Category: Incontro con la Romania

  • Le Teche del rock romeno

    Le Teche del rock romeno

    Con un ritmo e uno stile diversi da quelli occidentali, il rock and roll romeno è emerso alla fine degli anni ’60, sia come arte che come manifesto quasi politico. A causa dell’accesso limitato al fenomeno occidentale, i musicisti romeni che abbracciavano lo stile, dovevano ricreare strumenti, musica e moda, che all’epoca avevano anche connotazioni politiche. Al fine di preservare l’eredità di questo fenomeno in Romania, è stato allestito un Museo del Rock nazionale e il suo curatore, lo storico Cosmin Nasui, un appassionato fan, ce ne ha parlato con entusiasmo.

    Per poter iniziare a progettare questo museo del rock, ci siamo appellati al musicologo Doru Ionescu, conduttore di programmi specializzati della tv pubblica. Lui è anche un pubblicista in questo settore, e autore di dizionari dei musicisti arrivati anche oltre confine. L’idea nasce, quindi, da Doru Ionescu. Ha iniziato questo progetto documentando questo fenomeno musicale legandolo a due club di Bucarest amati dai giovani amanti della musica. Ha fatto ricorso anche al patrimonio immateriale e materiale da lui conosciuto, dimostrandoci come adattare questo fenomeno ad un museo, aggiunge Cosmin Nasui, accompagnandoci ad esplorare il Museo del Rock.

    Mettere qualcosa in un museo non significa ossificare, al contrario, abbiamo lavorato a questo progetto per l’interesse di riprendere queste esperienze di musica rock in Romania, iniziate alla fine degli anni ’60, con varie forme di evoluzione durante il periodo comunista, dagli anni ’70 e ’80, fino al periodo successivo al 1989. C’è tutta una discussione sull’invenzione della chitarra rock in Romania. Perchè rock significa chitarra elettrica, folk significa chitarra acustica, ma una chitarra elettrica non poteva essere costruita durante gli anni del comunismo in Romania. Tali strumenti non potevano essere importati, quindi sono stati ricreati, sulla base di immagini, sulla base di progetti elettrici di strumenti arrivati in Romania grazie alle riviste. Abbiamo ancora accesso alle fonti, ed è per questo che il progetto avviato su iniziativa di Doru Ionescu è cresciuto man mano che abbiamo intensificato la documentazione e la ricerca in tutti i settori, utilizzando strumenti trovati nei cataloghi dei musei, strumenti tipici di questa disciplina, da applicare a un campo che è spesso effimero. È un fenomeno che appartiene all’area audio, talvolta all’audio-video, che ha lasciato, oltre a brani favolosi, band leggendarie, artisti leggendari, molti elementi del patrimonio materiale, dagli strumenti musicali agli abiti, alle lettere, alla corrispondenza conservata da queste persone favolose. Abbiamo anche ricevuto spartiti, prime bozze, che mostrano il funzionamento interno di questi meccanismi di creazione. Siamo persino entrati nell’area dell’infrastruttura culturale durante il comunismo, basata su club integrati nelle Case della cultura studentesca, che mettono in luce un movimento giovanile molto interessante, e questa è anche la particolarità del rock romeno, il fatto di essere nato dal movimento studentesco e giovanile, spiega ancora Cosmin Nasui.

    Prima dell’allestimento propriamente detto del museo, eravamo interessati ad avere un archivio. Per questo abbiamo dovuto prendere in prestito da collezioni private oggetti che abbiamo scansionato e fotografato – alcuni a 360 gradi, quindi possono essere ruotati sulla piattaforma online e ingranditi. Così è cominciato tutti. Alcuni sono ancora funzionali, anche da usare sul palco, non solo in studio. Altri sono stati perduti dal patrimonio romeno, in quanto molti musicisti sono emigrati nei Paesi occidentali, portando con loro strumenti che non potremmo mai recuperare, aggiunge Cosmin Nasui.

    C’è anche un’area di cartoline, lettere, corrispondenza tra gli artisti, ma anche album accessibili alle persone con disabilità visive, ad esempio. Un museo non deve necessariamente guardare al passato, all’età della pietra, al Medioevo o al periodo moderno della Romania. Crediamo che dobbiamo guardare a un periodo più vicino al presente, perchè molte di queste band non funzionano più, quindi cose di questo tipo possono andare perdute, hanno una certa fragilità. E’ molto difficile per chi avvia un’impresa del genere recuperare e riscoprire quelle cose che non si sentono nella musica. La musica che, ovviamente, è al centro della scena, conclude Cosmin Nasui.

    La storia va avanti. Per una tappa ulteriore, i promotori del progetto contemplano una ricerca regionale, per scoprire il rock in vari luoghi del Paese, nei centri studenteschi, e costruire una rete di musei, da associare a grandi eventi musicali.

  • Bambini e cinema, documentari girati in comunità rurali

    Bambini e cinema, documentari girati in comunità rurali

    Numerose comunità rurali in Romania accolgono progetti promossi da organizzazioni non-governative, per migliorare l’accesso dei bambini alla cultura e all’istruzione. Gli insegnanti appassionati della loro professione hanno così avuto l’opportunità di esercitarla in regioni dove la loro presenza era estremamente necessaria. È proprio nell’ambito di un progetto del genere, intitolato Focus, che ha proposto la realizzazione di un film documentario, che la squadra dell’ong PATRUPETREI ha immaginato una serie di laboratori di cortometraggi creati dai bambini della provincia di Călăraşi, nella Romania meridionale, come spiega il responsabile del progetto Andrei Dudea.

    Praticamente, il progetto Focus consiste in una serie di laboratori di film documentari rivolti a bambini dai 10 ai 14 anni, quindi ragazzi delle scuole medie. Organizziamo laboratori di teoria, perchè ci sembra molto interessante sviluppare il pensiero critico nei bambini. Questi workshop ci permettono di incontrarci per guardare insieme film e altri prodotti mediatici che i bambini seguono, video musicali e persino serie televisive. I prodotti mediatici prediletti dei ragazzi sono piuttosto vari, nel senso che seguono principalmente i vlogger e la musica mainstream. Guardiamo anche film documentari insieme e proviamo ad analizzarli per scoprire chi sono i protagonisti, quali sono i temi principali, come costruiamo una tale produzione. Il livello è ovviamente abbastanza elementare, poichè riguarda i bambini in età media di 11 o 12 anni. Non entriamo nei dettagli, diciamo solo che stiamo cercando di dimostrare che un prodotto multimediale può essere facilmente manipolato tramite editing e musica. Quello che ci interessa è trasmettere queste informazioni, perchè lo sviluppo del pensiero critico è un obiettivo importante di questo progetto, spiega Andrei Dudea.

    L’approccio teorico è seguito dal lato pratico, aggiunge il nostro ospite. Organizziamo laboratori pratici, nel senso che mettiamo nelle loro mani le telecamere, insegniamo loro a filmare, a scegliere un tema, un soggetto. Solo un esempio: uno dei temi più comuni è il calcio, tutti i ragazzi vogliono fare film sul calcio, indipendentemente dalla loro comunità di origine. Una volta scelto il tema e imparato un po’ come funziona la telecamera, diamo ai ragazzi l’attrezzatura per lavorare individualmente. Gli insegnanti si limitano a spiegare come girare le riprese per costruire un cortometraggio, ma il lavoro vero e proprio è individuale o di squadra, ma senza i formatori. Questo dettaglio è molto importante poichè costituisce un mezzo aggiuntivo per renderli più responsabili, aggiunge Andrei Dudea, spiegando che la meta principale è quella di far sviluppare nei bambini la fiducia in se stessi.

    Siamo principalmente interessati al senso di responsabilità nei bambini. In altre parole, il ragazzo che partecipa ai laboratori dovrebbe capire come costruire un progetto e come portarlo a termine. Secondo me, è importante per un bambino portare a termine un progetto, buono o cattivo che sia. Deve sapere come ultimare un progetto che ha iniziato. Finora abbiamo organizzato due seminari e ne stiamo preparando un terzo. Dopo questi due laboratori, abbiamo scoperto due bambini estremamente dotati, dice ancora il responsabile del progetto.

    La seconda edizione del progetto Focus – Laboratori cinematografici per adolescenti si è svolta in piena pandemia, il che ha cambiato tutto con il trasferimento nello spazio virtuale. Questo breve documentario segue il modo in cui i giovani hanno sentito i cambiamenti avvenuti intorno a loro, ma anche la sfida della formazione a distanza. Hanno imparato a raccontare la propria storia attraverso l’arte cinematografica, con il supporto dei formatori Andrei Dudea e Ruxandra Gubernat. Ma oggigiorno i bambini hanno molte più conoscenze su tutto ciò che riguarda il cinema e l’immagine.

