Category: Terra Verde

  • Le foreste vergini della Romania

    Le foreste vergini della Romania

    Le foreste vergini sono gli ultimi ecosistemi forestali in cui la natura sopravvive nella sua forma pura, senza essere significativamente influenzata dallintervento umano. Se nel resto dEuropa sono quasi andate perdute, in Romania si contano ancora circa 250 mila ettari di foreste vergini. Dal 2015 sono tutelate dalla legge, in quanto iscritte nel Catalogo delle foreste vergini e quasi vergini. Nella foresta vergine, gli alberi muoiono di vecchiaia, cadono, si spezzano o si seccano, e il legno morto rimane lì, alimentando lecosistema per le generazioni future. Nella foresta vergine vivono alberi di tutte le età, dal seme appena germogliato a quelli che hanno raggiunto il limite fisiologico, come una comunità: bambini, genitori e anziani che si sostengono a vicenda, vivendo una vita armoniosa e sana, si legge sul sito web dellorganizzazione ambientalista WWF Romania.



    Sotto le corone dei giganti da più di 500 anni convivono più di 10.000 specie, da organismi unicellulari, funghi, piante, insetti a grandi animali come cinghiali, cervi, capre nere, lupi, linci e orsi bruni. Se la foresta vergine scompare, si perde unevoluzione naturale di migliaia di anni. Essa rappresenta sia una lezione vivente conservata in veri e propri laboratori della natura, sia una parte dellidentità culturale delle comunità locali. Radu Melu, direttore nazionale del dipartimento forestale del WWF Romania, ci ha parlato dellimportanza di queste foreste. “Sono importanti da diversi punti di vista. Se dovessimo parlare dal punto di vista della biodiversità, queste foreste sono importanti perché in esse ci sono quelle categorie di specie che hanno bisogno di pace, alberi molto vecchi, molto legno morto, praticamente quelle categorie di specie che vivono meglio quando luomo non interviene nella foresta. Se abbiamo un paesaggio vasto, molto vasto, in cui abbiamo sia bosco coltivato, che bosco da cui si estrae il legno, ma da qualche parte abbiamo anche qualche appezzamento di bosco quasi vergine dove non siamo intervenuti e abbiamo lasciato che la natura si evolvesse da sola, allora abbiamo la possibilità di avere lintera gamma della biodiversità in quella zona. Quindi è lapporto di biodiversità che porta qualcosa in più.



    Queste foreste hanno qualcosa di più delle foreste coltivate. In altre parole, queste foreste si evolvono senza intervento umano. Prarticamente vediamo come la natura si evolverebbe, abbiamo la possibilità di vedere come la natura pensa di evolversi ulteriormente, se volete, anche nelle condizioni del cambiamento climatico. Poiché il nostro pianeta ha già affrontato cambiamenti climatici anche nel passato, la natura ha trovato il modo di sopravviverci. Ad esempio, il faggio non era una specie dominante prima dellultima glaciazione. Dopo lultima glaciazione il faggio si è evoluto molto bene, diventando una specie dominante in Europa. È così che la natura ha trovato la soluzione per riforestare e ripristinare la vegetazione. Bene, ora lo chiediamo di nuovo alla natura, ma non possiamo chiederlo alla natura in una foresta coltivata o con specie esotiche. Glielo chiediamo in foreste naturali, in foreste che hanno unevoluzione che luomo non ha disturbato, e osserviamo in quale direzione si evolve e la possiamo imitare anche noi nelle foreste coltivate”.



    Per essere protette dalla legge, le foreste vergini della Romania devono essere inserite in un apposito catalogo, un processo per niente semplice, ma che vale la pena. Il catalogo delle foreste vergini e semivergini è un progetto avviato e sostenuto costantemente dal WWF, funziona ed è apprezzato dalle autorità internazionali. Radu Melu ci ha parlato di questo strumento ufficiale di protezione forestale. “Il catalogo è in realtà una base dati dove si possono trovare tutte le foreste che sono state identificate come foreste vergini o quasi vergini sul territorio del nostro Paese. In questo catalogo includiamo praticamente le parcelle di foresta e sottoparcelle – perché la foresta in Romania è suddivisa in queste unità di gestione di base chiamate parcelle forestali – e possono essere identificate molto facilmente. Si sa esattamente in quale zona, in quale provincia si trovano questi appezzamenti e si ritrovano nel Catalogo nazionale delle superfici, con tutti i dettagli, in modo che una volta fatta una nuova sistemazione, un nuovo piano in cui si stabilisce dove, cosa e quanto si può tagliare, si evitano queste superfici. I tagli non sono più raccomandati lì e le rispettive superfici rimangono così protette per sempre, poiché la legge non consente più ai progettisti stabilire opere, tagli o altri interventi nella rispettiva area che influirebbero sullevoluzione naturale di queste foreste.”



    Il Ministero dellAmbiente, delle Acque e delle Foreste aggiorna regolarmente questo catalogo, che ora comprende più di 71.000 ettari di foreste vergini e semivergini. Il processo continua, ma è necessario un maggiore coinvolgimento da parte degli interessati: amministratori forestali e di aree protette, istituzioni educative o di ricerca, organizzazioni non governative…




  • I cambiamenti climatici colpiscono anche la Romania

    I cambiamenti climatici colpiscono anche la Romania

    Il clima si sta riscaldando anche in Romania, al passo
    con il cambiamento climatico globale. Il 2022 è stato il terzo anno più caldo
    nella storia delle misurazioni meteorologiche romene, la temperatura media è
    stata di 11,77 gradi Centigradi e la deviazione termica di 1,55 gradi rispetto
    alla media del periodo 1981-2010. Lo rileva un’analisi dell’Amministrazione
    meteorologica nazionale. Inoltre, i cinque anni più caldi dal 1900 al 2022 sono
    stati: il 2019, il 2020, il 2022, il 2015 e il 2007, e il periodo dal 2012 al
    2022 rappresenta il periodo di 11 anni consecutivi più caldi, un fatto che
    ovviamente conferma la tendenza al rialzo delle temperature anche nel nostro
    paese. Inoltre, questo mese si e’ registrata la giornata di gennaio più calda
    della storia, con 22,5 gradi nel sud del Paese. Questa statistica
    dimostra quello che tutti sentiamo da molti anni, che il cambiamento climatico
    minaccia e colpisce l’intero pianeta, non possiamo più parlare di un problema locale
    o di un problema nazionale, afferma il ministro dell’Ambiente, Tanczos Barna.
    Della stessa opinione la climatologa Roxana Bojariu, alla quale abbiamo chiesto
    come spiegare questo prematuro cambiamento del tempo in Romania.


    Non è arrivato all’improvviso, è da tempo che
    avvertiamo il riscaldamento globale, ma si sta accelerando, si è accelerato
    negli ultimi anni e, purtroppo, sta continuando questo processo di
    accelerazione con l’accumulo di gas serra nell’atmosfera. E in Romania sentiamo
    questa accelerazione. E anche se abbiamo avuto inverni miti o episodi con
    temperature elevate nella stagione fredda, i record di quest’anno sono molto
    fuori dal normale, e non solo in Romania, in tutta Europa. E se ci sono stati
    episodi con temperature più basse nell’emisfero nord, se facciamo il bilancio
    nell’intero emisfero, le temperature risultano sempre troppo alte, il che
    conferma ancora una volta questo riscaldamento globale accelerato, con questi
    episodi di temperature elevate, non solo in inverno. Vi ricordo che la scorsa
    estate, l’estate del 2022, è stata l’estate più calda mai registrata in Europa
    e abbiamo avuto una siccità unica negli ultimi 500 anni in Europa.


    C’è
    stata siccità anche in Romania, e il ministro dell’Ambiente assicura di avere
    le risorse necessarie per combattere i cambiamenti climatici. Il ministro ha
    spiegato che, attraverso la componente Foreste e protezione della biodiversità
    del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, esiste un budget totale di quasi
    1,2 miliardi di euro con cui è possibile aumentare l’area forestale. Tanczos
    Barna sottolinea che le foreste sono le più resistenti agli effetti del
    cambiamento climatico, possono combattere al meglio questi eventi meteorologici
    e contribuire alla regolazione del clima. Il ministro ha ricordato che, lo
    scorso autunno, è stata adottata la Strategia forestale nazionale, che
    stabilisce norme obbligatorie per l’imboschimento e il rimboschimento e per le
    foreste e le aree con vegetazione forestale nelle zone vulnerabili ai
    cambiamenti climatici. Inoltre, i proprietari di foreste e terreni sono
    ora incoraggiati e stimolati affinché le aree di loro proprietà siano
    conservate e sfruttate al loro vero potenziale. Ricevono 456 euro/anno/ha, per
    20 anni, per la trasformazione di questi terreni in foreste. Con un premio annuale stimoliamo la trasformazione di
    quanti più terreni possibile in future foreste, ha spiegato Tanczos Barna.
    Cosa aspettarsi in futuro dal punto di vista climatico in Romania, ci dice
    Roxana Bojariu.


    Non ci fermiamo affatto allo stato attuale, anche nello
    scenario ottimistico che riusciremo a limitare l’aumento della temperatura media
    globale a 1,5 gradi centigradi, secondo l’Accordo di Parigi, continueremo ad
    avere un aumento della temperatura. Solo che non saranno così
    grandi come quegli aumenti di temperatura nello scenario in cui le emissioni
    continuerebbero a salire indefinitamente. E ovviamente questo significa non
    solo un riscaldamento uniforme nello spazio e nel tempo, ma anche fenomeni estremi,
    come abbiamo già iniziato ad avere. Questi fenomeni estremi continueranno a farsi
    sentire anche in Romania, anche nello scenario ottimistico, ma saranno tanto
    più gravi quanto più forti saranno le emissioni a livello globale e maggiore
    sarà la concentrazione di gas serra. Ogni decimo di grado in piu’ nella
    temperatura media globale è accompagnato da un maggior grado di severità delle
    ondate di calore. In Romania avremo ondate di calore più intense, più frequenti
    e più persistenti. E queste ondate di caldo, purtroppo, favoriranno gli
    incendi di vegetazione anche in Romania, anche se non all’altezza di quelli dei
    Paesi che si affacciano sul Mediterraneo: quelli in Grecia, nel sud della
    Francia, e anche in Portogallo.


    Le statistiche degli allarmi meteorologici del periodo
    2017 – 2022 in Romania evidenziano l’intensità, la frequenza e l’espansione
    dell’area dei fenomeni pericolosi con un impatto sull’attività socio-economica.
    Nel 2022, sono state emesse in totale 130 allerte meteo generali, di cui cinque
    in codice rosso. Le allerte di nowcasting sono state quasi 3 mila, di cui 95 in
    Codice Rosso. Allo stesso tempo, la siccità pedologica dell’annata
    agraria 2021-2022 è stata di lunga durata, intensificandosi di mese in mese e
    allargandosi progressivamente in tutte le aree agricole del Paese.

