Category: Raccontare Romania

  • Usanze romene di Capodanno

    Usanze romene di Capodanno

    Il passaggio ad una nuova tappa, la rinascita simbolica del tempo nella notte tra il 31 dicembre e il 1 gennaio è festeggiata con fasto dappertutto nel mondo. Le feste in famiglia, tra amici e persino di piazza sono un’occasione di gioia e divertimento per ciascun abitante del pianeta nella notte di Capodanno. Nella tradizione romena, sebbene si credesse nel passato l’Anno Novello iniziasse infatti nel giorno di Natale o persino prima, nel giorno di Sant’Andrea, il 30 novembre, l’usanza degli auguri per l’anno novello era immancabile al passaggio tra il vecchio e il nuovo anno. Le usanze precristiane svolgono un ruolo speciale nella celebrazione di questo passaggio. Un antico culto solare ha tramandato fino ad oggi riti che hanno come protagonisti gli animali, tra cui ricordiamo le tradizionali “danze” dell’orso, della capra o del cavallo, l’usanza delle maschere popolari romene che simboleggiano la successione delle stagioni o la fertilizzazione della terra nel nuovo anno. I costumi e le maschere, opera degli artigiani popolari, sono preparati nella settimana precedente il Natale.



    “Gli auguri per l’Anno Novello si fanno soprattutto tra parenti, vicini e amici. Gli auguri in giro per le case sono un’usanza quasi scomparsa. Gli auguri hanno carattere satirico. Nella notte di Capodanno, in Maramures, regione etnografica nel nord della Romania, il turista sarà incantato da questi auguri che, in questa zona, si fanno sotto forma di canzone. Gli abitanti del Maramures sanno tanti begli auguri di Capodanno, alcuni dei quali accennano a simboli precristiani, alla rinascita del sole e della natura”, racconta Delia Suiogan, etnologo presso l’Università del Nord di Baia Mare.



    Gli abitanti delle comunità tradizionali credono ancora nel fatto che la notte tra gli anni faciliti l’accesso al mondo divino. Nella tradizione popolare, i messaggi trasmessi nei momenti speciali dell’anno, in occasione delle feste importanti o del passaggio tra il vecchio e il nuovo anno sono considerati gli unici veramente importanti per la rispettiva comunità e per ciascun individuo. Un’usanza tipica romena di Capodanno è il corteo del “plugusor”, che sta a significare “piccolo aratro”, e che rievoca un antico rituale agrario romeno. Nei villaggi, durante la rievocazione del “plugusor”, i ragazzi vanno di solito di casa in casa schioccando le fruste e facendo un lungo augurio che parla della successione dei lavori agricoli. Durante la notte, al corteo degli auguratori si affiancano ragazzi mascherati, vestiti in costumi molto fantasiosi, raffiguranti le più bizzarre creature mitologiche. Essi percorrono i villaggi nel primo giorno del Novello Anno, in una specie di rievocazione delle vecchie feste legate al culto della fertilità.



    “L’anno novello è caratterizzato da una serie di azioni cerimoniose e festose, tra cui è famosa l’usanza del ramo ricco di boccioli o del bastoncino adornato di fiori e nastri colorati di carta, chiamata “sorcova”, praticata soprattutto dai piccini. Come anche l’augurio dell’aratro. Il significato iniziale di questo augurio era di protezione e benedizione. Le usanze di Capodanno si concludevano con il rito degli auguri nel giorno di San Giovanni. Il Natale e il Capodanno sono legati per i romeni alla tradizione dell’apertura dei cieli, che accenna alla percezione e all’accettazione della teofania, la manifestazione sensibile della divinità, che nella sua onnipotenza scendeva sulla terra e le persone. Perciò si dice che si aprano i cieli, perchè Dio poteva comunicare direttamente con la sua creazione, l’uomo. In questi momenti speciali, di apertura dei cieli, gli uomini possono apprendere cose che potrebbero succedere loro nell’anno che sta per cominiciare. Non si tratta della divinazione, come si pensa, ma di un messaggio che Dio trasmette alle persone in un momento in cui può avere un contatto ravvicinato con loro”, racconta Sabina Ispas, la direttrice dell’Istituto di Enografia e Folclore “Constantin Brailoiu” di Bucarest.



    Per la storia della nostra cultura, il periodo tra Natale e San Giovanni, festeggiato il 7 gennaio, è uno dei più ricchi di azioni cerimoniose e festose. La società romena ha trasformato la festa di Capodanno in un’occasione di gioia assieme alla famiglia e agli amici, con feste che si concludono all’alba. Gli schiocchi delle fruste durante le usanze della capra o dell’orso sulle viuzze dei villaggi, sostituite nelle zone urbane dai fuochi d’artificio, hanno il ruolo simbolico di cacciare via l’anno che sta per finire, per far posto a quello appena iniziato.


    (traduzione di Adina Vasile)

  • 50 vini romeni incontrano 50 piatti italiani

    50 vini romeni incontrano 50 piatti italiani

    Una selezione di vini che illustrano alla meglio la tradizione romena in questo settore, abbinata alle saporitissime prelibatezze del Bel Paese. Così, 50 vini di Romania incontrano 50 piatti di eccellenza italiani”, per volontà di Marinela Vasilica Ardelean, la più gettonata sommelier romena, che ha voluto farli combaciare in un libro presentato anche a Bucarest, nell’ambito della Fiera Internazionale dei Vini GoodWine.



    L’autrice, in Italia da 15 anni, vive a Treviso. Impegnata in numerosi progetti, è consulente, brand manager per un’importante casa di spumanti, docente presso l’Italian Chef Academy. Marinela ha spiegato a Radio Romania Internazionale che anche con il volume lanciato anche a Bucarest vuole promuovere l’immagine del Paese di origine all’estero.



  • Usanze per la Festa di Sant’Andrea

    Usanze per la Festa di Sant’Andrea

    Il nome di Sant’Andrea, festeggiato il 30 novembre, viene spesso legato alle antiche pratiche di protezione contro i lupi. La festa segna anche l’inizio dell’inverno. Secondo più leggende daciche, Sant’Andrea è stato accompagnato nella Dacia Minor dal grande Lupo Bianco, che i daci veneravano, avendolo anche raffigurato come simbolo sulla loro bandiera di lotta. Discepolo del Redentore, ma anche contemporaneo delle prime crociate nella storia del cristianesimo, Sant’Andrea si è sacrificato per la fede. Prima di diventare martire cristiano, Sant’Andrea arrivò nella sua missione a predicare il Vangelo di Cristo anche nella Dacia Minor — la Dobrugia di oggi (nel sud-est della Romania).



    Sabina Ispas, la direttrice dell’Istituto di Etnografia e Folclore Constantin Brăiloiu” di Bucarest spiega che nella cultura romena, Sant’Andrea è situato al confine tra autunno e inverno. Dopo la sua celebrazione inizia l’inverno propriamente detto. Infatti il primo mese invernale reca il suo nome, perché dicembre è noto anche con i nomi di Indrea o Undrea. La cultura romena è l’unica a conservare ancora il nome dell’apostolo. A cominciare dalla sera di Sant’Andrea si fanno i preparativi per accogliere il neonato Gesù Cristo. La sera di Sant’Andrea la gente non dorme. Se si trova in chiesa o in monasteri, prega, mentre a casa, vengono praticati rituali volti a proteggere dalle forze negative”, spiega Sabina Ispas.