    I giovani oggi sono molto più esposti ai media, hanno i cellulari, fanno video, usano Tik Tok, Instagram, sanno come esprimere le loro idee in formato video, conclude il nostro ospite. E i video girati dai bambini sono stati raccolti in un film documentario che presenta puntate inedite di vita rurale. Maggiori dettagli sono disponibili sulla pagina Facebook del progetto AteliereDeFilm. Il progetto andrà avanti quest’anno all’interno di una comunità rom nella stessa provincia di Călăraşi.

  • Larisa Iordache, l’Atleta del 2020 a Radio Romania Internazionale

    Larisa Iordache, l’Atleta del 2020 a Radio Romania Internazionale

    Il 2020 è scarseggiato in competizioni sportive. Alcune sono state cancellate mentre altre sono state rinviate, in seguito alla crisi sanitaria. Tuttavia, gli atleti romeni sono riusciti a raggiungere performance ragguardevoli, soprattutto ai campionati europei. Che si parli di canottaggio, tiro sportivo o ginnastica, l’inno romeno è stato ascoltato di nuovo e più di una volta. L’impresa più notevole dell’anno è arrivata dalla ginnastica femminile, grazie al successo riscosso da Larisa Iordache ai Campionati europei ospitati a dicembre dalla città turca di Mersin. Larisa è tornata a casa con due medaglie d’oro vinte alla trave e al corpo libero, e due d’argento, una nel volteggio e una nel concorso a squadre. Perciò Radio Romania Internazionale ha designato Larisa come l’Atleta dell’anno 2020.

    Larisa Iordache è scesa di nuovo in campo nel 2020 dopo la pausa di tre anni necessaria per riprendersi in seguito agli interventi chirurgici subiti per rimediare una rottura del tendine d’Achille. Sullo sfondo della pandemia in corso, da tesserata del Club Sportivo Dinamo di Bucarest e ufficiale presso il Ministero dell’Interno, Larisa Iordache ha indossato in primavera la divisa per unirsi ai colleghi impegnati nelle azioni finalizzate a controllare l’applicazione delle misure previste dalle ordinanze militari emesse durante lo stato di emergenza istituito per la crisi coronavirus. Successivamente, ha ripreso gli allenamenti, per raggiungere l’obiettivo prefissato nel 2020, cioè la partecipazione ai Campionati europei di Mersin, dove è stata anche protagonista.

    Dopo le qualificazioni, è arrivata nelle finali di tutti e quattro gli attrezzi, contribuendo anche alla medaglia d’argento ottenute dalla Romania nel concorso a squadre. Larisa ha vinto per primo la medaglia d’argento nel volteggio. Poi è arrivato l’oro. Se alla prova della trave la differenza nei confronti delle altri competitrici era ben chiara, al corpo libero la medaglia d’oro è andata a Larisa Iordache a seguito della contestazione della valutazione della giuria. Prima del suo esercizio al corpo libero, la turca Göksu Üçtaş era al primo posto, con 13.100 punti. La performance di Larisa è stata più difficile e la sua prestazione è stata migliore, eppure la romena era arrivata seconda, con 50 millesimi di punti in meno di Üçtaş. Un doppio controllo ha rivelato che l’algoritmo del punteggio di difficoltà per l’esercizio di Larisa era difettoso sin dall’inizio, cosicchè alla fine la romena ha ottenuto 13.450 punti ed è salita sul primo gradino del podio.

    Nata il 19 giugno 1996 a Bucarest, Larisa Iordache ha debuttato nelle gare senior di primo livello nel 2012, quando ha vinto tre medaglie ai Campionati Europei di Bruxelles: l’oro al corpo libero e nel concorso a squadre, e l’argento alla trave. Alle Olimpiadi di Londra, ha vinto l’argento nella competizione delle nazioni. Nel 2013, ai Campionati Europei di Mosca, Larisa si è aggiudicata l’oro alla trave, mentre concorso individuale ha vinto l’argento alla trave e nel corpo libero. Sempre nel 2013, ai Mondiali di Anversa, Larisa Iordache si è aggiudicata il bronzo nel corpo libero. Nel 2014, è tornata dai Campionati Europei di Sofia con oro alla trave e nel concorso a squadre, l’argento alla trave e il bronzo nel volteggio.

    Il suo palmares include anche una medaglia d’argento vinta a Nanning, nel concorso individuale e nel corpo libero. Nel 2015, ai Campionati mondiali di Glasgow, Larisa ha vinto il bronzo nel concorso individuale. Invece, il 2016 non è stato troppo fruttuoso, a causa dell’infortunio subito. E’ scesa di nuovo in campo nel 2017, quando ha vinto il bronzo alla trave ai Campionati Europei svoltisi a Cluj, in Romania, e l’oro nel concorso individuale e corpo libero all’Universiade di Taipei. Ora, l’obiettivo prefissato sono i Giochi Olimpici di Tokyo, dove potrebbe arrivare dopo i Campionati europei individuali in programma ad aprile nella città svizzera di Basilea.

  • 10 anni di visite guidate a Bucarest con l’Associazione Storia dell’Arte

    10 anni di visite guidate a Bucarest con l’Associazione Storia dell’Arte

    Alla fine del 2020, l’Associazione di Storia dell’Arte ha celebrato il decimo anniversario dell’attività dedicata in primo luogo alla promozione del patrimonio di Bucarest. In una città che conosce ancora troppo poco la propria storia, l’ong ha organizzato visite guidate e conferenze, pubblicando anche libri per presentare al pubblico l’architettura bucarestina e la sua evoluzione lungo il tempo. Un pubblico composto sia da persone adulte e anziane, che da giovani e persino bambini, visto che, 10 anni addietro, l’associazione si è messa in moto organizzando degli atelier di storia dell’arte per i piccoli. Allo stesso tempo, però, anche i genitori che accompagnavano i propri figli erano curiosi di conoscere meglio la storia e il patrimonio della Capitale, spiega la direttrice dell’Associazione di Storia dell’Arte, Oana Marinache, ricordando che in questo modo sono nate anche le visite guidate.

    Se 8 o 9 anni fa i nostri giri per Bucarest non erano talmente richiesti o popolari, direi che negli ultimi anni riusciamo difficilmente a far fronte alle domande. Naturalmente, il 2020 è stato segnato da certe restrizioni riguardanti il numero di partecipanti e gli assembramenti, però la curiosità spinge sempre il pubblico, che ultimamente ha acquisito tante conoscenze da vari altri eventi, a vedere posti sempre nuovi e ascoltare storie nuove. La gente vuole scoprire nuove strade, ammirare gli interni di edifici storici, e noi tentiamo di rispondere attraverso una rosa di progetti culturali o editoriali, oppure creando eventi quanto più inediti. Ci rivolgiamo in particolare al pubblico di Bucarest, però abbiamo notato negli ultimi anni, soprattutto con l’organizzazione di gite di un giorno in città quali Sinaia o Costanza, che si uniscono anche persone di altre località, il che è veramente rallegrante. Il desiderio di conoscere il patrimonio sta proprio dilagando, spiega Oana Marinache.

    Lungo gli anni, l’Associazione di Storia dell’Arte ha ricevuto sostegno finanziario e logistico da parecchi enti pubblici e privati, in seguito alla diversificazione della sua attività. Un tassello in tal senso è stato aggiunto con la fondazione dell’Editrice Storia dell’Arte, che ha pubblicato le monografie di importanti architetti, prese anche come spunto per l’organizzazione di una serie di conferenze dedicate al patrimonio di Bucarest e non solo, aggiunge Oana Marinache.

    La maggior parte dei lavori che abbiamo pubblicato negli ultimi 8 anni si basano sulle ricerche archivistiche. Si tratta anche di questi indimenticabili architetti. Fino ad oggi, le monografie sono state dedicate a sette personalità, perlopiù straniere. Siamo partiti dalla fine dell’Ottocento per arrivare al periodo compreso tra le due guerre mondiali, per presentare ritratti di architetti di origini straniere nati in Romania. Dobbiamo ancora scoprire questi casi particolari, in quanto ogni singolo destino è impressionante a modo suo, e offre dei modelli che anche oggi potremmo avvicinare. Oltre alla collezione editoriale, abbiamo anche altri eventi promozionali. Accanto alle visite guidate, ricorderei la serie di conferenze organizzate al Museo Municipale di Bucarest, in varie gallerie o centri culturali, conclude Oana Marinache.

