Category: Raccontare Romania

  • Opere di Brancusi nei musei del mondo

    Opere di Brancusi nei musei del mondo

    Alla fine del 1913, le prime opere di Brancusi sbarcavano in terra americana, inviate dall’autore stesso per l’Esposizione Internazionale di Arte Moderna di New York, detta anche “Armory Show”. “La testa”, “Mademoiselle Pogany II”, “Testa di bambino”, “Musa addormentata II” e “Pesce” hanno subito richiamato l’attenzione del pubblcico, dei collezionisti e dei critici d’arte.



    Ciò spiega perché, attualmente, le più numerose opere di Constantin Brancusi, il celebre scultore, ritenuto il più conosciuto artista romeno oltre confine, si trovano in musei e collezioni statunitensi. Il critico d’arte Catalin Davidescu ricorda che le opere di Brancusi sono sparse per tutto il mondo, nei maggiori musei e nelle più prestigiose collezioni.



    “La maggior parte delle opere si trova soprattutto al Museo d’Arte Moderna di New York e a Guggenheim, sempre a New York. Ma anche su tutto il territorio degli USA, in Pennsylvania, Atlanta, Philadelphia — musei d’arte riconosciuti a livello internazionale che custodiscono varie opere sue. Ce ne sono in musei universitari, come quello di Berkeley, ma anche in Europa. Il Museo di Arte Moderna Centre Georges Pompidou, dove si trova anche l’atelier di Brancusi, custodisce, oltre alle opere rimaste nell’atelier, altre ancora. In Inghilterra, presso la Tate Gallery e nella Galleria di Arte Moderna di Oxford Museum. A Canberra, nel Museo Kunsthalle Zurich… In Romania solo due musei custodiscono i capolavori del grande scultore: il Museo Nazionale d’Arte di Bucarest e il Museo d’Arte di Craiova. A Bucarest si trovano circa 11 opere di Brancusi, a Craiova – la più famosa, Il Bacio”. Il Museo di Craiova custodisce cinque opere più alcune del periodo artigianale di Brancusi — l’écorché” – una scattola per i gioielli scolpita e una sedia del periodo in cui l’artista studiava presso la Scuola di Arti e Mestieri di Craiova”, spiega il critico.



    Il destino delle opere fu diverso, dipendendo anche dal “destino” della loro notorietà, aggiunge ancora Catalin Davidescu. “Va ammesso che sono stati gli americani a scoprirlo, ovviamente in seguito al famoso caso tra Brancusi e la dogana americana che l’ha accusato di aver spedito metallo negli USA, mentre si trattava infatti di un’opera d’arte. Ulteriormente però gli americani investirono nelle sue opere e la sua fama in Europa e nel resto del mondo è giunta molto tempo dopo la notorietà americana. I prezzi alti e molto alti, di decine di milioni di euro, delle sue opere apparvero nella seconda metà del XXesimo secolo, a fine Novecento e inizio del successivo secolo. Purtroppo, sebbene la Francia e la Romania siano stati i Paesi più cari al grande scultore, non sono state esse a promuovere intensamente la creazioni di Brâncuşi, è questa la realtà. A cominciare dall’Armory Show e dall’inizio del Novecento, la sua creazione fu promossa negli USA e solo dopo diventò conosciuta a livello internazionale”, dice Catalin Davidescu.



    Alcune delle sculture di Constantin Brancusi furono rinvenute in circostanze del tutto speciali, come racconta il critico. Mi è molto cara la storia del ritrovamento di Vitellio”, una delle opere realizzate quando Brancusi studiava le Belle Arti a Bucarest. La scultura è stata rinvenuta nella soffitta della prefettura provinciale di Dolj dopo il 1944 da un noto specialista romeno della sua arte, Vasile Georgescu Paleolog, che ha scritto anche la prima monografia di Constantin Brâncuşi e che era anche un suo grande amico. E sempre lui racconta la storia delle opere di Craiova: Il Bacio”, due teste di bambini e La Coscia”, opere custodite nel Museo d’Arte di Craiova e rivenute nel villaggio di Ostroveni, dove aveva dei patrimoni Victor Popp, collezionista e amico dell’artista. Dopo la nazionalizzazione dei patrimoni (durante il regime comunista — ndr), nel 1949, Il Bacio” fu usato dalle persone che erano entrate nella casa di Popp – che fungeva ormai da cooperativa del villaggio – come pietra in un barile con verza in salamoia. Il recupero di queste opere non fu difficile, il presidente della cooperativa si ricordava di aver visto delle cose speciali, ma non sospettava che si trattasse di opere d’arte. Come racconta Paleolog nei suoi ricordi, due bronzi, L’Orgoglio” e Testa di ragazzo”, furono trovati sulla terrazza della villa, accanto ad una certa quantità di uva messa ad essiccare. Il Bacio” era nel barile di verza, perchè era una pietrà buona, quasi rettangolare e abbastanza pesante da tenere la verza sotto la salamoia, mentre La Coscia” era stata buttata in un angolo della villa come un pezzo di marmo qualsiasi”, conclude il critico Catalin Davidescu.



    E’ ben noto che, per lo scultore Constantin Brancusi, a casa” significava in tutto il mondo, così come anche le sue opere sono sparse per tutto il mondo. Ovunque guardo vedo la forza e l’influenza di Brâncuşi. Lui continua ad essere il più moderno tra gli scultori moderni”, diceva Paul Kasmin, la cui galleria ha ospitato l’anno scorso la mostra Brancusi a New York 1913 – 2013”. (traduzione di Gabriela Petre).

  • Viaggio su Transfagarasan

    Viaggio su Transfagarasan

    Si chiama Transfagarasan ed è una delle più spettacolari strade di Romania, che attraversa la catena montana più alta, quella dei Monti Fagaras. Il paesaggio da mozzafiato rende la zona una destinazione per tutti, però consigliabile agli autisti sperimentati.



    Corina Sava, manager di un’azienda che gestisce tre alberghi e uno chalet, parla sempre volentieri della strada lunga 92 kilometri, con 27 ponti e viadotti, ma anche con il più lungo traforo del Paese.



    E’ la più spettacolare strada in Romania e nel top mondiale. Come risulta dal suo nome stesso, attraversa i Monti Fagaras, i più alti del Paese. Arriva all’altitudine massima di 2.042 metri nella zona del lago glaciale Balea. Sempre qui si trova anche il traforo più lungo di Romania, di 887 metri. Questa pittoresca strada annovera attrattive turistiche uniche nel Paese e nel mondo: laghi glaciali, cascate, la diga e il lago di Vidraru e, non in ultimo, passa presso la Fortezza Poenari, il cui nome è legato a Dracula”, spiega Corina Sava.



    Il Transfagarasan è aperto solo dalla primavera in autunno. Vicino al lago di Balea, a 2.034 metri di altitudine, dal 2005 viene costruito ogni anno l’unico albergo di ghiaccio di Romania e dell’est europeo. E’ circolare ed ha otto stanze doppie, un bar e un ristorante. Dopo l’albergo è stata costruita anche una Chiesa di ghiaccio. Quese inedite costruzioni hanno riscosso grande successo.



    Dumitru Grecu gestisce un albergo di quattro stelle sul Transfagarasan. Abbiamo costruito un albergo di quattro stelle sulla struttura di un vecchio chalet. Se il brutto tempo impedisce le gite, i nostri ospiti possono stare in piscina, o andare a spa, giocare a bowling o al biliardo. Organizziamo serate al club o miniconcerti di musica ambientale. Se fa bel tempo, vi invitiamo a paintball, tennis, pallavolo o minicalcio. C’è pure l’alternativa di andare in vaporetto o in barca sul lago di Vidraru”, spiega Dumitru Grecu.