    Nel linguaggio popolare, la festa è chiamata anche l’Andrea delle fanciulle”. Per l’occasione vengono praticati anche molti rituali in cui le giovani possono conoscere il loro futuro fidanzato o sapere se si sposeranno l’anno che segue. Un alto rituale prevede che la ragazza si debba mettere sotto il cuscino 41 chicchi di grano, scelti con molta cura intorno alla Festa di Sant’Andrea per sognare il ragazzo che verrà a chiederle il grano per seminarlo. E’ evidente la dimensione simbolica legata alla fertilità, il grano avendo un significato molto importante in tutte le feste invernali e non solo. Il vegetale svolge un ruolo speciale nei riti praticati in occasione della festa di Sant’Andrea.



    Questo gesto non va guardato come una specie di incantesimo, ma come un gesto tramite cui, in un momento speciale, l’uomo che entra in contatto con il trascendente tramite la mediazione di Sant’Andrea, per sapere informazioni su ciò che succederà con lui e con i suoi beni, ma solo per la durata di un anno. Si tratta non di chiaroveggenza, ma di un messaggio che il trascendente trasmette all’individuo tramite la mediazione del vegetale”, aggiunge Sabina Ispas.



    Sant’Andrea è santo-patrono di stati come Romania, Grecia e Russia, e la sua croce è presente anche sulla bandiera della Scozia. In Romania, il 30 novembre, i pellegrini si riuniscono nella grotta in cui si presuppone sia vissuto Sant’Andrea, nel periodo della sua missione di cristianizzazione dell’attuale Dobrugea. (traduzione di Gabriela Petre)

  • Il Delta del Danubio, applicazione per telefonini

    Il Delta del Danubio, applicazione per telefonini

    Il Delta del Danubio è sempre un’attrattiva sulla mappa turistica della Romania. Grazie a un applicazione per i telefonini, che è una specie di manuale digitale del turista, il Delta svela i suoi segreti anche in formato elettronico. Il Manuale Digitale del Turista nella Riserva della Biosfera il Delta del Danubio è un’applicazione informatica per i dispositivi mobili, uno strumento per guidare i visitatori, che offre informazioni utili sulla Riserva e permette il loro posizionamento con l’aiuto di un dispositivo mobile.



    Cristian Dinu, cofondatore della compagnia Read Forward e uno dei realizzatori del progetto, spiega cosa vedono gli utenti che usano questa applicazione. Quando la aprono, vedono un grande menu, che contiene immagini e titoli per le parti importanti dell’applicazione. Si tratta di alcune sezioni disposte nell’ordine più rilevante per la gente: percorsi navali, terrestri, itinerari, la mappa del delta e sezioni informative turistiche sul Delta. Vedendo le applicazioni esistenti in altri Paesi ci siamo detti che anche il delta dovrebbe averne una e siamo molto orgogliosi che è venuta fuori la più bella applicazione, almeno per quanto riguarda il Danubio”, dice Cristian Dinu.



    Le informazioni utili disponibili nel Manuale Digitale del Turista includono: la cartina del Delta del Danubio, i percorsi turistici autorizzati: 15 itinerari navali e 9 terrestri, informazioni sulle zone strettamente protette della Riserva della Biosfera il Delta del Danubio, informazioni dettagliate sulla cultura e la storia della zona, consigli di viaggio, localizzazione, regole sulla visita, e visualizzazione di foto rappresentative. L’applicazione contiene una sezione “Emergenze” in cui vengono fornite informazioni essenziali nel caso un visitatore si smarisse o avesse bisogno di soccorso.



    Il Delta è una zona molto interessante e variata, in cui è facile smarrirti. Devi avere una guida. Ci sono molte attrattive, varie gite da fare, ma la zona è protetta, in molti posti è proibito andare, appunto per tutelare la biodiversità. Tutte queste gite e zone sono menzionate come tale. E’ come se portassi con te una guida di centinaia di pagine, ma nella tasca, sul telefonino o sulla tablet. Ed è anche più conveniente. Inoltre, tutto il contenuto dell’applicazione è accessibile senza transfer di dati, di telefonia, wireless o altro. Quando la si scarica a casa gratis, l’applicazione resta nel telefonino e se uno va nel delta la può usare senza aver bisogno di accesso ad altri dati. E’ una caratteristica molto importante per chi viene dall’estero: siccome le tariffe di roaming per l’estero sono molto alte, le informazioni disponibili sono ancora più valorose per loro. L’intera cartina del Delta del Danubio è accessibile in formato off-line ovunque”, aggiunge Cristian Dinu.



    Dovete scegliere fra l’uso di una guida locale o di questa applicazione. Abbiamo chiesto a Cristian Dinu se l’applicazione è migliore di una guida locale. “L’applicazione è una guida locale, ma ha più vantaggi. Oltre alla guida locale inserita nell’applicazione, ci sono anche alcuni moduli supplementari. Il più importante mi sembra quello di localizzazione. Quando uno guarda la cartina o un percorso, compare un puntino azzurro che indica la posizione di chi usa l’applicazione, con una precisione di qualche metro. Perciò uno può non solo creare meglio un percorso utilizzando questa funzione, ma può usare anche il modulo di pronto soccorso. Se si perde, ha la possibilità di vedere e mandare le sue coordinate all’albergo o alle autorità che possono venire esattamente nel posto indicato dal programma”, spiega ancora Cristian Dinu.



    L’applicazione è disponibile sia per i telefonini con sistema di operazione IOS, Iphone, Ipad e altre tablet, sia per quelli con sistema android. Entrambe le varianti sono facile da scaricare dai negozi di applicazioni ufficiali di Apple e Google. Bisogna semplicemente cercare Danube Delta, un’applicazione bilingue, in romeno e inglese, scaricarla sul telefonino o tablet e poi aprirla direttamente. Non è necessaria nessun’altra operazione, la lingua si può cambiare all’interno dell’applicazione.



    Cristian Dinu ci ha raccontato i passi nella creazione di questa applicazione. “Prima di crearla, ho spaventato sia i colleghi che il cliente, andando nel Delta senza alcun preparativo. Volevano conoscere la situazione reale e imparare certe cose direttamente perché altrimenti non avremmo potuto inserirle nell’applicazione. Abbiamo fatto alcune osservazioni, che ora fanno parte dell’applicazione, come ad esempio la localizzazione e le informazioni di pronto soccorso. Ci siamo resi conto che senza l’aiuto di un abitante della zona, saremmo persi e che in alcune situazioni hai bisogno di essere localizzato e devi chiamare qualcuno. Percià abbiamo inserito anche questo aspetto nell’applicazione. Abbiamo visto poi che ci sono certi orari dei vaporeti e siccome nel Delta si viaggia sopratutto in vaporetto abbiamo inserito anche queste informazioni. Questa prima esperienza ci è stata molto utile. Poi, in un secondo momento siamo nuovamente andati a Tulcea per vedere come funziona l’applicazione. Per la nostra soddisfazione abbiamo visto persone scaricarla e utilizzarla”, conclude Cristian Dinu. (traduzione di Gabriela Petre)

  • Around the Black Sea…

    Around the Black Sea…

    “Around the Black Sea” è un progetto fotografico inedito, che vi invita ad un viaggio nei Paesi rivieraschi al Mar Nero. Il suo autore Petruţ Călinescu ci accompagna in questo universo.