    Intanto, è nato un altro progetto dell’Associazione. Si tratta della rivista Arhitur, un supporto cartaceo delle visite guidate, che presenta in dettaglio gli edifici e le strade percorse insieme ai partecipanti.

  • La pianura di Bărăgan in 3D

    La pianura di Bărăgan in 3D

    A partire dalla scorsa primavera così fuori dal comune, ci siamo orientati sempre di più verso i progetti dedicati all’esplorazione virtuale della realtà. E una di queste iniziative è anche la prima guida turistica destinata interamente al sud-est del Paese, intitolata Itinerama – Esploratore nella pianura di Bărăgan, che permette ai viaggiatori di scoprire virtualmente il patrimonio materiale e immateriale di questa regione del Paese. La piattaforma itinerama.ro offre al pubblico, tra l’altro, la prima audioguida della zona, il primo museo 3D di Bărăgan e tour virtuali dedicati al direttore d’orchestra Ionel Perlea e allo scultore Nicăpetre, due personalità nate nel sud-est della Romania.

    Inizialmente sono stati individuati un centinaio di siti con un forte potenziale turistico, spiega il responsabile del progetto Cristian Curuș. Alcuni di questi siti sono in fase di esplorazione: musei, siti archeologici che i turisti possono visitare, con una piccola tassa d’ingresso. Tuttavia, ci sono un gran numero di siti che non sono ancora stati integrati nella rete turistica. Sono considerati patrimonio del Paese, ma non valorizzati. Si tratta di antiche dimore, chiese e persino siti archeologici non aperti alle visite. La guida virtuale della pianura di Bărăgan offre quattro percorsi. Innanzitutto c’è l’Alto Bărăgan, i cui siti più importanti si trovano nelle province di Călărași e Ialomița, il Bărăgan da sud a nord, che propone destinazioni lungo il Danubio, tra Călărași e Brăila, un tour delle dimore e un altro dei luoghi di culto. Si tratta di percorsi che i turisti possono organizzare anche da soli. Sul sito del progetto, itinerama.ro, saranno disponibili mappe interattive dove troveranno le distanze tra le varie destinazioni e il tempo necessario per percorrerle, che li aiuteranno a fare il proprio itinerario, spiega il responsabile del progetto.

    Adriana Lucaciu, una delle fotografe coinvolte nell’iniziativa, ci racconta la sua esperienza. Ho fotografato molti palazzi, che purtroppo sono rimasti abbandonati e non molto ben conservati. Ho scattato delle foto all’area protetta di Popina Bordușani, che è un luogo fiabesco e poco conosciuto, come anche tante croci ottocentesche, che emergono così, in mezzo alla pianura, e sulle quali sono incisi simboli di ogni genere, decifrabili visitando la mostra a loro dedicata presso il Museo dell’Agricoltura di Slobozia, spiega Adriana. Questo museo è, inoltre, un obiettivo turistico che la fotografa consiglia vivamente.

    Il Museo dell’Agricoltura di Slobozia è molto bello. I visitatori possono scoprire botteghe del passato. Percorrendo un corridoio, vediamo come lavoravano il fabbro o il fornaio, vediamo un’aula con banchi di legno e vecchi libri di testo, vediamo com’era una cucina in passato. Il museo ha anche una mostra di croci di pietra. Le ricerche sono state condotte a Poiana. In questo villaggio c’è un cimitero dismesso con croci in pietra risalenti al 1800. I testi e i simboli incisi su queste croci sono spiegati ai visitatori, aggiunge Adriana, svelando anche cosa scopre di nuovo il visitatore nella vasta pianura di Bărăgan.

    Abbiamo scoperto in un elenco di siti della regione l’esistenza di un cimitero maledetto a Lehliu. Ci siamo andati e abbiamo cercato di informarci dalla gente, ma, ascoltando la nostra domanda, ci guardavano tutti in modo strano, finalmente ci siamo imbattuti in un giovane che si ricordava che nel paese c’era un cimitero abbandonato da tempo, ma non sapeva dove fosse. Ci ha solo indicato un vicolo, che abbiamo percorso più volte da un capo all’altro. Finalmente un ometto di 83 anni è uscito da un cortile. Quando ci ha sentito parlare del cimitero, ci ha detto che era stato abbandonato da quando lui stesso era nato, ci ha mostrato alberi in lontananza e ci ha detto che, se volevamo trovarlo, dovevamo avventurarci sotto il fogliame e avremmo trovato delle croci. Non potrei esprimere la sensazione che abbiamo provato scoprendo queste croci, alcune già a terra, altre ancora in piedi. Invase dalla vegetazione, sembravano dialogare con la natura, integrate nell’atmosfera del lago, conclude Adriana Lucaciu.

    Il progetto Esploratore nella pianura di Bărăgan è realizzato con il supporto dell’Amministrazione del Fondo Culturale Nazionale, dell’Istituto Nazionale del Patrimonio e dei musei partner nella regione.

  • Il Museo della collettivizzazione

    Il Museo della collettivizzazione

    La collettivizzazione forzata in Romania ha fatto sì che tra il 1949 e il 1962 i contadini vedessero confiscate le proprietà terriere e il bestiame, e loro stessi costretti a iscriversi nelle nuove fattorie comuni, imposte dal regime comunista. Nel 1951, 80.000 contadini furono incarcerati o inviati a fare lavori forzati al famigerato Canale Danubio-Mar Nero, per essersi opposti alle fattorie collettive. Complessivamente, 800.000 contadini furono buttati nelle prigioni comuniste per non aver ceduto volontariamente le loro terre. Dopo 13 anni di collettivizzazione forzata, quando propaganda e terrore andavano di pari passo, il partito comunista si vantava del successo di aver collettivizzato l’agricoltura in Romania. Un evento da celebrare con una sessione speciale della Grande assemblea nazionale svoltasi dal 27 al 30 aprile 1962, alla presenza di 11.000 contadini. I leader comunisti dell’epoca affermavano che il socialismo aveva prevalso definitivamente nella Repubblica popolare di Romania.

    Per ricordare la storia, nel villaggio di Tamaseni, in provincia di Neamt, nell’est della Romania, è stato aperto un Museo della collettivizzazione, con oggetti tipici delle case contadine degli anni cinquanta. Ce ne parla il suo iniziatore, Iulian Bulai. Abbiamo aperto le prime tre sale del Museo della collettivizzazione. Per anni ci siamo chiesti perchè l’agricoltura in Romania è nel caos, perchè le persone non si prendono cura degli spazi pubblici come fanno in altri Paesi, perchè c’è un tale divario di sviluppo tra le aree rurali e urbane in Romania, e perchè una tale differenza tra le zone rurali romene e occidentali. Ho provato a rispondere a queste domande. Una risposta che ho trovato è stata la collettivizzazione. Come fenomeno sociale e politico, ha colpito in modo irreversibile il villaggio romeno, nel senso che la confisca della proprietà privata ha portato a ciò che vediamo ora nelle campagne, un’enorme sottosviluppo, che non troviamo nei Paesi occidentali. Nel cercare di rispondere a queste domande, relative alla storia della mia famiglia, che è stata devastata dalla collettivizzazione, mi sono reso conto che comprendendo meglio la campagna in Romania e la collettivizzazione come fenomeno, dobbiamo porci domande per conoscerci meglio, per visualizzare il dramma che ha colpito milioni di romeni durante la collettivizzazione degli anni ’50. Ho dovuto costruire questo museo per riflettere la realtà sociale e antropologica del momento presente, spiega Iulian Bulai, che ha trasformato in museo la casa dei suoi nonni.

    Abbiamo due case con annessi. Si tratta di una casa moldava tradizionale, con una continuità di un secolo, che testimonia come vittima della collettivizzazione. Questa è la casa dei miei antenati, che hanno attraversato questa tappa negli anni ’50, subendo la confisca delle terre, delle attrezzature agricole, dei mulini. Questa casa è testimone della storia di una famiglia simile a quella di milioni di romeni, le cui vite furono dirottate dal partito comunista, le cui case furono confiscate, alcune trasformate in negozi, come accadde anche con la nostra, tra il 1950 e il 1992, quando venne restituita alla famiglia. Questo è un simbolo in cui molti romeni si possono ritrovare, aggiunge il nostro ospite, continuando a presentare la sua iniziativa.

    Questo museo sarà basato meno su oggetti, che appartenevano a mio nonno, e che mostrano dove siamo come società rurale, quasi immutati dagli anni ’50, cioè circa 70 anni addietro. Il museo si basa piuttosto su installazioni che raccontano storie e forniscono una visione scientifica di questo fenomeno. Tuttavia, abbiamo anche alcuni reperti che raccontano una storia, attrezzi agricoli che sono stati lasciati qui da quando ho ereditato la casa e che esporrò nei 17 o 18 spazi espositivi che allestiremo nel museo, dice ancora Iulian Bulai, che ha avviato questa iniziativa con la certezza che le cose possano cambiare.