    Il prezzo per una camera doppia, colazione compresa e accesso a spa si aggira sui 65 euro. I prezzi sono, ovviamente, maggiori nell’alta stagione e nei fine settimana. Mentre in un albergo due stelle, il prezzo dell’alloggio parte dai 100 lei, pari a 25 euro.



    Abbiamo dei turisti provenienti dagli Emirati Arabi, Australia, o Stati Uniti, ma anche dai Paesi europei. Nell’albo di impressioni tutti i loro commenti sono elogiosi. Il nostro albergo è sito su un promontorio con vista sul lago e sui Monti Fagaras. Molto apprezzata anche la nostra offerta gastronomica, con piatti tradizionali, ma anche della cucina internazionale”, aggiunge Dumitru Grecu.



    Esiste anche un giro ciclistico che include pure il Transfagarasan, come le tappe di rally automobistici o di off road. Da ricordare anche varie sagre tipiche alla pastorizia.

  • Transylvania Horse Show

    Transylvania Horse Show

    Un piccolo villaggio, nascosto tra le colline, molto vicino alla fortezza di Sighişoara. Si chiama Prod e da quattro anni ospita il più popolare concorso equestre internazionale in Romania. Perché proprio qui? Perché in questo villaggio ha deciso un bel giorno di trasferirsi Mihnea Vîrgolici, un bucarestino laureato di veterinaria e grande appassionato di cavalli.



    Per un po’ di anni ho lavorato in un piccolo club nella zona di Bucarest, presso l’aeroporto Otopeni; tredici anni fa mi sono deciso di passare a un’attività più vicina ai miei sogni. Ho trovato per caso questa masseria, nella zona di Sighişoara. Era un rudere. Ho avuto grandi emozioni nel fare questo passo. Praticamente ho venduto tutto quanto avevo a Bucarest per comprare questa masseria. Non avevo altra fonte di sussistenza e inizialmente venni qui con un unico cavallo e un’auto di 300 dollari”, spiega Mihnea.



    Sebbene gli amici avessero chiamato la masseria l’Utopia”, in quanto deteriorata e lontana dai suoi sogni, Mihnea Vîrgolici non si è dato per vinto. Sapeva chiaramente cosa volesse: turismo equestre, pensione per cavalli, stages di addestramento e soprattutto gare di equitazione grandi e ambiziose. Solo che per questo ha dovuto lavorare duro per sette anni. Son passato per varie tappe: coltivatore aspirante di patate, poi allevatore di mucche, ognitanto aravo dei terreni, addestravo cavalli, davo in noleggio cavalli per i film; ma da un cavallo a 25, la strada è lunga”, aggiunge Mihnea.



    Mentre arava, coltivava, vendeva, la masseria di Prod cresceva. E così, dopo Maur, il suo primo cavallo ricevuto in regalo dai genitori a 18 ani, Mihnea è arrivato ad avere tra 25 e 30 capi molto ben mantenuti, lodati dai turisti, che hanno cominciato, man mano a visitarlo e ad apprezzare i posti pittoreschi, gli animali belli e ben curati e questo pazzo di ragazzo, bello, dai capelli lunghi, che sprizzava energia e allegria. Ma anche tanta competenza.



    Nel 1998 ho organizzato, assieme a mio fratello, il primo concorso universitario in Romania e i rappresentanti della Federazione nazionale equestre rimasero impressionati del nostro lavoro; cosicchè, nello stesso anno, eravamo già parte dell’equipe che organizzava delle coppe internazionali in Romania. Inoltre, io sono diventato una specie di arbitro della Federazione equestre internazionale, sono stato scelto arbitro per le Olimpiadi di Atene nel 2004, e sono stato coinvolto anche nell’organizzazione di gare molto grandi. D’altra parte, i miei collaboratori della Germania mi invitano spesso ad assistere a concorsi di cinque stelle e io ci vado e mi documento, imparo”, aggiunge ancora il nostro ospite.



    Il concorso Transylvania Horse Show si è dimostrato sin dalla prima edizione, del 2011, un vero trionfo. Tre anni dopo, l’evento ha raccolto concorrenti di 19 Paesi, circa 3000 spettatori al giorno, e un’equipe organizzativa di circa 250 persone. L’edizione 2014 ha incluso tre gare: Coppa di Romania, il Concorso completo internazionale e il ben noto Concorso Universitario Internazionale che l’Associazione Internazionale degli Studenti Cavalieri (l’Association Internationale des Etudiants Cavaliers – AIEC) ha premiato per le edizioni del 2011 e 2012 come il migliore concorso ippico universitario del mondo.

  • Quartieri ebraici a Bucarest

    Quartieri ebraici a Bucarest

    Città prevalentemente commerciale, di arti e mestieri, Bucarest si è sviluppata nel tempo anche grazie ai contributo delle varie etnie che vi si sono stabilite, trovando l’ambiente favorevole alle loro professioni specifiche.



    Un esempio è quello degli ebrei, comunità menzionata a Bucarest, per la prima volta, nel 1550, a quasi un secolo distanza dalla prima attestazione documentaria della città. Felicia Waldman e Anca Tudorancea hanno tentato di ricostituire la storia della comunità ebraica della capitale nel volume Storie ed immagini della Bucarest ebraica”, pubblicato dall’editrice Noi Media Print.



    La comunità ebraica di Bucarest è menzionata dal 1550, quindi vanta un’impressionante anzianità. La maggior parte degli ebrei della nostra capitale veniva dall’Impero Ottomano. Prima del 1550 erano giunti generalmente ebrei dall’Impero Bizantino. Dopo l’espulsione degli ebrei dalla Spagna, arrivano qui molti sefardi dall’Impero Ottomano, cioè quelli accolti lì dopo l’espulsione e che hanno cominciato a fare commercio con i Paesi dell’Europa Orientale e Occidentale”, spiega Felicia Waldman.



    Con l’arrivo degli ebrei a Bucarest, appaiono anche nuovi mestieri, sconosciuti finora alla popolazione locale. Questa comunità contribuì anche allo sviluppo economico della città, nel senso che faceva da ponte commerciale tra l’est e l’ovest europeo, fatto molto importante, in quanto mette Bucarest sulla mappa. Inoltre, la presenza degli ebrei porta nuovi mestieri. Ad esempio l’arte del vasaio e della stagnatura sono portate da loro. Alla fine del XIX secolo, quando comincia la costruzione dei tetti di latta e di tegole di terracotta a Bucarest, i primi a farli erano stati sempre gli ebrei”, aggiunge Felicia Waldman.



    Nel frattempo sorgono le periferie abitate da questa comunità, che faceva vari mestieri. Famosi sono pure oggi i quartieri Văcăreşti e Dudeşti, abitati una volta dai ceti poveri, ma anche la periferia di Popescu, dove si trovava anche la più importante sinagoga. Anca Tudorancea rifà la mappa delle comunità ebraiche della vecchia Bucarest.



    Tutte queste professioni erano in concordanza con la struttura socio-professionale di Bucarest. Praticamente si possono ricostruire i mestieri degli ebrei per tipi di quartieri: quelli centrali, su Calea Victoriei o nelle vicinanze (dove c’era l’élite commerciale), nel centro storico e su via Lipscani, dove si concentrava il commercio specifico con stoffe. Ma c’era un legame tra questo tipo di commercio e quello con merletti, praticato in via Bărăţiei. Andando verso le periferie, arriviamo a Calea Dudeşti e a Calea Văcăreşti, dove c’erano piccoli negozi di abiti a noleggio”, dice Anca Tudorancea.



    Tranne il Centro vecchio, la maggior parte delle periferie storiche della città non hanno più l’aspetto di una volta. Sono state trasformate dall’assestamento urbano durante il regime comunista. Le immagini dei vecchi quartieri ebraici sono rimaste solo nelle foto d’epoca.