    Il progetto Around the Black Sea è stato avviato 5-6 anni fa’ ed è stata una idea comune mia di un mio ottimo amico, Ştefan Cândea. Io mi occupo di fotografia, lui si occupava allora dei testi, e da parecchio tempo pensavamo di fare un viaggio, eventualmente in Africa. Abbiamo guardato la carta varie volte e ci siamo resi conto che nessuno di noi sapeva niente della zona del Mar Nero, cominciando dai nostri vicini. Allora ci siamo detti che forse sarebbe meglio cominciare il viaggio da una zona più vicina. Nel 2010 abbiamo fatto un giro in macchina per tutti i Paesi intorno al Mar Nero, siamo riusciti ad ottenere un finanziamento e per quattro mesi abbiamo percorso circa 15.000 chilometri intorno al Mar Nero, nel tentativo di scoprire la zona e di tastare il polso delle realtà locali. Quattro mesi per esplorare dieci Paesi non è molto. Abbiamo iniziato il viaggio in Romania continuando poi con Bulgaria, Turchia, Georgia, Armenia, Azerbaigian, siamo arrivati nella piccola repubblica separatista di Nagorno Karabakh, per tornare poi in Georgia. Dopo di che siamo andati in un’altra piccola repubblica separatista, Abcasia, continuando poi con Russia, Moldova, Ucraina per tornare poi in Romania”, spiega Petruţ Călinescu.



    Dopo un periplo del genere, saltano fuori anche zone predilette. Per l’autore, la rivelazione di questo viaggio è stata l’Abcasia. Forse il posto più bello si trova dall’altra parte del Mar Nero rispetto al litorale romeno: è Abcasia, dove abbiamo scoperto con stupore un altro tipo di clima, molto più caldo e mite, con palme naturali sulla spiaggia, mandarini, limoni, i Monti Caucaso che arrivano fino al mare. La vicinanza delle montagne al mare fa’ sì che il cielo sia sempre pieno di nuvole come se stesse per scatenarsi un temporale. L’Abcasia si è separata dalla Georgia nel 1991, e la Georgia si era staccata dall’ex Unione Sovietica. In Abcasia c’erano le più belle stazioni dell’URSS. Stalin vi aveva le sue case di vacanza e aveva fatto costruire sanatori di recupero e riposo per il popolo sovietico”, aggiunge il fotografo.



    Lo slogan dell’equipe che si è prefissa di realizzare questo progetto è stato quello di scoprire racconti che una volta indagati e approfonditi diventano informazioni. Perciò chi guarda scopre immagini inedite, al di là di ogni intento pubblicitario. Le foto ci fanno vedere un pontone sul quale pescano due vecchie vestite modestamente, oppure un uomo sdraiato sulla spiaggia, delle conchiglie nella sabbia oppure un mercatino con costumi da bagno esposti su manichini di plastica, cioè una realtà non cosmetizzata, luoghi che potrebbero essere comuni a tutti i Paesi rivieraschi al Mar Nero, ma che tuttavia hanno delle peculiarità.



    Le foto non presentano necessariamente il lato bello o turistico del Mar Nero. E’ una cosa che ci siamo prefissi sin dall’inizio. Abbiamo voluto evitare i grandi complessi alberghieri, perché ci sembravano privi di personalità. Abbiamo cercato le spiagge popolari, dove la gente comune va a passare le vacanze, tentando di individuare quante più comunità etniche nei Paesi visitati. Abbiamo scoperto che ci sono molto gruppi etnici intorno al Mar Nero che stanno tentando di mantenere la cultura e i costumi locali. Alla fine del progetto mi divertivo a fare degli scherzi agli amici, mostrando loro una foto e chiedendogli dove era stata scattata. Tutti sbagliavano: quando facevo vedere un foto scattata in Russia, ad esempio, dicevano che era stata fatta in Romania, un’altra dell’Ucraina dicevano che era stata scattata in Bulgaria e così via. Secondo me, tutti i Paesi intorno al Mar Nero hanno tante cose in comune e una spiegazione potrebbe essere la storia recente”, spiega ancora l’autore.



    Petruţ Călinescu ha creato anche una specie di blog di viaggio www.theblacksea.eu. Il tentativo era di inserire qualche post alla settimana, un post includeva 7-8 fotografie, poi nel frattempo non avendo più articoli attuali abbiamo coinvolto alcuni amici giornalisti e il blog di viaggio è diventato una rivista online, in cui raccogliamo materiali sulla zona intorno al Mar Nero. Di foto ne abbiamo scattate decine di migliaia, ma una selezione di quelle che mi piacciono di più include 40-50 immagini. Tutte le foto e i relativi testi si possono vedere entrando sul sito www.theblacksea.eu. Il progetto è ancora in via di svolgimento e stiamo tentando di ottenere finanziamenti. Man mano che ci riusciamo, aggiungiamo nuove storie e immagini. Parallelamente al progetto the Black Sea abbiamo lavorato ad un altro sui mutamenti nel villaggio romeno, intitolato orgoglio e calcestruzzo”, che presenta le storie di successo di coloro che lavorano all’estero e come si sviluppa il nuovo villaggio romeno, in seguito all’ampia migrazione della manodopera all’estero”, conclude il fotografo.



    I sommozzatori si assomigliano tra di loro. Si assomigliano anche i turisti che passeggiano sulla spiaggia e coloro che si risposano sdraiati su materassi gonfiabili. Anche la gente che guarda il mare, su spiagge affollate o deserte si assomiglia. Ciò che è diverso è la presenza di qualche elemento legato alla storia della crescita o del declino della rispettiva zona: un relitto, un pontone, un edificio quasi crollato nel mare. Per chi guarda è un invito non al viaggio, ma alla riflessione o alla scoperta delle realtà così come sono. (traduzione di Gabriela Petre)

  • Tra pittura e aeromodellismo

    Tra pittura e aeromodellismo

    Un maestro nel vecchio senso della parola, un creatore di inedito ci fa vedere oggi come si avvicina la creazione artistica a quella tecnica. George Bajan, ospite a Radio Romania Internazionale, è un pittore che ama l’aeromodellismo, una passione che lo ha spinto a costruire nei minori particolari una serie di aerei con significato storico. Ciò che accomuna le sue due attività è infatti l’attenzione per i dettagli e la creazione di un insieme partendo da zero.



    “Amo l’arte e gli aerei, ma non saprei dire quale mi piace di più. Ho iniziato a dipingere quando ero ancora bambino. Ricordo che avevo un album di pittori romeni e tentavo di fare copie delle rispettive opere. Ma mi piacevano anche gli aerei e frequentavo un club per bambini. In alcuni periodi una delle passioni prendeva il sopravvento, avevo periodi in cui dipingevo, altri in cui costruivo aerei e studiavo il pilotaggio, la storia degli aerei”, spiega il pittore.



    George Bajan costruisce aerei che volano. Ogni pezzo, per quanto sia piccolo, è costruito da lui, gli aerei sono copie fedeli di aerei rari e rispettano del tutto i vecchi schemi originali. Le riproduzioni del pittore George Bajan sono costruite con particolare cura per i dettagli, dagli elementi semplici, come la vite nella fusoliera dell’aereo, o la mitragliatrice a bordo identica a una reale, fino ai manichini dei piloti che indossano un casco con il relativo stemma.



    Normalmente, ci aspetteremmo che un pittore dipingesse aerei, perché impressionato dal loro volo. Ma George Bajan ha scelto di costruirli, tagliando ferro e legno. I suoi aerei, realizzati a scale diverse, sono funzionali, si alzano, offrendo a chi guarda l’immagine di uno Stukas, di un Hansa Branderburd con ali di tela, oppure di un Barone Rosso a tre paia di ali, tutti creati da George Bajan con i relativi dettagli tecnici.



