florin Zăinescu.




  • Sistemi agroforestali contro i cambiamenti climatici

    Sistemi agroforestali contro i cambiamenti climatici

    Nel sud della Romania, vicino a Dăbuleni, la patria dei cocomeri, ci sono oltre centomila ettari aridi. Sono chiamati anche “Il Sahara della Romania”. Larea copre già gran parte della provincia orientale di Dolj, e i silvicoltori e le ONG stanno cercando di fermare lavanzata delle sabbie, principalmente con laiuto delle piantagioni di acacia. Nel comune di Cârcea, vicino allaeroporto internazionale di Craiova, i raccolti agricoli soffrono durante lestate. E le estati in Oltenia sono lunghe. Tuttavia, la Fondazione Pădurea de Maine – Foresta del Futuro – ha avuto una nuova idea e sta facendo un esperimento. “Qui abbiamo un terreno bruno-rossastro, una struttura semi-argillosa”, spiega Marian Mechenici, di unazienda che aiuta alla creazione di questa piantagione sperimentale. “Non risponde molto bene nella stagione secca”. Le sue equipe hanno preparato 1,3 ettari di terreno che è stato seminato a cereali e ortaggi, come i campi circostanti. Ciò che contraddistingue questo terreno, tuttavia, è che è stato contemporaneamente piantato con alberi e alberi da frutto. Sempre alla ricerca di nuove soluzioni nella lotta al clima, la suddetta fondazione finanzia qui uno studio sulle performance dei sistemi agroforestali. “Vogliamo lottare il più attivamente possibile contro il cambiamento climatico e aumentare le aree boschive in Romania”, spiega Mihail Caradaică, il suo direttore.



    “Soprattutto nella zona di pianura, dove troviamo circa il 6% delle foreste della Romania, i sistemi agroforestali apportano molteplici benefici: riduzione dellanidride carbonica dallatmosfera, aumento del potenziale economico delle colture agricole attraverso lumidità fornita dagli alberi e la fertilizzazione del suolo, protezione per gli animali domestici laddove i sistemi agroforestali sono implementati negli allevamenti”.



    Ma cosè un sistema agroforestale? Lo scopriamo dal sito della fondazione. Molte sono le definizioni presenti nella letteratura specializzata, ma tutte sottolineano lintegrazione di alberi e altre specie legnose (in varie combinazioni) nelle colture agricole, nei pascoli o nelle attività zootecniche, al fine di trarre ulteriori benefici dalla stessa superficie. Le tende forestali che proteggono le colture di cereali o gli alberi solitari o le folle di alberi sui pascoli per il bestiame sono esempi tipici per la Romania, ma il concetto è molto più ricco di applicazioni. È forse il più antico modello di gestione sostenibile del territorio, risalente al Neolitico, quando si iniziò a coltivare piante al riparo delle foreste.



    Ma nel XXesimo secolo i sistemi agroforestali sono stati quasi completamente sostituiti in Occidente dallagricoltura intensiva: colture piantate su aree ininterrotte, curate con mezzi meccanizzati e supportate chimicamente per far fronte ai parassiti o per diventare più produttive. Negli ultimi 40 anni, tuttavia, la prospettiva è cominciata a cambiare e il ruolo delle strutture forestali integrate nelle colture agricole o nellallevamento è sempre più compreso e messo in pratica. Secondo lAssociazione europea per i sistemi agroforestali (EURAF), nel nostro continente sono oltre 8 milioni gli ettari coltivati ​​in questo modo. Gli alberi forniscono legno per la costruzione o lenergia, frutta commestibile, ombra e cibo per gli animali. Allo stesso tempo stabilizzano il terreno e ne equilibrano la composizione chimica, proteggono le colture dalle intemperie o dai parassiti, purificano laria e preservano la qualità dellacqua di un territorio. Le foreste o le tende forestali sostengono le colture agricole, le rendono più produttive e aumentano la loro resilienza ai cambiamenti climatici.