  • La conservazione degli insetti saproxilici nei Monti Carpazi

    La conservazione degli insetti saproxilici nei Monti Carpazi

    I Monti Carpazi sono tra i più importanti centri di biodiversità in Europa, per lelevato grado di rimboschimento e la presenza di importanti aree con alberi secolari. La silvicoltura praticata in passato in Romania, purtroppo, non ha sempre avuto la biodiversità come obiettivo centrale della gestione del fondo forestale. Spesso gli alberi secolari o gli alberi maturi danneggiati venivano raccolti in modo selettivo, risultando appezzamenti forestali con strutture e composizioni prive di eterogeneità. In alcune aree, tali pratiche hanno portato alla conservazione di un numero molto ridotto di alberi secolari e di quantità ridotte di legno morto, mettendo in pericolo gli habitat delle specie di coleotteri saproxilici protetti dalla Direttiva Habitat, scrive lassociazione LIFE ROSalia sul suo sito web. Tali specie erano in passato considerate infestanti biotici e si provvedeva a ridurre la quantità di legno morto attraverso opere di igiene, compresa la raccolta di alberi secchi o quasi secchi, spezzati o colonizzati da insetti saproxilici. In passato, in alcune situazioni, venivano applicati anche trattamenti insetticidi, che riducevano anche la diversità degli organismi utili alla resilienza forestale.



    Attualmente le cose stanno gradualmente iniziando a cambiare. Ecco cosa ci racconta Silviu Chiriac, responsabile del progetto “Conservazione degli insetti saproxilici nei Carpazi”, sullimportanza di questi coleotteri. “I cinque insetti di cui ci siamo proposti di occuparci: il servo volante, il cerambice di faggio, il cerambice della quercia, il cerambice funereo e abbiamo anche uno più raro, che si chiama scarabeo eremita, sono tutti dipendenti dalla presenza del legno. Che fanno questi insetti e perché sono molto importanti per la natura? Decompongono il legno. O meglio, entrando in relazione diretta con quegli alberi che sono vicini alla morte, decompongono molto velocemente legno e quel legno entra molto più velocemente nel ciclo naturale della foresta. Senza questi organismi saproxilici, perché gli organismi saproxilici sono anche funghi (ci sono anche molte altre specie che troviamo nella natura), il legno non potrebbe decomporsi e quegli alberi morti rimarrebbero per molto tempo in quello stato nella foresta. Questi insetti che aiutano alla decomposizione del legno sono una specie di sanitari, una specie di organismi che svolgono un ruolo molto, molto importante nella natura, reintegrando la materia nel circuito naturale.”



    Un mondo fantastico dispiega silenziosamente le sue forze sotto la cupola delle foreste secolari. Qui ogni essere ha il suo ruolo ben definito, e gli insetti fanno parte di questa incredibile biodiversità. Senza di loro, gli ecosistemi subirebbero cambiamenti drammatici. Sono, quindi, necessarie misure di conservazione, spiega Silviu Chiriac. “Abbiamo notato, fin dallinizio, quando abbiamo chiesto questo finanziamento alla Commissione Europea, per il programma Life / Natura, che le nostre foreste essendo sane, in esse mancano gli alberi secolari, gli alberi molto grandi che hanno al loro interno molte cavità o hanno molti elementi caratteristici degli alberi marci e poi, essendo questi insetti dipendenti dalla presenza del legno morto e di queste cavità, abbiamo provato a giocare un po con il tempo e abbiamo considerato che in alcuni alberi possiamo creare noi tutti i tipi di microhabitat, microcavità in cui questi coleotteri possano depositare molto velocemente le loro uova e in pochi anni si trasformino in quello spazio di cui hanno bisogno gli insetti. O per esempio per lo scarabeo eremita – che dipende molto dalle grandi cavità degli alberi ricche di segatura, segatura rossa come la chiamiamo noi. E nelle nostre foreste mancando quegli alberi con molte cavità, abbiamo pensato che sarebbe stato molto utile se avessimo fatto delle cavità-surrogato. E allora abiamo costruito una specie di scatole in legno di faggio e quercia, che abbiamo riempito con un materiale vegetale composto da foglie morte, segatura, farine proteiche… E abbiamo attaccato le scatole agli alberi a 4 metri di altezza in modo che non vengano abbattute dagli orsi. Tra qualche anno, quelle cassette, quelle cavità-surrogato attaccate agli alberi, saranno definitivamente colonizzate da questi insetti”.



    Il progetto sviluppato nei Monti di Vrancea non ha solo valenze ambientali locali, ma anche scientifiche. “Abbiamo ritenuto molto importante capire quali abitudini hanno questi insetti, perché i dati nella letteratura scientifica mancano o sono molto scarsi. È molto importante capire su quali distanze, ad esempio, si muovono questi insetti tra gli alberi che sono già colonizzati. E allora, per la prima volta in questa parte dEuropa, abbiamo acquisito dei trasmettitori di segnali radio che pesano solo 0,15 grammi. Abbiamo dotato molti esemplari di questi trasmettitori radio e li abbiamo seguiti durante lestate per vedere dove vanno, quali abitudini hanno, da quali micro-habitat dipendono. Raccoglieremo queste informazioni per 4 anni, poi nel 2025 produrremo un piano dazione nazionale per la conservazione di queste specie su tutta la superficie della Romania. In pratica, le esperienze che acquisiremo qui, lavorando con queste 5 specie nei Monti Carpazi, cercheremo di estrapolarle e implementarle in altri siti “Natura 2000″ o aree protette in cui sono presenti questi insetti, ma hanno ancora bisogno di alcune attività per essere mantenute in futuro”, ci ha detto Silviu Chiriac.



    Il progetto è realizzato in collaborazione con lUniversità di Bucarest, attraverso il Centro per la ricerca ambientale e studi sullimpatto, lEnte nazionale delle foreste – Romsilva, lEnte del Parco Naturale Putna – Vrancea e lAssociazione per la conservazione della diversità biologica.




  • Progetti ambientali per la capitale romena Bucarest

    Progetti ambientali per la capitale romena Bucarest

    La Piattaforma per lAmbiente della capitale romena Bucarest ha recentemente annunciato il sostegno a tre progetti per il secondo anno consecutivo e il finanziamento di quattro nuovi, che prevedono laumento della qualità degli spazi verdi della città. I promotori descrivono Bucarest come una città soffocata dalla mancanza di verde e scollegata dalla natura, il che contribuisce allinquinamento, allo stress, allaumento delle temperature, allo spazio limitato per la ricreazione e lo sport. Ecco perché gli spazi verdi urbani aperti alla comunità sono una priorità per il prossimo anno e sono il tema principale del secondo round di finanziamenti. Uno dei progetti riguarda laria nella capitale della Romania, e le ragioni della promozione di simili progetti sono presentate da Alexandru Oprița – coordinatore della Piattaforma per lAmbiente della capitale romena Bucarest.



    “Per quanto riguarda la qualità dellaria, prima di iniziare a lavorare sulla piattaforma, abbiamo lanciato un rapporto di ricerca sullo stato dellambiente a Bucarest, un rapporto che ci mostra ciò che già sapevamo: la qualità dellaria in città non è buona e le fonti dellinquinamento, la maggior parte di esse, sono legate allattività umana – sia che si parli di traffico, sia che si parli di gestione dei rifiuti, sia che si parli di scarsa qualità degli spazi verdi. Innanzittutto dobbiamo chiderci in che tipo di città vogliamo vivere, perché in qualche modo siamo arrivati ​​a un punto, universalmente valido, non solo per Bucarest, in cui il benessere economico non basta più. Abbiamo bisogno di vivere in un ambiente migliore, e il nostro impatto sulla lambiente è molto grande. Il 21° secolo arriva con due grandi cambiamenti di mentalità che dobbiamo fare se vogliamo avere un tenore di vita migliore. Il primo è il modo in cui ci relazioniamo con la natura. Dobbiamo imparare a non lavorare più contro la natura, ma con essa. E il secondo è correlato al modo in cui facciamo le cose. Dobbiamo imparare a pensare alle cose non solo da un punto di vista individuale, ma soprattutto per la comunità, per iniziare a farle insieme, per iniziare a dare priorità ai beni comuni, perché non importa quanto bene vadano le cose per noi, per ognuno di noi, a casa nostra, quando usciamo per strada respiriamo tutti la stessa aria, tutti ci imbattiamo nel traffico, tutti ci imbattiamo in congestioni e spazi pubblici di una qualità che non ci piace.”



    Alexandru Oprița, coordinatore della Piattaforma per lAmbiente della capitale romena Bucarest, ci ha presentato anche le modalità di sviluppo del progetto. “Per quanto riguarda il progetto che stiamo finanziando sulla qualità dellaria, si chiama aerlive.ro ed è un progetto realizzato dallassociazione Ecopolis. Quello che abbiamo capito, o meglio quello che hanno capito loro, è che prima di elaborare politiche pubbliche per migliorare la qualità dellaria, dobbiamo disporre di dati trasparenti per vedere quali componenti del nostro comportamento influiscono maggiormente sulla qualità dellaria. Di seguito, loro hanno creato una rete indipendente di monitoraggio della qualità, proprio perché la rete pubblica non è abbastanza trasparente e i dati possono in qualche modo essere messi in discussione. E attraverso il progetto finanziato da noi questa rete è stata ampliata con altri 20 sensori. E questa espansione continuerà. Inoltre, parte delle comunità di Bucarest e intorno a Bucarest, tre comunità, hanno scritto insieme allassociazione Ecopolis una serie di politiche pubbliche per migliorare la qualità dellaria”.



