Dal deficit di bilancio alle misure sociali

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Il Governo di Romania ha un compito non proprio facile: in un anno superelettorale, deve individuare soluzioni finanziarie in un Paese che da diversi anni presenta un deficit eccessivo. Alcune rigorosità vanno rispettate, per non superare i limiti su cui sono puntati gli occhi di Bruxelles, e il tentativo di trovare un denominatore comune tra essi e il funzionamento del Paese nelle migliori condizioni possibili ha portato alla costruzione di un bilancio con un deficit pari al 5% del PIL quest’anno, in calo rispetto al 5,68% del 2023.

 

I dati pubblicati ora dal Ministero delle Finanze mostrano che il deficit di bilancio è già salito nei primi quattro mesi al 3,24% del prodotto interno lordo, del 2% in più rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Le entrate alle casse dello stato ammontano a quasi 183 miliardi di lei (circa 37 miliardi di euro), ovvero più del 15% su base annua, compresa l’IVA, le imposte sui profitti e sugli stipendi. Ma anche le spese sono aumentate del 29% – soprattutto quelle per i salari, per l’assistenza sociale e quelle per beni e servizi – arrivando a circa 240 miliardi di lei (circa 48 miliardi di euro).

 

Il deficit di aprile è stato influenzato in buona parte, secondo il competente Ministero, dal pagamento anticipato di 9 miliardi di lei (circa 1,8 miliardi di euro), che rappresentano il valore totale delle pensioni distribuite prima del ponte del 1° maggio e delle vacanze di Pasqua. Il Governo deve continuare a guardare con massima attenzione, tanto più che la Romania si allineerà, a partire dal 1° luglio, alla direttiva europea sulla fissazione del salario minimo lordo, che presuppone che i dipendenti a basso reddito siano pagati con almeno la metà del salario medio.

 

L’incremento del salario minimo a 3.700 lei (circa 740 euro) dagli attuali 3.300 lei (circa 660 euro) sarà nell’agenda del Governo questa settimana. E l’importo che non sarà soggetto ad alcuna tassa aumenterà dagli attuali 200 lei a 300 lei. Le decisioni sono state prese all’interno della coalizione di governo PSD-PNL, che ha stabilito anche un tetto del 20% per il ricarico di vendita dei prodotti commerciali fabbricati in Romania. Si prevede che l’Esecutivo prenda una decisione in merito nel prossimo periodo.

 

“Questo concetto è stato implementato in Francia, secondo la stessa logica, per proteggere i produttori locali. In Romania non abbiamo alcun sistema di vendita al dettaglio maggioritario a capitale romeno. Il che è successo, ad esempio, in Polonia. E allora bisogna cercare soluzioni per tutelare i produttori nazionali, perché il rivenditore può imporre alcuni ricarichi di vendita”, ha dichiarato il premier Marcel Ciolacu.

 

Il PSD e il PNL hanno anche discusso della riduzione delle spese di bilancio, attraverso la loro limitazione allo stretto necessario, fino al primo aggiustamento di bilancio di quest’anno.