    Come viene costruito un aereo da campione, ce lo dice sempre il nostro ospite. “Ho cominciato a costruire queste riproduzioni di aerei per la prima volta quando ero bambino e dopo una pausa di 30 anni ho ripreso questo hobby. Ho cominciato direttamente con un modello particolarmente difficile da realizzare, lo Stukas. Per arrivare a capire il modello mi ci sono voluti anni di esperienza, di studio, ore di pilotaggio con radiocomando. Gli aerei più importanti che ho costruito sono: il Fokker triplano, il Fokker DR1, il Barone Rosso (di Manfred von Richthofen, pilota tedesco nella prima guerra mondiale), a scala di ¼. La prima volta ho comprato un kit e ho messo insieme i pezzi. Ma ci volevano adattamenti per ottenere un aereo migliore e poi dipende anche da ciò che uno vuole realizzare. Ad esempio lo spazio occupato dalle ali, dipende anche dallo spazio che si ha nella macchina per trasportarlo sul campo. Fu il mio primo aereo. Al primo volo non sapevo a che cosa aspettarmi, con tre ali mi pareva impossibile farlo volare. Sono andato anche a qualche dimostrazione e poi ho partecipato ad un campionato nazionale, alla sezione F4C, diventando campione nazionale con questo Fokker triplano. Sono stato veramente molto contento, perché ho realizzato tutte le acrobazie, facendo anche due voli completi estremamente buoni”, aggiunge George Bajan.



    Al di là dell’attrazione per un modello di aereo o per un’altro, il pittore tenta di creare aerei quanto più vicini alle dimensioni reali. “Attualmente sto lavorando ad un modello Hansa Branderburg in scala di ½, con un’apertura di 4,25 m e un peso di fino a 30 chili, che sarebbe l’unico modello del genere nella storia dell’aeromodellismo romeno. Finora nessuno ha tentato di realizzare un copia di dimensioni così grandi che sia quanto più fedele al modello reale. Il mio aereo avrà radiocomando, come tutti gli altri, motore a benzina a due cilindri, gli stessi sistemi elettronici, ma un po’ più forti perché essendo più grande e più pesante, ha bisogno di un sistema più forte. Penso che dopo averlo realizzata in scala di 1/2, non sia poi difficile costruirlo in misura naturale. Anche lo Stukas mi attrae molto, è un emblema nella storia della guerra. Mi piache per la sua immagine aggressiva, di uccello da guerra. I tedeschi lo avevano progettato appunto per spaventare. Un altro aereo che mi ha veramente impressionato è il Newport 11, che fa vedere le ali trasparenti e il fusellaggio coperto di tela, un misto di legno e metallo. Proverei a costruirlo in scala di 1/3”, assicura il pittore appassionato di aeromodellismo. (traduzione di Gabriela Petre)

  • Turismo per i giovani

    Turismo per i giovani

    Di recente, il Ministero per le piccole e medie imprese, l’ambiente d’affari e il turismo romeno ha lanciato il primo cluster di turismo del mondo dedicato ai giovani. L’iniziativa, frutto della collaborazione tra lo Stato e l’ambiente privato, è volta ad aumentare del 10% all’anno il numero dei giovani turisti stranieri che visitano la Romania, soprattutto in età comprese tra i 20 e i 32 anni, che di solito viaggiano all’estero per esperienze, eventi, svago e avventura e preferiscono gli alloggi in ostelli e alberghi poco costosi. Radu Vădeanu gestisce un ostello a Cluj e spiega che la Romania è una destinazione di successo per i giovani.



    “Sicuramente, la Romania gode di successo tra i giovani turisti, anzi ho notato un aumento significativo del loro numero, sia stranieri che romeni. Chi viene a Cluj va soprattutto a visitare i Carpazi Occidentali, altri sono interessati alle città di Sighişoara e Braşov. Si tratta praticamente del classico corridoio turistico Cluj-Sighişoara-Braşov-Bucarest. Altre destinazioni predilette sono la provincia di Maramureş o le cime montane”, Radu Vădeanu.



    Il prezzo per una notte di alloggio comincia da 12 euro con piccola colazione inclusa, dice Radu Vădeanu, che mantiene uno stretto contatto con i turisti. “Ogni giorno entriamo in contatto con decine di turisti stranieri. Abbiamo 50 posti di alloggio e parliamo spesso con i clienti. E’ anche normale visto che si tratta di un albergo per i giovani, uno spazio di alloggio con stanze da letto comuni, di sei o quattro posti, spazi di uso comune e cucina comune. I turisti cucinano insieme ed è un’esperienza inedita per loro assaggiare i piatti tipici di un Paese che non hanno mai visitato. D’estate è indicato prenotare per tempo, ma nel resto dell’anno abbiamo posti sufficienti per ospitare chi vuole alloggiare da noi.”



    Oltre all’alloggio, l’ostello offre anche servizi di guida a Cluj, con itinerari speciali di due o tre ore. Grazie alla collaborazione con un’agenzia di turismo, i giovani possono anche acquistare pacchetti turistici e circuiti in Transilvania. Praticamente per avere una guida nella città di Cluj, si pagano 20 euro a testa, mentre per una gita guidata nei Monti Apuseni il prezzo arriva fino a 40 euro a testa. Radu Vădeanu raccomanda anche un soggiorno nella provincia di Maramureş.



    “Il soggiorno include una notte di alloggio in un villaggio tradizionale, a Poienile Izei, una serata tradizionale con musica e danza, degustazione di piatti tipici, visite a chiese inserite nel patrimonio dell’UNESCO e al memoriale di Sighet, un must see per i turisti stranieri in visita in Romania. Chi vuole può fare anche una gita con un trenino tradizionale chiamato mocăniţa sulla Valle del Vaser. Per un pulmino di otto persone, il prezzo ammonta a circa 80-90 euro a testa”, aggiunge Radu Vădeanu, spiegando anche da dove proviene il maggior numero di turisti stranieri in Romania.



    “La maggior parte arriva dall’Europa, soprattutto da quando sono stati introdotti i voli low-cost anche a Cluj, circa tre anni fa. Vengono anche americani, che però vogliono vedere più Paesi. Abbiamo anche turisti dall’Asia, giapponesi e coreani. Ricordo che un giapponese al quale ho chiesto che cosa gli era piaciuto di più in Romania mi ha detto il cielo, perché in Giappone non riusciva a vedere le stelle a causa delle luci della città. Da noi, nei monti Apuseni aveva visto un cielo fantastico e per lui era stata una cosa del tutto speciale vedere il cielo di notte in Romania”, dice ancora Radu Vădeanu.



    Molti dei giovani europei che arrivano in Romania conoscono il programma Euro 26. Florin Maxim, direttore presso l’Associazione Euro 26 Romania, membro dell’Europeans Card Association, ci spiega i vantaggi.



    “Euro 26 è una tessera destinata ai giovani con età comprese tra i 14 e i 30 anni che viene distribuita gratuitamente in Romania. Fa parte della rete Europeans Card, fondata 28 anni fa in Europa. Attualmente la rete include 38 Paesi e 42 organizzazioni partner. La Comunità europea conta al momento circa cinque milioni di giovani possessori di tessere del genere, mentre in Romania il loro numero ammonta a 40-50.000. Praticamente, i possessori di Euro 26 godono di sconti e possono partecipare a eventi e progetti dedicati a loro.”



    Florin Maxim raccomanda ai giovani turisti alcune destinazioni. “Bucarest, perché ci sono molti posti in cui si può usare la tessera: fra musei, teatri, luoghi di svago, ristoranti e club. La vita notturna si è sviluppata molto a Bucarest e i giovani ne sono molto interessati. Altre zone interessanti con una rete di sconti in base alla tessera Euro 26 molto diffusa sono le città di Timişoara e Cluj.”