    Riusciremo a comprenderci come popolo nella Romania contemporanea solo se potremo affrontare il passato con sincerità, raccontando le nostre storie vere, e in questo modo potremo superare alcuni momenti tristi della nostra storia, attraverso una valorizzazione in senso positivo, per poter rimarginare le ferite inflitte dal periodo comunista. Mentre alcuni spazi culturali stanno chiudendo, noi apriamo un museo. Credo che questo sia un buon punto di partenza per un atteggiamento generale che possiamo trasmettere gli uni agli altri in questi tempi difficili, conclude Iulian Bulai.

    Il museo sarà ampliato successivamente, per consentire alla gente di entrare in contatto con un passato che ad alcune persone, soprattutto giovanni, è poco conosciuto.

  • Fortuna Piano Sensation, Sînziana Mircea suona le proprie composizioni

    Fortuna Piano Sensation, Sînziana Mircea suona le proprie composizioni

    “Fortuna Piano Sensation” è il titolo del nuovo CD offerto al pubblico dalla giovane pianista romena Sînziana Mircea, che, a soli 27 anni, è diventata un vero fenomeno sui palcoscenici internazionali. Lalbum sarà lanciato il 10 dicembre, dalle ore 10:00, in un evento virtuale ospitato dalla Electrecord, la più vecchia casa discografica in Romania, fondata nel 1932, che ha inciso questo CD. La stessa casa vanta gli album di nomi famosi della musica romena, come Dinu Lipatti, Radu Lupu o George Enescu.



    “Fortuna Piano Sensation” è del tutto particolare, perchè contiene le composizioni dellartista stessa: variazioni per pianoforte sui temi della “Carmina Burana” di Carl Orff, il cui celebre brano di apertura “O Fortuna” ha anche ispirato il titolo del CD, ma anche di compositori come Bach, Händel, Gounod. Naturalmente, non potevano mancare i temi famosi del folclore romeno e il compositore Theodor Rogalski.



    Unaltra particolarità del terzo CD della brillante carriera di Sînziana Mircea sono anche le variazioni per pianoforte, chitarra e soprano, in una sorprendente combinazione “plasmata” accanto alle artiste Raisa Mihai e Amalia Lazarciuc. Una strada cominciata da un po di tempo, spiega a Romania Internazionale Sînziana Mircea, che sin dallo scorso anno ha sviluppato un progetto che ha incluso anche le proprie composizioni.



    Lalbum include sia registrazioni da studio che brani live dal concerto tenuto dallartista nel 2019 nella capitale svedese, in occasione della Festa Nazionale della Romania, in un evento organizzato dallIstituto Culturale Romeno di Stoccolma. “Il disco porta davanti agli ascoltatori anche lenergia unica di un concerto live, del pubblico che respira insieme al solista. In questo momento talmente difficile di pandemia, quando non ci sono dei concerti, volevo proprio portare questa energia sul disco”, dice Sînziana Mircea. Lartista già invita il pubblico a seguire alcuni brani del nuovo CD sul proprio canale YouTube: quattro video in cui, oltre al suo talento, scoprirete anche le bellezze naturali della Romania e le sue città. E augura a tutti Buon Natale e un anno che verrà migliore!



    Dopo il debutto a soli 7 anni allAteneo Romeno di Bucarest, Sînziana Mircea esordiva anche oltreoceano, in America, quattro anni più tardi. A novembre 2016 è sbarcata per la prima volta alla Carnegie Hall di New York, in un concerto sold-out che ha concluso in standing ovations. Si è esibita in numerosi concerti in Romania e allestero, dallEuropa allAsia. Laureatasi magna cum laudae presso la Hochschule für Musik und Tanz di Colonia e dopo un master alla Guildhall School of Music and Drama di Londra, Sînziana ha studiato anche allAccademia Pianistica Imola.



    Nel 2018 ha conseguito anche un master nel management dellarte presso la famosa Bocconi di Milano. Questanno, il Ministero della Cultura di Bucarest le ha assegnato una Borsa Brătianu, nellambito di un progetto volto a promuovere i valori culturali contemporanei in Romania e ad appoggiare i giovani artisti e il mondo della cultura, in generale.



    Allevento virtuale del 10 dicembre, moderato da Cristina Liberis, saranno presenti, accanto a Sînziana Mircea, la direttrice generale di Electrecord, Cornelia Andreescu, il direttore dellIstituto Culturale Romeno di Stoccolma, Bogdan Popescu, la chitarrista Raisa Mihai, il soprano Amalia Lazarciuc e Dan Gherghiceanu, il produttore dei video lanciati a novembre sul canale YouTube di Sînziana Mircea.



  • Pitture murali ecologiche

    Pitture murali ecologiche

    In Romania, la prima pittura murale che purifica l’aria è stata inaugurata nella città di Bacau a settembre 2019. Si tratta di un dipinto realizzato con una vernice speciale, che trasforma le sostanze inquinanti presenti nell’aria, come l’azoto e gli ossidi di zolfo, in nitrati innocui, che si accumulano sulla superficie verniciata, fino a quando non vengono lavati via dalla pioggia o dall’umidità. La vernice riduce i costi e il consumo energetico dei condizionatori d’aria, come anche le emissioni dei gas a effetto serra. Inoltre, la vernice può essere molto efficiente nel prevenire l’accumulo di sporcizia sui muri, che combatte in due modi. L’aria decompone le sostanze oleose su quelle superfici, impedendo alla polvere di attaccarsi alle pareti. In combinazione con la vernice, viene creato un sottile strato d’acqua, che impedisce alla polvere e alle particelle di attaccarsi, in modo che cadano semplicemente.

    Il responsabile del progetto, Lucian Popa, ci ha raccontato come è iniziato tutto. Innanzitutto, l’iniziativa è nata dalla volontà di dare un nuovo significato agli spazi pubblici di Bacau, ma anche dall’amore per la street art. L’aspetto ecologico è nato da una scoperta a Roma, in Italia, dove un artista ha dipinto un muro che purificava l’aria circostante, e abbiamo voluto fare lo stesso a Bacau. È successo per due anni consecutivi, e ora siamo la città con il maggior numero di dipinti purificatori dell’aria, spiega Lucian Popa.

    Nel giro di due anni, Bacau è diventata anche la città con le più numerose pitture ecologiche al mondo, aggiunge Lucian Popa. In questo momento abbiamo oltre 20 dipinti, realizzati con questa pittura purificante dell’aria. Secondo le specificità tecniche, la vernice è come una spugna che assorbe l’inquinamento della zona. I nostri dipinti si stendono su muri che vanno dai 60 a 70 mq oppure addirittura ai 330 mq. Complessivamente, abbiamo oltre 3.000 mq di mura dipinte in tutta la città. Ogni anno ci soffermiamo su un tema e sfidiamo gli artisti a creare dipinti che crediamo debbano inviare un messaggio alla comunità. Lo scorso anno il tema era l’inclusione sociale, e i lavori degli artisti erano connessi a gruppi svantaggiati, non udenti, non vedenti, bambini con autismo, inclusione dei Rrom. Quindi, abbiamo voluto davvero portare in primo piano le sfide che questi gruppi svantaggiati devono affrontare, aggiunge il nostro ospite.

    La pittura di debutto, chiamata Intuizione, è stata dipinta nell’ambito del progetto ZidART dall’artista romeno Obie Platon. Si estende per circa 250 mq di muro, ed è in grado di filtrare tanta aria quanto una foresta dalla stessa superficie. Dipinta su un palazzo vicino all’Isola dello Svago di Bacau, è la prima al mondo dedicata ai non vedenti, ed è anche sottotitolata in Braille. È il ritratto di un cieco che immagina il suo universo nonostante la sua disabilità. Lo scopo è appunto quello di richiamare l’attenzione sul tema dell’inclusione sociale delle persone con disabilità.

    Lucian Popa ha parlato anche di altri dipinti dedicati alle categorie svantaggiate. Dopo questo dipinto sui non vedenti, realizzato lo scorso anno, basato sull’intuizione e descritto anche in braille per le persone venute all’inaugurazione, che hanno potuto leggere la descrizione del dipinto, elemento per elemento, colore per colore, forma per forma, abbiamo fatto un altro. Si tratta di un dipinto realizzato insieme all’Associazione per non udenti di Bacau dall’artista Monk Ink, che rappresenta la parola Amore nel linguaggio dei segni. Abbiamo poi il dipinto dedicato all’inclusione dei Rrom, su un muro della Banca Centrale, fatto da Kaps Crew, due artisti di Iasi, che raffigura una ragazza vestita nella migliore tradizione di questa comunità, dice ancora Lucian Popa, ricordando che nel 2020 gli artisti hanno affrontato una nuova sfida, con un nuovo tema.