    La Piattaforma per lAmbiente della capitale romena Bucarest riunisce organizzazioni senza scopo di lucro, gruppi di iniziativa civica, autorità pubbliche e aziende per creare limpatto collettivo necessario per trasformare la capitale della Romania in una città in cui gli abitanti vivano una vita sana e si sentano bene. Lo sviluppo dello spirito civico è quindi una componente particolarmente importante. Ecco cosa ci ha spiegato Alexandru Opriţa. “Attraverso la piattaforma ambientale abbiamo deciso di cambiare un po lapproccio, di iniziare a lavorare, per creare una comunità ambientale che includa sia la società civile, che la pubblica amministrazione e le aziende, cosicchè possiamo cambiare questa cultura della collaborazione. Infatti, il più delle volte, manca la fiducia. Noi, nella società civile, abbiamo imparato a fare advocacy, come opporci a certe azioni della pubblica amministrazione. La pubblica amministrazione ha imparato a difendersi, quello che ci manca è imparare a costruire insieme. Perché i problemi ambientali di Bucarest sono così complessi e quello che constatiamo è che è necessario un approccio strategico, a cui tutte le parti contribuiscano in ugual misura. Dobbiamo imparare a smettere di sabotarci a vicenda, imparare a basare le nostre politiche pubbliche sul dialogo e trovare quella ricetta per lassunzione congiunta di alcuni obiettivi, in modo che alla fine non sempre abbattiamo ciò che costruisce laltro. Dobbiamo cercare di non partire sempre da zero, di imparare in qualche modo a costruire sulle fondamenta poste dallaltro. È chiaro che se parliamo di qualità dellaria, ci sono cose che possono fare le pubbliche amministrazioni, ma ci sono anche cose che possono fare i cittadini. Anche la decisione di rinunciare allauto o di usarla un giorno si, un altro no è una decisione personale dei cittadini, ma per questo servono dati, servono consapevolezza e alternative. Allo stesso tempo, possiamo porre nello stesso modo il problema degli spazi verdi della capitale. Spesso vediamo che mancano in alcune aree – i residenti di certi quartieri non hanno accesso a uno spazio verde – e in altre aree, dove ce ne sono, sono molto mal tenute”.



    Nei suoi 11 anni di esistenza, la Fondazione Comunitaria Bucarest ha finanziato più di 700 progetti e ha concesso sovvenzioni per un valore totale di quasi 4 milioni di euro. Essa fa parte di una rete nazionale, insieme ad altre 18 simili organizzazioni in Romania.




  • “Dalle acque inquinate alle acque pulite – a Mahmudia nel Delta del Danubio”

    “Dalle acque inquinate alle acque pulite – a Mahmudia nel Delta del Danubio”

    Nel 2016, a Mahmudia (Carasuhat) è stato
    completato il primo progetto di ricostruzione ecologica nel Delta del Danubio. I
    suoi promotori sono stati i rappresentanti della comunità locale, del Consiglio
    Locale di Mahmudia, dell’Amministrazione della Riserva della Biosfera del Delta
    del Danubio e del WWF – Romania. Il finanziamento è stato assicurato da fondi
    europei. Quasi mille ettari di campi coltivati sono stati reintegrati
    nell’ambiente naturale della zona. La sistemazione per le colture agrarie di
    Carasuhat è stata realizzata negli anni 1985-1989, ma i lavori di
    costruzione-montaggio sono stati interrotti nel 1990. Di conseguenza la
    sistemazione non ha funzionato nemmeno al 70% per lo scopo per cui era stata
    realizzata, ma la superficie di terreno non è stata ripristinata al regime
    naturale precedente. I lavori di bonifica effettuati hanno portato,
    tuttavia, alla scomparsa degli ecosistemi naturali e alla loro trasformazione
    in ecosistemi antropici. Attualmente
    concesso parzialmente in concessione, il sito è coltivato, ma un’area di 924
    ettari, di proprietà del comune di Mahmudia, è utilizzata come pascolo
    comunale. Questa non era di interesse conservativo, quindi si prestava molto
    bene alla ricostruzione ecologica. L’organizzazione ambientale WWF Romania si è
    impegnata a monitorare l’area, per vedere gli effetti del suo ripristino allo
    stato naturale.


    L’ultima ispezione è stata fatta quest’anno e Camelia
    Ionescu, responsabile del dipartimento di acqua dolce, ci dice quali sono stati
    i risultati. Volevamo vedere cosa succede dopo un progetto di questa
    natura, sostanzialmente la trasformazione da campo agricolo in zona umida, in
    area naturale. Vedere come la natura ritorna e come ne beneficiano le persone,
    la comunità della zona. I risultati sono molto gratificanti. Dal punto di vista della biodiversità,
    cosa è successo lì, a Carasuhat, nell’area ricostruita di circa 1000 ettari, è
    stato meraviglioso. Praticamente, dopo che il terreno è stato allagato,
    riempito d’acqua, in qualche mese abbiamo visto arrivarci tantissimi uccelli. Ad
    aprile la zona è stata collegata al braccio del Danubio Sfantu Gheorghe e a
    giugno, quando ci sono andata per il primo monitoraggio, la zona era piena di
    uccelli. Dopo 6 anni le cose sono andate ancor meglio, come potete immaginare.
    Al nostro ultimo monitoraggio abbiamo contato fino a 7000 uccelli di varie
    specie – circa 55 specie in un’unica visita, quest’estate. Oltre agli uccelli,
    volevamo anche capire come è stato percepito questo lavoro dai residenti di
    Mahmudia, perché anche se l’obiettivo principale del progetto era quello di
    migliorare le condizioni per le specie, per gli habitat protetti, abbiamo
    condotto uno studio per vedere quale sia l’impressione dei residenti. Abbiamo
    scoperto che circa il 60% di loro ritiene che le attività economiche e
    soprattutto il turismo siano aumentate e ciò è dovuto anche a questi lavori di
    ricostruzione. Praticamente, ci arrivano più turisti e loro hanno l’opportunità
    di mostrare ai turisti il Delta molto più vicino alla loro casa, da dove
    alloggiano. E questo è davvero gratificante e in qualche modo ci fa sperare che
    incoraggerà anche il futuro sviluppo e la realizzazione di simili progetti nel
    Delta.


    Questo approccio è una proposta alternativa allo
    sviluppo locale, da un lato per il ripristino delle zone umide, il
    miglioramento della qualità dell’acqua, la conservazione o la mitigazione delle
    onde di piena, e dall’altro offre possibilità alle comunità locali di
    sviluppare l’ecoturismo, le attività di pesca e agricole tradizionali. Camelia Ionescu ci
    parla anche di altri possibili simili progetti. Prima della rivoluzione,
    il 30% del Delta era stato trasformato in campo coltivato e ci sono aree
    agricole molto grandi che appaiono come una ferita sulla mappa del Delta. Quelle
    aree possono chiaramente essere restituite, o parzialmente restituite, alla
    natura, oppure possono essere pensati in modo tale da favorire la produzione di
    pesce, che manca e la gente del Delta, i turisti, i pescatori ricordano ogni
    volta che non c’è più pesce come una volta. Fondamentalmente queste aree che
    sono agricole, dove si pratica l’agricoltura classica, possono essere
    utilizzate per la produzione di pesce. Purtroppo ci sono state alcune decisioni
    nel Delta negli ultimi anni, e parlo proprio degli ex allevamenti ittici, di
    trasformare circa 5500 ettari di allevamenti ittici in terreni agricoli, quindi
    sostanzialmente dalla produzione di pesce si giunge a varie colture agricole,
    cosa non normale per il Delta.


    I lavori di ricostruzione sono stati progettati
    per aiutare al ripristino dei processi naturali e delle condizioni di sviluppo
    di habitat che supportano la riproduzione naturale dei pesci, la crescita dei
    canneti, delle foreste e il miglioramento delle pianure alluvionali. Anche se
    l’obiettivo principale del progetto è migliorare la biodiversità, in definitiva
    questa diversità biologica è il motivo per cui gli abitanti e i turisti hanno
    pesce nei loro piatti. Per questi motivi, gli sforzi per ricostruire le zone umide
    devono continuare sia nel Delta del Danubio che a monte, lungo il Basso
    Danubio, ha affermato Cristian Tetelea, specialista in lavori di
    ricostruzione ecologica presso WWF-Romania.

  • La Contrada di Buzău – Geoparco Mondiale dell’UNESCO

    La Contrada di Buzău – Geoparco Mondiale dell’UNESCO

    La Contrada di Buzău, nel sud-est della Romania, ha ottenuto ufficialmente il titolo di Geoparco Mondiale dell’UNESCO, ed è riconosciuta come territorio con valori naturali e culturali d’importanza globale. La Contrada di Buzău diventa, così, il secondo geoparco in Romania inserito nella Rete Mondiale dei Geoparchi (GGN), dopo la Contrada di Haţeg (ovest). Il territorio rurale della zona submontana della provincia di Buzău, ricadente nel geoparco, ha oltre mille km quadri e una popolazione di oltre 40.000 abitanti. I vulcanelli di fango, le cupole di sale, i fuochi vivi, le trovant di Ulmet (rocce di sabbia cementata), gli insediamenti rupestri e l’ambra di Colţi sono tra le più gettonate attrattive della zona. Il titolo di Geoparco Mondiale dell’UNESCO riconosce la Contrada di Buzău come zona che compie sforzi importanti per lo sviluppo educativo, economico e socio-culturale delle comunità, e, in contemporanea, per la tutela e lo sviluppo dell’ambiente circostante.



    Il Geoparco non è un’area protetta. È importante menzionarlo. È un’area di sviluppo sostenibile, il che vuol dire che noi non imponiamo restrizioni nemmeno dal punto di vista ambientale. Noi proteggiamo le attrattive d’interesse per i visitatori. Ciò che facciamo, invece, e ciò che faremo adesso ancora di più, è lavorare sulla mentalità. Lavoriamo insieme alle persone affinchè loro capiscano, praticamente anche con risultati concreti, perchè è necessario proteggere l’ambiente: perchè, proteggendolo, noi, in realtà, lo usiamo. E posso fare un esempio molto chiaro: abbiamo, diciamo, in un certo posto una pietra che contiene fossili molto interessanti. Può venire chiunque con un martello a spaccarla e vendere pezzi di quei fossili fino a quando non ne resta più niente. Oppure possiamo proteggere quella pietra, raccontare la sua storia, la storia degli abitanti su quella pietra, la storia della Terra rivelata dalla formazione di quella pietra e avere cosi’ in quel posto un circuito turistico e abitanti che possono essere ciceroni e agriturismi e via dicendo. Cerchiamo di integrare il patrimonio naturale e l’ambiente in questo circuito educativo economico e sociale. È un altro modo di rivitalizzare le comunità. Ci aspettiamo che adesso queste cose succedano molto di più e a un altro livello, perchè oltre agli sforzi che noi facciamo assieme alle autorità e con i nostri partner, ci è stato assegnato anche questo titolo Unesco e questa responsabilità che credo ci farà guardare le cose diversamente, ci ha raccontato Răzvan-Gabriel Popa, manager del geoparco.