    Se scegliete di fare una viaggio in Romania, in città o in montagna, troverete programmi turistici pensati appositamente per i giovani. Dovete semplicemente rivolgervi ad un’agenzia di viaggi. (traduzione di Gabriela Petre)

  • Conferenza sulla Grande Guerra a Bucarest

    Conferenza sulla Grande Guerra a Bucarest

    25 studiosi e ricercatori di fama internazionale, accanto a storici ed esperti romeni, si sono riuniti nella capitale romena alla conferenza internazionale “The Road to the “Unwanted” War of 1914”, organizzata il 9 e il 10 ottobre dal Ministero degli Affari Esteri e dalla Facoltà di Storia dell’Università di Bucarest.



    Nel centenario dello scoppio della Grande Guerra, la conferenza è stata volta ad esaminare il conflitto da una prospettiva multidisciplinare. Il programma ha incluso interventi e presentazioni dai più svariati campi – culturale, sociale, militare, ma anche la storia dell’arte, lo studio della guerra, scienze politiche e filosofia.



    Aprendo i lavori della conferenza, il segretario di stato al Ministero degli Esteri romeno, Radu Podgorean, ha sottolineato che “per gli stati dell’Europa, il significato e gli echi dell’anno 1914 sono rimasti particolarmente profondi fino ad oggi. Per la Romania, la fine della guerra ha portato una nuova pagina della sua storia, e il prezzo pagato ha significato oltre un milione di militari e più di 250.000 civili uccisi”.



    L’Europa dei nostri giorni si sta costruendo anche in base agli insegnamenti tratti dalle due guerre mondiali, ha ricordato ancora Radu Podgorean. “Segniamo il centenario dello scoppio della prima Guerra mondiale in contemporanea al 25esimo anniversario di democrazia nell’Europa centro-orientale — un altro punto di riferimento nella storia dell’Europa e del mondo intero”, ha aggiunto il segretario di stato.



    Tra gli ospiti stranieri alla conferenza di Bucarest, esperti, ricercatori e studiosi di Gran Bretagna, Stati Uniti, Austria, Francia, Germania, Serbia. L’Italia è stata rappresentata da Marco Bresciani, ricercatore all’Università di Pisa, e Anna Grillini dell’Università di Trento.



    Nel suo intervento, lo studioso Marco Bresciani ha fatto riferimento alle origini euroasiatiche della prima Guerra mondiale, presentando la chiave di lettura proposta dallo storico e filosofo francese Elie Halévy, il quale, negli studi dedicati al conflitto, partiva dalla guerra russo-giapponese del 1904-1905.



    In un’intervista a Radio Romania Internazionale, Marco Bresciani ha parlato anche del ruolo della Romania e dell’Italia nella Grande Guerra.



  • Il Ponte di Cernavoda

    Il Ponte di Cernavoda

    L’Unità e la coesione del nuovo Regno di Romania nel periodo compreso tra il 1859 e il 1877-1878 si realizzò anche grazie alle ferrovie. Dal 1859 al 1866, con il regno del principe Alexandru Ioan Cuza, furono gettate le basi dello stato romeno e delle sue istituzioni. L’unificazione propriamente detta seguì negli anni 1866 e 1877-1878 quando, con l’indipendenza e il riconoscimento internazionale, la Romania diventò più facile da attraversare, agevolando la mobilità economica e sociale dei suoi cittadini. Nel 1869 fu inaugurata la ferrovia Bucarest-Giurgiu, e dopo il 1870 un’altra collegava Bucarest a Iasi, la vecchia capitale della Moldavia.



    Nel 1878, in seguio alla Conferenza di pace di Berlino, la Romania ricevette la Dobrugea come risarcimento di guerra. Per fare diventare la nuova provincia parte integrante del Paese, la soluzione era quella di costruire delle ferrovie. Una soluzione per far arrivare la nuova via sul litorale, era un immenso ponte sul Danubio, allora il più spettacolare dell’Europa. Un altro ponte per la ferrovia era stato costruito nel 1879, quando era apparso il progetto della ferrovia Bucarest-Sinaia-Brasov, ma uno sul Danubio non era stato possibile. Intorno al 1878, durante i negoziati sulla futura frontiera meridionale della Romania, era apparsa l’idea della costruzione di un ponte sul Danubio, tra le città di Călăraşi e Silistra.



    Il progetto del grande ponte sul Danubio fu una delle ambizioni del principe Carlo, diventato ulteriormente Re Carlo I, dalla cui morte sono ricorsi 100 anni, il 27 settembre 2014. Nel 1879, cominciò la costruzione della ferrovia Bucarest-Cernavoda, che doveva connettersi con un’altra fra Cernavodă e Costanza costruita dall’amministrazione ottomana della Dobrugea nel 1860. Dieci anni dopo, nel 1890, alla presenza di re Carlo I, cominciarono i lavori al ponte di Cernavodă. Il responsabile del progetto era l’ingegnere Anghel Saligny, mentre la sovrastruttura metallica del ponte doveva essere progettata dal famoso ingegnere Gustave Eiffel. I negoziati con Eiffel fallirono, per cui il ponte fu costruito dalla compagnia delle Ferrovie Romene.



    Il ponte era impressionate, con un’apertura centrale di 190 metri, costruito a 30 metri sopra il fiume per permettere il passaggio anche alle navi con alberi molto alti. Assieme alle rampe di accesso, i 4087,95 metri formavano il più lungo complesso di ponti mai costruito in Romania, e il terzo nel mondo come lunghezza. Pesava 16.500 tonnellate e costò, assieme alle stazioni, 35 milioni di lei oro.



    Alla sua inaugurazione, nel 1895, fu testato da 80 locomotive che lo attraversarono con la velocità di 80 chilometri orari. Come attrattive, vanno ricordate due immense statue in bronzo, raffiguranti i soldati caduti nella guerra d’indipendenza della Romania, opere dello scultore francese Léon Pilet (1836-1916). Una parte del compenso per le due statue fu pagata dall’Ambasciata di Francia come regalo al popolo romeno.



    Il ponte subì gravi danni nelle due guerre mondiali, ma non fu distrutto neanche dai raid sovietici durante il secondo conflitto. Il ponte di Cernavoda intitolato inizialmente a re Carlo I, fu chiamato Anghel Saligny negli anni del regime comunista, per cancellare il re dalla memoria pubblica. La sontuosa costruzione venne chiusa nel 1987 e dichiarata monumento, dopo l’inaugurazione del secondo ponte, a 80 chilometri dal primo. (traduzione di Gabriela Petre)

  • Oradea – città cosmopolita

    Oradea – città cosmopolita

    Sita a 20 chilometri dal confine con l’Ungheria, Oradea, capoluogo della provincia di Bihor (ovest della Romania) è una città cosmopolita e multiculturale, dichiarata nel 2014 la più bella del Paese da un sondaggio online. La città è ricordata nei documenti già dal 1113, mentre la fortezza, le cui vestigia sono visibili a tutt’oggi, fu attestata per la prima volta nel 1241. Nel Medioevo, Oradea era un vero è proprio mosaico etnico, in quanto abitata da romeni, ungheresi, austriaci, slovacchi, ebrei o turchi.



    Mircea Oaie del Comune di Oradea vi invita a scoprire la città. “Certamente, Oradea è una città apprezzata dai turisti. Abbiamo ristrutturato il centro storico e anche la Fortezza di Oradea. Tra le attrattive culturali di questo periodo, ricordo il Festival internazionale di teatro breve, e dal 3 al 12 ottobre, gli eventi dedicati alla Giornata della città”, spiega Mircea Oaie.