    Il tema di quest’anno è la responsabilità sociale e il modo in cui l’umanità si occupa di questo pianeta che ha sempre più difficoltà a sostenerci. Ogni quadro dipinto aveva un messaggio molto chiaro da inviare alla comunità di Bacau e all’intero paese. Il nostro progetto è diventato praticamente virale, quindi il messaggio raggiungerà sicuramente molte persone, spiega ancora il nostro ospite, che vorrebbe il progetto esteso a livello nazionale.

    Vogliamo davvero continuare questo progetto. Ora stiamo cercando partner, sponsor, per moltiplicare questa esperienza a livello nazionale. Siamo contattati da persone che ci vorrebbero anche nelle loro città, ma per questo abbiamo bisogno di risorse, che stiamo cercando ora. Speriamo di raggiungere l’anno prossimo quante più città, conclude Lucian Popa.

    Sosteniamo anche noi questa iniziativa volta a portare aria più fresca e bellezza nelle nostre città!

  • Frutta esotica Made in Romania

    Frutta esotica Made in Romania

    Resistenti alle variazioni di temperatura e adatti alla coltivazione ecologica poichè non ci sono parassiti che li attaccano, i kiwi e altre specie esotiche iniziano ad essere piantati anche in Romania. Florin Stănică, professore di pomicoltura presso la Facoltà di orticoltura dell’Università di scienze agronomiche e medicina veterinaria di Bucarest, ci racconta tutto. La prima storia inizia nel 1992, quando, grazie a un programma Tempus, una squadra dell’Università di Bucarest si recò all’Università di Perugia, per studiare il kiwi e scoprire che, per essere coltivato, richiedeva quasi le stesse condizioni della pesca. Così è nata l’idea di allestire una piantagione sperimentale ad Ostrov, in riva al Danubio, zona adatta alla coltivazione di pesche e vite.

    Detto fatto. Nel 1993, in primavera, con il contributo dell’azienda agricola demaniale locale, abbiamo piantato kiwi su due ettari di terreno. Allo stesso tempo abbiamo portato dall’Italia un migliaio di mini kiwi o kiwiberry, una varietà molto più resistente al freddo rispetto alla pesca, quindi coltivabile anche nelle zone di produzione del susino. Dal 1993, la Facoltà di Orticoltura di Bucarest ha condotto, tra le altre cose, uno studio sulle possibilità di acclimatare le diverse varietà di kiwi. Sono tre, infatti, quelle che ci interessano per il consumo: il kiwi soffice, che tutti conoscono, il kiwi a polpa gialla e questo kiwi resistente al freddo. Nel frattempo, abbiamo cercato di vedere come moltiplicarli, quali tecnologie utilizzare per la loro coltivazione e, attraverso successive selezioni, siamo riusciti ad approvare due varietà romene, frutto di una collaborazione tra la Romania e l’Italia. Sono state registrate nell’UE con i nomi Vip Green e Vip Red. Entrambe sono resistenti al freddo, una produce frutta verde, l’altra frutta rossa, spiega Florin Stănică.

    Negli ultimi dieci anni sono stati effettuati anche lavori di selezione degli incroci tra kiwi a polpa gialla e kiwi a polpa verde. Al momento, ci sono quattro selezioni molto interessanti: varietà con frutta grande e succulenta, che possono essere conservate a lungo. Nel prossimo futuro, queste varietà potrebbero essere approvate, auspica il prof. Florin Stănică. Il kiwi può essere coltivato in Romania. Per i kiwi a frutto grosso, l’area di produzione è limitata al sud e all’ovest del paese, che sono anche zone di produzione di pesche. Per quanto riguarda le varietà resistenti al freddo – vale a dire il mini kiwi o il kiwiberry – è possibile piantarle in quasi tutte le zone romene in cui si coltiva il melo. Ci vuole solo un po’ di coraggio da parte dei coltivatori, aggiunge il nostro ospite.

    L’Asimina è un’altra specie raccomandata dal professor Florin Stănică, con l’approvazione in dirittura d’arrivo. Può essere coltivata senza problemi e senza particolari trattamenti, laddove le temperature invernali non scendono sotto i – 25°. In Italia abbiamo scoperto la specie Asimina Triloba. Nel 2000 ho portato in Romania le prime varietà meglio conosciute con il nome di pawpaw. Originaria del Nord America e resistente a temperature fino a -25 °, produce frutta straordinaria, delle dimensioni di un mango, con due file di semi marroni all’interno. Questo frutto ha una polpa densa, il cui sapore, appena colto, ricorda la crema alla vaniglia. Se conservato per dieci giorni nel frigorifero, il suo gusto si evolve verso quello della crème caramel. Dopo tre settimane, ha un sapore più simile alla crema al caffè. Quindi ecco un frutto molto speciale. Neanche in questo caso servono trattamenti fitosanitari. È, al contrario, un alberello molto resistente e anche molto bello, molto decorativo, con foglie grandi e fiori viola, aggiunge il professor Florin Stănică.

    Questa specie di frutto è molto ricco di sali minerali. Ad esempio, solo la guaiava ha un contenuto di potassio più elevato. Questa specie è arrivata sul territorio del nostro Paese nel 1926, portata a Pianu Nou, in provincia di Alba, da una famiglia di emigranti transilvani, di ritorno dall’Ohio. Il giuggiolo (o dattero cinese) è un’altra specie molto particolare che si trova sul territorio romeno, come racconta Florin Stănică. Si trova nella regione della Dobrugia, nel sud-est del Paese, a Ostrov. Abbiamo trovato giuggiole anche a Jurilovca, vicino alla cittadella di Argamum, o a Mahmudia, vicino alla cittadella di Salsovia. Crescono vicino alle antiche città romane o greche. Originario dell’Asia centrale, il giuggiolo fu portato in Europa durante il regno dell’imperatore Ottaviano Augusto. Gli alberi che crescono qui producono piccola frutta dal sapore agrodolce, conclude il nostro ospite.

    Il giuggiolo si adatta molto bene a condizioni climatiche rigide: resiste a temperature che vanno da -40° a + 40° e alla siccità. Preferisce le zone del sud del paese. Non resta altro che incoraggiare i produttori a coltivare queste specie esotiche che possono portarci sapore e salute!

  • Alla riscoperta della femminilità

    Alla riscoperta della femminilità

    Sono tutte madri, fanno lavori molto diversi – insegnanti, segretarie, architetti – e hanno passioni diverse. Tuttavia, sono legate da una passione comune: la danza burlesque. Si allenano due volte alla settimana in una scuola di danza a Bucarest, per essere in forma, ovviamente, ma anche per essere femminili. Abbiamo parlato con Camelia Maxim, ex insegnante di scuola, ora di danza.

    Ho praticato diversi stili di danza, ma alla fine mi sono fermata al ballo sensuale, perchè è lì che ritrovo me stessa e mi sento ispirata, per offrire qualcosa ad altre donne e aiutarle a scoprire e sviluppare la loro femminilità. Non conoscevo l’esistenza di questo stile di danza. Mi sono semplicemente imbattuta in un festival di burlesque su YouTube e sono rimasta affascinata dal ballo burlesque perchè trovo che sia la forma più completa di danza sensuale. È un mix di sensualità, umorismo e giocosità, spiega Camelia Maxim.

    Da lì, fino a quando ha iniziato a insegnarlo, c’è stato solo un passo. E’ proprio quello che un gruppo di donne con cui esploravo questa dimensione femminile mi ha chiesto di fare. Eravamo impegnate nella ricerca della femminilità. E poichè ero un’insegnante di danza, mi è stato chiesto di impartire lezioni. Le donne hanno bisogno di scoprire la loro sensualità, perchè molte di loro galoppano tutto il giorno, dimenticando di essere donne, di essere sensuali, insomma molte cose, aggiunge Camelia.

    Chi sono le sue studentesse? Sono donne in età compresa tra i 22 e i 50 anni. Alcune vengono semplicemente perchè si sentono un po’ maschili e vogliono ritrovare la loro femminilità. Per un po’ ho lavorato con donne indirizzate dal loro terapeuta, perchè si sentivano in un certo qual modo bloccate. Altre vengono semplicemente perchè vogliono sorprendere il marito o il fidanzato, aggiunge Camelia.