    La Contrada di Buzău godrà della promozione da parte dell’UNESCO anche attraverso la Rete Europea e Globale dei Geoparchi, e il nuovo status attirerà turisti e sarà un argomento per convincere gli investitori a investire nel turismo alternativo, nell’agriturismo, nel turismo culturale e di avventura. Inoltre, questo status attirerà anche finanziamenti e investimenti in tanti altri settori e sarà un’occasione di rinascita economica e sociale per il territorio. Cosa segue, concretamente, ci spiega sempre Răzvan-Gabriel Popa, che è anche direttore dell’Associazione « La Contrada di Buzău ». A breve e medio termine, l’Associazione la Contrada di Buzău continua il processo di sviluppo e management della zona assieme ai suoi partner, con il Consiglio Provinciale, con i Comuni, con l’Università di Bucarest. Puntiamo su più azioni concrete. Proprio quest’anno, ad esempio, faremo almeno una stazione di riciclaggio della plastica. Il piano è di avere 5 stazioni di riciclaggio sull’intero territorio. Gli abitanti porteranno la plastica al punto di raccolta locale, dove sarà riutilizzata per fare vari oggetti, come pettini, vasi di fiori, secchi, mollette – tante cose. Praticamente, trasformiamo la plastica da rifiuto in risorsa locale circolare. Intendiamo, poi, allestire più percorsi cicloturistici e per l’hiking. Abbiamo iniziato a farlo sin dall’anno scorso. Si tratta di percorsi nella natura che portano i turisti verso zone di belvedere, da dove si possono osservare gli animali selvaggi. La Contrada di Buzău vanta le zone più selvagge in Romania, la flora e la fauna sono molto ricche. I percorsi porteranno i visitatori anche alla scoperta di attrattive naturali e culturali. Continuerà anche il processo di designazione e tutela delle zone importanti. Noi desgniamo, assieme ai Comuni, le aree prottete d’interesse locale. L’anno scorso, ad esempio, abbiamo designato area protteta d’interesse locale i vulcanelli di fango di Beciu, uno dei più bei siti con vulcanelli di fango in Romania e forse il meno noto. Proteggiamo queste zone e realizziamo piccoli lavori per reintegrarle nel circuito turistico, economico ed educativo. Continueremo a farlo, come continueremo anche i progetti educativi con le scuole, con i bambini, i laboratori di scienze naturali. Quest’anno realizzeremo il più probabilmente il quarto simile laboratorio. »



    Sulla lista dei Geoparchi UNESCO si trovano 177 territori di 46 Paesi, i cui siti e paesaggi di valore internazionale sono gestiti tramite un approccio integrato, che include lo sviluppo turistico, l’educazione e la conservazione del patrimonio naturale e culturale.




  • Razze romene di cani da pastore

    Razze romene di cani da pastore

    Nel passato, gli uomini e gli animali selvatici hanno popolato gli stessi territori, in un equilibrio naturale. Per proteggersi, ma anche per proteggere gli animali domestici, gli abitanti delle zone montane hanno ricorso lungo il tempo anche allallevamento di cani da pastore, capaci di mettere in fuga persino lupi e orsi. Sono state create così 4 razze romene di cane da pastore. Il principale obiettivo nelladoperare queste razze ai nostri giorni è di tenere lontani gli animali selvatici che mettono in pericolo le malghe e le masserie, al posto delle misure radicali. Un tentativo di convivenza uomo – natura secondo metodi antichi, con lo scopo di salvaguardare nellattuale contesto economico e sociale, la ricca fauna dei Monti Carpazi. La Fondazione ambientale Conservation Carpathia ha un programma con cui offre gratuitamente cuccioli di Cane da pastore romeno dei Carpazi agli allevatori di ovini che usano i pascoli dei Monti Făgăraș. I cuccioli vengono allevati presso la Fattoria di Biodiversità Cobor. I cani di questa razza autoctona sono stati accanto ai pastori romeni sin dai tempi più antichi. Ecco cosa ci ha raccontato Adrian Aldea – biologo esperto nel management della fauna. “Affinchè la fauna selvatica sia accettata dalle comunità locali, dobbiamo assicurarci di mantenere i conflitti tra luomo e lanimale selvatico a un livello ragionevole. I carnivori possono uccidere animali domestici, i cinghiali possono invadere i pascoli alla ricerca di cibo, e noi come responsabili per il management della fauna nei fondi cinegetici di cui ci occupiamo dobbiamo assicurarci di evitare questi problemi quanto più a lungo possibile. Come priorità dobbiamo evitare i conflitti sin dallinizio e per questo motivo abbiamo iniziato questo programma di allevamento e donazione di cuccioli di Cane da pastore romeno dei Carpazi, una razza molto efficiente nel proteggere i greggi. Perchè il Cane da pastore romeno dei Carpazi? Innanzittutto perchè è una razza che ci rappresenta, una razza specifica delle montagne della Romania, che negli ultimi anni tende a essere rimpiazzata da razze ibride o meno efficienti nella lotta agli animali selvatici e che sono, invece, più aggressive con luomo. Il Cane da pastore romeno dei Carpazi è una razza equilibrata che sa agire nelle montagne.”



    I pastori che ricevono un Cane da pastore romeno dei Carpazi nellambito del programma CARPATHIA ne diventano proprietari entro un anno, se rispettano i requisiti obbligatori di cura adeguata: trattamento decente, cibo adeguato e i trattamenti veterinari necessari. Dal 2019 ad oggi, la fondazione ha donato 46 cani. In Romania ci sono 4 razze autoctone, tutte di cane da pastore utilizzate per la protezione dei greggi: il Cane da pastore Mioritico, il Cane da pastore dei Carpazi, il Cane da pastore della Bucovina e il Cane da pastore Corb. Di queste razze ci parla stasera Petru Muntean, portavoce dellAssociazione Cinofila Romena. “Il romeno non può vivere senza un cane, nè nelle malghe, nè nelle masserie delle zone rurali, vista la situazione con cui ci siamo confrontati negli ultimi anni – laumento della popolazione di orsi e lupi. I pastori non possono svolgere la loro attività e non possono assicurare la sicurezza dei greggi senza i cani. A seconda del linguaggio specialistico, 2 delle 4 razze tipiche romene di cane da pastore appartengono al primo gruppo FCI, in cui ricadono i cani da pastore, mentre le due razze più grandi, più massicce, il Cane da pastore della Bucovina e il Cane da pastore Corb ricadono in una sezione del secondo gruppo, dedicato ai cani da guardia e difesa – molossoidi, quindi di taglia grande. La differenza tra di loro è visibile nellaspetto corporeo – la testa è diversa. Nel caso dei Cani da pastore Mioritico e dei Carpazi la testa è piuttosto lupoide, più leggera, più allungata, mentre le altre due razze hanno la testa più solida, più grande e ricordano moltissimo del Mastino Tibetano, del San Bernardo – noti probabilmente a molta gente. Sono, quindi, cani più forti, più imponenti e massicci.”



    Qual è il denominatore comune di tutti questi cani da pastore: la loro eccezionale capacità di proteggere i greggi. È un loro istinto naturale, quello di essere ottime guardie e protettori delluomo e delle masserie. La fauna di questa zona ha portato alla necessità di allevare queste razze per utilizzarle come guardie di fiducia. Sono molto cauti con gli stranieri e difendono benissimo il territorio, ma, in modo sorprendente, nel momento in cui vengono tolti dallarea che devono difendere e portati dai padroni in un altra zona, sconosciuta, si comportano estremamente bene, son equilibrati, sono cani molto bravi e che ascoltano i padroni.”



    Maggiori particolari su queste meravigliose razze romene di cani (la loro storia, le caratteristiche, gli standard di razza) sono disponibili sul sito dellAssociazione Cinofila Romena – www. ach. ro, in romeno, inglese e francese.




  • Il legno, risorsa per ridurre le emissioni di CO2

    Il legno, risorsa per ridurre le emissioni di CO2

    La Romania ha tutte le risorse – foreste, legno, capacità di lavorazione,
    specialisti e scuole – per affiancarsi ai Paesi che stanno compiendo in prima
    linea passi importanti verso la riduzione delle emissioni di CO2 nel settore
    edile. Lo ha affermato l’Associazione Forestale Romena (ASFOR), la quale spiega
    in un comunicato come l’uso del legno nel settore edile può contribuire al
    raggiungimento degli obiettivi climatici ambiziosi dell’Ue: ossia l’azzeramento
    delle emissioni di CO2 entro il 2050 e, ulteriormente, il raggiungimento di emissioni
    negative. In questo senso, il settore edile rappresenta una sfida importante.
    Secondo il piano di azione per l’economia circolare del 2020, l’edilizia è
    responsabile di oltre il 35% del totale dei rifiuti e del 5-12% del totale
    delle emissioni di CO2 nell’Ue. E i prodotti in legno possono contribuire alla
    trasformazione del settore edile da fonte di emissioni in un assorbente di CO2.
    La promozione dei prodotti di stoccaggio della CO2 è pienamente compatibile con
    il principio della neutralità tecnologica, afferma l’Associazione Forestale
    romena, citando fonti comunitarie.




    Qual è il meccanismo ci
    spiega il presidente ASFOR, Ciprian Muscă. Il settore edile è uno dei settori
    con un apporto abbastanza importante alle emissioni di CO2, a causa dei
    materiali adoperati. Nei Paesi UE sono state implementate misure per
    l’assorbimento e lo stoccaggio del carbonio. Noi, sia in Romania, che nell’Ue, abbiamo a portata di mano una risorsa
    che ci può aiutare e che può partecipare attivamente al raggiungimento di
    questi obiettivi. Sono le foreste. Praticamente, le foreste agiscono come
    assorbente del carbonio che depositano nel legno, e, ulteriormente, tramite la
    lavorazione e la trasformazione del legno in materiali da costruzione
    assicurano il suo stoccaggio a lunghissimo termine. Praticamente, utilizzando
    il legno nell’edilizia noi riusciamo ad assicurare lo stoccaggio del carbonio e
    a raggiungere i target di neutralità che ci siamo prefissi come membri della
    comunità europea e che l’Europa si è prefissa di raggiungere entro il 2030. Ci
    dev’essere sempre un giusto equilibrio tra l’economia, l’aspetto sociale e
    l’ambiente. Ossia il legno raccolto, almeno in Romania, perchè la Romania è uno
    dei pochi stati europei a raccogliere il legname secondo programmi decennali, in
    seguito ad allestimenti forestali. E viene raccolta la crescita annua, quindi
    non più di quanto può produrre la foresta.




    L’Associazione
    Forestale Romena ricorda, inoltre, che, lo scorso mese, la Commissione Ambiente,
    Salute Pubblica e Sicurezza Alimentare dell’Europarlamento ha lanciato la bozza
    del rapporto Una nuova strategia europea per il 2030 – il management sostenibile
    delle foreste in Europa. Il documento fa riferimento all’adozione di un
    approccio olistico che prende in considerazione la multifunzionalità delle
    foreste, inclusivamente lo stoccaggio del carbonio nella biomassa forestale e
    nei prodotti in legno e alla creazione di un quadro di regolamentazione che
    riconosca l’impronta di carbonio più piccola dei prodotto forestali rispetto a
    quella dei materiali alternativi. Nello stesso contesto, l’Associazione
    Forestale Romena riporta all’attenzione un documento proprio intitolato La
    Romania verde in 10 passi, che contiene anche un capitolo sulle costruzioni in
    legno. Esso chiama le autorità pubbliche a realizzare case passive in legno e
    ad adoperare legno almeno al 10% in tutte le costruzioni realizzate con fondi
    pubblici. Allo stesso tempo, tramite il programma Case in legno -
    l’Associazione Forestale Romena chiede che le persone fisiche siano sostenute
    finanziariamente affinchè costruiscano con questo materiale, come anche le
    persone giuridiche, per sedi, spazi tecnici, spazi commerciali e produttivi. Tutto
    ciò non si può realizzare, però, che attraverso tagli di alberi, e in Romania
    l’argomento è uno molto delicato. Molte associazioni ambientali hanno richiamato
    l’attenzione sui disboscamenti e sui tagli illegali o abusivi di alberi.