    La nostra ricerca è, speriamo, il primo passo per uno sviluppo su larga scala dellagroforestazione romena, affermano gli specialisti della Fondazione Foresta del Futuro. Il principale ricercatore del progetto è Mihai Enescu, responsabile dei lavori presso lUniversità di Scienze Agronomiche e Medicina Veterinaria di Bucarest. “Abbiamo un appezzamento che abbiamo suddiviso in 20 parcelle di forma quadrata, 24 metri di lato, in cui pianteremo sia specie forestali comuni come querce, frassini, ontani, aceri e tante altre, ma anche alcune meno diffuse in Romania, in particolare specie xerofite, che resistono allaridità, come specie autoctone – la roverella, o altre, alloctone, provenienti da altri paesi, come il cipresso o lolmo del Turkestan (Ulmus pumila – lat .). Pianteremo anche arbusti da frutto. Qui, dietro di me, già vediamo le more, in un sistema intensivo. Pianteremo anche le more, ma anche tante specie agricole. Ci saranno tanto mais e girasole di diversi spessori e tecnologie moderne. Sperimenteremo anche altre proposte, che hanno già dato buoni risultati in paesi principalmente dellEuropa centrale e occidentale, quindi a distanze maggiori. Svilupperemo anche filari irrigati, filari non irrigati, filari concimati, non concimati per rispondere a oltre venti domande di ricerca. Conto su risultati rapidi, magari non nel primo anno, ma nel secondo, terzo e quarto anno, perché è un progetto che durerà quattro anni. Scommetto su risultati almeno interessanti, che non vediamo lora di promuovere”.



    Lobiettivo finale del progetto è la creazione di una guida di buone pratiche a beneficio degli agricoltori e dei silvicoltori romeni. Un “manuale” per lutilizzo dei sistemi agroforestali nel nostro Paese, che tenga conto delle specificità locali – quali specie possono essere abbinate, dove, come, quando – e con quali effetti.




  • Approcci al problema degli orsi in Romania

    Approcci al problema degli orsi in Romania

    In Romania le notizie sugli orsi che entrano nei centri abitati sono diventate, negli ultimi anni, quasi una banalità. Gli orsi causano danni e talvolta attaccano anche le persone. Ci sono stati anche alcuni casi fatali. Le autorità cercano di risolvere il problema sia tramite il trasferimento degli animali invadenti, sia, come ultima risorsa, tramite la caccia. Di recente, la questione è stata affrontata pubblicamente anche dal ministro dellAmbiente, delle Acque e delle Foreste, Barna Tanczos. “La presenza umana nellhabitat dellorso e il costante aumento del numero di orsi, che mettono sempre di più sotto pressione le malghe e le colture agricole, sono i motivi principali per cui, nel 2021, il numero di incidenti è aumentato rispetto agli anni precedenti, afferma il ministro. Secondo i dati del ministero, nel 2021 sono stati registrati 41 incidenti e 4 decessi, rispetto ai 6 incidenti e 1 decesso segnalati nel 2020. Nel 2019 sono stati segnalati 29 incidenti e 8 decessi. Barna Tanczos ha parlato dellargmomento a una conferenza stampa di presentazione dellimplementazione del Piano nazionale di azione per la conservazione della popolazione di orsi bruni”. Il ministro ha sottolineato che, a seguito delle misure legislative adottate, sia Sinaia, che Băile Tuşnad, come anche le altre località, hanno potuto trasferire, senza permessi dal ministero, senza procedure complicate, quegli esemplari o quelle famiglie di orsi che frequentavano le località turistiche. Ma il ministro ha richiamato lattenzione sul fatto che il problema non si risolve solo con lintervento, serve anche la prevenzione. Proprio in questo senso, lorganizzazione ambientalista WWF Romania sta portando avanti un nuovo progetto, nel centro del Paese, a Băile Tușnad, per garantire la convivenza uomo-orso. Cristian-Remus Papp, coordinatore del Dipartimento faunistico, ci racconta in cosa consiste.



    “Questo concetto si basa, in fondo, sulla collaborazione con tutti i fattori interessati: abbiamo il supporto del sindaco locale, il supporto delle organizzazioni della zona, compresi i gestori dei fondi di caccia, ma anche del settore turistico, perché tutti contribuiscono in una certa misura alla gestione degli orsi a livello locale. E allora abbiamo formato una partnership in cui stiamo cercando di sviluppare una comunità Bear Smart. Questo modello è nato in America esattamente nelle stesse aree problematiche, e queste comunità non fanno altro che proporre esempi di buone pratiche, con certe attività che dimostrano che luomo e lorso possono coesistere. Certo, applicando certi metodi. Questa comunità non ha un atteggiamento negativo nei confronti dellorso, al contrario, cerca in qualche modo di risolvere i problemi tenendo a distanza gli orsi, affinche sia la comunità, che i turisti, siano alla fine al sicuro”.