  • Premio UE alla Chiesa di Dragomirna

    Premio UE alla Chiesa di Dragomirna

    Il 5 maggio, in una cerimonia ospitata dal Burgtheater di Vienna, sono stati conferiti i Premi dell’UE 2014 per il patrimonio culturale. Si tratta dei Premi Europa Nostra, assegnati da Androulla Vassiliou, commissario europeo per istruzione, cultura, multilinguismo e gioventù, e dal tenore Plácido Domingo, presidente del Movimento Europa Nostra. Le giurie di esperti indipendenti di tutta l’Europa hanno valutato i progetti in nomination per quattro categorie: conservazione, ricerca, contributi esemplari, educazione, formazione e sensibilizzazione del pubblico.



    Sulla lista dei 27 progetti vincitori, scelti tra 160 nomination di 30 Paesi, un progetto romeno ha vinto il premio alla categoria conservazione: il restauro degli affreschi risalenti al XVII secolo del Monastero di Dragomirna, in provincia di Suceava (nord della Romania). I vincitori del Premio europeo per il patrimonio culturale Europa Nostra si aggiungono ai 360 insigniti riconosciuti dalla Commissione Europea ed Europa Nostra a partire dal 2002.



    L’equipe che ha realizzato i lavori di conservazione ha incluso 50 professionisti e studenti, coordinati dalla docente Carmen Solomonea, responsabile del Dipartimento Arte Murale, Conservazione-Restauro, Storia e Teoria dell’Arte all’Università di Belle Arti di Iasi.



    Abbiamo ritenuto opportuno farlo per promuovere un lavoro molto interessante e un monumento della Romania, il quale, almeno al livello dei dipinti murali, è stato restaurato per la prima volta dopo 400 anni. Non abbiamo pensato sin dall’inizio che sarebbe incluso tra i vincitori, perchè ogni anno questa competizione è molto forte. I criteri sono abbastanza rigorosi, nel senso che si persegue un’alta qualità delle competenze, si promuovono i lavori basati sulla longevità del patrimonio, ma anche sulla qualità intrinseca dei lavori o la loro valorizzazione”, ha spiegato Carmen Solomonea.



    Il Monastero di Dragomirna è un imponente complesso fortificato, sito a 12 km nord da Suceava. Ha oltre quattro secoli di esistenza, e i suoi affreschi sono stati restaurati per la prima volta nell’ambito di questo progetto. Non esiste una datazione molto precisa in un apposito documento. Ma sappiamo dai documenti dell’epoca che il Metropolita Anastasie Crimca, fondatore della chiesa, poteva ideare la realizzazione di questi affreschi fino al 1629, quando aveva ancora i poteri di farlo. Dunque, questi dipinti murali che coprono la navata e l’altare, risalgono ai primi del XVII secolo. Il resto delle stanze non conservano più affreschi. In quell’epoca era difficile procurarsi grossi quantitativi di vernici, di oro, di pietra scolpita — che i pittori hanno coperto di un fine strato di affresco e l’hanno decorato con elementi floreali, con uccelli…In ciò consiste d’altronde anche la differenza dei dipinti di Dragomirna. Probabilmente si tratta anche dell’influenza occidentale, con elementi scolpiti e dipinti”, aggiunge Carmen Solomonea.



    Uno dei criteri di selezione della giuria è stato l’impatto di visibilità, evidente già durante i lavori, svoltisi tra agosto 2010 e marzo 2012. Dato che si trattava dei primi lavori di restauro, l’immagine è cambiata. Prima, l’immagine era completamente coperta da fumo, da residui sedimentati nel tempo e non si poteva vedere correttamente. Ora si può persino leggere il programma iconografico. A lavori ultimati, abbiamo notato un cambiamento nella popolarità del monastero. E questo aspetto mi ha convinto a proporre la nostra candidatura ai premi Europa Nostra. Io ho avuto modo di lavorare anche ad altri monumenti della Bucovina, ma quelli avevano già assicurata la promozione. Qui, mancava questo aspetto, e Dragomirna non era stata conosciuta come meritava, per mancanza di promozione. Dopo questi restauri le cose sono cambiate. Ma la promozione deve continuare. Sarà elaborata anche una monografia della chiesa, che includerà questa parte restaurata, con immagini. E’ stata fotografata tutta la pittura durante il restauro, ma anche dopo, per fare un album finale che possa essere messo in vendita”, conclude Carmen Solomonea.

  • Ritratto del poeta Nichita Stănescu

    Ritratto del poeta Nichita Stănescu

    Nichita Stănescu è stato uno dei maggiori creatori di linguaggio poetico della letteratura romena. E’ incluso nella corrente neo-modernista ed è definito dal critico Eugen Simion come un poeta di una profondità e intensità rimarchevoli, un vero artifice di linguaggio poetico. Nacque il 31 marzo del 1933, a Ploieşti, nella famiglia del commerciante Nicolae Hristea Stănescu. Gli furono dati il secondo nome del padre e anche quello del nonno materno, Nikita Cereaciuchin, fisico e generale russo, rifugiatosi in Romania dopo la Rivoluzione bolscevica del 1917. Conseguita la laurea in Filologia presso l’Università di Bucarest, Nichita pubblica alla fine del 1960, il volume Il senso dell’amore”. Seguono, negli anni successivi, Una visione dei sentimenti”, Il diritto al tempo”, 11 elegie” e Rosso verticale”.



    “La poesia è l’unica ricchezza dell’uomo, non ancora saccheggiata. Finora, tutto quello che l’uomo possedeva è stato saccheggiato. La poesia non si è ancora inventata un suo Hitler, che la saccheggiasse. La poesia è di tutti, in tutte le persone esiste poesia, e il poeta è solo il lavoratore, l’umile traduttore dei sentimenti di tutti in questi libri pubblicati — ad esempio da me, oppure da altri”, diceva Nichita Stănescu, in una registrazione della tv Romena a Belgrado, nel 1981.



    Con la pubblicazione del volume Necuvintele” (Le non-parole), si apre una nuova tappa della visione poetica di Nichita Stanescu. Nel 1975, è insignito del Premio Internazionale per la Letteratura Johann Gottfried von Herder”. Tra il 1979 e il 1982, pubblica i volumi Epica Magna”, Le opere imperfette” e Nodi e segni”, illustrati dal suo amico, il pittore Sorin Dumitrescu.



    La crescita della lingua romena è una delle missioni più importanti del poeta, perchè la lingua è il materiale più importante della poesia. E’ vero, anche il colore ne è un materiale importante, e anche il canto, come ne è importante pure l’abbraccio. Guardate solo Il Bacio” di Brâncuşi, per vedere che l’abbraccio è la poesia fatta scultura. Ma ciò solo relativo al materiale della poesia, poichè la poesia tiene da tutt’altra zona. Essa è l’unica dimensione che offre naturalezza all’uomo. La poesia esiste in qualsiasi persona. La poesia è quella che gli giustifica il desiderio di vivere”, spiegava il poeta convinto che la mia patria è la lingua romena”, in una registrazione dalle Teche della Radiodiffusione Romena.



    L’opera di Nichita Stănescu è stata tradotta in molte lingue, l’italiano compreso. Uno dei più valenti traduttori italiani è il compianto professore Marco Cugno. Nello spazio ex-sovietico, le poesia di Nichita Stanescu furono diffuse in serbo, nel 1971, grazie alla traduzione del suo ottimo amico, il poeta Adam Puslojic. Nel 1977, Nichita Stănescu fu incluso sulla lista dei candidati al Premio Nobel. Il poeta e saggista Nichita Stănescu si è spento il 31 dicembre 1983, a soli cinquanta anni. Il poeta ci ha lasciato una creazione impressionante, sorta dall’impegno continuo di scoprire il segreto della parola — cui ha conferito una immensa profondità, conquistandosi con la sua originalità un posto d’onore nella letteratura romena.