    Comincerei con la parola
    disboscamento. Cosa vuol dire disboscamento? Tagli di soprassuolo, allontanamento
    della foresta e cambio della categoria d’uso. Ossia possiamo avere, ad esempio,
    disboscamento nel caso della costruzione di un’atuostrada. Per il resto non si
    può parlare di disboscamento. Qui, in Romania, non ci sono disboscamenti che
    strettamente nel caso dei grandi progetti di infrastruttura. Per quanto
    riguarda i tagli illegali, anche noi, come partecipanti nell’ambito del settore
    forestale, stiamo compiendo sforzi per allontanare e combattere coloro che
    comettono reati e recano danni alla foresta. Abbiamo il sistema informatico SUMAL 2.0, unico in Europa, che praticamente
    assicura la tracciabilità del legno dalla foresta fino al magazzino. È un
    sistema messo a disposizione della popolazione. Qualsiasi cittadino in Romania che
    desidera verificare un trasporto di legno lo può fare. Ha anche le foto del
    trasporto. Se ha dei sospetti o se constata che il trasporto è illegale, può
    chiamare il numero d’emergenza 112. Quindi, per quanto riguarda lo sfruttamento
    e il trasporto del legno la trasparenza è totale, ha spiegato sempre Ciprian
    Muscă.




    Di recente, il Guverno
    romeno ha adottato nuove misure per scoraggiare tutti i tentativi di frode e
    furto di massa legnosa. Si tratta, principalmente, di sanzioni più dure,
    secondo il principio della proporzionalità, un principio richiesto anche
    dall’Ue.

  • L’orso, il lupo, la lince – una ricchezza, non un problema

    L’orso, il lupo, la lince – una ricchezza, non un problema

    Il Programma internazionale Life – Euro Large Carnivores, finanziato parzialmente dall’UE, cui partecipa anche la Romania, programma sulla convivenza tra le comunità locali e i grandi carnivori in Europa, si sta avviando alla fine. Per quasi 5 anni, grazie alla cooperazione transfrontaliera e alla comunicazione, sono state cercate le migliori soluzioni per dimostrare che l’orso, il lupo e la lince sono una ricchezza, non un problema. E per permettere a questi meravigliosi animali di vivere nei loro habitat, senza interferire con le attività umane. Del resto, la nostra convivenza con i grandi carnivori ha comportato lungo i secoli numerosi compromessi e adattamenti reciproci. Lo sviluppo eccessivo degli insediamenti umani e dell’infrastruttura negli ultimi 100 anni ha ristretto, però, drammaticamente l’habitat degli animali e ha perturbato in modo significativo la vita e l’attività delle specie. Come mostra l’organizzazione World Wide Fund, attività come gli sfruttamenti forestali, l’estensione dell’infrastruttura di trasporto, delle zone turistiche, delle costruzioni e delle fattorie, la raccolta intensiva dei frutti di bosco o la caccia eccessiva delle specie che rappresentano la base della catena trofica principale dei grandi carnivori hanno avuto un impatto notevole sul comportamento degli orsi, dei lupi e delle linci. Quali le principali sfide del momento in Romania e quali le cause ci ha spiegato Marius Berchi, esperto World Wide Fund e manager del progetto LIFE EuroLargeCarnivores implementato in Romania.



    I problemi con cui ci confrontiamo direi che derivano dal fatto che le zone in cui l’uomo svolge le sue attività si stanno estendendo sempre di più, lo sappiamo benissimo, e si sovrappongono agli habitat degli animali selvaggi. E ciò ha effetti diretti sull’uomo – possiamo fare come esempio gli attacchi sugli uomini, oppure effetti indiretti come i vari tipi di danni materiali o perdite economiche. Altre cause sono le pratiche di gestione della fauna come i siti di alimentazione, che contribuiscono all’abituazione dell’animale selvatico all’uomo, e certamente la gestione deficitaria dei rifiuti. Se parliamo dell’uomo, certo, l’orso può causare un attacco, anche un decesso. Non ci sono dati recenti su attacchi del lupo sull’uomo.



    Per avere un successo reale e duraturo, la riduzione del numero e dell’impatto dei conflitti tra uomini e grandi carnivori è un processo che necessita di un dialogo e una collaborazione continui, ma anche di consenso tra tutti gli attori implicati. Si tratta dei fattori di decisione, delle amministrazioni e delle comunità locali, delle agenzie per la tutela ambientale, delle guardie forestali e ambientali, dei gestori dei fondi per l’attività venatoria, dei fondi forestali, degli allevatori di animali, delle istituzioni di ricerca, delle università, delle ong, degli operatori turistici e altri. Cosa ha cercato di fare World Wide Fund Romania in questo senso ci ha spiegato Marius Berchi. Siamo riusciti, al fine di ridurre i danni, a proporre una misura di pagamento nel Piano Nazionale Strategico elaborato nell’ambito della Politica Agricola Comune, in seguito alla quale gli allevatori di animali potrebbero finalmente beneficiare di aiuto finanziario per acquistare equipaggiamenti e per rafforzare le misure di prevenzione. E la misura di cui parlavo è l’acquisto di equipaggiamenti, come i recinti elettrificati, i cani da pastore e persino i cassonetti anti-orso. Poi siamo riusciti a gettare le basi di una piattaforma regionale per la convivenza nei Carpazi Occidentali. Ne fanno parte gli allevatori di animali, i cacciatori e moltissimi rappresentanti della maggioranza delle istituzioni direttamente interessate all’argomento. Un altro risultato importante è che abbiamo cercato e credo siamo anche riusciti a contribuire almeno un po’ al rafforzamento della capacità delle istituzioni. Siamo riusciti a organizzare una serie di corsi di formazione e faccio due esempi: uno si è svolto lo scorso autunno e ha riguardato l’implementazione del sistema di valutazione e monitoraggio della popolazione di lupi a livello nazionale, mentre un altro si svolge questi giorni. Quest’ultimo riguarda le equipe di pronto intervento di cui fanno parte sindaci, gendarmi, cacciatori e medici veterinari. Abbiamo svolto attività di informazione tra i farmer sui passi da seguire se registrano danni per poter ottenere le compensazioni. Abbiamo donato equipaggiamenti di prevenzione nell’ambito del progetto – recinti elettrificati e cani da pastore e persino spray anti-orso. Un contributo importante l’abbiamo avuto anche per quanto riguarda la legislazione e le politiche, abbiamo cercato di mantenere un equilibrio per assicurare un management quanto più equilibrato della popolazione di orsi. Un altro contributo relativamente importante è stato quello allo sviluppo del Piano Internazionale di Azione per la Conservazione dei Grandi Carnivori nei Monti Carpazi.



    In Europa, la popolazione di lupi, orsi e linci e altri animali selvatici è cresciuta nell’ultimo decennio. Secondo le statistiche, qui vivono oltre 18000 orsi, di cui oltre 6700 in Romania. E delle 9000 linci censite sul continente, 1200 vivono nel nostro Paese. Nonostante la loro importanza, i lupi sono stati sterminati nella maggioranza delle regioni europee negli ultimi due secoli, giungendo a un numero minimo alla metà del XXesimo secolo. In Romania, essi non sono, però, mai scomparsi. I dati ufficiali rilevano una popolazione stabile, di 2.500 fino a 2.900 esemplari, che vive nelle zone con colline alte e monti più bassi.




  • Piante invasive in Romania

    Piante invasive in Romania

    Negli ultimi anni, le specie esotiche invasive sono diventate un problema sempre maggiore a livello mondiale. Oltre allintensificazione delle attività umane, i mutamenti climatici favoriscono ancora di più la loro penetrazione e il loro sviluppo in nuovi territori, creando squilibri ecologici. La situazione sembra abbastanza seria, visto che lEuroparlamento e il Consiglio dellUnione Europea hanno considerato necessario elaborare un Regolamento per la prevenzione e la gestione dellintroduzione e della diffusione di queste specie. Il documento mostra che lapparizione di specie allogene, animali, piante, funghi o microrganismi, in nuovi ambienti non rappresenta sempre un motivo di preoccupazione. Ciononostante, un sottogruppo signficativo di specie allogene possono diventare invasive, con gravi effetti dannosi sulla biodiversità e sui relativi servizi ecosistemici, e altri effetti sociali ed economici, che andrebbero prevenuti. Circa 12.000 specie presenti nellambiente nellUnione e in altri Paesi europei sono allogene. Si stima che circa il 10-15% sono invasive. Questa minaccia alla biodiversità e ai relativi servizi ecosistemici prende varie forme, con effetti negativi inclusivamente sulle specie indigene e sulla struttura e il funzionamento degli ecosistemi tramite la modifica degli habitat, della predazione, della concorrenza tra le specie. Tramite la trasmissione di malattie, la sostituzione delle specie indigene su una parte significativa dellarea di diffusione e tramite effetti genetici causati dallibridizzazione. In più, le specie allogene invasive possono avere, inoltre, un effetto dannoso significativo sulla salute umana e leconomia. Solo gli esemplari vivi e le parti che si possono riprodurre rappresentano una minaccia e, di conseguenza, solo queste dovrebbero essere oggetto delle restrizioni, precisano gli specialisti europei. La situazione è simile anche in Romania, dove lassociazione ambientalista Conservation Carpathia ha identificato nel sud-est dei Monti Făgăraș, lungo una serie di valli fluviali, sei specie aliene invasive e si è mobilitata per la loro eliminazione. Ecco cosa ci ha raccontato il biologo Oliviu Pop.



    Queste piante invasive, in realtà piante straniere invasive, appaiono negli habitat naturali in stato di degrado o abbandonati come i campi, i pascoli abbandonati o le zone in cui sono stati depositati rifiuti. Esse portano nel tempo alla scomparsa delle specie di piante autoctone caratteristiche della zona, ossia al calo della biodiversità. Queste piante invasive eliminano gradualmente le specie importanti, le piante rare protette o le piante foraggere. I mutamenti climatici cui assistiamo sempre di più ultimamente favoriscono anchesse lapparizione e la crescita di queste specie che, come indica anche il nome, non sono caratteristiche della zona. Provengono da altre zone e sono state introdotte in modo incidentale dalluomo.”