    “La conservazione degli orsi e la sicurezza delle persone è ciò che tutti vogliamo, e per questo abbiamo bisogno di soluzioni sostenibili, derivanti dal coinvolgimento e dalla partecipazione inclusiva di tutte le parti interessate. Lorso bruno è sempre stato presente nelle nostre localita. È un elemento emblematico per questa zona. La soluzione che vogliamo implementare ha lo scopo di proteggere i residenti e i turisti, proteggendo al contempo lorso bruno”, ha spiegato Butyka Zsolt, sindaco di Băile Tușnad. Il progetto qui sviluppato rappresenta una soluzione completa, racconta Cristian-Remus Papp.



    “Veniamo anche con dispositivi di protezione aggiuntivi, in modo che le proprietà esposte siano protette. E qui stiamo parlando di recinzioni elettriche, che sono fondamentalmente innocue al 100%. Certo, provocano un certo impulso, ma quello non danneggia lanimale a lungo termine, cioè non stiamo parlando di un metodo che uccide gli orsi. Daltra parte stiamo anche pensando a un sistema che avviserà gli orsi quando si avvicinano le auto, perché sia in un senso dingresso, che nellaltro della localita Baile Tușnad si verificano episodi di orsi investiti da automezzi, parliamo di unarea che è praticamente un corridoio ecologico, un corridoio che non fa altro che facilitare il passaggio degli orsi da una parte allaltra del fiume Olt. E, naturalmente, alcune soluzioni possono essere implementate immediatamente, altre nel tempo a seconda del budget disponibile. Quello che siamo riusciti a fare finora è acquistare alcune attrezzature per il team di intervento gia attivo a livello locale. Vogliamo anche realizzare uno studio che documenti linterazione tra orso e uomo, per capire in quali condizioni gli orsi restano sul territorio, cosa li attrae – se parliamo di cattiva gestione dei rifiuti o dellalimentazione complementare che viene praticata nei boschi circostanti la localita. Per questo utilizzeremo anche dei collari GPS, cioè potremo monitorarli via satellite. Vogliamo acquisire due collari con video che documentino le interazioni tra orsi, ma anche tra orsi e altre specie, rispettivamente tra orsi e umani”.



    La Romania ha la più grande popolazione di orsi in Europa, circa 8 mila esemplari, secondo i dati del primo studio di questo tipo degli ultimi otto anni.




  • Gli sciacalli: un problema in Romania?

    Gli sciacalli: un problema in Romania?

    Gli sciacalli, una specie invasiva in Romania, si sono moltiplicati sempre di più di recente. In varie zone rurali, gli abitanti si lamentano che gli sciacalli attaccano e mangiano il loro bestiame, e gli esperti affermano che a causa degli sciacalli, il numero di conigli, roditori, caprioli e persino cervi ha iniziato a diminuire. Ad Arad, nella parte occidentale del Paese, ad esempio, coloro che vivono nei pressi delle aree boschive vicino al fiume Mureș sono terrorizzati dopo che i loro animali hanno iniziato a scomparire dai cortili. Secondo un servizio televisivo, nessuno ha il coraggio di uscire dopo il tramonto e i più vulnerabili sono i bambini piccoli. Nel sud della Romania, nella provincia di Dolj, due allevamenti di pecore sono stati recentemente attaccati da branchi di sciacalli, che hanno ucciso oltre un centinaio di animali.