    Un altro obiettivo importante è la Cattedrale intitolata alla Vergine, chiamata anche la Chiesa della Luna, un edificio in stile barocco, risalente agli anni 1784-1790, interessante per la torre in cima alla quale si trova una sfera che, tramite un meccanismo realizzato dall’orologiaio Georg Rueppe, indica le fasi lunari. Il meccanismo funziona ancora oggi.



    Bellissime la Cattedrale Greco-Cattolica San Nicola e la Chiesa di San Giorgio, della stessa confessione, ma anche la Cattedrale Romano-Cattolica, la più grande basilica in stile barocco in Romania, eretta tra il 1750 e il 1780, che attira per la bellezza delle decorazioni interne. La Schiera dei Canonici è un’altra costruzione in stile barocco, eretta nel 1773, che ha sulla facciata un corridoio lungo 100 m che dispone di 25 arcate sostenute da pilastri rettangolari.



    Il Palazzo Barocco doveva fungere da sede del Vescovato Romano-Cattolico di Oradea. E’ un palazzo a forma di U, a tre piani, con un tetto tipico del barocco austriaco. La sua costruzione fu avviata nel 1762 e durò 15 anni. Il Palazzo Barocco, la Basilica Santa Maria e la Schiera dei Canonici formano il più importante complesso barocco della Romania e uno dei più rappresentativi dell’Europa.



    Un altro edificio di interesse a Oradea è quello del Teatro di Stato, la cui costruzione fu avviata nel 1899. E’ uno dei più riusciti esempi di eclettismo a Oradea.



    L’inizio del XXesimo secolo portò uno stile nuovo nella città, diverso da quelli accademici, lo stile Secession. Un simile edificio è il Palazzo l’Acquila Nera, in cui attualmente si trova l’omonimo albergo. Sempre in quel periodo fu costruito il Palazzo Apollo — attualmente il negozio Unic, in stile Secession Berlinese, con decorazioni che ricordano lo stile Empire.



    A Oradea il turista è accolto da un’atmosfera che abbina passato e presente. Posti di alloggio ce ne sono tanti, da alberghi a tre, quattro e cinque stelle, agli agriturismi siti nei pressi della città. Mircea Oaie ci ha svelato alcune delle sorprese del Festival Autunno a Oradea.



    “Tra i gruppi invitati a tenere concerti, ricordiamo Mezzoforte dell’Islanda, Brody Ianos dell’Ungheria, il gruppo romeno Pasărea Colibri, con un invitato speciale, Dan Andrei Aldea, che torna in Romania dopo 33 anni. Molti eventi si svolgeranno nel parco 1 Dicembre. L’11 ottobre quattro gruppi militari di Costanza, Bucarest, Bistriţa e Oradea, suoneranno per la prima volta nell’ambito di un Festival della musica militare, una novità per la città di Oradea. Il 12 ottobre si esibirà invece Culture Beat, un gruppo conosciuto negli anni ‘90. Vi aspettiamo a Oradea, con la speranza che scoprirete una città nuova, più viva, in cui vi sentirete come a casa”, assicura il rappresentante del Comune. (traduzione di Gabriela Petre)

  • La Chiesa fortificata di Saschiz

    La Chiesa fortificata di Saschiz

    Sita nel centro della Romania e abitata agli inizi dai sekleri e poi da sassoni, la località di Saschiz si è fatta notare lungo i secoli per due elementi tipici degli insediamenti tedeschi della Transilvania: la chiesa fortificata e la fortezza contadina. La chiesa, collocata nel centro della città, è uno dei più grandi ed impressionanti luoghi di culto sassoni e oggi può essere ammirata, nella sua forma iniziale, quasi inalterata, passando proprio per la strada principale che attraversa la località. Intitolata a Santo Stefano, la chiesa ha 22 contrafforti e la sua costruzione è durata molto, come racconta lo storico Alin Pora, coautore della “Monografia della località di Saschiz”.



    “Gli inizi di questo monumento architettonico risalgono al 1495, ma la costruzione fu ultimata nel 1525. Per far erigere l’edificio fu necessario l’intervento del Comitato sassone di Sibiu. Si conservano persino i documenti attestanti le tranche in cui le autorità di Sibiu avevano mandato i soldi: tre tranche ciascuna di 25 galbeni. Dal punto di vista architettonico la chiesa è costruita in stile tardo gotico. Un elemento speciale nella costruzione di questa chiesa è la creazione, sopra la volta, di un posto in cui gli arcieri si difendevano nell’eventualità di attacchi contro la comunità. Inizialmente, la chiesa fortificata aveva anche un muro di fortificazione che con il passare del tempo fu distrutto e non più ricostruito. Forse anche perché poco dopo la costruzione della chiesa venne eretta anche la fortezza contadina di Saschiz, che fungeva sia da residenza che da deposito delle provviste in tempi di pace. In tempi di guerra invece, serviva da luogo di riparo per la popolazione”, spiega lo storico.



    Ricerche archeologiche recenti rilevano che, nonostante alcune ipotesi iniziali, la Chiesa Santo Stefano non era stata costruita sopra una basilica più antica, per cui le dimensioni e l’aspetto sono quelli originali. Nel 1677 la torre principale fu sopraelevata, sul modello della Torre dell’Orologio di Sighisoara, città con la quale Saschiz (oppure Keisd, in tedesco), era in competizione nel Medioevo.



    “La fortezza fu costruita sempre a scopi difensivi. Alla sua costruzione parteciparono, secondo la leggenda, gli abitanti di sette villaggi. Non si poteva passare per Saschiz se non si faceva un minimo sforzo per la fortezza. Ad esempio, i mercanti di passaggio dovevano lasciare le merci all’ingresso nel villaggio, caricare pietra nei carri, portarla su alla fortezza e solo dopo riprendersi le merci e attraversare il comune. La fortezza risale più o meno allo stesso periodo come la chiesa. Aveva sette torri, una essendo la torre della scuola, perché i sassoni puntavano molto sull’istruzione sin dai tempi più remoti. La chiesa è collocata al centro della località, mentre la fortezza è ubicata in cima ad un colle, a nord della chiesa e della torre”, aggiunge Alin Pora.



    Oltre alla torre della scuola, la fortezza contadina di Saschiz vantava anche altre torri: la torre della porta, la torre principesca sul lato settentrionale, la torre del prete e quella della munizione. (traduzione di Gabriela Petre)

  • Il Monastero di Hurezi

    Il Monastero di Hurezi

    Il Monastero di Hurezi, eretto dal principe Constantin Brâncoveanu nel 1689, il secondo anno di regno, si trova a Horezu, in provincia di Vâlcea (sud della Romania). Fu ideato come luogo di culto impressionante e necropoli principesca. Decapitato per ordine del sultano 300 anni fa, il 16 agosto del 1714, assieme ai suoi quattro figli, tra l’altro per essersi rifiutato di convertirsi all’islam, Constantin Brâncoveanu è stato canonizzato dalla Chiesa Ortodossa Romena. I 25 anni di pace instaurata dal principe nella Valacchia gli hanno permesso di far costruire numerosi luoghi di culto e di sviluppare il cosiddetto stile “brâncovenesc”, inaugurato a Hurezi, la sua prima costruzione. Ci accompagna Suor Ecaterina Olteanu, guida al Monastero di Hurezi.



    “Brâncoveanu regnò per un periodo molto lungo e privo di guerre e come ogni buon cristiano, era anche un ottimo diplomatico. In tempi di pace, riuscì ad occuparsi di questioni economiche, culturali e religiose. Durante il suo regno vi fu una sola battaglia, a Zărneşti, sul territorio dell’allora Transilvania. Ulteriormente gettò le basi del monastero di Hurezi. Quattro anni prima di essere nominato principe aveva acquistato il dominio di Huhurezi, dove allora c’era solo un grande bosco in cui vivevano molti gufi (in romeno huhurezi), che si sentono ancora oggi nella zona”, spiega la monaca.