    Tramite la sua attività, lassociazione Conservation Carpathia è preoccupata per la tutela della natura, il ripristino delle zone danneggiate nel passato dallo sfruttamento non conforme delle foreste e il ripristino dellequilibrio nella natura. In questo senso, è stato realizzato uno studio scientifico coordinato da Oliviu Pop, in base a una metodologia standardizzata, lungo le principali valli fluviali e gli affluenti nella zona sud dei Monti Făgăraș. Utilizzando i risultati dello studio, Conservation Carpathia ha elaborato un piano di azione, in base al quale, questa estate ha organizzato azioni di eliminazione delle specie straniere invasive di piante, assieme ai suoi dipendenti e a volontari romeni e stranieri. Sono stati adoperati solo mezzi ecologici, amici della natura (falciatura, estirpazione, taglio). Lattività continuerà per molti anni, fino alla limitazione di almeno il 50% della diffusione di queste specie lungo le valli fluviali nella zona di implementazione del progetto. “Noi abbiamo attualmente un progetto di ripristino degli habitat naturali che è destinato sia al ripristino degli habitat delle zone lungo i fiumi, le più colpite dalle attività antropiche, che al ripristino delle foreste e delle boscaglie alpine. Oltre allattività di piantatura/ripiantatura di specie caratteristiche di queste zone, lungo le valli fluviali, cerchiamo in certi luoghi di eliminare queste specie di piante invasive. La prima volta abbiamo fatto un inventario su una distanza di 165 km di valli fluviali, e poi siamo riusciti poco a poco, con laiuto dei nostri dipendenti e volontari, a eliminare una parte di queste specie da questi habitat su una distanza di circa 37 km. E adesso cerchiamo di monitorare la situazione per vedere cosa succederà, come riappaiono queste specie man mano che noi lavoriamo, allo stesso tempo, al rispristino di questi habitat, alla ripiantatura delle specie di alberi caratteristiche della zona”, ha spiegato Oliviu Pop.



    Oliviu Pop ha, inoltre, richiamato lattenzione che certe specie straniere invasive hanno fiori e possono essere considerate belle, dal punto di vista decorativo, ma, dal punto di vista ecologico restano dannose. Questo argomento, troppo poco toccato finora, sarà affrontato anche negli anni a venire, e le azioni simili a quelle avviate da Conservation Carpathia saranno sempre più frequenti a livello nazionale ed europeo, stima lassociazione ambientalista romena.




  • Il Patto sul clima di Glasgow

    Il Patto sul clima di Glasgow

    Nel mese di
    novembre l’umanità ha compiuto un nuovo passo in avanti nella lotta ai
    cambiamenti climatici. Riuntisi in Scozia, i leader mondiali hanno dato il via
    libera al cosiddetto Patto sul clima di Glasgow, dopo due settimane di
    intensi negoziati. Il passo sembra essere uno piccolo, però, se ascoltiamo la
    dichiarazione del presidente del vertice COP26, il britannico Alok
    Sharma, dichiaratosi « profondamente deluso » dalle modifiche di
    ultimo momento nella questione dei combustibili fossili su richiesta della Cina
    e dell’India. Si tratta della sostituzione della formula « rinuncia
    graduale » al carbone con l’espressione « diminuzione
    graduale ». Un accordo mite, debole con l’obiettivo di un aumento della
    temperatura di 1,5°C appena vivo, ma è stato inviato un segnale che l’era del carbone sta finendo. E
    questo conta, ha dichiarato Jennifer Morgan, di Greenpeace International.


    Gli esperti ammoniscono
    periodicamente che « ciascun decimo di grado conta », mentre i
    disastri legati ai cambiamenti climatici sono già in aumento: alluvioni,
    siccità o ondate di calore, con gli inevitabili danni e vittime. A Glasgow è
    stata presente anche Roxana Bojariu, climatologa, coordinatrice del Gruppo di
    Ricerca sui cambiamenti climatici presso l’Agenzia Nazionale di Meteorologia
    della Romania. Le abbiamo chiesto quanto sia seria la situaizone. La
    situazione è grave per quanto riguarda il riscaldamento globale e l’ultimo
    rapporto del Gruppo intergovernativo per lo studio sui cambiamenti climatici,
    il primo volume, pubblicato lo scorso agosto, ha rilevato chiaramente che siamo
    in piena crisi climatica. Il secretario
    generale dell’ONU ha anche sottolineato che si tratta di un codice rosso
    climatico. Gli ultimi sette anni sono stati i più caldi a livello globale di tutte le
    misurazioni fatte a partire dalla seconda metà 19esimo secolo. Abbiamo avuto,
    ovviamente, anche fenomeni estremi, non si tratta solo di un riscaldamento
    graduale. La scorsa estate avete visto che ci ha portato fenomeni straordinari.
    Vicino a Vancouver sono stati registrati 49,6 gradi Centigradi. Gli studi
    realizzati ulteriormente hanno mostrato che senza l’apporto del riscaldamento
    globale non si sarebbe giunti lì e ovviamente che già viviamo l’urgenza
    climatica. Gli incendi di vegetazione nell’ovest del Canada, negli Usa, ma
    anche in Europa… Avete visto cos’è successo in Grecia. Incendi, ma anche forti
    tempeste, perchè parliamo non solo di questo aspetto dell’aumento della
    temperatura medi, bensì della modifica di tutte le vie di trasporto del calore
    e dell’umidità e abbiamo una quantità maggiore di calore nel sistema a causa
    dell’effetto serra intensificato dai gas dovuti all’attività umana, ha
    spiegato Roxana Bojariu.




    La soluzione dei problemi
    ambientali non dipende, il più delle volte, solo dalla buona o cattiva volontà
    dei decisori, ma anche dai costi e dalle alternative. Perciò, un argomento
    importante delle discussioni accese di Glasgow è stato il finanziamento delle
    trasformazioni ecologiche nei Paesi più poveri, da parte dei Paesi fortemente
    industrializzati, che sono anche i principali inquinatori del pianeta. La
    Romania ha il vantaggio di essere parte dell’Ue, godendo così di un sostegno
    consistente grazie al Patto verde europeo. La Romania è un membro dell’Ue
    e allora è ovvio che gli obiettivi dell’Unione vanno raggiunti e, infatti, alla
    conferenza delle parti, l’Ue parla come un’unica voce. Certo che le posizioni
    sono concordate tra gli stati membri e tra i gruppi tecnici degli esperti di
    tutti gli stati membri. Cosicchè l’obiettivo di ridurre le emissioni del 55%
    entro il 2030 rispetto al livello del 1990 resta evidente per l’Ue, come anche
    il raggiungimento della neutralità climatica nel 2050 – ossia zero emissioni
    nette. Ma allo stesso tempo anche il raggiungimento dello stato di resilienza,
    per far fronte ai cambiamenti già avvenuti e a quelli inevitabili entro il 2050,
    perchè noi abbiamo già cambiato il sistema climatico. E, questi obiettivi
    dell’Ue sono ovviamente messi in pratica tramite quelle direttive, quei
    pacchetti di leggi, inclusivamente la Legge sul clima, che sono discussi
    nell’Ue e che, in fin dei conti, sono sotto l’ombrello più ampio del Patto
    verde europeo. Quindi, la Romania è nella situazione fortunata di avere questa
    pianificazione chiara e consistente. E una cosa di cui può avvalersi è che
    tutte queste misure a livello interno nell’Ue sono sostenute anch’esse con
    fondi destinati ad aiutare Paesi come la Romania, che hanno rispetto ai Paesi
    dell’ovest un’economia più fragile e che devono recuperare di più dello
    sviluppo economico e sociale », ci ha detto sempre Roxana Bojariu.




    Alcune delle reazioni
    internazionali all’accordo di Glasgow sono diametralmente opposte. Purtroppo,
    la volontà politica collettiva non è bastata per superare le profonde
    contradizioni tra Paesi ed è l’ora di passare in regime d’urgenza, ha detto con
    rammarico il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres. Saluando « i
    benvenuti passi in avanti » Guterres ha elencato gli obiettivi non
    raggiunti – l’aiuto finanziario ai Paesi più poveri, la fine delle sovvenzioni
    per i combustibili fossili, la rinuncia al carbone e un prezzo per il carbone.
    C’è tanto ancora da fare nei prossimi anni, ma l’accordo è un grande passo in
    avanti, ritiene il capo del governo britannico, Boris Johnson. Ciò che è
    importante è che abbiamo un primo accordo internazionale di riduzione
    dell’utilizzo del carbone e un piano di limitazione del riscaldamento globale
    al di sotto dei 1,5 gradi di incremento rispetto ai livelli preindustriali,
    afferma Guterres. « L’ambizione è maggiore di quanto preconizzato »,
    ha stimato, dal canto suo, l’inviato americano alla COP26, John Kerry.

  • La plastica – nemico numero uno delle acque

    La plastica – nemico numero uno delle acque

    I rifiuti che inquinano le acque, la maggioranza di plastica, sono diventati un problema molto serio a livello mondiale e, certo, anche in Romania. Un numero sempre maggiore di ong ambientaliste cercano con diversi metodi, alcuni inediti e quanto piu amichevoli, di pulire le acque, ma soprattutto di informare il pubblico largo e le autorita locali sul pericolo rappresentato da questo tipo di inquinamento. Come long « Act For Tomorrow” che ha sviluppato il progetto “Agiamo per le Acque – A.P.A.” Come confermato dalla maggior parte degli specialisti, la plastica rappresenta il 90% dei rifiuti prodotti dalluomo e scoperti nellambiente marino. Secondo i dati dellONU, 1 milione di uccelli marini e 100.000 animali marini muoiono ogni anno a causa dei rifiuti di plastica. Qual e la situazione in Romania? Anche se non ci sono molti dati ufficiali, la Romania segue il piu probabilmente la tendenza a livello mondiale.



    “Per quanto riguarda i rifiuti nelle acque, la Romania sta male al capitolo dati statistici. Non esistono statistiche ufficiali del Ministero dellAmbiente o di altre istituzioni pubbliche che ci dicano quanto siano inquinati con macrorifiuti i corsi dacqua nel Paese. Secondo alcune statistiche a livello europeo, il Mar Nero sarebbe il secondo mare piu inquinato in Europa con rifiuti derivanti da attivita umane, mentre altre statistiche lo collocano al primo posto. Cosa vi posso dire, pero, a livello di statistiche, facendo riferimento a unindagine realizzata da noi allinizio di questanno, e che in tutte le acque dolci in Romania e nel Mar Nero, sono state scoperte microplastiche. Esse rappresentano piccolissimi frammenti di plastica (nanomicron) provenienti dalla plastica scomposta. In tutte le acque dolci in Romania ci sono simili frammenti di microplastica. Dobbiamo preoccuparci perche essi sono pericolosissimi sia per gli ecosistemi acquatici, che per la nostra salute », ha spiegato Andreea Petruț, dellong Act For Tomorrow.