  • Pasqua: i cristiani nella Settimana delle Passioni

    Pasqua: i cristiani nella Settimana delle Passioni

    Preghiere e messe anche per ortodossi, greco-cattolici e cattolici di Romania, entrati nella Settimana delle Passioni, che si concluderà con la Risurrezione del Redentore. Quest’anno, la Pasqua sarà celebrata il 20 aprile dall’intero mondo cristiano.



    Per la Domenica delle Palme, la più importante festa che precede la Settimana delle Passioni, circa 4.000 preti e fedeli ortodossi (maggioritari) hanno partecipato a Bucarest a una processione che si è conclusa alla Cattedrale del Patriarcato.



    Dopo la preghiera di benedizione, il Patriarca della Chiesa Ortodossa Romena, Daniel, ha fatto riferimento all’importanza del pellegrinaggio cristiano.



    “Pellegrinaggio significa confessare pubblicamente la fede, è una manifestazione della carità cristiana e rappresenta la comunione, ma anche una benedizione per ogni città in cui si svolge”, ha detto il Patriarca.



    “Il pellegrinaggio nella Domenica delle Palme significa sperare, uscire dall’egoismo della vita individuale. E’ una chiamata per identificare la comunità cristiana”, ha detto ancora il Patriarca. Processioni per la Domenica delle Palme sono state organizzate in tutte le eparchie della Chiesa Ortodossa Romena nel Paese e all’estero.



    Inoltre, oltre 2.000 fedeli cattolici hanno partecipato, sempre nella capitale, alla processione organizzata dall’Arcivescovado Romano — Cattolico di Bucarest, durante la quale è stato letto anche il messaggio di Papa Francesco.



    I fedeli sono partiti dalla Chiesa francese del Sacro Cuore per arrivare alla Cattedrale San Giuseppe, dove l’Arcivescovo Ioan Robu ha ufficiato la Liturgia della Domenica delle Palme.



    Anche gli ebrei celebrano in questi giorni la Pesach, che ricorda la liberazione dalla schiavitù d’Egitto.

  • French Revolution dell’éclair a Bucarest

    French Revolution dell’éclair a Bucarest

    Immaginate di entrare in una pasticceria per comprare un éclair. Con la panna o al cioccolato? chiederebbe la commessa. Normalmente, sarebbero queste le opzioni, solo se per caso non vorrete éclair da French Revolution. In questo caso vi consigliamo di prendere carta e penna, perchè dubitiamo che potrete ricordare la varietà proposta da questo piccolo laboratorio aperto dall’inizio dell’anno su una stradina chic della nostra capitale.



    Tutto è cominciato quando George Pop e i fratelli George e Florin Panaitescu hano deciso di rivoluzionare insieme l’éclair, trasformando in un vero capolavoro questo banale bignè riempito di crema. La nostra idea di business è una molto semplice: fare il migliore éclair di Bucarest. vogliamo che tutti sappiano che il migliore si trova a French Revolution e che è un modello”, spiega George Pop.



    Fare una rivoluzione di questo tipo non è da tutti. L’idea è venuta a George Pop, ex consulente di immagine, appassionato di gastronomia, dopo aver trascorso due mesi nella cucina di un grande albergo della capitale, imparando da un chef francese come perfezionare il tradizionale dolce. Peroò, prima di inventare e perfezionare, ogni pasticciere che si rispetta ha una regola d’oro: non rinunciare mai e poi mai alla qualità, dice George Pop.



    In primo luogo un éclair deve avere del burro nella pasta choux, questa è la ricetta dell’obbligo. In Romania, però, ai tempi del comunismo, per mancanza di burro, si usava l’olio e così è rimasta la ricetta fino ad oggi. E ciò non va bene, nè come gusto, nè per la salute. Un pasticcino come il nostro fatto solo con ingredienti naturali ha un apporto nutritivo. Parlo di latte, burro, uova, farina, zucchero. Inoltre, noi adoperiamo una ricetta di crema senza farina, molto di moda in Francia, appunto per ottenere un dolce più dietetico”, assicura George Pop.



    Ma se non è farcito solo di panna o cioccolato, di cosa potrebbe essere riempito un éclair? Quelli di French Revolution dicono che potrebbe essere con vaniglia naturale Bourbon e con glassa di fondente in stile millefoglie. Oppure con crema fina di caffè, con caramel o con pistacchio puro o persino con crema di limeta, o di cocco.



    Ogni giorno, nel laboratorio di French Revolution si fanno tra 100 e 500 eclair, rigorosamente dietro ordinazione, di modo che i bucarestini abbiano solo pasticcini freschi. Detto fatto. Il numero di clienti continua ad aumentare, come ci conferma George Panaitescu, che ha saputo adoperare la sua esperienza di marketing per la gloria dell’ éclair.



    Abbiamo tante connessioni tramite i nostri clienti, o gli ex clienti, amici e così via. D’altra parte, siamo riusciti a vendere o a portare effettivamente l’éclair nella maggior parte delle compagnie di Bucarest, e ciò è contato enormemente; abbiamo ricevuto moltissime telefonate, e-mail, congratulazioni e le ordinazioni aumentano ancora. E così siamo riusciti a conquistarci la popolarità, senza agitarci troppo, soprattutto grazie al passa parola. Non abbiamo nemmeno un portafoglio foto, depliant, riviste, o cose del genere. Abbiamo invece molti clienti fedeli che comprano almeno una o due volte a settimana da noi, come le grandi compagnie”, dice George Panaitescu.



    Fatto solo da ingredienti naturali di ottima qualità, come la panna o il burro francesi, farcito di creme ottenute per infusione, per un gusto forte e raffinato, l’ éclair di ispirazione francese reinventato a Bucarest si impone, nonostante il prezzo doppio rispetto a quello praticato nelle altre pasticcerie. Solo che in altri posti, dice George Pop, non troviamo éclair, ma solo pasticcini farciti di crema la cui unica qualità è spesso il semplice fatto di essere dolci.



    Noi, romeni, a differenza dei francesi ad esempio, non abbiamo una certa cultura per un pasticcino di qualità e manca l’educazione sul mercato, per fare la differenza tra un dessert buono e uno cattivo. Noi, a French Revolution, abbiamo fatto i test su tutti gli eclair esistenti sul mercato e sappiamo qual è la differenza. E la gente, quando ci si renderà conto, credo che non potrà tornare a quello che ha mangiato prima”, conclude George Pop.



    E per completare l’opera, French Revolution ha aperto ai primi di aprile un’altra piccola pasticceria nel centro di Bucarest, in un posto altrettanto chic come il pasticcino cui si dedica.

  • La Croce di Caraiman nel Guinness dei Primati

    La Croce di Caraiman nel Guinness dei Primati

    Collocata sulla Vetta di Caraiman, nei Carpazi Meridionali, la Croce è stata eretta alla memoria degli Eroi del Popolo e inaugurata il 14 settembre del 1928. Costruita in acciaio su un basamento di cemento, è alta 39,37 metri ed ha un’apertura di quasi 15 metri. Nel 2013 il Guinness dei Primati l’ha dichiarata ufficialmente come la croce più alta del mondo, installata a oltre 2291 metri. Alexandru Bartoc è il presidente dell’omonima Fondazione culturale e figlio di uno dei volontari che hanno contribuito alla costruzione della Croce. Ci ha raccontato come sono giunti gli esperti del Guinness dei Primati da queste parti.



    L’idea mi è venuta nel 1995, dopo la morte di mio padre, il quale aveva voluto che si facesse qualcosa per consolidare la croce. Mio padre non ha voluto entrare nel Guinness dei Primati. Era comunque quasi sicuro che fosse la croce più grande del mondo, e io l’ho dimostrato ora con i materiali raccolti. Importante è far consolidare questa croce che ha 85 anni, ma purtroppo, nulla è stato fatto”, spiega Alexandru Bartoc.