    Le autorità locali spiegano che gli sciacalli sono arrivati ​​nei villaggi perché hanno esaurito la fauna nei campi e sono attratti dagli scarti alimentari buttati via. La Prefettura della Provincia di Dolj ha richiesto lapprovazione del Ministero dellAmbiente per laumento della quota del fondo per la caccia e per la caccia notturna agli sciacalli. Nel sud-est della Romania, lAmministrazione della Riserva della Biosfera del Delta del Danubio ha firmato un contratto di finanziamento per lestrazione controllata di 400 sciacalli dallarea. Il contratto è stato assegnato allAssociazione Provinciale dei Cacciatori e Pescatori Sportivi, dopo che i residenti di Delta si sono lamentati del fatto che gli sciacalli stavano uccidendo gli animali nei loro cortili e stavano distruggendo i loro orti e hanno chiesto alle autorità di ridurne il numero. Lazione è in pieno svolgimento. Problemi con gli sciacalli ci sono anche nei Monti Măcin, vicino al Delta del Danubio.



    LEnte del Parco Nazionale dei Monti Măcin ha, tuttavia, un approccio diverso, molto più ecologico: ha avviato i passaggi per portare un branco di lupi nella riserva. La decisione si basa sugli studi degli specialisti, i quali spiegano che laumento incontrollato del numero di sciacalli è dovuto allo sterminio della popolazione di lupi nel tempo. Oltre a questo, un fattore favorevole è labbondanza di cibo nella regione, come spiega il direttore del Parco, Viorel Roşca spiega: “Gli sciacalli hanno trovato larea libera, con cibo abbondante, ottimi luoghi di riparo, nutrimento e riproduzione, e la loro moltiplicazione è stata esponenziale negli ultimi anni grazie, come dicevo, a questo ambiente favorevole. E i danni sono visibili nellimpoverimento, lerosione del patrimonio faunistico naturale e potrei fare degli esempi, soprattutto nella popolazione di piccoli mammiferi della Dobrugia, nella regione di steppa. Ricorderei il citello e il criceto della Dobrugia, e tra gli uccelli che nidificano a terra cè una specie rara, vulnerabile e minacciata a livello europeo che è stata colpita: si tratta dellocchione comune. Negli ultimi anni luomo si è allarmato solo quando ha risentito delle perdite subite in termini di animali domestici delle comunità locali. È un fatto triste, se ne discute costantemente, diverse persone esprimono la loro opinione, il più delle volte chi non vive e non conosce la reale situazione del territorio. E non è necessario essere un dottore in biologia per rendersi conto che è una situazione allarmante e bisogna trovare delle soluzioni”.



    Ma come faranno i lupi a regolare la popolazione di sciacalli nellarea? Viorel Roșca: “Non li attaccano fisicamente, direttamente, ma la sola presenza di un branco di lupi, e qui pensiamo a cinque o sei individui, li inibisce soprattutto durante la stagione riproduttiva. Il lupo e lo sciacallo hanno la stessa stagione riproduttiva, febbraio-marzo, lo stesso periodo di gestazione, e la sola presenza inibisce ormonalmente le femmine di sciacallo durante la stagione degli amori: e la femmina non avrà più otto cuccioli laddove il cibo è abbondante, come succede nelle aree vergini da questo punto di vista e protette, ma ne avrà due o nessuno. Quindi in qualche modo la catena alimentare cambia e si raggiunge un equilibrio. Nessuno vuole che una specie scompaia, ogni specie ha il suo ruolo in questo circuito e in questa regolazione naturale tra le specie e lequilibrio di cui parlavamo, ma quello che conta è il numero in cui queste specie sono presenti, il numero degli individui. E allora ci sarà un contenimento della popolazione di sciacalli”.



    Secondo la direzione del Parco Nazionale, il lupo è lunica soluzione per tenere sotto controllo i branchi di sciacalli che hanno causato danni alle comunità nellarea dei Monti Măcin. Il direttore Viorel Roşca afferma che in molte zone dEuropa è stato dimostrato che dove sono stati uccisi sei esemplari di sciacallo, ne sono apparsi altri 12, perché ci sono condizioni alimentari favorevoli e non hanno concorrenti. Quindi la caccia non risolve il problema. Lo sciacallo dorato è un misto tra lupo e volpe, di taglia medio-piccola, con una lunghezza del corpo fino a un metro e un peso di 10 kg. Secondo il sito “Untamed Romania”, si nutre di conigli, roditori, cerbiatti, uccelli e le loro uova, rane, pesci, lucertole, serpenti e insetti. In Bulgaria e Romania è un frequente predatore dei greggi di pecore.