    Long « Act For Tomorrow” ha agito su piu fronti: prevenzione, informazione, raccolta e riciclaggio. Certo che un problema talmente grave e complesso non puo essere risolto da una semplice ong, ma le sue iniziative possono servire come esempio ad altre ong e alle autorita. Inoltre, la sensibilizzazione del pubblico sul tema del pericolo rappresentato dalla plastica gettata via ovunque e essenziale e qualsiasi sforzo in questo senso e salutare. Del resto, “Act For Tomorrow” e solo una delle organizzazioni impegnate nella tutela delle acque in Romania, e alcune di esse le abbiamo conosciute nelle scorse edizioni del nostro programma. Andreea Petruț ci ha parlato anche delle principali coordinate delliniziativa « Agiamo per le acque ».



    “Noi lavoriamo in quattro direzioni strategiche nellambito del progetto : innanzittutto sul fronte delleducazione e della formazione alla prevenzione, al fine di prevenire la generazione di rifiuti di plastica che finirebbero nelle acque. Poi ce la zona di intevento ed ecologizzazione, poi quella di mobilitazione comunitaria e advocacy, inclusivamente la zona di ricerca e, non in ultimo, chiudiamo il circuito tramite la valorizzazione della plastica e di tutti i rifiuti che raccogliamo dalle acque tramite limmissione nel circuito economico in base al concetto di economia circolare. Lo scorso anno abbiamo portato in Romania la prima infrastruttura di raccolta di rifiuti sotto forma di giganteschi animali marini – non ce ne erano prima sulla spiagge in Romania. Questanno siamo giunti a otto simili strutture allestite sulle spiagge, volte a tirare un segnale dallarme tra i turisti che i rifiuti che producono finiscono nelle acque. Un progetto inedito che abbiamo sviluppato e EBISU – praticamente la prima imbarcazione in Romania di raccolta dei rifiuti dalle acque al 100% elettrica : in realta, la prima in Europa. E unimbarcazione che noi abbiamo sviluppato da zero in Romania assieme ai nostri collaboratori. Lanno scorso abbiamo svolto una campagna di informazione ed educazione chiamata “Faccia a faccia con i rifiuti nelle acque », premiata da vari specialisti in media e comunicazione. Praticamente abbiamo messo tutte le specie in via di estinzione o le specie protette nelle acque romene faccia a faccia con i rifiuti per fare un confronto tra la durata della loro vita e il fatto che i rifiuti restano per sempre. La fauna acquatica ha una durata di vita molto minore. A Costanza (sul litorale romeno del Mar Nero) abbiamo realizzato il maggiore murales anti-smog, che purifica laria, destinato a tirare un segnale dallarme sullinquinamento che produciamo nellambiente marino. Oltre a tutte queste campagnie, mettiamo un grande accento anche sulle azioni di ecologizzazione delle acque, sia con la nostra imbarcazione di raccolta dei rifiuti, che con imbarcazioni o kayac e moltissimi volontari sulle sponde. »



    I risultati della campagna hanno superato le aspettative, affermano gli organizzatori : in solo 5 mesi sono state raccolte quasi 19 tonnellate di rifiuti, sia sul litorale, che dai fiumi e laghi piu inquinati in Romania. Tutti i rifiuti raccolti in modo differenziato sono stati riciclati al fine di essere convertiti in nuove risorse. Sono stati 400 i volontari partecipanti, che hanno dedicato il loro tempo e la loro energia alla raccolta dei rifiuti dalle acque o dalle sponde. La campagna di sensibilizzazione « Faccia a faccia con i rifiuti nelle acque » ha avuto oltre 1 milione di visualizzazioni on line. Le istituzioni pubbliche locali hanno offerto sostegno e sono diventate partner delle nostre iniziative. Numerose ong locali hanno portato il messaggio della campagna nelle comunita e hanno contribuito alla mobilitazione dei volontari.




  • La Via Transilvanica

    La Via Transilvanica

    Tășuleasa Social, unong della Provincia di Bistrița Năsăud, nel nord della Romania, ha avviato qualche anno fa un progetto inedito – la Via Transilvanica, un percorso escursionistico di oltre 1400 km che attraversi il Paese dal nord-est al sud-est. Il percorso a lunga distanza, come lo chiama long, parte da Putna, dove si trova la tomba del principe moldavo Stefano il Grande, attraversa la provincia storica di Transilvania, portando alla scoperta di tutte le sue ricchezze culturali, e arriva a Drobeta Turnu-Severin, al Danubio – dove entrò per la prima volta nel Paese Re Carlo I di Romania. Il percorso è stato documentato dagli specialisti dellorganizzazione e incoraggia i turisti che non vogliono spostarsi in auto, che amano viaggiare e andare alla scoperta del Paese a piedi. Non è pronto completamente, lo sarà probabilmente lanno prossimo, ma è segnato su ampie porzioni ed è facilmente identificabile, precisano i responsabili del progetto. “Un percorso su cui non ci si può smarrire” è una delle sue parole dordine. 1400 km sono, ovviamente, moltissimi per qualsiasi viaggiatore, per quanto fosse audace, motivo per cui il percorso è diviso in più tappe, tutte descritte dettagliatamente in unapposita guida consultabile sul sito Via Transilvanica. Il progetto concede unattenzione particolare allambiente, spiega Alin Ușeriu, il presidente dellorganizzazione Tășuleasa Social. “La Via Transilvanica, dal nostro punto di vista, di coloro che hanno ideato il progetto, che già compie 3 anni, ambisce anche ad essere un percorso su cui non smarrirsi. Perchè la Romania è un Paese molto bello, con cose interessantissime da vedere a ogni passo, con cose spettacolari che si incontrano quasi ogni metro. Io farei un esempio: sembra che dapperttutto ci siano tesori nascosti e serve solo scavare un po per scoprire la Romania da un lato allaltro. I percorsi a lunga distanza sono, credo io, a lungo termine, la più bella forma di valorizzazione di qualsiasi patrimonio storico, culturale, culinario, rurale o naturale. Siamo, credo, tra i più ricchi del pianeta da questo punto di vista, soprattutto del patrimonio naturale che ci circonda e ci dà un ottimo stato danimo che non può essere paragonato a nessun altro”, ha affermato Alin Ușeriu.



    La Via Transilvanica è un progetto dal quale tutti dovrebbero guadagnare, sia gli uomini, che lambiente. Esso si propone anche un ritorno alle usanze del passato degli abitanti delle zone rurali, atto a conservare le ricchezze naturali locali, che siano, però, anche offerte ai turisti in tal modo da non danneggiarle. Gli abitanti devono capire quanto vale ciò che hanno e imparare a valorizzarlo senza distruggere la flora e fauna uniche delle loro zone. “Il progetto valorizza al meglio il patrimonio naturale con misura, diciamo, ossia fino a cento mila persone allanno, lungo i 1400 km. È un progetto sostenibile, un progetto che aiuterebbe, nei luoghi che attraversa, oltre 600 comunità a sopravvivere. Perchè non si può prendere in considerazione solo lambiente, senza le persone. Quasi ogni persona sulla Via Transilvanica può diventare un piccolo imprenditore, mettere la propria masseria al lavoro e offrire ospitalità. Noi, Tășuleasa Social, possiamo realizzare solo il 50% di questo progetto. Coloro che offrono ospitalità e soprattutto coloro che percorrono la Via Transilvanica coprono laltra metà. Una masseria ben curata, che offre carne, formaggi di ottima qualità, può continuare a fare ciò che è stato fatto negli ultimi mille anni e ciò è molto molto importante per lambiente. Noi abbiamo pensato ad un certo punto che se avessimo piantato alberi nellintera Romania, avremmo risolto il problema. In questo momento sappiamo che i rimboschimenti che sono già stati fatti in vari ex villaggi sono molto pericolosi. Là, purtroppo, non viene lavorata più la terra e noi ci confronteremo con una catastrofe di grandi dimensioni se perderemo questi pascoli cosi belli. Soprattutto qui, in Transilvania, ma in realtà dapperttutto, soprattutto nei Carpazi. E anche la flora che è molto ben sviluppata. Certo, le foreste sono molto importanti, ma soppraffano tutto ciò che cè di vivo. Quindi un percorso a lunga distanza risolve una parte di questi problemi, offre soldi agli abitanti laddove passa. Il turista ci sinnamora e diventa ambasciatore di questo biotopo straordinariamente importante. Quasi tutti gli abitanti dei posti attraversati dal percorso sono informati. Abbiamo svolto molte azioni con i bambini. Mettiamo accento sulle masserie locali più che sugli agriturismi e sugli alberghi. Cerchiamo di realizzare filmati e promuoverle”, ha spiegato Alin Ușeriu sulla sostenibilità del progetto.



    I promotori del percorso La Via Transilvanica esortano i romeni a scoprire il proprio Paese andando su questo percorso escursionistico a lunga distanza e invitano, in ugual misura, anche i turisti stranieri amanti delle escursioni. La Via Transilvanica è una via che rompe le barriere tra generazioni e culture in quanto dedicata a coloro che, a presindere dalletà, dallesperienza o dal posto di provenienza, sono pronti a camminare e portarsi dietro in uno zaino il minimo necessario. La Via Transilvanica è un progetto sulla diversità, dalle sponde del Danubio fino alle cime delle montagne, i paesaggi che si scoprono poco a poco essendo diversi come le persone che speriamo faranno questo percorso – si legge sul sito del progetto.




  • Rifiuti di plastica nel Danubio

    Rifiuti di plastica nel Danubio

    Il futuro non promette bene – si legge sul sito del programma Acque pulite dell’organizzazione ambientale romena Più Verde. Un programma dedicato alla riduzione delle quantità di rifiuti di plastica nel Danubio, il principale fiume romeno, ma che attraversa anche gran parte d’Europa, sfociando nel Mar Nero attraverso l’unico e meraviglioso Delta del Danubio. Il progetto parte dalle stime degli ambientalisti i quali ammoniscono che, se non faremo niente, nel 2050 avremo nelle acque del pianeta più plastica che pesce. La Romania non sta meglio degli altri Paesi del mondo. Le valutazioni fatte dall’Amministrazione della Riserva della Biosfera del Delta del Danubio parlano di oltre 1500 tonnellate di plastica trasportate annualmente dal fiume, che raccoglie quasi tutte le acque che scorrono nel nostro Paese. Fino al Danubio e vicino al Danubio, i corsi d’acqua o i laghi di qualsiasi tipo accumulano ingenti quantità di rifiuti plastica, che portano alla distruzione della biodiversità aquatica, al calo drastico della qualità delle acque dalle quali ci alimentiamo e al deterioramento del paesaggio. Ma i paesaggi imbruttiti dagli ammassi di rifiuti portati dalle acque sono l’ultimo dei problemi. Il progetto Acque pulite, in corso in Romania, riguarda sia l’inquinamento storico, tramite azioni di raccolta dei rifiuti di plastica già nel letto del fiume, che azioni di prevenzione e contrasto delle future discariche illegali. Per lottare con circa 4 tonnellate di rifiuti al giorno portati dall’acqua servono ampie azioni a lungo termine, nell’intero bacino del Danubio e dei suoi affluenti, sia in Romania che nei Paesi rivieraschi. Cosa fanno i membri dell’ong Più Verde, in maggioranza giovani, ci racconta la direttrice di comunicazione Oana Șerban.