    Dopo sei anni di lavoro e ricerche e tre grossi dossier raccolti da esperti accreditati, nell’estate del 2013 Alexandru Bartoc ha visto avverare il suo sogno: la Croce degli Eroi del Popolo è entrata nel Guinness dei Primati. Un record che al rispettivo momento è stato ignorato per mancanza di fondi e che ha destato l’interesse dell’opinione pubblica romena solo all’inizio di quest’anno.



    La promozione di questo record è stata casuale. Al Museo di Storia della Romania è stato lanciato a dicembre un libro sulla regina Maria. Ho pensato di donare al Museo una medaglia, una busta e una copia del certificato Guinness. Tutti mi chiedevano perchè avevo questa iniziativa e ho risposto a tutti che lo facevo per sensibilizzare il governo e il Ministero della Cultura e farli pensare che si dovrebbero stanziare dei fondi per consolidare questo monumento”, aggiunge Alexandru Baroc.



    Purtroppo, il Ministero della Cultura è tra i più poveri del Paese, afferma il sindaco di Buşteni, Emanoil Savin. Di conseguenza è stata decisa la sollecitazione di fondi europei nonrimborsabili, nel tentativo di salvare questo monumento emblematico per la Romania, che, nei due anni e quattro mesi quanto era durata la sua costruzione, ha mobilitato una impressionante folla di volontari. Emanoil Savin afferma che tutta quella gente era venuta soprattutto per patriottismo.



    Sapevano tutti che questa croce era stata l’idea della Regina Maria in seguito a un sogno in cui aveva visto i Monti Bucegi coperti di sangue. La regina era convinta che si trattava del sangue versato dagli eroi caduti durante la prima guerra mondiale. Raccontò il suo sogno a Re Ferdinando e, poco dopo, a maggio 1926, cominciarono i lavori”, spiega il sindaco.



    Alexandru Bartoc racconta che, sebbene impressionante, questa croce fu a un passo dall’essere distrutta dai comunisti. La cosa che non abbiamo trovato scritta da nessuna parte, ma che abbiamo appreso dagli anziani, è che si è tentato di bombardarla. Nel 1972, l’allora sindaco di Buşteni ha tentato di far tagliare i bracci della croce e di metterci sopra una stella, simbolo del comunismo. Ma si è ammalato ed ha rinunciato a questa idea. Avrà pensato che si trattasse di un brutto segno ed ha lasciato la croce come era”, aggiunge Alexandru Bartoc.



    Anche negli ultimi anni le autorità romene l’hanno lasciata come era, sebbene a 85 anni la Croce del Caraiman sia una veneranda signora che avrebbe bisogno di cure. La Fondazione culturale Bartoc non è l’unica organizzazione ad aver manifestato un grande interesse per la sua sorte. Nel 2009, la filiale provinciale di Prahova dell’organizzazione internazionale Rotary ha lanciato ufficialmente una campagna di raccolta di fondi per sostenere i futuri lavori di consolidamento e l’inserimento di questo simbolo romeno nei circuiti turistici internazionali.



    Vogliamo installare dei cartelli legati a questo record dalla città verso la funivia fino alla vetta Babele. Vogliamo affissi bilingui sulla storia del monumento, una lastra bilingue di spiegazione, e rifare il tragitto dallo chalet di Babele fino al monumento, che sia accessibile alle diverse categorie di turisti. Speriamo di allestire anche un minimuseo e una terrazza panoramica. Intendiamo costruire anche un ascensore interno, come previsto inzialmente e illumminare il monumento come la Torre Eiffel”, spiega Marian Ilie di Rotary Club della Vallata di Prahova.



    Attualmente, in mancanza di tutte queste dotazioni, la Croce, sebbene inserita nel Guinness dei Primati, è visitata solo da 10-20.000 turisti all’anno.

  • Il Teatro Regina Maria di Oradea

    Il Teatro Regina Maria di Oradea

    Una cometa, e sotto, una coppia felice di sposini. Attorno, gente rilassata e gioiosa. A dieci anni dalle sue nozze, Elisabeth si chiede se la felicità la si può inchiodare per sempre e tenta di ripetere la festa. E’ la premessa dalla quale prende lo spunto la trama dello spettacolo “La Cometa” di Justine del Corte, messo in scena da Radu-Alexandru Nica al Teatro Regina Maria di Oradea, capoluogo della provincia di Bihor (ovest della Romania). Justine del Corte è una valente scrittrice tedesca e il suo testo, scritto nel 2012, è stato messo in scena per la prima volta nello stesso anno al famoso Burgtheater di Vienna, con la regia del più gettonato drammaturgo tedesco del momento, Roland Schimmelpfennig.



    Radu Nica racconta cosa l’ha attratto al testo della scrittrice di origine messicana, il secondo che mette in scena in Romania. “Mi ha moltissimo attratto il lato filosofico del testo. Mi sembra giusto vedere negli spettacoli anche un po’ di filosofia. Non mi sembra nonteatrale che i personaggi facciano ognitanto della filosofia. Il testo ha qualcosa di cechoviano, ma anche qualcosa di Arthur Schnitzler, e quel mix fissato sul mondo contemporaneo mi è parso molto attraente per me come regista, ma anche per gli attori. Quasi tutti i personaggi hanno dei testi molto complessi. Non ci sono quasi personaggi secondari. E’ uno spettacolo con una decina di protagonisti. L’autrice si occupa del tema della felicità, precisamente come possiamo ancora raggiungerla. Ciò mi ha interessato di più come persona. Come regista, mi ha interessato la zona di teatro nel teatro, che ho allungato più di quanto lo sia nel testo propriamente-detto. La riorganizzazione delle nozze l’abbiamo fatta come fosse rifatto nel teatro un evento reale. Così, il testo è diventato più una meditazione sul tempo, una meditazione sul modo in cui il teatro possa eludere o meno il tempo”, spiega il regista.



    Radu-Alexandru Nica ha lavorato per la prima volta con la compagnia Iosif Vulcan del Teatro Regina Maria di Oradea, una compagnia con una media di età di che non supera i 40 anni, con 15 attori giovani. “Ho scoperto una compagnia molto desiderosa di fare un altro tipo di teatro rispetto a quello tradizionale. Ultimamente, qui sono stati messi in scena molti musical, o spettacoli più commerciali, cosa non male, perchè si fa di nuovo tutto esaurito a Oradea. Ora credo sia arrivato il momento di offrire al pubblico testi di altro tipo. E ho la sensazione che questo testo, sebbene abbastanza difficile, non sia del facile umorismo, ma abbia dei temi che fanno meditare”, aggiunge Radu Nica.



    L’edificio del Teatro di Oradea, che ospita sia il Teatro Regina Maria che il Teatro Szigligeti di lingua ungherese, è uno dei più importanti edifici di patrimonio della città. Il progetto è firmato dalla famosa società di architetti Fellner e Helmer di Vienna, ed è stato realizzato in soli 15 mesi, da luglio 1899 a ottobre 1900. L’aspetto esterno abbina armoniosamente lo stile neoclassico, dominante nell’insieme della facciata, con elementi neorinascimentali e neobarocchi, mentre le rifiniture e gli ornamenti interni erano di un accentuato tono rococò. Per cinque anni, fino al 2011, l’edificio è stato restaurato. La compagnia del Teatro Regina Maria ha inaugurato lo spazio riaperto col famoso musical “Il violinista sul tetto”, due nomination ai Premi teatrali nazionali UNITER, per la migliore scenografia e la migliore attrice non protagonista.