    Abbiamo parlato anche con una delle alunne. La 38enne Monica, madre, da oltre due anni si appassiona a questo stile di danza. Come l’ha scoperto? Ho cercato uno stile di danza che potesse portarmi fuori dalla mia zona di comfort, per sentirmi più femminile e acquisire fiducia in me stessa. Una danza che mi permette di accettarmi per come sono, di esplorare la mia sensualità, di sviluppare la mia femminilità. In effetti, l’idea del burlesque mi è venuta dopo aver visto un film diversi anni fa. E ho cercato informazioni su questo ballo, ho visto di cosa si trattava, cosa rappresentava agli occhi degli altri, della società, e mi sono detta che era quello che avrei dovuto rendere, dice Monica.

    A suo avviso, il burlesque offre a chi lo pratica un’esperienza molto speciale. Ricordo che all’inizio andavo a lezione preparata come per la palestra: pantaloni sportivi, maglietta larga … e mi sono ritrovata in un mondo dove le ragazze erano in corsetto, avevano reggicalze e guanti o muffole. Pensavo di non poter mai vestirmi in questo modo; sono molto coraggiose, belle, sensuali, quanto a me, guarda come sembro! A quel tempo pesavo anche di circa 13 chili in più e avevo molti complessi! Guardavo queste ragazze con ammirazione, volevo essere come loro. Adesso indosso anch’io un corsetto o un body in pizzo, sono femminile e ho più fiducia in me stessa. Sono tornata allo stile di abbigliamento della mia adolescenza: oso indossare di nuovo gonne corte, camicette un po’ attillate, non solo per vestirmi, ma anche per mettere in risalto il mio corpo. Ho abbastanza fiducia in me stessa, per provare nuovi progetti ed evolvermi, dice ancora Monica.

    Un’evoluzione attentamente guidata dalla sua insegnante di danza, Camelia Maxim. Non lavora solo sul lato tecnico, ma anche su quello psicologico, per farci sentire femminili. All’inizio continuava a dirci: guardati allo specchio! Ammira te stessa! E non capivo come avrei potuto guardarmi allo specchio e amarmi, ammirarmi, contemplarmi. Ha sempre guidato i nostri passi per renderci più sicure, più femminili, più sensuali e per farci acquisire più fiducia. Ci ha insegnato a camminare, a sederci su una sedia per essere femminili, eleganti. Come non solo essere sedute su una sedia, ma trasmettere qualcosa stando sedute. Per me è così, il burlesque è più di un ballo!, aggiunge Monica.

    Quindi, riguarda l’auto-accettazione, si tratta di modellare il tuo corpo – e il comportamento – e di evolverti. E riguarda anche la salute di chi lo pratica, perchè gli allenamenti sono presi molto sul serio. Ogni lezione di danza inizia con un rigoroso riscaldamento, perchè non puoi eseguire elementi specifici della coreografia del cabaret se non hai riscaldato adeguatamente le gambe; non si possono eseguire determinati movimenti sulla sedia senza aver rinforzato i muscoli della schiena e dello stomaco; non possiamo avere una tenuta dritta, bella ed elegante se i nostri muscoli non sono riscaldati e tonificati. Mi sono accorta che, da due anni che pratico la danza burlesque, non solo ho perso peso, ma ho anche modellato il mio corpo, ho i muscoli ben definiti, ma non è una muscolatura maschile, di forza, bensì femminile, con muscoli allungati ed eleganti. Ho anche notato che potevo fare un allenamento di due ore o più senza sentirmi stanca e senza avere dolori muscolari che mi avrebbero impedito di alzarmi dal letto la mattina successiva. Quello che facciamo non è solo danza, è anche un lavoro di tonificazione muscolare e resistenza fisica, conclude Monica.

    Le studentesse di Camelia Maxim normalmente partecipano a due spettacoli di burlesque all’anno con la scuola di danza che frequentano. Lo scorso anno sono anche riuscite a mettere in scena il proprio spettacolo.

  • Il Museo dell’Ambra di Colţi

    Il Museo dell’Ambra di Colţi

    Più di 40 anni dopo la sua inaugurazione il 14 giugno 1980, il Museo dell’Ambra di Colţi, in provincia di Buzău, ha riaperto i battenti il 21 agosto 2020, accogliendo finora circa 6.000 visitatori. L’ambra di Colţi, che il geologo Oscar Helm ha chiamato rumanit, ha un’età compresa tra i 40 e i 60 milioni di anni (mentre la famosa ambra baltica è più giovane di circa 40.000 anni). L’ambra nera diventava un simbolo della Romania dopo la sua presentazione alla Grande Esposizione Universale di Parigi nel 1867, insieme al famoso tesoro La chioccia dai pulcini d’oro di Pietroasele. In quella occasione, la Romania si aggiudicava la medaglia d’oro. Questo tipo di ambra si trova anche sull’isola di Sakhalin, nell’estremo oriente russo.

    I visitatori del Museo di Colţi possono ammirare i circa 300 magnifici pezzi di ambra, che vanno dal giallo traslucido al nero opaco. Il museo custodisce il secondo pezzo di ambra più grande del mondo, che pesa quasi due chilogrammi. Il più grande, del peso di 3,45 chilogrammi, è in mostra al Museo provinciale di Buzău. Il Museo dell’Ambra di Colţi custodisce anche gioielli – anelli, orecchini, ciondoli, collane – e strumenti utilizzati per estrarre e lavorare l’ambra (torni di legno, martelli, lampade da minatore, picconi). Inoltre, ci sono collezioni di cristalli di rocca e paleo-fauna appartenenti al patrimonio del Museo provinciale di Buzău, come il femore di un mammut vissuto da queste parti 2,5 milioni anni or sono.

    Siamo accompagnati dal direttore del Museo provinciale di Buzău, Daniel Costache. Il Museo dell’Ambra di Colţi è l’unico in Romania a custodire una collezione di rumanit. Tuttavia, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, non è solo un museo dell’ambra e ha molte sorprese per i visitatori, tra cui una sala dedicata alla Grotta Fundul Peşterii, monumento di arte preistorica unico in Romania. Questa grotta conserva le tracce di una presenza umana dell’età media del bronzo. Un’altra sala ospita la collezione di paleo-fauna del Museo provinciale di Buzău – mandibole e femori mammut. Al primo piano ci sono tre stanze. La prima ospita una parte della collezione di cristalli di rocca del Museo provinciale di Buzău. Nella sala centrale è esposta la raccolta dell’ambra. Infine, la terza stanza è un bellissimo spazio riservato agli strumenti utilizzati per estrarre, trasportare e lavorare l’ambra, spiega il direttore Daniel Costache.

    Durante la pandemia, il museo ha adottato misure di protezione per i visitatori: distanziamento fisico, prodotti e tappetini disinfettanti, copriscarpe usa e getta. Daniel Costache aggiunge che i reperti in mostra sono il risultato di ricerche intraprese dal museo o provengono da donazioni. Devo dire che i visitatori che vengono a Colţi, in cima alla montagna, trovano lì un museo moderno, ben ancorato alle realtà del XXI secolo, e che mette in mostra il suo patrimonio in un modo unico. Per la prima volta dalla sua creazione, il museo ha ora anche un negozio di souvenir. Vale la pena lasciare la strada nazionale 10, che collega Buzău e Braşov, per fare una deviazione di 6 km e visitare il Museo di Colţi, unico sotto più profili. È l’unico Museo dell’ambra in Romania e abbiamo implementato tecniche molto moderne per presentare gli oggetti. È soprattutto una vetrina interattiva tattile. Il visitatore può spostare gli oggetti esposti, vederli da diverse angolazioni, ingrandirli utilizzando una telecamera ultra HD 4K. Dietro, su uno schermo, vengono proiettate informazioni che vanno a completare le classiche etichette. In una delle stanze abbiamo ricostruito l’interno di una grotta. Anche qui utilizziamo tecniche moderne di presentazione. Trovare tutto questo in un museo situato praticamente in cima alla montagna è una piacevolissima sorpresa, assicura Daniel Costache.

    Tra i pezzi importanti della collezione del Museo dell’Ambra di Colţi sono alcuni gioielli appartenuti a Elena Ceauşescu. Offerti alla moglie del dittatore Nicolae Ceauşescu, furono recuperati e reintegrati nella collezione. Li indossava o no? I museografi non saprebbero dirlo.

  • Stile di vita ibrido in tempi di pandemia

    Stile di vita ibrido in tempi di pandemia

    Durante la pandemia, Octavian Viorel ha deciso di trasferirsi dalla città nel paesino dei nonni. Per un po’ si è goduto la pace, la tranquillità e la vita in qualche modo patriarcale, ma poi ha sentito il bisogno di socializzare con persone come lui, che vivevano in città. Per cui gli è venuta l’idea di coinvolgere nello stile di vita rurale più persone dalle città, come ha spiegato lui stesso a Radio Romania Internazionale.