    Abbiamo iniziato con azioni di pulizia, abbiamo allestito e sviluppato l’infrastruttura di raccolta dei rifiuti. Ciò vuol dire che abbiamo installato cassonetti per la raccolta differenziata dei rifiuti di plastica accompagnati da cartelli informativi lungo il Danubio. Nel 2020, abbiamo raccolto, ad esempio, quasi 40 tonnellate di plastica, praticamente impedendo loro di finire nelle acque del fiume. Inoltre, per la prima volta in Romania, abbiamo adoperato soluzioni tecnologiche. Ad esempio, un drone, una barriera galleggiante che adoperiamo già da un anno sul fiume Jiu e che intendiamo usare anche su altri fiumi, una rete per catturare i rifiuti. Oltre a tutto ciò è molto importante la parte di educazione e aumento della consapevolezza. Ossia persone che capiscano perchè è importante non gettare più i rifiuti ovunque, perchè è importante fare la raccolta differenziata e quali sono le alternative alla plastica usa e getta. Perchè anche questo è un grande problema, perchè finiamo con l’usare troppe posate, troppi piatti e biccheri di plastica. Questi ci sono dapperttutto… Cioè, oltre alle bottiglie d’acqua o di succo di frutta di plastica che compriamo, ci sono anche quei prodotti. A tale fine noi abbiamo realizzato, ad esempio, nelle città partecipanti al programma, dipinti murali che tirano un segnale d’allarme sull’inquinamento delle acque con rifiuti di plastica.



    Inoltre, gli attivisti dell’organizzazione cercano di portare insieme partner del settore non governativo, strutture governative-amministrative, il mondo d’affari e, certamente, le comunità locali. Dal 2008, anno della sua fondazione, l’organizzazione afferma di aver costruito una cultura della responsabilità e del volontariato per l’ambiente in Romania. Con progetti e campagne educative, ad esempio, con parole d’ordine come C’è vita dopo la raccolta oppure I rifiuti non sono immondizia, i volontari hanno raccolto oltre 350 tonnellate di plastica dalle foreste, dai letti dei fiumi o dai percorsi turistici. Cui si sono aggiunte attività specifiche di advocacy, volte al miglioramento delle politiche pubbliche nel settore. Oana Șerban precisa inoltre che un aspetto molto importante del programma è la sua componente di organizzazione comunitaria nelle località in cui si svolge.



    Non andiamo in quelle città con delle soluzioni pensate da noi che applichiamo come tale, lavoriamo, in realtà con gli abitanti di quelle città. Siamo riusciti a formare nelle 10 città in cui abbiamo praticamente cominciato gruppi di iniziativa locali. Al nostro training di organizzazione e sviluppo comunitario hanno partecipato una serie di organizzatori comunitari per capire come si possono implicare i cittadini in progetti importanti per la comunità. E dopo questi due anni, la gente è riuscita a raggiungere un certo livello. Sanno adesso come mobilitare i cittadini verso l’azione. Alcuni si sono già messi in contattto con le istituzioni responsabili, hanno svolto varie azioni, campagne di advocacy. Hanno capito che devono fare pressioni sulle autorità affinchè risolvessero i problemi. Quindi il ruolo di queste persone, dei cittadini, in realtà, è uno estremamente importante. E su loro che contiamo!



    Il progetto Acque pulite contribuisce al raggiungimento di 6 dei 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile del Patto Globale delle Nazioni Unite, più precisamente i capitoli: Acque pulite; Consumo e produzione responsabili; Azione per il clima; Vita subacquea; Vita terrestre e Partenariati per gli obiettivi. Proviamo a pulire non solo le acque, ma anche le menti, le istituzioni e i meccanismi civici, che fanno funzionare organicamente e coerentemente una società, spiegano i membri dell’organizzazione ambientalista. E sempre loro affermano che, se non prendiamo le dovute misure adesso, il famoso pesciolino d’oro della fiaba potrebbe diventare presto uno di plastica.




  • La tutela degli storioni in Romania

    La tutela degli storioni in Romania

    Il divieto di pesca degli storioni nelle acque territoriali romene viene mantenuto, in seguito alla recente firma di un ordine dal ministro dellAmbiente romeno, Barna Tanczos. Il ministro ha spiegato che le analisi fatte dagli specialisti del dicastero rilevano che le specie di storioni continuano ad essere in pericolo a causa del bracconaggio e che servono misure dure a lungo termine. Del resto, le specie di storioni sono a rischio in tutto il mondo, cosicchè le organizzazioni internazionali hanno deciso, nel 1998, la loro inclusione negli allegati I e lI della Convenzione sul Commercio Internazionale di Specie della Flora e della Fauna Selvatiche a Rischio Estinzione. La Romania ha aderito alla convenzione nel 2006, allorquando ha introdotto per la prima volta il divieto di pesca. Uno studio dellorganizzazione ambientalista internazionale World Wild Fund sul traffico con prodotti provenienti da storioni trae una conclusione abbastanza preoccupante: circa un terzo dei prodotti verificati sono illegali. Lo studio è stato realizzato nel periodo 2016-2020 e offre per la prima volta prove delle dimensioni del fenomeno del bracconaggio e del commercio illecito di caviale e carne di storione catturato nella regione del Basso Danubio, soprattutto in Bulgaria, Romania, Serbia e Ucraina. Nello stesso periodo, le autorità di questi Paesi hanno segnalato 214 casi di bracconaggio (82 in Romania).



    Il Basso Danubio è uno degli ultimi posti nel mondo in cui le specie di storione sopravvivono ancora e si riproducono, specie ritenute il gruppo di animali più minacciato di estinzione nel mondo. “Ci sono pochissimi studi di mercato sul commercio con storioni, e questo è lunico realizzato finora che abbina due metodi investigativi di ultima generazione, il che è cruciale per scoprire il commercio illegale”, spiega Arne Ludwig, esperto di genetica presso lIstituto per lo studio della fauna selvatica di Leibnitz, co-autore del rapporto. I punti tampone per lattività di testing hanno coperto lintera catena commerciale e hanno incluso diversi tipi di commercianti: negozi e supermercati, ristoranti e bar, mercati locali, allevamenti, intermediari, pescatori e offerte online. Tutte le prove sono state sottoposte allanalisi dellADN e degli isotopi, la quale ha dimostrato che i prodotti provenienti da storioni selvatici sono stati venduti nei quattro Paesi. Lo stesso studio rileva quanto sia grave limpatto del bracconaggio sugli ultimi storioni selvatici e quanto sia cruciale la nostra lotta per salvarli, spiega Cristina Munteanu, manager di progetto presso WWF-Romania. Sempre lei ci spiega cosa andrebbe fatto.



    “La soluzione in sè non è una semplice, essa devessere una soluzione integrata, nel senso che, oltre al fatto che cè il divieto assoluto di pesca degli storioni a tempo indeterminato, che, certo, è unottima misura, vanno effettuati più controlli, non solo per quanto riguarda la pesca, ma anche sul mercato, per vedere cosa succede lì. E forse vanno effettuate anche queste analisi che ci dicono esattamente se il rispettivo prodotto proviene dalla natura oppure dagli allevamenti, quindi se è legale o illegale. Oltre a tutto ciò si dovrebbe lavorare anche con le comunità di pescatori, cosa che noi abbiamo fatto nellambito di un progetto Life. Ci dovrebbero essere una comunicazione e una collaborazione più intense con loro al fine di trovare alternative alla pesca. Dobbiamo, inoltre, avere un monitoraggio chiaro della popolazione di storioni per sapere esattamente in quale situazione ci troviamo e, certo, una cooperazione tra tutti questi attori che sono implicati in ciò che significa la conservazione degli storioni e che hanno un impatto sulle popolazioni di storioni. È estremamente importante”, ha precisato Cristina Munteanu.



    La regione del Mar Nero è cruciale per la sopravvivenza di questa specie in Europa. Il Danubio e il Rioni, in Georgia, sono gli unici fiumi europei in cui gli storioni che migrano si riproducono naturalmente. I principali motivi per cui sono a rischio estinzione sono la pesca eccessiva e la perdita dellhabitat a causa delle dighe che bloccano le rotte di migrazione oppure delle costruzioni fluviali che facilitano le navigazione. NellUe, lunico fiume in cui le popolazioni di storioni si riproducono naturalmente resta il Danubio. Nel fiume Po e nellEstuario della Gironda in Francia esistono popolazioni importanti di storioni, ma che non si riproducono più naturalmente. Azioni di ripopolamento sono in corso in Bulgaria, Ungheria, Romania, Francia, Germania, Polonia, Austria e Olanda. Gli storioni e altre specie di pesci migratori rappresentano il tesoro storico, economico e naturale del Danubio. Della loro importanza ci ha parlato sempre Cristina Munteanu. “Innanzittutto, lo storione è una specie che è sopravvisuta ai dinosauri, ossia risale a 200 milioni di anni fa. In secondo luogo, perchè essi sono indicatori della salute del sistema fluviale dal quale provengono e soprattutto del fatto che quel sistema ha uno scorrimento libero dellacqua, quindi si trova in una buona situazione. E, non in ultimo, è importante per il nostro interesse, perchè si tratta di specie di pesci grandi e, se fosse possibile commercializzarle di nuovo, i redditi che si potrebbero ottenere sarebbero consistenti e potrebbero portare benessere alle comunità. Ma a tal fine dobbiamo aspettare abbastanza a lungo e dobbiamo unire i nostri sforzi per salvare le popolazioni di storioni.”



    Attualmente, nel mondo, esistono 26 specie di storioni, di cui sei – lo storione comune, lo storione tozzo, lo storione sterleto, lo storione beluga, lo storione stellato e lo storione danubiano – vivevano anche nel Danubio fino allinizio del secolo scorso, secondo lIstituto Nazionale Romeno di Ricerca e Sviluppo Il Delta del Danubio. Due di loro, lo storione comune e lo storione tozzo, considerati specie molto rare, sono scomparsi dal fiume allinizio degli anni 60.