    “Vorremmo procedere nella stessa direzione, meno usata dagli altri teatri della Romania, quella del teatro musicale, certo, non completamente, ma vogliamo essere gli esponenti di questo genere e abbiamo le forze necessarie per farlo bene. Ogni due anni mettiamo in scena un musical di grande portata, e nel resto, commedie musicali, di dimensioni più piccole. Credo che siamo riusciti a dimostrare le nostre valenze, ma non dimenticheremo che siamo un teatro drammatico. Ci siamo proposti di lavorare con registi importanti. La collaborazione con Radu Nica è stata di buon augurio. Abbiamo collaborato anche con Mihai Măniuţiu, ad esempio, il quale ci ha proposto la variante musicale di un testo classico, “Leonce e Lena”, spiega il direttore del Teatro, Daniel Vulcu.



    Oradea è una città con più di 200.000 abitanti. In queste condizioni, il Teatro Regina Maria riesce a fare tutto esaurito a tutti i 10-15 spettacoli mensili. “Abbiamo circa 15 titoli in cartellone che presentiamo continuamente. La domanda c’è. Siamo sempre in ansia quando si avvicina il Festival degli Atti Unici — che si svolge ogni anno per dieci giorni. Lo scorso anno abbiamo avuto circa 50 spettacoli, tutti venduti molto bene. Credo che Oradea abbia molto potenziale. Il pubblico c’è, gente appassionata del teatro, e – oso dire – persino che noi abbiamo creato una moda del teatro. Ovunque nella città la gente parla di teatro, si interroga sugli spettacoli visti, ci si esorta a vedere teatro. Un fenomeno molto interessante si è verificato all’edizione dello scorso anno del Festival degli Atti Unici, quando, avendo in programma nella Sala Grande due spettacoli nostri e due di teatri bucarestini, i primi biglietti venduti sono stati per i nostri spettacoli”, aggiunge il direttore.



    Giunto alla XX edizione e organizzato dal Teatro Regina Maria di Oradea, questo festival è l’unico in Romania dedicato agli atti unici e uno dei più longevi del Paese: la prima edizione risale al 1976.

  • Festa del Marzolino a Bruxelles

    Festa del Marzolino a Bruxelles

    Il 1 marzo, in Romania, Moldova e Bulgaria viene celebrata per tradizione la Festa del marzolino, in romeno “Martisor”, che segna l’inizio della primavera. Il nome della festa deriva dal diminutivo di “marzo”, in romeno “martie”.



    In questo giorno speciale le donne ricevono in regalo piccoli amuleti portafortuna, chiamati sempre “martisor”, gioielli o vari oggetti decorati avvolti da un nastro bianco e rosso. Il martisor è simbolo d’amore, di buonaugurio e diventano un accessorio per tutto il mese di marzo, dopo di che il nastro o addirittura il martisor stesso viene legato ai rami di un albero da frutta. In Moldova, ogni anno dal 1 al 10 marzo si svolge anche un festival musicale.



    Quest’anno la storia europea del Martisor verrà presentata il 28 febbraio a Bruxelles dall’Istituto Culturale Romeno e dalle ambasciate di Moldova e Bulgaria, con il sostegno dell’Associazione belgo-romena Arthis. L’etnologa Doina Isfanoni, del Museo Nazionale del Villaggio “Dimitrie Gusti” di Bucarest presenterà il significato e le tradizioni di Martisor nei Balcani presso la sede dell’ambasciata della Moldova.



    I partecipanti riceveranno “martisor” romeni, moldavi e bulgari. Il programma multiculturale include anche danze bulgare presentate dall’Associazione Orpheus e un recital di flauto di Pan tenuto da Raluca Patuleanu. Il 1 marzo, l’Associazione Arthis ospita un workshop in cui i bambini creeranno i piccoli oggetti, guidati da un artista locale.



    La presentazione della storia del Martisor a Bruxelles è volta a sostenere le pratiche avviate dalla Romania presso l’UNESCO, per l’inserimento di questa tradizione nel patrimonio culturale immateriale dell’umanità e sottolinea anche l’appartenenza della confinante Moldova allo spazio culturale europeo, precisa l’Istituto Culturale Romeno.


  • Smart classroom

    Smart classroom

    Tecnologia di ultima generazione e contenuto digitale adeguato al curriculum scolastico per gli alunni del Liceo Pedagogico Carmen Sylva di Timişoara e quelli del Collegio Costache Negruzzi di Iaşi. Il Ministero dell’Istruzione, in partenariato con una grande compagnia specializzata, ha inaugurato due nuove classi digitali nell’ambito del progetto Smart Classroom”, promosso nel 2013. La prima classe Smart era stata aperta a settembre presso la Scuola Commerciale Superioare Nicolae Kretzulescu” di Bucarest. Smart Classroom offre una soluzione digitale di apprendimento completo, che include sia supporto hardware e software, che contenuto digitale adeguato al curriculum raccomandato agli studenti liceali. La classe digitale dei tre licei è stata dotata di 31 tablet di ultima generazione, un E-Board, uno Smart TV e due computer portatili. Paul Balogh e Cristian Dinu rappresentano la compagnia che ha realizzato il software che rende possibile l’insegnamento su supporto digitale.



    Paul Balogh ci spiega in che cosa consiste il progetto Learn Forward. Attualmente è il più importante progetto della nostra ditta. Si tratta di una piattaforma per l’uso dei manuali digitali all’interno di certe classi. L’idea è che il tablet non sostituisce l’insegnante, ma è utilizzato, insieme ai computer e agli altri device come un e-board, per offrire qualcosa in più al processo normale di apprendimento di una classe. Gli insegnanti e gli studenti possono utilizzare online vari manuali digitali. Se possiedi ogni tipo di computer, tablet o telefono che si connette a internet e ha un browser, allora sei pronto tecnicamente a usare questa piattaforma. C’è un altro grandissimo vantaggio, il maggiore secondo noi. Sappiamo dalle gare internazionali che questi sistemi tendono a diventare molto complicati perchè sono ideati da esperti di informatica. E si sa che essi sono appassionati di tasti, di cose nascoste e complesse, come in una specie di gara dell’intelligenza. Ottima cosa, ma sarebbe meglio poter nascondere questa complessità sotto dei pulsanti quanto più semplici. Gli insegnanti non devono essersi addottorati in IT per poter adoperare questi servizi online. Se ce la fanno su Facebook, ce la fanno anche sulla nostra piattaforma e anche subito”, spiega Paul Balogh.



    Come fare per accedere dal punto di vista finanziario a questo software così semplice, ce l’ha detto Cristian Dinu. Siamo riusciti a fare ciò che nessuno ha potuto fare finora, cioè avere una piattaforma che funzioni con ogni dispositivo, dal più piccolo schermo al maggiore. Richiede solo un browser e qualsiasi dispositivo ha questo programma, si tratta dello stesso programma che la gente usa per navigare su internet. Dal punto di vista tecnico siamo riusciti a raggiungere un punto molto importante, quello della totale accessibilità, ogni ragazzo o professore può accedere a questa piattaforma senza barriere tecniche di entrata. Il nostro soft può essere accessibile anche con i meno costosi dispositivi”, prceisa Cristian Dinu.



    Paul Balogh sostiene che gli insegnanti non devono temere una scuola digitalizzata. Generalmente, gli insegnanti temono queste tecnologie avanzate, tutti pensano che arriva il computer che li sostituisce, questa è la loro prima naturale reazione; la seconda è che devono usare un computer e tutti i ragazzi lo sanno meglio di loro, il rapporto di forze normale di una classe non è più lo stesso, ma noi siamo stati molto contenti nel vedere a Timisoara una insegnante autoritaria usare in modo naturale il soft dopo un’unica sessione di spiegazione della piattaforma, dopo di che ce l’ha fatta da sola. Lo stesso è avvenuto con le altre classi, e anche al liceo Kretzulescu di Bucarest, come pure a Iasi, ma a Timisoara il sistema è stato subito accolto”, aggiunge Paul Balogh.