    L’idea del progetto è nata proprio qui, in campagna. Vivevo in città, ma ho deciso di sfuggire alla pandemia trasferendomi nel villaggio dei miei nonni, Slatioara, in provincia di Valcea. Una volta insediato qui, mi sono reso conto che oltre a tutti i vantaggi che la vita in campagna ha da offrire, c’era anche un aspetto negativo, precisamente la mancanza di persone degli ambienti urbani, come me, con cui comunicare e trascorrere il mio tempo libero. Cosicchè insieme ad un amico, pure lui trasferito dalla città in campagna, sono andato dal sindaco per vedere se il Comune era interessato a promuovere il villaggio e sostenere il trasferimento della gente urbana a Slatioara. Poi abbiamo cercato un finanziamento e lo abbiamo anche trovato. Abbiamo costituito un gruppo di ricerca per analizzare il villaggio dal punto di vista di una persona che vuole venire a vivere qui, spiega Octavian.

    Uno dei problemi della Romania sono le infrastrutture precarie, ma non è il caso di Slatioara, come ci dice Octavian Viorel. Ho scoperto l’enorme bisogno delle persone di vivere in mezzo alla natura, senza tante restrizioni. A differenza della maggior parte dei villaggi, Slatioara ha infrastrutture moderne, acqua corrente, internet ad alta velocità e abitanti felici di avere nuovi vicini. Al momento riesco solo a vedere il lato positivo della vita in campagna. Lo svantaggio sarebbe la struttura sociale invecchiata, aggiunge il nostro ospite. Dato che la pandemia ci ha costretti a stare in casa, stipati in piccoli appartamenti, sempre più persone hanno iniziato a sognare di vivere in mezzo alla natura, in campagna.

    Questa è una tendenza generale. Sempre più persone arrivano nel nostro villaggio in cerca di case in vendita o di terreni per costruire un’abitazione. Abbiamo discusso con il sindaco sui prossimi passi da compiere, in modo da poter fornire a coloro che sono interessati tutte le informazioni necessarie sulle case e sui terreni disponibili, dice ancora Octavian, parlando anche degli obiettivi delle persone coinvolte nel progetto e dei vantaggi che porta al villaggio in generale.

    Il villaggio prospererà grazie ai neoarrivati. La fascia di età media diminuirà, il che significa che qui ci saranno più persone attive. Queste persone in arrivo dalle città, con nuovi progetti e idee, apriranno piccole imprese capitalizzando le risorse locali, aiutando il villaggio nel suo insieme. Quindi i neoarrivati saranno il motore del villaggio per gli anni successivi, assicura Octavian. Il progetto non è un tentativo di convincere le persone a passare dagli ambienti urbani a quelli rurali, ma è piuttosto un messaggio che sono benvenuti a farlo. Octavian Viorel vive a Slatioara con la sua famiglia in uno stile di vita ibrido campagna-città.

    La scuola abbina le lezioni online a quelle in presenza. Noi, genitori, lavoriamo allo stesso modo. Per il momento condividiamo il nostro tempo tra città e campagna, cosa che consigliamo anche ad altri di fare. Vivere in un villaggio è molto diverso dal vivere in una città. Comporta più lavoro fisico, comporta un programma, forse meno dipendente da determinati orari ma dipendente dalla natura e dal periodo dell’anno. Quindi consigliamo a chi vuole trasferirsi di darsi un periodo di adattamento di uno o due mesi prima. Per quanto mi riguarda, vengo qui spesso da quando ero bambino, ho passato la maggior parte delle mie vacanze qui e quindi ci sono abituato, so com’è vivere qui. Anche mio padre, ora in pensione, vive questa vita ibrida tra città e campagna, e mi offre ancora consigli su come farlo meglio, conclude Octavian Viorel. Quindi, trasferirsi in campagna sembra una buona idea, almeno per quest’autunno.

  • Egregora, il tesoro perduto, un Trono di Spade alla romena

    Egregora, il tesoro perduto, un Trono di Spade alla romena

    Dopo 20 anni negli Stati Uniti, il regista Andrei Chiriac è tornato in Romania. Durante una visita a Sarmizegetusa Regia, capitale della Dacia, ha deciso di girare una serie televisiva nel Paese. Il viaggio di nove bambini appassionati di storia e archeologia che trovano parte degli archivi segreti dell’Ordine del Drago, che forniscono informazioni in codice sul tesoro nascosto dei Daci, i nostri antenati: così è nata l’idea della serie televisiva Egregora, di cui sono appena iniziate le riprese. Un mix di mistero, storia e fede nella ricchezza spirituale di queste regioni di cui ci racconta il regista Andrei Chiriac.

    L’idea risale a qualche tempo fa, mi è venuta 13 anni addietro, quando ho visitato con un amico le vestigia di Sarmizegetusa, la capitale dei Daci. In questa occasione ho sentito la gente del posto raccontare tante storie sui tesori dei Daci e sulla spiritualità antica. Così è nata l’idea di un film, pensato all’inizio come un documentario, ma diventato alla fine una serie televisiva. Siamo ancora all’inizio, due anni fa abbiamo firmato un contratto di partenariato con un’agenzia di pubblicità che si è impegnata a finanziarci. Abbiamo ricevuto fondi – modesti rispetto al solito budget di un film, ma ci ha permesso di girare la parte storica della prima stagione, che si svolge durante il regno del principe Vlad Ţepeş (Vlad l’Impalatore), presentando gli intrighi alla corte di suo padre, Vlad Dracul (Vlad il Diavolo), le relazioni il fratello Radu cel Frumos (Radu il Bello), e altri riferimenti storici. Questo ci aiuta a capire meglio l’avventura dei nove bambini che, nel 2020, troveranno questo straordinario diario di Vlad l’Impalatore e parte degli archivi segreti dell’Ordine del Drago, che lo proteggeva. In questo diario parliamo allegoricamente di un favoloso tesoro dei Daci, di segreti che avrebbero ereditato dagli abitanti dell’Atlantide. E così che inizia questa avventura, prendendo come punto di partenza questi tesori, spiega il regista.

    Un tesoro non necessariamente materiale, ma piuttosto spirituale, fatto di segreti nascosti. Per le riprese, andremo nei posti più belli della Romania. In effetti tutta la Romania è molto bella, avremo solo l’imbarazzo della scelta. Per ora, abbiamo filmato le Caldaie del Danubio, le grotte di Ponicova e Veterani, nonchè una vetta delle montagne della zona – i monti del Lotru), il massiccio di Bucegi, la valle di Obârşia, la via di Transfăgărăşan, che attraversa i Carpazi, i dintorni di Sarmizegetusa, alcune grotte (Pestera Bolii e Şura Mare) e siti meno noti al pubblico. Inoltre, molte persone, quando hanno visto i video, mi hanno chiesto se fossero stati girati in Romania. Per le foto scattate intorno alla grotta Bolii, ad esempio, mi è stato chiesto se fossi stato in Giordania. Questi sono posti favolosi che poche persone conoscono e che mostreremo in questo film. Infatti, faremo riprese ovunque: nelle città più importanti della Romania, nelle chiese fortificate, poi in Moldavia, nel massiccio del Ceahlău (nei Carpazi orientali), nel massiccio del Retezat (nei Carpazi meridionali), sui monti Măcin, in Dobrugia. Andremo anche a sud del Paese, alla grotta di Sant’Andrea, poi a nord, nella città di Satu Mare, insomma da Constanza, sul Mar Nero, fino alla città medievale di Sighişoara, in Transilvania. Tutto sarà incluso in questo film, aggiunge Andrei Chiriac.

    Un film già paragonato, come tendenza, alla serie Il Trono di Spade o al film Il codice da Vinci. Il suo regista non esclude che Egregora diventi un marchio romeno. Quale messaggio manderebbe Andrei Chiriac agli ascoltatori e al pubblico all’estero? Penso che questo film sarà una bella sorpresa per loro e che visiteranno la Romania con molto interesse. Verranno per vedere qualcosa di strano, senza precedenti in questa terra di Vlad l’Impalatore e torneranno con il cuore pieno di gioia. Molti di loro potrebbero decidere di restare lì. Non sarebbe neanche niente di nuovo. Molti stranieri si sono già innamorati della Romania e hanno scelto di trasferirsi qui. Hanno scoperto che è un angolo di paradiso in cui vogliamo vivere, dice ancora il regista.