    Per costruire il Monastero, Brâncoveanu si rivolse ad artigiani molto bravi, tra pittori, muratori e falegnami i cui nomi e ritratti si sono conservati sulle mura della chiesa, rompendo in questo modo la tradizione medioevale secondo la quale gli artigiani dovevano restare anonimi. Il monastero è un insieme di edifici più grandi e più piccoli, ciascuno con il proprio significato e valore artistico. Facciamo un giro virtuale assieme a Suor Ecaterina Olteanu.



    “Si entra dalla prima porta, dove ci sono anche i giardini, e si sale poi su un sentiero custodito ai lati da più noci. Si entra poi dalla seconda porta, dove c’è la fontana di Hrisant, uno dei priori che hanno fatto aggiungere un altro corpo di edifici, sul lato meridionale verso ovest. Segue lo spazio sacro con la chiesa. Oltre ai cortili, esiste un eremo per ogni punto cardinale. A sud, c’è la Chiesa del villaggio. Come tutti i vecchi monasteri, anche questo dispone di una specie di ospedale, fatto costruire dalla moglie del principe. Siccome all’epoca non c’erano veri e propri ospedali, i monaci e le suore trattavano i malati isolati in questa parte del monastero con cure, il più delle volte, naturiste”, aggiunge Suor Ecaterina.



    I visitatori sono attratti sin dall’entrata dagli elementi originali della chiesa del Monastero. “Prima di entrare nella chiesa, c’è l’atrio, allargato, come anche il pronao. E’ sostenuto da 10 colonne e dispone di bellissimi affreschi. Lo stesso tipo di atrio è tipico anche di altre chiese, tra cui il monastero di Cozia, ad esempio, il quale, sebbene sia più antico, contiene nella navata affreschi in stile brâncovenesc. Testimonianze dello stesso stile si ritrovano anche in altri monasteri sulla Valle dell’Olt come Dintr-un Lemn, Bistriţa e Surpatele, fatta erigere dalla consorte di Brâncoveanu, Maria”, spiega ancora Suor Ecaterina.



    Dalla sua fondazione fino al 1872, Hurezi è stato monastero di monaci diventando poi di suore. E’ rimasto fino ad oggi il più ampio complesso architettonico medioevale conservato nella Valacchia e inserito nel patrimonio culturale mondiale dell’UNESCO.

  • Il taxi delle caramelle

    Il taxi delle caramelle

    Sulle strade di Bucarest circolano oltre 10.000 taxi. Come in qualsiasi capitale del mondo, i tassisti hanno delle storie personali molto interessanti. Molti sono ingegneri, ex docenti, gente di vari profili professionali. Non dovete dunque meravigliarvi se, non appena saliti sul taxi, l’autista vi saluterà in una lingua veicolare e potrà fare conversazione su qualsiasi argomento, dal calcio alla filosofia, dalla storia alla politica … I tassisti sono bravi quasi in ogni campo. La concorrenza è molto stretta, perciò cercano di fidelizzare in qualche modo i propri clienti.



    Vogliamo presentarvi l’ingegnere Cristian Roman, fuorviato dalla sua carriera soprattutto dalla crisi economica, che ha colpito l’intero mondo dal 2008. Cristian aveva investito tempo e denaro in uno studio finalizzato alla fabbricazione delle mazze da golf di un nuovo tipo di legno, il cosiddetto Valachian Willow. Purtroppo la crisi ha rovesciato i suoi piani, lasciandolo anche senza risparmi, per cui è arrivato a fare il tassista.



    Ho scelto di fare il tassista perchè volevo fare qualcosa di interessante. Siccome il lavoro di autista è routine al 90%, dovevo controbilanciare in qualche modo questo aspetto. Ho pensato che dovevo farmi conoscere in qualche modo. E come? Con le caramelle. Ho cominciato ad offrire delle caramelle ai clienti. Se la persona che passa 5, 7, 10 minuti con me e si sente bene, una parte del suo benessere resta in macchina. Allora anch’io, che passo nella macchina 10-14 ore al giorno, mi godo quest’atmosfera positiva. Il mio cliente diventa in questo modo un ospite”, spiega Cristian.



    Così la sua auto è diventata… il taxi delle caramelle”. Non è però la prima macchina delle caramelle che guida. La storia è molto più vecchia e inizia negli anni una ventina di anni fa.



    Negli anni ‘90 ai semafori c’erano bambini di strada che lavavano i parabrezza, si trattava di una specie di elemosina mascherata. Ho deciso di non dare loro soldi perché ero certo che sarebbero finiti nelle tasche dei loro manager”, nascosti fra i cespugli. Ho deciso di regalare ai bambini delle caramelle. La mia macchina era così conosciuta negli incroci di Piazza Unirii, che quando mi avvicinavo al semaforo, sentivo subito E’ arrivata la macchina delle caramelle!”. E la mia macchina si riempiva di bambini”, ricorda il tassista.



    Oggi i ragazzini lava-parabrezza sono quasi scomparsi dagli incroci. Però il Cristian Roman aspetta i suoi clienti con bigliettini e matite colorati e tre tipi di caramelle: al caffé per gli adulti, alla frutta per i bambini e con gelatina di frutta per quelli più piccoli. Certo, solo a coloro che disegnano o entrano nel suo gioco riconosci l’interprete”.



    I bambini ricevono tante caramelle che non possono mangiarle tutte. Non possono neanche disegnare tutte le caramelle che ricevono da me. Spesso non se ne vogliono più andare. Dicono: Nonnina, facciamo un altro disegno e scendiamo.” Non potete immaginare la gioia che ti da’ un bambino felice. Quando ti dice ti prego, non andartene!” ti si scioglie il cuore”, dice Cristian.



    Agli adulti che disegnano spetta la regina delle caramelle: un chicco di caffé con menta e ricoperto di cioccolato. Per chi riesce a indovinare una canzone messa da Cristian Roman, senza utilizzare i vari software, la ricompensa è grande: tutte le caramelle del cestino del giorno. Anche su questo, le maggiori sorprese arrivano dai bambini, dice Cristian Roman.



    Una sorpresa estremamente piacevole me l’ha fatta una signorina, una ragazzina di circa 10 anni che studiava il pianoforte al liceo di musica Dinu Lipatti”. Le ho detto che avrei messo una canzone di un interprete straordinario che la gente non conosce come pianista, ma solo come compositore e interprete. Se avesse indovinato le avrei regalato tutte le mie caramelle. Aveva a disposizione tre prove. La prima volta ha sbagliato, la seconda era vicina, la terza volta mi ha sussurato all’orecchio Ray Charles?” Dopo un momento di silenzio, per creare un po’ di suspence, come nei programmi televisivi, le ho dato tutte le caramelle. Una ragazzina di 10 anni conosceva, aveva sentito e aveva come brano prediletto una canzone di Ray Charles”, ricorda ancora Cristian.



    Certo, non tutti riconoscono le canzoni, non tutti disegnano. Cristian Roman ci mette un po’ a pensare se ha conosciuto tra i clienti un imbronciato assoluto.



    Ce ne sono pochi, perché ogni taxi ha i passeggeri che si merita. Ho incontrato gente svogliata che è entrata nel mio gioco, affascinata dalle energie rimaste nella mia macchina, ma anche persone cupe che, dopo essere scese, si sono pentite di non aver partecipato al gioco. Però persone esageratamente imbronciate non ho incontrato”, dice ancora Cristian.