    Roxana Cojocaru, professoressa al Liceo Pedagogico Carmen Sylva di Timisoara, ha spiegato come hanno reagito gli alunni. I ragazzi sono stati molto contenti, hanno atteso con impazienza, quando sono entrati in classe e l’hanno vista, si sono convinti che il loro sogno era diventato realtà. E’ stata una gara alla quale hanno partecipato 9 dei licei di Timisoara, hanno fatto ognuno un film con cui rispondere alla domanda perchè la tua scuola è la più smart”; sembra che la nostra scuola fosse la più smart dell’ovest del Paese. Con questa tecnologia avanzata abbiamo più varianti di presentare ottimi materiali, li formiamo meglio, l’interazione tra insegnante e studente è più intensa, si risparmia moltissimo tempo perchè, ad esempio, non si disegnano degli schemi sulla lavagna, essi appaiono già fatti con i soft di cui disponiamo. Il professore sa in ogni momento cosa sta facendo ogni studente, e può intervenire dove c’è bisogno subito”, spiega Roxana Cojocaru.



    Cinque scuole hanno già classi smart. Due sono all’estero e questo è solo l’inizio, aggiunge Cristian Dinu. “Ci sono già due scuole in Bulgaria che usano questo software, si tratta di una scuola di economia a Sofia e un’altra a Plovdiv. Siamo molto contenti di aver riscosso successo all’estero con questo soft nel suo primo anno di esistenza. Abbiamo altri progetti pilota anche in altri Paesi, come Brasile, Messico, Stati Uniti via India.”



    Il futuro della scuola è indubbiamente questo. La carta, la penna, il gesso, la lavagna, saranno sostituiti dagli schermi. I più contenti sono, ovviamente, gli studenti. Con un’innata capacità di adeguarsi al nuovo, i giovani sono i primi a scegliere la via digitale.

  • Internet Day: CE premia quattro giovani romeni

    Internet Day: CE premia quattro giovani romeni

    Quattro adolescenti romeni hanno vinto un premio assegnato dalla Commissione Europea nell’ambito del Concorso per il miglior contenuto on line. Essi sono stati selezionati tra oltre 1000 partecipanti, in occasione del Safer Internet Day, la Giornata Mondiale per l’utilizzo sicuro dei nuovi media, celebrata l11 febbraio. La cerimonia si è svolta a Washington ed è stata organizzata dal commissario europeo per l’Agenda Digitale, Neelie Kroes, in collaborazione con le autorità americane, potendo essere seguita on line nell’intero mondo.



    “I 4 adolescenti romeni hanno creato un blog con informazioni per i giovani e bambini sui rischi cui si espongono su internet e su come possono accedere ai contenuti on line in un modo sicuro. Il blog si chiama “economicstar”, ha trasmesso la reporter di Radio Romania Cerasela Radulescu.



    “Ciao, sono Catalin e oggi parleremo del Safer Internet Day”


    “Ciao, sono Daniele e oggi parleremo di reti sociali e di frode su internet”.



    Questi sono solo due interventi del videoclip di presentazione del blog creato dai 4 giovani romeni einserito sul sito della Commissione Europea. Gli adolescenti romeni hanno vinto il Secondo Premio alla categoria Bambini e Giovani.



    La commissaria Neelie Kroes ha affermato che questa iniziativa è molto interessante e stimolante, perchè i giovani parlano direttamente di ciò che desiderano dalla più importante infrastruttura nel mondo ai nostri giorni: internet.



    “So che la maggioranza degli stati europei, campioni dell’epoca digitale, compiono sforzi affinchè abbiano un’infrastruttura digitale e so che molti di essi vogliono assicurare un internet migliore e più sicuro per i bambini e molti di questi stati sono qui, oggi, accanto a noi”, ha affermato Neelie Kroes alla cerimonia di assegnazione dei premi sulla Capital Hill, trasmessa in diretta sul portale audiovisivo della Commissione Europea.



    “Il Secondo Premio, alla categoria Bambini e Giovani, è stato vinto da 4 allievi di 17 anni della Romania, che hanno creato un blog chiamato economicstar”, ha annunciato Neelie Kroes, prima di consegnare il premio ai 4 giovani dalla Romania.



    Il Safer Internet Day è festeggiato in oltre 100 Paesi, compresi, per la prima volta, questanno, gli Stati Uniti. La commissaria europea Neelie Kroes, vicepresidente della Commissione Europea, ha lanciato in occasione del Safer Internet Day 2014 un manifesto dei giovani per un internet migliore, basato sulle loro idee.

  • Charlottenburg, il villaggio tondo come una mela

    Charlottenburg, il villaggio tondo come una mela

    Nel Settecento, la colonizzazione del Banato, regione storica dell’ovest della Romania, fu un’azione di ampia portata, sistematica e programmata nei minimi dettagli dall’amministrazione austriaca. All’epoca, il Banato, come la Transilvania, facevano parte dell’Impero Asburgico. Villaggi, città e strade furono disegnati in una simmetria che rispecchiava l’architettura e l’urbanistica dell’epoca.



    Sito a soli 50 km da Timisoara, capoluogo della provincia di Timis, Charlottenburg è l’unico villaggio rotondo della Romania. Fu fondato attorno al 1770 da 30 famiglie di svevi, giunti dalla regione Baden-Wurttenberg, dalla Lorena e dal Tirolo, durante il regno dell’Imperatrice Maria Teresa. Gli storici dicono che queste famiglie si erano portate nei bagagli il piano del villaggio rotondo…



    “Al centro del villaggio c’è una fontana coperta, con ottima acqua. Attorno c’è una piantagione di gelsi, dietro ai quali si trovano le case, che hanno nel cortile la stalla e la tettoia. Segue il giardino in cui c’è della vite. Tutte le case hanno la stessa altezza e la stessa distanza tra di esse, con un bellissimo stile simmetrico; al pari dei quattro ingressi nel villaggio, con la stessa distanza l’uno dall’altro.” Così veniva descritto Charlottenburg, il 5 marzo del 1779, da Johann Kaspar Steube, autore delle “Lettere dal Banato”.



    La storia del villaggio non è molto diversa da quella dell’intera zona. A seconda dell’occupazione del Banato, cambiarono anche i proprietari del villaggio, ungheresi o austriaci, fino al 1921, quando la riforma agraria diede ai contadini le terre in proprietà, con la Grande Unione del 1918, alla fine della prima Guerra mondiale. All’inizio del Novecento, nelle vicinanze di Charlottenburg fu fondato un parco di caccia, dove furono portati dalla Serbia dei daini, e dalla Boemia dei cervi.



    All’inizio, vi venivano a caccia il fondatore del parco, il conte Siegfried von Wimpffen e i suoi ospiti, e più tardi i membri della corte reale romena, nel dopoguerra i soldati russi e i leader comunisti, e infine, i cacciatori dilettanti giunti da tutta l’Europa, in cerca di lupi, lepri, cinghiali, otarde e quaglie.



    La comunità è rimasta relativamente chiusa fino al dopoguerra. Molti uomini non tornarono più dal fronte. Nel 1945, 43 furono condannati ai lavori forzati e deportati nell’Unione sovietica. Il villaggio fu anche costretto alla collettivizzazione comunista. Le terre furono nazionalizzate e tutti i contadini furono obbligati a lavorare nelle cooperative agricole di produzione del regime.