    Dopo 20 anni negli Stati Uniti, Andrei Chiriac crede che la Romania abbia un’atmosfera diversa, che gli stranieri percepiscono. Il film Egregora è concepito come un omaggio alla cultura romena. Alla fine del film troviamo il tesoro dei Daci: la straordinaria ricchezza spirituale di questi luoghi. Vi ringrazio per stare vicini a Egregora e non vedo l’ora di presentarvi un prodotto di eccezionale bellezza, che vi ispirerà a trovare il tesoro materiale, ma anche il tesoro spirituale che probabilmente si trova dentro ognuno di noi, conclude il regista. Un film commovente, che dovremmo vedere tra un anno e mezzo, se riuscirà a trovare i fondi necessari.

  • Terapia di galleggiamento: relax in vasca

    Terapia di galleggiamento: relax in vasca

    In un mondo sempre in fretta, con il tempo che sembra essersi contratto, costringendoci a correre dal mattino alla sera per risolvere tutto, vi suggeriamo un metodo di rilassamento insolito: il galleggiamento. Un’esperienza indimenticabile, che aiuta a liberarsi il corpo e la mente, rilassarsi profondamente e possibilmente immergersi in uno stato di intensa meditazione. Tutte le sensazioni di questa esperienza sono stimolate dai cristalli di sale di Epsom – cioè solfato di magnesio – utilizzati per rilassare i muscoli, alleviare i dolori muscolari e ossei, rimineralizzare, purificare e tonificare la pelle.

    Flavia Cioceanu, rappresentante di un centro che offre questo tipo di terapia, ci ha raccontato come una persona sotto stress ha scoperto questo metodo di rilassamento e deciso di metterlo in pratica a Bucarest. Cercando modi per rilassarsi, ha trovato su Internet queste vasche di galleggiamento, che offrono l’esperienza di un profondo rilassamento, unito all’interiorizzazione, che è allo stesso tempo benefico per tutto il corpo. Ha scoperto che c’erano molti simili centri nel mondo, in America, in Giappone. Ha visitato un centro del genere e, dopo questa sua prima esperienza straordinaria, ha capito che voleva fare qualcosa in questo campo. Avendo già una certa esperienza tecnica, ha voluto tentare la fortuna, spiega Flavia Cioceanu.

    L’avventura iniziata nel 2016 con due bacini acquistati negli Stati Uniti è più di un semplice affare, perchè immergendosi nella vasca di galleggiamento, ci si tuffa dentro se stessi. Flavia Cioceanu ci racconta gli inizi di questo tipo di rilassamento.

    Nasce negli anni ’70, durante la ricerca sulle risposte neuronali a diversi stimoli o l’assenza di qualsiasi stimolo. A tal fine, sono state utilizzate le vasche di deprivazione sensoriale – come venivano chiamate all’epoca, ovvero di isolamento o galleggiamento, progettate in modo che nessuno stimolo esterno potesse raggiungere gli organi di senso: né luce, né suono, né odori. Hanno anche permesso un’attenuazione del tatto e la scomparsa della sensazione di pesantezza. I ricercatori hanno utilizzato questo strumento proprio per vedere cosa accade all’interno dell’essere umano, a livello della sua mente, dei suoi pensieri, delle sue emozioni, quando nessuno stimolo dei suoi sensi lo raggiunge. Nel tempo, è stato adattato di modo che anche le persone che non sono necessariamente alla ricerca di emozioni forti possano provarlo, aggiunge la nostra ospite.

    Se sentite il bisogno di liberarvi, dovete sapere che la terapia del galleggiamento è rilassante, divertente e creativa. Acqua a temperatura corporea e un’ora trascorsa in assenza di gravità: questa è la ricetta magica per un relax senza pari.

    Si tratta infatti di una bacinella coperta riempita di una quantità di acqua riscaldata a temperatura corporea, in cui è stata sciolta una grande quantità di sale di Epsom. In quest’acqua, diventata così molto densa, galleggiamo naturalmente. La persona che viene per una seduta di galleggiamento entra e si rilassa in una bacinella a forma di uovo, con o senza stimoli – luce, musica ecc. Lascia solo che il suo corpo galleggi. Siccome non si ha più contatto con la terra, il rilassamento è leggermente diverso da quello che si prova quando si è sdraiati su un letto, per esempio, o sul pavimento. È la sensazione di leggerezza che fa la differenza. Il rilassamento è più profondo e la sensazione che provi – molto più piacevole. A questo si aggiunge l’effetto benefico del sale di Epsom sulle ossa e su tutto il corpo, dice ancora Flavia.

    Il sale di Epsom agisce anche come esfoliante e tonifica la pelle, le unghie e i capelli, alleviando i dolori articolari e diminuendo lo stress. Il solfato di magnesio aiuta anche a prevenire l’infiammazione dei muscoli e delle articolazioni, motivo per cui è usato per trattare le distorsioni e alleviare i dolori muscolari. Chi sceglie di fare una seduta di galleggiamento?

    Soprattutto coloro che vogliono vivere una nuova esperienza, vedere cosa sta succedendo, cosa provano, rimanendo così a galleggiare nel buio. Altri vengono per rilassarsi e di solito tornano più volte, poichè si rendono conto che questo profondo stato di rilassamento non può essere raggiunto così facilmente con altri mezzi, nemmeno durante il sonno, perchè è molto diverso. E poi c’è chi desidera raggiungere uno stato di meditazione, di introspezione, di scoprire qualcosa di profondo dentro di sé o di cercare una risposta a una domanda particolare, non riuscendo a trovarla nello stato di irrequietezza in cui sono immersi nella vita di tutti i giorni. In linea di principio, ci sono queste tre categorie, conclude la nostra ospite.

    Il galleggiamento è consigliato non più di una volta alla settimana!

  • Le regine di Romania, raffigurate su francobolli

    Le regine di Romania, raffigurate su francobolli

    I soggetti reali vantano una bella storia nella tematica dei francobolli emessi dalla Romania, ma anche un ragguardevole presente. Recentemente è stata messa in circolazione un’emissione di quattro francobolli dedicata alle regine di Romania, illustrando l’abbigliamento specifico al rango, ma anche ai tempi. Sul francobollo da 1,90 lei si riconosce la regina Elisabetta, consorte di Carlo I, il primo sovrano di Romania. Proveniva dal casato De Wied e sposò Carlo nel 1869, quando lui era già sul trono di Bucarest come principe. Nel 1881, quando la Romania venne dichiarata regno, Elisabetta diventò la sua prima regina. Ha sempre appoggiato l’arte e la cultura. Era lei stessa scrittrice e pubblicava sotto lo pseudonimo di Carmen Sylva. Ha promosso fin dal suo arrivo in Romania l’abito tradizionale, inconcepibile senza la camicia tradizionale ia. Ma in ugual misura si era avvicinata alla moda occidentale.

    La regina Maria, che incontriamo sul francobollo da 3,30 lei, fu la consorte del re Ferdinando – l’Unificatore, sempre al suo fianco durante la prima Guerra mondiale e nel successivo periodo di consolidamento della Grande Romania. Nipote della leggendaria regina Vittoria dell’Impero britannico, Maria è la sovrana più famosa e amata della Romania, una personalità forte e dedicata al Paese di cui ha tenuto le redini. Ha imposto molti elementi della moda dei tempi, in permanente contatto con le grandi case occidentali. Vestiva spesso la divisa militare, ma anche quella da infermiera, durante la prima Guerra mondiale.

    La regina Elena, moglie di Carlo II e madre di Re Michele, dovette superare vicende complicatissime. Proveniva dal casato reale della Grecia, e il matrimonio con il futuro re Carlo II avvenne nel 1921 ad Atene. Poco dopo, seguiva il divorzio. Indossava gli eleganti vestiti dell’epoca, ma anche l’abito tradizionale romeno. Sul francobollo da 5 lei è raffigurata in una foto di matrimonio, in cui indossa un famoso gioiello, il diadema in stile greco, che appartenne alla famiglia dello zar della Russia e fu acquistato dalla regina Maria, che lo regalò alla nuora Elena.

    Successivamente, passò alla regina Anna e attualmente appartiene a Sua Maestà Margareta, la Custode della Corona Romena. Infatti, sul francobollo da 19 lei è raffigurata la regina Anna con il diadema al suo matrimonio con Re Michele. La tiratura totale dell’emissione Regine di Romania supera i 51.000 francobolli. Sono stati stampati in blocchi di 4 francobolli dello stesso tipo, con un bellissimo bordo, illustrato anche da un’immagine fotografica della regina raffigurata. Inoltre, sono stati stampati blocchi speciali di 4 francobolli dentellati, cui si aggiungono altri 2 non dentellati.