    I disegni realizzati dagli ospiti del taxi delle caramelle vengono plasticati e poi venduti nell’ambito di programmi attentamente scelti, ci ha spiegato Cristian Roman.



    Ci sono stati due programmi: il primo, una raccolta di fondi per i bambini del Centro diurno Cireşarii, in cui si partiva dalla favolosa somma di 50 bani per un segnalibro. Il 1 giugno sono riuscito a portare delle caramelle ai bambini. Ora sto preparando un altro programma. Una mostra alla casa del té Serendipity: segnalibri in cambio di libri per bambini. I miei colleghi hanno già avviato un’azione di raccolta di libri, che non devono essere assolutamente nuovi, ma in buono stato. I libri arriveranno negli ospedali per bambini di Bucarest e, se ce ne saranno abbastanza, li manderemo anche in altre città. Dunque faccio anche l’annuncio ufficiale: è nata la Biblioteca Il taxi delle caramelle”, conclude il nostro ospite.



    Questa è la storia di Cristian Roman, l’ingegnere che guida il Taxi delle Caramelle”. Se vi capita di salire sulla sua macchina, entrate nel suo gioco e cercate di vincere la squisitissima regina delle caramelle. (traduzione di Gabriela Petre)

  • Giornata Lingua Romena: celebrazioni nel Paese e all’estero

    Giornata Lingua Romena: celebrazioni nel Paese e all’estero

    Fiere di libro, recital di poesia, dibattiti ed eventi musicali segnano in Romania, nella confinante Moldova e presso gli istituti culturali all’estero la Giornata della Lingua Romena. L’accademico Eugen Simion ha parlato a Radio Romania del significato di questa festa.



    Personalmente, sono felice che i romeni celebrano la propria lingua una volta all’anno, che stanno meditando all’evoluzione delle lingue, si domandano se la parlano bene e, allo stesso tempo, ragionano perchè sia importante badare alla nostra lingua”, ha detto l’accademico, sottolineando che la lingua di un Paese è il primo elemento dell’identità di quel popolo”.



    Anche il presidente Traian Basescu sottolinea in un messaggio che la lingua romena è uno dei simboli fondamentali dell’unità nazionale. Il capo dello stato ha ringraziato i romeni del Paese e soprattutto dall’estero, che fanno degli sforzi per parlare la lingua materna e per conservare le usanze e le tradizioni. Inoltre, il presidente si è congratulato con tutti coloro che, attraverso la lingua romena, raggiungono delle performance culturali, che rendono conosciuti il Paese e il popolo romeno nell’intero mondo.



    La lingua romena rappresenta il principio elementare identitario” per le comunità romene all’estero e un fattore essenziale di vitalità culturale e spirituale”. Lo sottolinea anche il capo della diplomazia, Titus Corlatean, citato da un comunicato del Ministero degli Esteri.



    La lingua romena rappresenta l’elemento di coesione di tutti i romeni, a prescindere dal Paese in cui vivono, che unisce tutti i nostri connazionali, costituendo dappertutto un legame di cui ne siamo orgogliosi e attorno al quale stiamo strutturando il destino nazionale”, afferma il ministro. Il capo della diplomazia valuta che l’appartenenza del romeno alla latinità comprova che la nostra intera cultura fa parte del patrimonio europeo ed è un elemento della nostra identità europea”.



    Titus Corlatean aggiunge che gli impegni e gli iter costanti del Ministero degli Affari Esteri volti a incoraggiare lo studio della lingua materna nelle comunità romene e negli ambienti accademici all’estero, insieme allo svolgimento di progetti educativi in partenariato con vari stati, contribuiscono alla promozione dell’immagine della Romania nel mondo e alla crescita del suo prestigio internazionale.



    Radio Romania dedica ampi spazi nei suoi programmi alla Giornata della Lingua Romena.



    Ai sensi della legge sull’istituzione della Giornata della Lingua Romena, adottata nel 2013, le autorità e le istituzioni pubbliche, comprese alle rappresentanze diplomatiche e gli istituti culturali romeni all’estero, organizzano eventi culturali ed educativi per celebrare la Giornata, festeggiata per la prima volta il 31 agosto 2013.



    La Giornata della Lingua Romena viene celebrata all’estero da una serie di eventi organizzati dall’Accademia di Romania in Roma e dagli Istituti Culturali di Budapest, Chisinau, Istanbul, Lisbona, Madrid, New York, Parigi, Praga, Stoccolma, Tel Aviv, Varsavia o Vienna.

  • Ritratto di Sergiu Celibidache

    Ritratto di Sergiu Celibidache

    Sergiu Celibidache è stato uno dei più importanti direttori d’orchestra del mondo. Nato il 28 giugno 1912, a Roman, in provincia di Neamţ (est della Romania), dopo gli studi liceali nella sua città, ha passato gli anni successivi a Iaşi, prendendo lezioni di pianoforte e composizione. Nel 1936, partì per Berlino, studiò all’Accademia di Musica con i professori di composizione Walter Gmeindl e Heinz Tiessen. L’arte della direzione di un’orchestra gli fu svelata per la prima volta, nel 1945, dal celebre Fritz Stein, direttore pro tempore della famosa Orchestra Filarmonica di Berlino, il cui direttore, Wilhelm Furtwängler, era stato sospeso dall’incarico perchè sospettato di aver collaborato con il regime nazista. Fino al 1952, quando Furtwängler fu riabilitato e divento di nuovo capo dell’orchestra, Celibidache diresse oltre quattrocento concerti dell’orchestra filarmonica di Berlino, imponendosi come personalità musicale di eccezionale valore artistico.



    In una registrazione conservata nell’archivio della Società Romena di Radiodiffusione, Sergiu Celibidache dichiarava che l’arte non è qualcosa in sé, per avere diritto o debiti. L’arte è ciò che uno fa’ della sensazione che lo commuove. L’arte resta nell’uomo. La cultura non è altro che la strada verso la libertà. L’arte è libertà, anche se ti conquista tramite le sensazioni. Non ho mai avuto bisogno di equilibrio, come non ho mai avuto la sensazione di essere squillibrato. Ho avvertito spesso il bisogno di giocare con il suono, trasmettere le gioie, fissarle, come anche i dolori…”



    Sergiu Celibidache fu deluso nel 1954, quando l’orchestra filarmonica di Berlino designò Herbert von Karajan direttore d’orchestra a vita, come successore di Furtwängler. Per un certo periodo, non ebbe più un incarico permanente, essendo però invitato a dirigere orchestre sinfoniche europee di spicco, tra cui l’Orchestra della Radio di Stoccarda, l’Orchestra Nazionale di Parigi, l’Orchestra Sinfonica della Radio di Stoccolma. Dal 1960 al 1962, Sergiu Celibidache tenne corsi di perfezionamento nell’arte del dirigere presso l’Accademia di Musica di Siena, più tardi a Fontainebleau e Monaco di Baviera, per giovani direttori d’orchestra selezionati con cura, secondo gli esigenti criteri del maestro.



    Per la sua attività artistica, Sergiu Celibidache fu insignito di numerose onorificenze. Nel 1992, venne nominato cittadino d’onore della città di Monaco di Baviera e, nello stesso anno, membro onorario dell’Accademia Romena e doctor honoris causa dell’Università di Iaşi. Un anno dopo, fu insignito dell’Ordine Maximillian alla Scienza e all’Arte della Germania. Si spense il 14 agosto 1996, nella sua residenza di La Neuville-sur-Essonne, vicino Parigi. (traduzione di Gabriela Petre)