    Sul sito sarlota.de, Erhard Berwanger, abitante del posto, evoca l’atmosfera di Charlottenburg negli anni ‘60: “La preghiera, tenuta a fine ottobre, mi è rimasta in memoria come la più importante festa del villaggio. Allora si radunavano tutti i parenti, si abbatteva il gallo, che veniva cucinato e servito con salsa di rafano. I giardini delle case, grazie alla topografia del villaggio, erano abbastanza grandi e permettevano in gran misura l’auto approvvigionamento. Ma non ci fu per niente una vita idilliaca. Ci si lavorava sodo, con delle pause solo per le domeniche e le feste religiose, Con la nazionalizzazione delle terre, i contadini furono colpiti duramente. Il periodo più bello era quando le accace e i tigli erano in fiore e il profumo avvolgeva il villaggio. O d’estate, durante la fienagione. Al tramonto si sentivano dal parco di caccia i ruggiti dei cervi. In autunno, i giardini erano invasi dai cinghiali, per cui si dovevano custodire attentamente le colture. Ricordo che mentre si faceva la guardia, mio zio Philipp raccontava della sua deportazione in Russia, della lunga strada del ritorno e della peregrinazione di due anni dalla Germania, verso casa.”



    Oggi a Charlottenburg vive un unico tedesco. Ce lo ha confermato Mircea Sârbu, segretario al Comune di Bogda, che include anche Charlottenburg. Gli abbiamo chiesto cosa è successo con la comunità sveva del villaggio rotondo.



    “Dopo il 1990, sono rimaste solo 5-6 famiglie di etnia tedesca, cosicchè oggi nel villaggio ce nè uno solo. Non ha voluto partire per la Germania, data la sua età avanzata. Le case vendute dagli svevi sono state comprate da gente di Timisoara, che le hanno riallestite e vi abitano d’estate, o nei fine settimana. C’è un agriturismo solo nel villaggio vicino, ad Altringen”, spiega Mircea Sârbu.



    Charlottenburg è l’unico villaggio costruito a forma di cerchio in Romania, per cui è stato dichiarato monumento storico dal Ministero della Cultura, ci ha detto Mircea Sârbu.



    “La località ha uno statuto speciale, ai sensi della legge. Per ogni attività economica, per ogni costruzione, ci vuole l’avviso del Ministero della Cultura. Siccome è unico in Romania, anche noi, come autorità locali, lo proteggiamo per conservare la sua l’originalità. A quanti hanno chiesto autorizzazioni per costruire vari edifici, abbiamo spiegato che serve assolutamente l’approvazione degli specialisti, per non ledere l’aspetto storico della località”, aggiunge Mircea Sârbu.



    Oggi il villaggio somiglia più a una mela. Nel mezzo ci sono la chiesa e la scuola, nuclei simbolici di una comunità dalla quale è rimasto solo un cerchio quasi perfetto di case. I 199 abitanti mantengono vivo il villaggio, mentre chi vi giunge dalla città lo visita solo per riposo e svago. A 2 km, c’è una piccola stazione ferroviaria.

  • La Via dei Principi

    La Via dei Principi

    Continuiamo le nostre puntate dedicate al concorso a premi “Dalla Via dei Vini alla Via dei Principi” in provincia di Prahova, indetto da Radio Romania Internazionale, e ispirato ai programmi di promozione turistica la Via della frutta, la Via del Vino e la Via dei Principi, avviati dal Consiglio Provinciale.



    Vi invitiamo a percorrere per via delle onde la Via dei Principi, per scoprire gli obiettivi storici della provincia. Ci accompagna Anca Baciu, segretario generale dell’Associazione per la promozione e lo sviluppo del turismo di Prahova. “La Via dei Principi è un percorso turistico, per gli appassionati di storia ed arte. I turisti possono ammirare vestigia della storia della regione storica Valacchia, nella zona del Prahova, risalenti all’epoca dei principi Vlad l’Impalatore, Michele il Bravo, Mattia Bessarab. Tanti sono i ruderi delle chiese fondate da questi principi, le ville, i palazzi, diversi monumenti di architettura”, spiega Anca Baciu.



    Cominciamo il nostro giro radiofonico a Floreşti, nell’ovest della provincia, una località con profonde radici storiche. Gli archeologi hanno rinvenuto resti di ceramica romana e monete raffiguranti l’imperatore Traiano. “Uno dei più importanti obiettivi e dei più belli e il Palazzo il Piccolo Trianon di Floreşti, il palazzo Cantacuzino, costruito da Gheorghe Grigore Cantacuzino, chiamato il Nababbo, per sua nipote Alice. Il palazzo fu costruito secondo il modello del vero Palazzo Trianon, con tutte le conquiste tecniche dell’epoca. Purtroppo, il palazzo reca i segni del passar del tempo, anche se una volta fu molto bello”, aggiunge Anca Baciu.



    Il progetto del palazzo appartiene all’architetto Ion Berindey e si ispirava all’architettura del Piccolo Trianon, sito nei giradini della Reggia di Versailles. Il palazzo, noto all’inizio come “Palazzo della Principessina“, aveva al pianterreno 15 stanze, di cui un salone di 70 mq. Il palazzo è costruito in mattoni e travertino ed imita la struttura del Piccolo Trianon, e una parte degli elementi della facciata del Grande Trianon. Oltre a questo edificio eretto negli anni 1910-1916, altri obiettivi che vanno visitati nella zona sono: la Chiesa della Dormizione della Madonna (1640), la Chiesa della Santa Trinità (1887) — dipinta da Gheorghe Tattarescu e la villa signorile Mavros Cantacuzino con la cappella (1821-1825).



    Sulla Via dei Principi scopriamo luoghi quasi sconosciuti oggi, ma che hanno avuto un ruolo importante nella storia. “La strada è progettata a orientarsi da Dâmboviţa verso Buzău, sul corso del ruscello Cricov. Ora la strada passa per quattro località, e alla fine del progetto ce ne saranno diciotto. Attualmente si possono visitare obiettivi turistici a Filipeştii de Târg, Filipeştii de Pădure, Ariceşti Rahtivani e Floreşti. Alcune vestigia ci sono anche nel capoluogo Ploieşti. Questi giri si fanno in modo individuale, in ogni località ci sono questi obiettivi inseritio nel percorso della Via dei Principi, risalenti al XVIII secolo, ma anche di più vecchia data, alcune persino appartenenti al XVI secolo”, aggiunge la nostra guida.



    Scopriamo località che recano il nome di alcune famiglie aristocratiche romene: Filipeşti ricorda la famiglia Filipescu, mentre Ariceşti-Rahtivani, ricorda la famiglia del nobile Ariceşti. “A Filipeştii de Pădure si trovano i ruderi della villa di Matei e Toma Cantacuzino, la Chiesa dei Santi Tre Gerarchi, ultimata nel 1688. A Filipeştii de Târg si possono visitare i ruderi della vecchia posta, il vecchio mulino ad acqua, la villa Pană Filipescu, la Chiesa dedicata alla Dormizione della Madonna. Ad Ariceştii Rahtivani si possono visitare la chiesa Sant Elia e San Nicola, le rovine della chiesa di Peneşti, la villa della principessina Vasilescu, la chiesa dei Santi Arcangeli Michele e Gabriele di Nedelea, del 1793”, spiega ancora Anca Baciu.



    Il progetto “La Via dei Principi” è in pieno sviluppo, e nel futuro includerà varie altre località, uscendo verso Târgovişte, nella provincia di Dâmboviţa, e seguendo le più importanti zone in cui sono state fatte delle scoperte archeologiche e ci sono dei monumenti di interesse nazionale. Anca Baciu vi rivolge un invito: “Ci sono molte cose da vedere, il visitatore deve avere la pazienza a scoprirle e a godere la vera bellezza di questi monumenti archeologici. Vi aspettiamo sulla Via dei Principi, come pure su quelle del Vino e della Frutta; vi aspettiamo nella provincia di Prahova, per scoprire anche la storia di questa zona e i suoi grandi personaggi, tra cui il principe Michele il Bravo, artefice della prima unione dei principati romeni, che ebbe un campeggio a Ploiesti, da dove partì a compiere la grande unione del 1600”, conclude la nostra guida.